2
←
I giorni seguenti furono davvero traumatici per Louis. Si svegliava con la tachicardia, faceva una colazione veloce e scappava a lavoro. Entrava in aula, guardava tutti tranne Harry, spiegava la sua lezione e, alla fine delle due ore, si fiondava fuori dall'aula per rifugiarsi nel suo ufficio, nel bagno dei professori, al locale di Liam pur di non incrociare lo sguardo di Harry. Perché se succedeva allora era fottuto: ripensava a quello che aveva fatto sul proprio letto guardando un suo video, ascoltando la sua voce, guardando i suoi occhi, le sue labbra, le sue mani, tutto. Non poteva permettersi distrazioni a lavoro né tanto meno nella sua vita.
Nonostante tutto questo, però, controllava ogni giorno il canale di Harry per vedere se il ragazzo aveva postato un nuovo video. Era successo due volte con due cover: Look after you dei The Fray e Chasing Cars di Snow Patrol. Louis si era praticamente innamorato della sua voce, riascoltava quelle cover più di una volta, anche prima di andare a letto -con le cuffiette ovviamente, non voleva farsi scoprire da sua figlia.
Il riccio, d'altro canto, aveva notato lo strano comportamento del suo professore: a fine lezione prendeva velocemente le sue cose e con un saluto veloce a tutti i suoi studenti usciva dall'aula e non si lasciava mai parlare. Harry aveva provato a seguirlo per chiedere informazioni riguardo questo o quello spiegato a lezione, ma lo perdeva puntualmente di vista. Inoltre non era nemmeno andato nella sua caffetteria come aveva promesso. Ogni giorno Harry preparava una bustina di tea e aspettava l'ingresso del suo professore. Ma nessun uomo aveva mai varcato quella porta.
Okay, in realtà non doveva pretendere nulla in quanto Louis era una persona molto più grande, un suo professore, con una famiglia a casa e con tante cose da fare. Non poteva di certo perdere tempo con lui, però sarebbe stato da ipocriti non ammettere che c'era rimasto male.
«Hey, bocciolo di rosa», Perrie e i suoi nomignoli. Harry la guardò simulando uno sbuffo: sotto sotto amava quei soprannomi, ma non l'avrebbe mai ammesso davanti a nessuno. «Perché quel faccino?»
Harry alzò le spalle, continuando a pulire il bancone. «Niente di che, oggi sono stanco»
«Ah ah ah! Non si mente mai a zia Perrie», la ragazza assunse un'espressione contrariata e portò una mano sul fianco. «Aspetti qualcuno?»
«Oh, io...», guardò l'orologio dietro le sue spalle e scosse la testa ormai rassegnato, «no, ormai nessuno», fissò la tazza di tea ormai freddo al suo fianco, impugnò il manico e buttò tutto il liquido dentro al lavello. Cosa si era messo in testa? Cosa credeva? Che solo perché l'uomo si era preso cura di lui soccorrendolo in ascensore e offrendogli il pranzo allora, improvvisamente, l'avrebbe considerato come un amico? Tsk, Harry e il suo irrefrenabile bisogno di attenzioni. Sospirò e slacciò il suo grembiule: il suo turno era giunto al termine.
Perrie lo fissò attentamente e poi parlò. «Vedrai che chiunque esso sia si farà vivo», gli fece un occhiolino seguito da un sorriso confortante. Harry la ringraziò con lo sguardo e andò via.
Qualche giorno dopo però Louis decise che non poteva comportarsi in quel modo, non doveva vergognarsi di nulla, era stato soltanto un bisogno fisiologico. Nient'altro.
Non poteva continuare a scappare ed ignorare tutti. Aveva ricevuto molte email da parte di alcuni studenti in cui gli chiedevano chiarimenti, ma non avevano ricevuto alcuna sua risposta. Così si era detto che avrebbe risposto loro a lezione, chiudendo in un cassetto nascosto della sua mente ciò che era successo a causa di -o grazie a?- Harry. Non si sarebbe più ripetuto e si sarebbe comportato come sempre. Quindi entrò in classe, salutò tutti con un sorriso e continuò la sua lezione da dove l'aveva interrotta la volta precedente.
~
A fine lezione si fermò a parlare con alcuni studenti, perdendo dieci minuti, poi li congedò cordialmente e si guardò intorno per scorgere Harry: ma di lui nemmeno l'ombra. Così sospirò e si diresse fuori dall'edificio, diretto verso la sua auto: non vedeva l'ora di riposare un po' sul divano del suo salotto, dato che Rebeckah era a fare shopping insieme ad Eleanor, e quindi aveva la casa tutta per sé. Poi però i suoi occhi si posarono sulla vetrata della caffetteria dove lavorava Harry e decise di cambiare per qualche minuto i suoi piani e andare a bere una tazza di tea.
Una campanella tintinnò al suo ingresso e si guardò attorno. Vide solo una ragazza dietro al bancone, un ragazzo che gironzolava tra i tavoli e poche persone sparse qui e lì che sorseggiavano la loro bevanda. Per essere ora di pranzo era abbastanza vuoto quel luogo. Ma meglio così, pensò Louis. Perciò si diresse verso uno dei tavoli più appartati, tolse la sua giacca che appese sullo schienale della sua sedia, poggiò la sua valigetta nella sedia accanto e tolse il suo cellulare dalla tasca per metterlo sul tavolo. Lo sapeva che era eticamente scorretto quel gesto -lo ripeteva sempre a Rebeckah-, ma era da solo quindi non avrebbe recato alcun fastidio a nessuno.
Il ragazzo, che prima gironzolava fra i tavoli con un vassoio in mano carico di tazze e bicchieri vuoti, si avvicinò a Louis e con un blocchetto in mano gli sorrise, pronto a ricevere l'ordinazione. «Salve, cosa posso portarle?» Louis si guardava ancora intorno stupidamente, sperando di vedere Harry, ma non c'era. Quindi sorrise al ragazzo e ordinò la sua amata tazza di tea.
Non capiva perché continuava a cercare Harry: forse perché l'aveva evitato per giorni e voleva perdersi di nuovo nei suoi occhi, nel suo sorriso. Ma più di tutto, non capiva perché continuava a fare questi pensieri. Scosse la sua testa, finì il suo tea e poi si alzò, prendendo la tazza in una mano, la giacca sul braccio e la valigetta nell'altra mano. «Oh, non si preoccupi», Perrie gli andò in suo soccorso e afferrò la tazza, «faccio io!»
Louis la ringraziò e, distratto, si diresse verso la cassa per pagare. Poi uscì definitivamente per andare a casa.
Harry iniziò il suo turno in caffetteria esattamente dieci minuti dopo. Era andato al locale di Liam per il solito panino e aveva scambiato quattro chiacchiere con Niall, stranamente.
Salutò Perrie come al solito, allacciò il suo grembiule ai fianchi e ultimò il lavoro del suo collega. Quindi andò a pulire i tavoli con una pezza umida. Mentre era concentrato su una macchia di caffè che non voleva saperne di lasciare la superficie del tavolo di fronte alla finestra, notò un cellulare poggiato poco più in là. Lo prese e si guardò intorno. «E' di qualcuno questo cellulare?» chiese, ma i pochi presenti scossero la testa. «Mmh», abbandonò la pezza e rigirò fra le mani quel cellulare: era un iPhone 6 grigio, senza una cover, poco scheggiato sul retro. Cliccò sul tasto centrale e sbloccò facilmente lo schermo -di quei tempi chi non metteva una password sul proprio cellulare?
Lo sfondo era uno di quelli predefiniti della Apple, nulla di particolare. Entrò in Contatti e cercò qualche nome che potesse risalire al proprietario. Trovò un numero di casa e pensò fosse quello più adatto. Così premette sulla cornetta e attese.
«Pronto?»
«Parlo con Casa?»
«Prego?»
«La sto chiamando da un cellulare che ho trovato e visto che non sapevo come contattare il proprietario, ho guardato nei contatti e ce n'era uno con scritto Casa e allora l'ho chiamata»
«Oh, ha trovato il mio telefono. Per poco non diventavo pazzo! Dove l'ha trovato?»
«L'ho trovato qui in caffetteria», e ci fu un attimo di silenzio. Louis rielaborò un attimo il tutto e sgranò gli occhi. «Pronto? E' ancora in linea?»
«Harry?» esclamò sorpreso Louis.
«Sì, sono io. Come fa a-»
«Sono il professor Tomlinson!» Harry in un primo momento non capì nulla, poi collegò tutte le parole, sorrise e le sue guance si colorarono. «Non ti ho visto oggi in caffetteria», si lasciò scappare.
«Oh io... sono andato a mangiare prima di iniziare il mio turno», si guardò intorno e vide entrare alcuni studenti, e lui doveva tornare a lavoro.
«Dovevo immaginarlo», rise e scosse la testa. «Quando posso avere di nuovo il mio telefono?»
«Glielo posso portare domani a lezione», propose.
«No, no... è meglio di no. Non vorrei mettere strane voci in giro»
«Già, ha ragione... Possiamo andare a cena», si morse subito la lingua, cosa gli stava passando per la testa? «No ehm- scherzavo», rise nervosamente. «Posso offrirle un tea? Magari non dove lavoro io»
«Mh, non lo so... io-»
«Si ricordi che tengo in ostaggio il suo cellulare», disse, facendo ridere entrambi.
«Potrò mai dirti di no, Harry Styles?», sospirò sconsolato.
«Mi faccia pensare... Ovviamente no! Facciamo domani alle cinque? Ci vediamo nello Starbucks di Piccadilly»
«Va bene, grazie! A domani!»
«A domani!»
Harry si chiese se fosse normale sentirsi felice dopo una conversazione senza senso con il proprio professore.
Louis era nervoso. Era davanti al proprio armadio da mezz'ora e non sapeva cosa mettere. Sembrava dovesse prendere parte ad una cena importante, quando invece doveva recuperare solo il suo cellulare. Aveva una strana ansia addosso e non riusciva a controllarla.
Prese un respiro profondo e alla fine scelse di indossare una maglia bianca con sopra una camicia verde militare, skinny jeans neri e un paio di all star bianche. In questo modo non era né troppo sportivo né troppo elegante. Passò poi dal bagno per mettere un po' di gel sui capelli.
«Esci?» Rebeckah poggiò una spalla sullo stipite della porta e incrociò le braccia al petto.
Louis si voltò preso alla sprovvista. «Sì, vado a recuperare il mio telefono»
«Che smemorato che sei!» lo prese in giro la figlia e poi si avvicinò a Louis per schioccargli un bacio sulla guancia e abbracciarlo. C'erano alcune volte che si comportava in questo modo per secondi fini, altre invece lo abbracciava, così, senza un motivo ben preciso. Era una ragazzina affettuosa e Louis era felice di ricevere tutto quell'affetto gratuito perché niente e nessuno avrebbe sostituito questo.
«Adesso vado, se no faccio tardi»
Esattamente dieci minuti dopo era fuori lo Starbucks, in procinto di entrare. Si fermò solo quando vide una testa non troppo riccia correre nella sua direzione. Aveva il fiatone e sembrava aver corso tanti, troppi, chilometri.
«Hey Harry», rise Louis mettendo le mani avanti, «stai tranquillo!»
«Pensavo- Pensavo di essere in ritardo»
«Allora siamo in due», rise ancora, contagiando il ragazzo di fronte a sé. Harry si mise ritto con la schiena, prendendo ancora un po' di fiato e poi guardò attentamente il suo professore: era decisamente strano vederlo in una veste informale. Ma era uno strano bello.
«Entriamo?» chiese Louis, indicando la porta del locale. Harry annuì e, seguito da Louis, si fece strada all'interno.
Dopo aver ordinato uno strewberry and cream frappuccino per Harry e un chai tea latte per Louis, andarono a sedersi ad un tavolino -era stato un miracolo trovare posto lì a causa della confusione.
«Il mio telefono?» chiese Louis impaziente.
«Oh, sì, giusto!» Harry quasi dimenticava che Louis fosse lì con lui solo per un cellulare. Si morse il labbro e tirò fuori dalla tasca l'iPhone del suo professore. «Ha ricevuto alcune chiamate e un paio di messaggi», lo informò indicando lo schermo, «ma ovviamente non ho controllato», precisò, prendendo un sorso della sua bevanda.
Louis prese il suo cellulare, sfiorando appena le dita di Harry, e lo sbloccò notando che effettivamente ci fossero due chiamate da parte di Niall risalenti alla sera precedente, un messaggio di Rebeckah ed uno di Eleanor.
«Ti ringrazio per non aver ficcanasato», disse, riponendo poi il telefono in tasca. Iniziò a bere il suo tea e si sentì osservato. Così alzò lo sguardo verso Harry. «Cosa?»
Harry, colto alla sprovvista, arrossì appena e decise di prendere un'altro sorso del suo frappuccino. Poi parlò: «In questi giorni l'ho aspettata in caffetteria per il tea che le avevo promesso...»
Oh. Louis rimase decisamente di sasso. Tenne la bocca chiusa per non iniziare a balbettare parole insensate e così si concentrò sulla sua bevanda.
«Mi dispiace non aver mantenuto la parola, ma sono stato molto impegnato», bugia. Non poteva di certo dirgli che lo aveva volutamente ignorato a causa degli scompensi che gli aveva creato. Oh, Harry!
«Adesso mi deve risarcire di tutti i miei danni morali e quelli economici della caffetteria a causa di tutti i tea che le ho preparato e che non sono mai stati consumati», disse fintamente imbronciato.
«Mi hai preparato ogni giorno il tea?» chiese sbalordito e con il cuore un po' più scalpitante. Harry allora annuì e Louis si sentì una merda perché mentre lui faceva di tutto per evitarlo e stargli alla larga, il ragazzino lo pensava e lo aspettava. «Perché hai la capacità di farmi sentire sempre in colpa?»
Harry rise e «Oops?» disse, alzando le spalle con fare birichino. Louis scosse la testa divertito e poi si dedicò completamente alla sua bevanda.
~
«Beh, allora grazie Harry», disse Louis una volta fuori dal locale, riferendosi chiaramente al cellulare.
«Le consiglio di perdere il suo telefono più spesso», mormorò pensando ad alta voce. Louis lo sentì perfettamente e sta flirtando con me?, si chiese. Ma non ci badò molto. Rise quasi nervoso.
«Ci vediamo a lezione!» composto e formale.
«Arrivederci, Professore», Harry alzò la mano in segno di saluto un po' a malincuore. Avrebbe sicuramente voluto passare del tempo con lui e conoscerlo meglio.
Louis allora si incamminò verso casa ed in quel momento Harry si ricordò di aver scordato ad informarlo di qualcosa. «Ah, professor Tomlinson». Louis si voltò curioso, in attesa. Poi Harry ci rifletté su: il fatto che si fosse dimenticato a dirgli quella cosa poteva giovare a suo favore. Non sapeva cosa gli stava passando per la testa, ma sembrava essere attratto dal suo professore, e lo sapeva che non era professionalmente corretto. «Oh, no. Niente», fece un gesto vago con la mano e gli sorrise, guardandolo poi confondersi in mezzo alla confusione.
Prese quindi il suo cellulare e creò una nuova chat su whatsapp.
"Potrei stare a guardarti per ore e non mi stancherei mai."
Patetico? Infantile? Sdolcinato? Ad Harry non importò. Lo inviò lo stesso perché era la verità. Non sapeva ancora come gestire quella situazione: il giorno prima, dopo aver fissato il cellulare di Louis per almeno mezz'ora, non aveva potuto fare a meno di sbloccarlo, digitare il proprio numero e fare uno squillo al proprio cellulare per poter memorizzare il numero di Louis. Lo sapeva, lo sapeva, che era scorretto, ma voleva in qualche modo poter iniziare una conversazione con lui che non durasse poco più di di qualche minuto.
Non sapeva ancora se mantenere anonima la sua identità oppure confessarlo, col rischio di essere ignorato definitivamente.
Non avrebbe potuto comunque scoprirlo da solo perché nella sua immagine di profilo c'era Gus, il suo gatto.
Quando Louis trovò il messaggio era appena passata l'ora di cena. Si era allontanato un attimo dalla cucina per cercare i suoi due amici per organizzare una cena prima della partenza di Eleanor.
Lesse quella frase almeno tre volte e controllò istintivamente l'immagine del profilo. Un gatto. Non conosceva nessuno con la passione per i gatti. Poi lesse lo stato. Tutti i cambiamenti sociali nascono dalla passione degli individui. Beh, sembrava una persona intelligente, a meno che non avesse cercato una di quelle frasi fatte sulle pagine dedicate agli aforismi solo per impressionare la gente. Poi tornò indietro nella chat e osservò l'orario del messaggio. Cinque e quindici. Non ci badò, comunque, molto.
Tornò ancora indietro e andò a cercare la chat di gruppo con Niall e Liam.
Louis:
Non siete affatto divertenti.
Liam:
Che succede? Che c'entriamo noi?
Louis:
Giuro che se avete scritto DI NUOVO il mio numero di cellulare sul muro di qualche squallido bagno, solo perché siete stufi di vedermi da solo, vi consiglio di scavarvi una fossa.
E' arrivata la vostra ora.
Niall:
Stavolta non abbiamo fatto niente, possiamo giurare!
Liam:
No, Lou. Non ci è passato nemmeno per l'anticamera del cervello. Tra l'altro sono stato pure impegnato al locale.
Louis:
Quindi non siete stati voi?
Niall:
No no.
Liam:
Ma ti ha cercato qualcuno?
Ti ha scritto cose sconce?
Louis:
Sì...
Cioè, mi ha cercato qualcuno, ma non mi ha scritto cose sconce. Anzi.
Liam:
Ti ha detto chi è?
Louis:
Non gli ho nemmeno risposto.
Niall:
E cosa aspetti a farlo?
Louis ci pensò su e decise che al momento non avrebbe risposto.
~
«Hey», cantilenò Zayn, vedendo il suo coinquilino distratto. Harry alternava il suo sguardo dalla pentola che bolliva sotto il suo naso al telefono posto accanto ai fornelli.
«Mh?»
«Aspetti qualche messaggio? Una chiamata?» suppose, sedendosi comodo su una sedia.
«Zay, credo di aver fatto una cazzata», piagnucolò, accasciandosi sulla sedia accanto a Zayn.
«Che hai combinato?», cosa avrebbe mai potuto combinare?
«Hai presente il professor Tomlinson?» Zayn annuì. «Ieri ha dimenticato il suo cellulare in caffetteria e oggi gliel'ho ritornato»
«Okay, e qual è il problema?»
«Mi sono fatto uno squillo col suo cellulare e adesso ho il suo numero. Gli ho mandato un messaggio-»
«Tu cosa?» urlò Zayn, mettendosi in piedi. «Sei per caso impazzito?» gesticolò.
Harry si alzò dalla sedia a sua volta e cominciò a fare avanti e indietro. «Lo so, lo so, okay?» si portò le mani fra i capelli. «Ho agito di istinto, volevo parlargli, mi sembra una persona interessante»
«Ma è un tuo professore!!» specificò Zayn, come se Harry non ne fosse già al corrente.
«Lo so, però...» si calmò un attimo e fissò il suo amico negli occhi. «Sono come attratto da lui, io- non lo so cosa sto facendo?»
«Ti piace?» chiese di botto.
«Io- Io non lo so. Ma vorrei solo potergli parlare un po' di più, conoscerlo»
«Okay, ho capito. Il mio migliore amico si è preso una brutta cotta per il suo professore»
Ed Harry non rispose.
~
"Non risponderai mai ai miei messaggi, ma un po' ti capisco, forse nemmeno io lo farei se mi ritrovassi dei messaggi anonimi. Ma non importa, ti auguro una buonanotte. x"
Louis lesse quel messaggio solo la mattina dopo, quando ormai aveva varcato i cancelli dell'università. Stava riponendo sulla sua scrivania alcuni documenti quando ricevette un altro messaggio.
"Basta poco perché sia una bella giornata: un raggio di sole nel cielo, un sorriso in tasca e una speranza nel cuore. Buongiorno. x"
Louis accennò un sorriso, ma si maledisse all'istante. Era curioso di sapere chi si nascondeva dietro quei messaggi, ma se avesse risposto avrebbe innescato qualcosa che probabilmente non avrebbe voluto vivere.
Lasciò perdere anche quel messaggio, chiuse il suo ufficio a chiave e si diresse verso la sua aula dove i suoi studenti lo stavano aspettando.
Louis continuò a ricevere messaggi per altri due giorni: oltre al buongiorno e alla buonanotte, il suo ammiratore gli mandava alcune frasette sdolcinate a cui Louis non era più abituato e quella fase sembrava ormai un ricordo lontano... forse non l'aveva mai vissuta, in realtà. Continuò a ricevere messaggi fino a quando Louis si decise a rispondere -e dare un taglio a tutti quei messaggi che lo mettevano, non poco, a disagio.
Louis:
Non so chi tu sia, ma ti prego di smetterla. Avrai sbagliato sicuramente numero perché non ricordo di aver dato il mio ad uno sconosciuto.
Harry:
Finalmente mi hai risposto!
Louis:
Sì, ma hai letto quello che ti ho scritto?
Harry:
Certo, non ho sbagliato numero. Sono sicuro di chi tu sia.
Louis:
Questa cosa è inquietante, quindi ti prego di smetterla o se no chiamo la polizia.
Harry:
Non sei neanche un po' curioso di sapere chi sono?
Louis ci rifletté un attimo e si guardò intorno. Certo che era curioso, voleva sapere tutto. Ma aveva paura. Di cosa non si sa, ma l'aveva.
Diede un morso al suo panino e bloccò lo schermo. Liam lo osservò da dietro il bancone e gli si avvicinò, dando il cambio a Niall.
«Ti vedo pensieroso», si sedette di fronte a Louis e poggiò i gomiti sulla superficie di legno. Louis annuì, continuando a masticare. «E' per colpa di quei messaggi? Ti cerca ancora?»
Louis inghiottì e annuì ancora. «Ho risposto ai suoi messaggi, ho scritto che avrei chiamato la polizia se non avesse smesso di cercarmi»
Liam rise di cuore e scosse la testa. «Perché per una volta non provi a buttarti?»
«Lee, non ho più l'età per buttarmi. Queste cose sono ragazzate-», non riuscì a completare nemmeno la frase perché venne interrotto dalla vibrazione del suo cellulare. Un nuovo messaggio. Sempre quel numero sconosciuto.
Harry:
Okay, evidentemente ti ho dato fastidio anche se non era mia intenzione. Avrei voluto conoscerti in circostanze diverse, magari avresti apprezzato i miei messaggi. Avresti apprezzato me. Non so cosa mi sia passato per la testa quando ho deciso di mandarti tutti questi messaggi. Scusami. Cancellerò il tuo numero e non ti cercherò più.
Gli si strinse il cuore nel leggere quelle parole. Guardò Liam, che aveva letto il messaggio, e attese un consiglio. «Non mi sembra un tipo che fino ad ora abbia scherzato. Sembra voglia conoscerti davvero», alzò le spalle. «Chiedigli il nome»
Louis, titubante, iniziò a picchiettare con i polpastrelli sulla tastiera dell'iPhone. Stupidi sensi di colpa.
Louis:
No, aspetta!
Se ti chiedessi il nome tu me lo diresti?
Harry:
Non lo so.
Adesso ho un po' di paura a rivelarti la mia identità.
Louis:
Ti prego? Ti conosco?
Harry:
Sì..
Louis si guardò intorno e vide Niall col telefono in mano mentre scriveva qualcosa e sghignazzava.
Louis:
Niall. Smettila di prendermi in giro.
Harry:
Non sono Niall.
Louis:
Allora dimmi chi sei, una volta per tutte.
Harry:
Sicuro che lo vuoi sapere?
Louis:
Certo! O se no chiamo davvero la polizia.
La risposta arrivò solo dieci minuti più tardi, quando ormai Louis aveva finito il suo panino e perso le speranze.
Harry:
Sono Harry.
«COSA?!» urlarono all'unisono Louis e Liam, attirando l'attenzione di Niall.
~
Andare a lezione sapendo che il suo studente Harry Styles avesse una cotta per lui era davvero difficile. Cercava sempre di non incrociare il suo sguardo e sembrava esser tornato a una settimana prima quando, a causa di un suo video, aveva sfogato i suoi umori nel suo letto. Stavolta l'unica differenza era che Harry teneva sempre lo sguardo basso, talvolta nascosto da un ciuffo di capelli che gli ricadeva lungo sulla fronte. Però capiva quando lo ascoltava, perché scriveva sul suo quaderno freneticamente. Non alzava mai lo sguardo, se non per guardare per qualche secondo i suoi compagni. Ma mai il suo professore.
Provava troppa vergogna, si sentiva quasi soffocare, lo stomaco in subbuglio. Si sentiva sbagliato, a disagio, colpevole, come se avesse commesso un reato -forse era un reato, contro la legge, invaghirsi del proprio professore?
Louis non gli aveva risposto più. Non sapeva cosa avesse pensato di lui in quel momento, appena lette quelle due parole. Ma sicuramente aveva riso di lui, considerandolo un pazzo, un illuso. Oppure, semplicemente, pensava che avesse giocato con lui, che si fosse divertito o che sentirsi con un uomo più grande lo avesse reso figo.
Sentì la bile salire su per la gola e dovette raccogliere le sue cose in fretta e rifugiarsi in bagno.
Louis lo vide correre via e si dispiacque. Si era comportato da immaturo e non aveva più risposto al suo messaggio. Ma cosa avrebbe potuto scrivere? Liam non era stato capace di dargli un buon consiglio, di Niall non parliamo proprio. Era tornato a casa con tanti pensieri a frullargli nella testa. Si era chiesto se avesse fatto qualcosa che avesse potuto illudere il ragazzo. Era bastato un invito a pranzo? Solo quello? Louis non capiva.
Zayn, dall'altro lato, aveva cercato di consolare il suo migliore amico. Si era chiuso nella sua camera, sotto le coperte. Harry si sentiva come uno scolaro degli anni Sessanta che, per punizione, veniva mandato dietro la lavagna o gli veniva consegnato un cappello con su scritto ASINO e veniva deriso da tutti gli altri suoi compagni. Era davvero una brutta sensazione.
Così si era fatto salire la febbre. Non aveva potuto partecipare a nessuna delle lezioni per un'intera settimana. Odiava quando il suo corpo reagiva in quel modo. Nel frattempo Zayn, tra una lezione e un turno in biblioteca, si era preso cura di lui. Aveva intravisto il professor Tomlinson e avrebbe tanto voluto dirgliene quattro, avvertirlo del fatto che il suo migliore amico non andava trattato in quel modo -con quei silenzi.
Louis si era accorto subito dell'assenza di Harry. Non solo in aula, ma anche in caffetteria e nel suo canale YouTube. Sembrava come sparito nel nulla e si sentì in colpa. Era molto combattuto: cercarlo e scusarsi o ignorarlo e continuare con la sua vita?
~
Lo rivide esattamente otto giorni dopo. Era in biblioteca, alla ricerca di un libro da portare a sua figlia, quando vide una testa riccia chinata su un libro e poggiata sul pugno di una mano. Sembrava concentrato, ma decise di avvicinarsi comunque approfittando della calma del luogo e della presenza di altre due o tre persone poco distanti da lì.
Portò un pugno davanti la bocca e tossicchiò, attirando quindi l'attenzione di Harry. «Si può?» chiese, indicando il posto vuoto di fronte a lui.
Harry sgranò gli occhi e boccheggiò, sorpreso di trovarselo lì. Poi però annuì e continuò la sua lettura. Louis si sedette e lo fissò, pensando a cosa dirgli.
«Possiamo parlare?» sussurrò.
«Non-Non mi sembra il caso», sussurrò a sua volta l'altro, senza mai guardarlo. Si vergognava troppo.
«Guardami, Harry, per favore», chiese dolcemente e il ragazzo di fronte non poté che ubbidire. Così immerse i suoi occhi in quelli di Louis. «Ti va di andare a parlare in un posto diverso da qui? Non mi piace parlare sottovoce»
Harry annuì titubante e raccolse le proprie cose. Spense la luce da tavolo e seguì il proprio professore nei corridoi dell'università, finendo poi nel suo ufficio. Louis chiuse la porta e andò a sedersi dietro la sua scrivania. «Siediti pure, Harry», disse indicando una delle due sedie. Il riccio ubbidì per l'ennesima volta e lo fissò. «Allora-» cominciò Louis.
«Mi dispiace», disse subito Harry, interrompendolo. «Mi dispiace aver preso il suo numero senza il suo permesso e aver scritto quelle cose. Non volevo importunarla, io-»
«Pensi davvero tutte le cose che hai scritto?» Harry annuì dopo pochi secondi e giocò nervoso con le sue dita. «Mi lusinga sapere di piacere ancora», rise bonario Louis, «ma Harry, parliamoci chiaro, io non sono la persona adatta a te. Non sarebbe professionalmente corretto per me e giusto per te», disse quasi come se avesse appena considerato l'idea di stare con Harry, con un ragazzino.
Harry scosse la testa. «Volevo solamente conoscerla al di fuori del contesto scolastico. Che male ci sarebbe?» alzò noncurante le spalle. «Quanti anni ha? Ventisette? Ventotto?»
«Ne ho trentasei, Harry», sorrise.
Il riccio sgranò gli occhi perché «Ne dimostra molti di meno»
«Ti ringrazio!»
«Ma non importa», tornò alla carica il riccio, «vorrei solo poter avere l'opportunità di conoscerla davvero»
«Sei un ragazzino, Harry»
Il riccio scosse la testa, un po' risentito. «Lei è un uomo pieno di pregiudizi? Si ferma solo all'apparenza?»
«No, Harry. Non potrei mai avere pregiudizi per ovvi motivi», rise per la situazione assurda, «e non metto in dubbio la tua intelligenza, però devi capire che non potrebbe esserci nulla tra di noi»
Harry rifletté su due cose: la prima, era che il suo professore aveva appena confessato indirettamente di essere gay e quindi non fidanzato o sposato con quella ragazza che aveva visto qualche settimana prima; la seconda, era che lui non era abbastanza per Louis.
Quindi si ammutolì e abbassò lo sguardo sulle sue mani. «Pensavo solo di avere una possibilità», mormorò rassegnato. Louis lo guardò attentamente, guardò le sue labbra piegarsi verso il basso ed imbronciarsi, e... che problemi aveva? Non riusciva a sopportare l'idea di sapere Harry triste. «Beh», tossì il riccio, non sentendo alcuna risposta da parte di Louis, «adesso è meglio che io vada. Ho un esame da preparare e-»
Fece per alzarsi, ma «Che materia?»
«Devo studiare filosofia della musica, è un po' complessa. Sono molto indietro e l'esame è tra una settimana» si avvicinò quindi alla porta, pronto a salutare il suo professore e andarsene.
Louis ci pensò su e non controllò affatto il suo filtro cervello-bocca. «Posso aiutarti io, se vuoi»
Harry lo fissò sorpreso. «Cosa? Davvero? Voglio dire», si schiarì la gola per darsi un contegno, «lo farebbe sul serio? Non voglio sottrarle del tempo»
«Te l'ho proposto io», sorrise. «Sono un insegnante di musica, quindi conosco l'argomento e posso aiutarti solo perché non sarò io il professore che ti esaminerà per filosofia»
«Grazie, grazie davvero! Mh- ci possiamo vedere domani pomeriggio in biblioteca-»
«Non penso sia il caso» disse con sguardo eloquente.
«Allora possiamo fare a casa mia, il mio coinquilino dovrebbe avere lezione e non tornerà prima delle sette»
«Posso venire da te alle quattro, prima- prima ho un impegno»
«Non si preoccupi! Allora... le invio l'indirizzo per messaggio», sorrise e allungò la mano verso Louis per salutarlo. Il liscio la guardò e poi la strinse. Com'era possibile che la mano di un ragazzino fosse così grande e che inglobasse interamente la propria mano? In quella frazione di secondo percepì la morbidezza della pelle del ragazzo, calda rispetto alla sua fredda. «Arrivederci!»
~
E così avevano passato un intero pomeriggio sui libri. Inizialmente era stato strano per entrambi ritrovarsi in un posto diverso dall'università, quindi un posto più intimo, e da soli. Harry gli aveva offerto una tazza di tea -dato che ormai aveva capito che fosse la bevanda preferita di Louis- e poi si erano spostati nel salotto per stare più comodi e per studiare. Si erano seduti a debita distanza, per non incombere in situazioni ambigue, e avevano iniziato la loro sessione di studio ripassando i concetti base che già Harry aveva studiato per poi passare ai concetti nuovi.
C'era però freddezza nei loro movimenti, imbarazzo, e questo rendeva Harry nervoso. Così interruppe il flusso di parole del suo professore, che tra l'altro non stava nemmeno ascoltando. «In aula non è mai così rigido»
«Scusa?» tolse gli occhiali e guardò Harry.
«Si rilassi», consigliò, «se no mi mette ansia ed io non riesco a concentrarmi»
Louis annuì comprensivo. Effettivamente si sentiva un pezzo di legno, rigido. «Allora facciamo così: quando ci troviamo fuori dall'università ti chiedo di darmi del tu»
Harry concordò e «Mi dic- ehm, dimmi una battuta»
«Una battuta?» domandò sorpreso.
«Sì, avanti! Così aiuta un po' a rompere il ghiaccio»
«Non so fare le battute, non sono bravo», si portò una mano dietro al collo e arrossì appena.
«Allora comincerò io», ci pensò su e poi ghignò come se avesse dovuto fare la battuta del secolo. «Due muffin sono in un forno. Uno dice all'altro "è caldo qui", e quello risponde "oddio un muffin che parla!"» e poi scoppiò a ridere. Louis lo guardò interdetto, occhi spalancati e bocca aperta. Harry si ammutolì. «Oh andiamo! Era carina!» frignò come un bambino non ricevendo la reazione che si aspettava. «Allora te ne faccio un'altra»
«Speriamo sia più carina», incrociò le braccia e le poggiò sul tavolo, in l'attesa dell'altra battuta.
«Toc toc?» cominciò.
«Harry, non starai dicendo sul ser-»
«Su, avanti!! Toc toc?»
Louis ruotò gli occhi al cielo e trattenne un sorriso. «Chi è?»
«Hula»
«Hula chi?»
Harry quindi emise un suono bilabiale «Hoop!» completando la sua battuta esilarante con sorriso splendente.
Louis portò una mano sulla fronte scuotendo quindi la testa, rassegnato. «Sei pessimo»
«Questa era geniale! E anche se per te era squallida almeno ti ha fatto sciogliere» sorrise vittorioso per essere riuscito nel suo intento.
Louis allora rise di cuore e annuì, dando ragione al ragazzo. «Okay, lo ammetto». Grazie, Harry!, pensò vedendo le sue fossette e gli occhi luminosi.
«Ehm ehm», le loro risate vennero interrotte dalla presenza di Zayn che li fissava dalla soglia della stanza. Guardò confuso il suo coinquilino, pensando di essersi perso qualche passaggio perché l'uomo nel salotto di casa sua non poteva essere il professore Tomlinson, giusto?
«Oh Zayn! Ti presento Louis Tomlinson», indicò l'uomo al suo fianco, «è il mio professore di musica e mi stava aiutando con filosofia», sorrise e poi continuò con le presentazioni rivolgendosi a Louis. «Louis, lui è Zayn, il mio coinquilino»
I due si strinsero la mano: uno con imbarazzo, l'altro con circospezione. «Non pensavo avessimo ospiti»
Louis controllò l'orologio e «Effettivamente mi sono fermato più del dovuto», si alzò dalla sedia e riposò le proprie cose nella sua valigetta.
Harry si morse il labbro perché avrebbe voluto passare più tempo con Louis. Il tempo, quel pomeriggio, era letteralmente volato.
«Allora ciao Harry», alzò la mano e sparì dentro la sua auto. Il riccio chiuse la porta di casa e tornò in cucina dove ad aspettarlo c'era Zayn, in piedi, poggiato sul mobile.
«Spiegami che ci faceva lui qui»
«Te l'ho detto, è venuto per spiegarmi la filosofia»
«Casualmente lui?» inarcò un sopracciglio e incrociò le braccia al petto. E allora Harry gli spiegò l'intera faccenda, dai messaggi alla discussione nell'ufficio del prof.
«Però, ti prego Harry, stai attento! Ti affezioni facilmente e non credo che Louis Tomlinson sia la persona adatta»
Così quella era diventata la loro routine per una settimana. Louis andava da Harry quando il riccio era a casa e libero dal lavoro -e quando lui stesso non aveva lezione il pomeriggio, ovviamente-, gli veniva offerta la solita tazza di tea, offriva a sua volta qualche coccola a Gus -perché aveva fatto la sua conoscenza e quella palla di pelo sembrava essersi innamorata di Louis- e poi riprendeva il filo del discorso interrotto la volta prima.
Tra i due c'era stato imbarazzo per i primi due giorni, poi si erano completamente sciolti. Harry lo aveva fatto sentire stranamente e sorprendentemente bene e a proprio agio.
Aveva trovato semplicemente piacevole spiegare quegli argomenti ad Harry perché, nonostante quegli attimi di svago, si era dimostrato uno studente attento e diligente. Scriveva degli schemi sul suo quaderno -aveva constatato pure che avesse una scrittura bella e pulita-, evidenziava con colori diversi le parole, le frasi importanti o quello che diceva Louis perché riassumeva un determinato concetto.
Louis era davvero così fiero di Harry e del lavoro che stava svolgendo che sentiva al cento percento che Harry avrebbe superato l'esame.
Harry:
Sono preoccupato, ho scordato tutto!
Louis rise per quel messaggio e scosse la testa. Quante volte lui stesso aveva detto quella frase a sua madre? Quante volte si era presentato davanti l'ufficio del professore pensando di non sapere nulla?
Louis:
Non è vero che hai scordato tutto, andrà bene... anzi, benissimo! Il professore di filosofia non è cattivo come sembra, fatti valere!
Louis in quei giorni aveva imparato anche che Harry fosse una persona estremamente forte, ma allo stesso tempo fragile come una foglia. Aveva sempre bisogno di sicurezze, conferme, un appoggio. E Louis era stato lì accanto a lui, sia fisicamente che moralmente.
Rebeckah aveva notato qualche strano comportamento in Louis -del tipo che rientrava tardi a casa rispetto al suo solito orario, aveva spesso la testa da un'altra parte ed un sorriso rilassato-, ma non aveva mai chiesto niente a riguardo, nonostante la sua curiosità. Era suo padre e si fidava.
Comunque alla fine Harry aveva passato l'esame, non con il massimo dei voti, ma alto abbastanza da comprare a Louis una scatola di cioccolatini con allegato un bigliettino di ringraziamento. Aveva lasciato il tutto sulla scrivania del suo ufficio, pensando di non passare più del tempo con Louis, ed era scappato via come un ladro.
In realtà i due avevano continuato a vedersi anche dopo. Era successo per caso. Louis come al solito si trovava sul canale YouTube di Harry in attesa che caricasse il nuovo video. Si intitolava Non sono sparito!
Effettivamente non aveva caricato nessun video in quelle settimane e sentirlo cantare, doveva ammetterlo, gli mancava un po'.
«Ciao a tutti!» Harry alzò la sua mano enorme e sorrise imbarazzato verso la telecamera. «Come state? È la prima volta che pubblico un video in cui non canto e non sono abituato a parlare con una telecamera» parlò con molta calma, come suo solito. «Mi dispiace non aver postato nessun video in questi giorni, ma sono stato parecchio impegnato. Sapete? Frequento l'università e questo è un bruttissimo periodo pieno di esami. In più sono cominciate le lezioni, dove imparerò a suonare anche la chitarra», rise e alzò le spalle, «o almeno spero, perché sono una frana e non riesco a memorizzare nulla», rise ancora scuotendo la testa. «Così potrò portare sul canale dei contenuti più seri e professionali», guardò leggermente a destra per pensare un attimo. «Beh, al momento non ho altro da aggiungere, tornerò prestissimo con un'altra cover che ho già in mente», poi puntò entrambi gli indici verso il basso, «se volete, lasciate un commento scrivendomi qual è la vostra canzone preferita e quale cover vorreste ascoltare sul mio canale. Un bacio grande!», portò entrambe le mani davanti la bocca per mandare un bacio verso la telecamera e provocare un fastidioso mwuah! e poi il video finì dissolvendosi.
Così Louis tenne a mente il fatto che Harry fosse una frana nell'imparare a suonare la chitarra.
Quando il lunedì successivo lo vide seduto con le gambe incrociate su una panchina nel giardino dell'università, col capo chino sulla chitarra che teneva in grembo, mentre sbuffava ed imprecava, non ci pensò due volte e gli si avvicinò.
«Salve Harry!» disse risoluto.
Il più piccolo non aspettandosi proprio che qualcuno venisse a disturbarlo mentre stava studiando tutte quelle note, tanto meno Louis, sobbalzò dallo spavento e alzò lo sguardo.
«Lou-», si guardò intorno, «ehm professor Tomlinson!»
«Va tutto bene?»
Harry non poteva certo dirgli che imparare a suonare la chitarra lo stesse mandando fuori di testa. «Sì, va tutto bene. Sono... sono impegnato a studiare la sua materia» rispose un po' imbarazzato.
«Beh, lo vedo», indicò lo strumento, «e ti stai trovando bene?»
Harry si morse il labbro. E adesso cosa avrebbe risposto? Improvvisamente odiò le sue scarse capacità nel dire bugie. «S-Sì, sono a buon punto!» stupido Harry.
Louis allora alzò un sopracciglio, nascondendo il suo divertimento. «Mi faresti sentire cosa stai preparando?»
Il riccio sgranò gli occhi. «Non mi sembra il caso. Io- Glielo farò sentire agli esami»
Louis annuì sorridendo e «Harry, te l'hanno mai detto che-» si accovacciò per portare le sue labbra all'altezza dell'orecchio dell'altro «-oltre ad essere pessimo nel dire le battute, sei pessimo nel dire bugie?» gli sussurrò.
Harry allora non poté che arrossire e ammutolirsi. Che figura! Mi boccerà all'esame, pensò subito.
Louis passò la sua valigetta dalla mano destra a quella sinistra e poi si guardò intorno, sperando non ci fossero occhi indiscreti a guardarli. «Non riesci?»
«Non ci capisco nulla», rispose sinceramente.
Louis sospirò perché per la seconda volta stava pensando a qualcosa che non avrebbe mai fatto per nessun'altro: ma Harry era Harry. Si era instaurato un certo feeling tra i due, anche se non voleva ammetterlo. «Io potrei aiutarti», disse a bassa voce.
Harry lo guardò incredulo e poi scosse la testa. «Ma lei non può farlo, sarebbe troppo imbarazzante e se qualcuno venisse a scoprirlo chissà cosa penserebbe»
«Vuoi imparare a suonare, indipendentemente dagli esami?». Mentre aspettava una risposta di Harry vide un gruppo di ragazzi entrare di corsa dentro il plesso e guardò il suo orologio da polso. «Senti Harry, adesso ho lezione e se non mi sbrigo faccio tardi. Pensa alla mia proposta, va bene? Ci vediamo a lezione»
Harry lo osservò mentre si dirigeva a passo veloce verso l'ingresso e poi sospirò. Gli aveva davvero proposto di aiutarlo, soprattutto per un suo esame? La volta prima era per filosofia, una materia che non veniva insegnata da Louis, ma stavolta? Guardò insistentemente il suo libro, come se questo potesse consigliargli la cosa giusta e poi sospirò. Lo voleva davvero tanto. Voleva passare altro tempo con lui, averlo tutto per sé mentre spiegava, gli sorrideva, mentre coccolava il suo gatto, mentre beveva il suo tea preferito nella sua tazza -che ormai era diventata di Louis. Averlo semplicemente nel suo appartamento. Probabilmente Zayn gliene avrebbe dette di tutti i colori, ma doveva solo cogliere la palla al balzo.
~
«Dio, Harry, questa chitarra è scordata!» esclamò Louis, facendo una smorfia. «Ci credo che qualsiasi accordo tu faccia ti risulta pessimo», scosse la testa, passando ancora una volta il pollice su tutte le corde. «Non hai un accordatore?» Harry scosse la testa e si morse il labbro. «Va bene, per questa volta te le accorderò io perché ormai vado ad orecchio, ma ti consiglio di comprarne uno elettrico. Compra anche un paio di plettri, un capotasto, per aiutarti a cambiare tonalità, e un set di corde nuove, non si sa mai una o più corde dovessero rompersi...»
«Non pensavo servissero tutte queste cose», lo interruppe Harry imbarazzato, grattandosi la nuca.
«Pensavi di imparare a suonare la chitarra con uno schiocco di dita?» chiese l'altro divertito.
«Non mi prendere in giro, sono un principiante! E' la prima volta che tocco una chitarra»
«Ecco perché ci sono qui io, per guidarti sulla retta via» rispose ancora una volta divertito, mentre continuava ad accordare lo strumento.
Harry sbuffò, fintamente offeso. «Sarà meglio andare a preparare un po' di tea», e sparì in cucina.
«Ti raccomando il latte!» gli ricordò Louis, come se Harry non lo sapesse. Pff!
Dopo tre ore passate insieme, Harry aveva imparato che: le corde della chitarra erano sei e si contavano dall'alto verso il basso in ordine decrescente; la corda più alta corrispondeva al Mi maggiore e che scendendo si incontravano rispettivamente le corde del La, del Re, del Sol, del Si e infine del Mi minore; il manico era diviso in più parti quasi uguali da tanti tasti. Poi Louis gli aveva fatto vedere come suonare la scala pentatonica e dire che Harry si era rivelato un disastro era dire poco: gli scivolavano continuamente le dita a causa del sudore e non riusciva a premere bene le corde provocando così vibrazioni che non dovevano esserci.
«Okay Harry», disse esasperato Louis, «direi che per oggi può anche andare»
«Non ce la farò mai a suonare bene la chitarra, vero?» domandò afflitto il riccio.
«Non dire sciocchezze!» prese poi la sua giacca e la sua borsa a tracolla. «Sei ancora all'inizio, è normale fare questi errori. Ti chiedo però di fare una cosa fino alla prossima volta che ci vediamo», Harry annuì in attesa. «Esercitati quante volte ti è possibile con questa scala che ti ho proposto. Ti consentirà di migliorare la forza, l'agilità e la rapidità delle dita»
«Va bene, Louis» mormorò. Al liscio sembrò così indifeso, tanto che allungò la propria mano verso la sua guancia e lo sfiorò, come avrebbe fatto con sua figlia per consolarla. Harry trattenne il fiato e sgranò gli occhi.
Louis, resosi conto del gesto avventato e fuori luogo, chiuse la mano in un pugno e la portò indietro come se si fosse scottato e tossicchiò. «Ci vediamo domani a lezione, buona serata Harry!»
«Grazie, anche a te!»
~
«Papà, sono a casa!» urlò Rebeckah, chiudendosi la porta d'ingresso alle spalle.
«Tesoro, sono in cucina», Louis, intento a preparare due piatti di pasta per lui e per sua figlia, venne raggiunto proprio da quest'ultima che lo abbracciò da dietro, circondandogli i fianchi con le braccia. Louis si voltò per darle un bacio sulla fronte e la invitò a lavarsi le mani prima di sedersi a tavola.
«Sei tornata più tardi del solito», chiese non appena cominciarono a pranzare.
Rebeckah si morse il labbro e annuì, cercando in fretta qualcosa da dire. «Sì, sono rimasta a parlare con una mia compagna e... il tempo è volato, già», poi si riempì la bocca con una forchettata di penne al tonno.
Louis annuì, per niente sospettoso, e bevve un sorso di acqua. «Tra un paio d'ore devo uscire»
«Dove vai? Ti vedi con qualcuno?» indagò, alzando un sopracciglio e puntandogli la forchetta.
«No!» rise. «Do semplicemente ripetizioni di musica ad un ragazzo», ad un bel ragazzo, avrebbe voluto dire e si maledisse mentalmente perché Harry gli aveva mandato in pappa il cervello. Non poteva invaghirsi di lui, era troppo rischioso e pericoloso. Beh, sarebbe stato tale se Harry fosse stato un assassino, un ladro, qualcuno invischiato in cose losche. In realtà, Louis aveva paura di scottarsi: Harry era un ragazzino rispetto a lui, probabilmente con poche esperienze e con una cotta passeggera per il suo professore. Non poteva davvero rischiare e poi lui aveva una figlia. Non cercava di certo un padre per Rebeckah, c'era già lui, né tanto meno una seconda figura genitoriale, c'era Eleanor per questo.
Louis cercava solo qualcuno che lo amasse davvero, che lo facesse sentire vivo, giusto, a proprio agio, leggero e, se proprio volessimo esagerare, qualcuno con cui invecchiare. L'uomo della sua vita. E sicuramente Harry non poteva ricoprire quel ruolo. Certo, magari se fosse stato più grande e più consapevole della propria vita sarebbe stato sicuramente il prescelto. Ma no, non era ancora il suo momento. E non sapeva nemmeno perché aveva fatto quei pensieri.
Ad aprire la porta a Louis quel giorno non fu Harry, bensì Zayn. Non sapeva ancora come comportarsi con quel ragazzo: lo scrutava sempre e pensava di non stargli molto simpatico. Erano già passate due settimane e quella era solo la terza volta che lo vedeva.
«Salve, Zayn», alzò una mano.
«Professor Tomlinson...» e si scostò per farlo entrare. «Harry è su nella sua stanza», lo informò indicando un punto indistinto alle sue spalle.
Louis deglutì. Nella sua stanza? «Ti ringrazio!»
Salì a poco a poco le scale, un po' nervoso. Bussò alla porta ed attese il permesso per entrare. Non aveva mai visto la stanza di Harry fino a quel momento. Trovò Harry seduto sul bordo del letto con un libro in mano -probabilmente stava studiando?- mentre guardava verso la porta per vedere chi avesse bussato.
«Oh, ciao Louis!» chiuse il libro, si alzò per posarlo sulla scrivania e rimase in piedi, indeciso sul da farsi: un bacio sulla guancia?, un abbraccio?, una pacca sulla spalla? Alla fine optò per un semplice sorriso.
«Ciao Harry», si chiuse la porta alle spalle e poggiò a terra la sua valigetta. «Come mai qui?» No, non era nervoso, no no.
«Beh, Zayn deve lavorare ad un progetto e gli serve il tavolino del salotto», iniziò a spiegare. «Siccome in cucina non possiamo lavorare bene, ho pensato che la mia camera potesse essere la soluzione. Spero non sia un problema...»
«No, figurati!» gli sorrise ed indicò la sedia per sedersi. «Allora Harry, hai fatto quello che ti ho chiesto io?»
«Certo!» rispose il riccio, che nel frattempo andò a prendere la sua chitarra dalla custodia che teneva poggiata al muro, accanto al letto. Mentre lo aspettava, ruotò con la sedia girevole e il suo sguardo cadde sulla finestra alle sue spalle e sulla macchina fotografica, evidentemente professionale, posta accanto al computer. Era da un po' che non sentiva Harry cantare, non postava una cover da tanto e sperava con tutto il cuore di risentirlo presto.
«Eccomi!» Harry tornò a sedersi sul bordo del letto e fece sentire a Louis la scala che aveva imparato a suonare in quei giorni. Era evidentemente migliorato, ormai Harry si era abituato a passare da una corda all'altra in modo naturale senza fare pause lunghe, senza controllare sempre la loro posizione sulla tastiera. Louis era davvero molto sorpreso, tant'è che gli fece un piccolo applauso quando terminò il suo esercizio.
«Sai ovviamente che non basterà una scala per superare l'esame-»
«Oh dai! Non mi smontare l'entusiasmo!» lo interruppe Harry, imbronciandosi.
«-ma,» continuò Louis, senza badare alle parole appena dette dal riccio, «questo è un passo in avanti per poter suonare una canzone!» concluse.
«Non vedo l'ora!» esclamò entusiasta, impugnando nuovamente la chitarra e risuonando nuovamente la scala, felice. A Louis sembrò un bimbo, come quando gli si promette una cosa che desidera da sempre e gli si dice che presto la avrà. Rebeckah si comportava così da piccola: per esempio, Louis una volta le aveva promesso di portarla alla fiera del giocattolo che si sarebbe tenuta vicino casa loro e allora la piccola se ne andava in giro per casa col sorriso, e a scuola aveva continuato a dire a tutti "Mio papà mi porterà alla fiera del giocattolo!" con occhi felici.
Un sorriso spontaneo gli solcò il viso e giocò con una manica della sua camicia. «Hai già pensato a quale canzone eseguire?»
Harry lo fissò, incantato da quel sorriso, e annuì. «Sì, credo di sì. Devo solo riuscire a suonare gli accordi al più presto»
Vennero interrotti da un rumore. Si girarono entrambi verso la porta e continuarono ad ascoltare. Sembravano dei graffi ed Harry rise perché poteva trattarsi solo di una piccola palla di pelo che voleva entrare nella stanza. Così si alzò e andò ad aprire la porta. Gus entrò, guardò il suo padrone e gli si strusciò sulle caviglie. Harry si intenerì e lo prese in braccio, stringendolo al suo petto e carezzandogli il pelo. «Non trova mai la porta chiusa», spiegò il riccio a Louis. «Di solito mi sta sempre appiccicato», risero, fissando la palla di pelo mentre godeva delle coccole del suo padrone.
«Adorabile!» affermò il liscio, alzandosi e andando ad accarezzare le orecchie di Gus. Erano troppo vicini, Louis sentiva quasi il respiro di Harry sulla sua pelle, e non andava bene. Tossicchiò e ritornò seduto sulla sedia. «Che ne dici di tornare a studiare?»
Harry annuì, lasciò andare il gatto e impugnò nuovamente la chitarra. «Cosa facciamo?»
«Hai studiato tutti gli accordi?» attese un accenno positivo da parte del ragazzo e annuì. «Allora direi di iniziare il giro di Do, ricordi come si fa?»
«Un po'», in realtà sbagliava spesso posizione delle dita e si incavolava con se stesso perché non riusciva nel suo intento nonostante si impegnasse seriamente.
«Bene, allora prova a suonare questo giro e cantarci su il ritornello di I believe I can fly»
«Devo cantare?» sgranò gli occhi.
«Certo! Fammi vedere cosa sai fare»
Harry deglutì e Sarò un disastro, pensò. Prese un respiro profondo, guardò le corde -come se potessero prendere vita e aiutarlo in qualche modo- e poi iniziò a mettere insieme i quattro accordi che servivano per il giro di Do. Come previsto, sbagliò a premere una corda nel passaggio dal secondo al terzo accordo. E sbuffò. Tra l'altro non stava nemmeno cantando. «Aspetta, ci riprovo». Riprese daccapo e stavolta sbagliò nel passaggio dal quarto al primo accordo, steccando. «Che cazzo!» si incavolò parecchio.
Louis si trattenne dal ridere, gli si avvicinò e «Non ti agitare! Harry, hai le dita lunghe e dovrebbe venirti più semplice fare questi accordi», ragionò.
«Ma non ci riesco! Forse la chitarra non è il mio strumento, forse dovevo scegliere la tastiera-»
«Non dire fesserie», lo interruppe, «io ti ci vedo benissimo a suonare la chitarra. Solo che sei ancora acerbo», gli si avvicinò di più. «Siediti al mio posto»
Harry ubbidì e si alzò dal letto per sedersi sulla sedia precedentemente occupata da Louis. Quest'ultimo si mise alle sue spalle e si piegò per poter aiutare Harry a fare gli accordi più puliti. «Fammi il Do», Harry eseguì, ma Louis prese delicatamente le sue dita per posizionarle correttamente. Un brivido percorse la schiena di entrambi -si erano detti che era per colpa delle mani fredde dell'uno e delle mani calde dell'altro. «Adesso fammi il La minore», perché stava sussurrando? Gli faceva male improvvisamente la gola? Come fatto precedentemente, spostò le dita di Harry. Quest'ultimo sentiva il fiato caldo di Louis infrangergli sul collo e per un attimo staccò completamente il cervello, annebbiato totalmente da quel calore e da altri pensieri che vagavano nella sua mente. «Prova a fare il Re minore», stessa situazione come le precedenti. Harry però chiuse gli occhi e si morse il labbro. Adesso Louis l'aveva circondato completamente, come in un abbraccio. La schiena del primo e il petto del secondo erano divisi solamente dallo schienale della sedia. Louis teneva la sua mano sinistra sulla mano di Harry e la mano destra sule corde per poter suonare. Il riccio non respirava più. «Esegui il Sol settima», sistemò le dita anche lì, «e poi concludi nuovamente con il Do». Harry ubbidì e lo fece. «Adesso fai tutto da solo, cantando pure».
Harry deglutì. Louis non si allontanò nemmeno di un millimetro e la concentrazione di Harry andò per i fatti suoi. Ma annuì e, oltre ad eseguire perfettamente il giro di Do, diede spazio alla sua voce roca ed insicura.
Ci fu un attimo di silenzio dopo la perfetta esecuzione ed Harry realizzò. «Ce l'ho fatta», mormorò a se stesso. «Ce l'ho fatta», ripeté stavolta più forte. «Ce l'ho fatta!» sorrise e si alzò.
«Ce l'hai fat-» Louis non poté concludere la sua frase perché Harry si era fiondato sulle sue labbra preso dall'euforia del momento e dall'eccitazione precedente.
Harry lo stava baciando. Le sue grandi mani calde stavano circondando il suo piccolo viso, come a non volerlo lasciare andare. Le sue labbra, calde e soffici, erano ferme sulle proprie, in un semplice bacio a stampo; i suoi occhi erano chiusi, differentemente dai propri, sgranati e confusi. Era inerme. Le braccia ferme a mezz'aria. Cazzo, Harry mi sta baciando!, realizzò.
Portò entrambe le mani sul petto di Harry e cercò di allontanarlo. «H-Harry», sussurrò. «Che stai facendo?»
La propria espressione evidentemente era rimasta confusa e scioccata perché Harry si allontanò ancora di più. Si diede immediatamente dello stupido, si era lasciato prendere da un attimo di eccitazione. Se avevano fatto dieci passi in avanti, adesso erano tornati al punto di partenza. Cosa aveva combinato? «Scusami, io-» si portò le mani fra i capelli, mortificato. Si girò verso la finestra, dando le spalle a Louis.
Non era colpa sua: voleva tanto baciarlo, voleva sentire il sapore delle sue labbra dopo aver sentito il suo fiato sul proprio collo. Voleva dannatamente tanto portare la loro conoscenza ad uno stadio più alto. Ma Louis l'aveva allontanato, l'aveva rifiutato, ed era chiaro che non lo volesse allo stesso modo.
Allora si sentì umiliato.
Stupido stupido stupido!
Louis abbassò il capo e sospirò. Adesso come si sarebbe comportato? «Harry», iniziò, «noi due non-»
«Lo so, lo so», lo interruppe Harry, senza degnarlo di uno sguardo. «Non c'è bisogno che lo ribadisci, io... l'ho capito! Mi scuso per quello che ho fatto, non volevo, è stato un errore» prese un bel respiro profondo e «Sarà meglio che tu vada adesso» mormorò.
Louis era parecchio confuso, non sapeva cosa dire. Doveva pensare. Così prese la sua valigetta, accarezzò Gus che guardava i due ragazzi con occhi grandi e poi andò via, non prima di guardare un'ultima volta Harry.
→
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro