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[Phoebe]
Eccomi finalmente arrivata in Montana, qui l'aria è salubre e non caotica come New York. Sebbene le macchine girassero per le larghe strade del centro non c'è il traffico della grande metropoli atlantica.
Le montagne prevalgono sui tratti asfaltati, la natura regna ovunque in altura e a bassa quota.
Persino le casette sono costruite con materiali alquanto naturali e non artificiali e sintetici come succede con le grandi torri degli specchi nella culla dell'Hudson. Il legno fa bene alla salute malgrado venisse meno la vita di grandi foreste secolari che caratterizzano da sempre il suolo dell'entroterra settentrionale americano.
A New York, questa realtà è evidente solo nelle vie suburbane lontane dal chiasso cittadino dove gli edifici di pochi piani si alternano ai parchi naturali, l'unico posto in cui è permesso alla vegetazione di svilupparsi nella sua più decisamente piena libertà.
Il Central Park è il solo a dare tale pace a tutta l'urbe statunitense o per lo meno è la più grande area verde di tutta la capitale dello Stato omonimo. É il vero polmone acquamarina e sorge a nord di Manhattan, decisamente lo adoro.
É un parco nato nell'800. Certo non è stato sempre così, agli inizi c'è chi dice che emetteva paura e non era un luogo così ricco di novità come adesso. L'aspetto attuale l'ha acquisito col tempo e parecchio direi a quanto ho capito.
Le ultime modifiche più importanti sono avvenute solo tra gli anni '50 e '60 del secolo scorso acquisendo esattamente una fisionomia molto vicina a quello che è adesso. Un luogo ricco di varietà: fatto a posta per l'attività fisica e per il relax da lettura, per i divertimenti di tutti e specialmente dei più piccoli.
Scendo dall'auto di Daniel e sono già a casa, prendo il trolley nero e mi dirigo verso l'ingresso: è immensa e altrettanto il giardino.
"A stasera, esattamente come eravamo rimasti? Compris?" quante emozioni.
Un edificio dalle pareti in bianco sia all'interno che all'esterno, balconcini in ciliegio pullulano rigogliosamente di vasetti fioriti dai mille colori.
Il tetto ha lo stesso colore, travi e tegole spioventi lo rivestono facendogli assumere una forma alquanto calorosa e protettiva.
È veramente graziosa la vita da queste parti, sento già l'odore del focolare domestico e ancor più quello di famiglia.
Senza tergiversare suono il campanello, non vedo proprio lora di riabbracciare i miei cari.
Sento già Leika abbaiare, la mia maltesina dal pelo cotonato e color crema: mi mancava tanto anche lei.
Pensavo di aspettare molto, la porta già si apre. Mi appare Frances in tutto il suo disordine, capelli ricci tutti arruffati: sempre la solita.
"Chi è?" una voce ovattata mi giunge alle orecchie: era la mia tata Magdalena, si avvicina con una scopa in mano.
"SOR-PRE-SAAA!" cerco di spaventare mia sorella che arriva quasi fosse Samara di The Ring dopo che si è fatti i colpi di sole.
"Phoebe, che sorpresa? Come stai? Che colpo, è tornata!" annuncia tutta sconvolta lei, poi corre ad abbracciarmi.
"Chi? Ah, Phoebe, che cosa ci fai qui?" domanda la donna più grande.
"Finalmente si è decisa a venire, dopo tutto questo tempo... o no, Leika?" mia sorella rivolta al cane.
"Woof!" risponde la piccola.
"Ehi, ciao pure a te piccola!" verseggio accovacciandomi per accarezzare il suo pelo tutto pettinato.
"Beh, che aspetti? Accomodati, su!" il tono gentile di Maggie mi fa quasi commuovere, mi fanno spazio in modo che possa entrare e così faccio: Frances chiude la porta e ci facciamo strada.
Eccomi davanti al salone, il pavimento in mogano scuro come quella scala alla sinistra dell'entrata che porta ai piani superiori.
Al centro della stanza un salotto con divani color Borgogna in pelle coperti da cuscini di varie tonalità di rosa giacciono di fronte a un camino in pietra e in marmo che adesso è spento.
Lascio i bagagli in un angolo e vado ad adagiarmi sul sofà, il loro disfacimento potrà sicuramente aspettare. Perchè farlo adesso? È questo che mi dimando.
Mi raggiunge Maggie.
"Gradiresti una tazza di tè, una cioccolata calda o che ne diresti del sidro? Con questo freddo..." Chiede, tutta gentile come sempre.
"Ciccolata calda, grazie!" accenno.
"Se vuoi, accenditi il camino! Se fossi in te lo farei, non si può proprio stare..." replica allontanandosi.
Torna con un vassoio che mi porge con gentilezza e cautela estreme.
"Questa è per te, Phoebe... prendi, attenta che è bollente!" fa porgendomi una tazza in ceramica blu con dentro del tè.
La prendo con entrambe le mani, queste raccolte quasi a coppa e incomincio a riscaldarmi.
Chiudo gli occhi e assaporo tutto, sa di cannella e mele, praticamente uno strudel liquido. È proprio delizioso, mi mancava decisamente la vita di qui. È da quando mi sono diplomata che giro per queste strade, assaporo tisane calde e pan di zenzero per Natale quando fuori è solo tormenta al tepore di un dolce camino che mi fa sentire ancora più tra le braccia familiari e quelle di Morfeo.
Esattamente questo mi capita adesso che mi appisolo senza tenere più conto del tempo lo sento scandire bene dai battiti del mio cuore.
È tutto pura poesia creata dai monti e dalle riserve naturali, tutto è un ecosistema qui e tutto è pace.
Lontana dalla più artificiosa opera umana me ne sto assopita là in quell'angolo di divano color mirtillo e mi accorgo così di non essere altro che un mero puntino di quel tanto di universo perchè questo sono e tutti noi siamo.
Perchè una mano è niente rispetto a quell'energia altresì calda che è sempre e comunque pronta a generare ogni cosa.
Così sono giunta anche in quel posto che non ho voluto vedere per tanto tempo: la palestra di pattinaggio artistico, finalmente alla fine ho preso coraggio e l'ho fatto. Se solo ci penso mi viene da ridere, certo che l'ansia può tutto e anche cambiare le persone se solo penso a me.
Il suo nome è Glamour Ice, se solo si sapesse come la chiamavo quando ero piccola... che forti che sono i bambini, li amo da sempre.
Il mio sogno prima di diventare quella che sono era proprio quello dell'educatrice, infatti ma coi tempi di oggi non è facile, i bimbi sono decisamente una cosa impossibile ormai ma malgrado tutto li adoro e nessuno sa quanto. Posso gridarlo a squarciagola.
Lo vedo con mio nipote Laura, la figlia di mio fratello Colin. Da quanto non li vedo, purtroppo lui e sua moglie Sharon sono andati via per via del lavoro di lui proprio dopo lo scorso capodanno. Ora vivono a Hulme, in Germania essendo lui un imprenditore alberghiero. Questo è il secondo albergo che ha aperto, dopo quello che scorgo dalla finestra della mia camera ed proprio nel cuore della Baviera. Sarei dovuta andare qualche tempo fa ma per via del lavoro americano che mi tiene puntualmente e soprattutto perennemente incollata dietro la scrivania non mi è stato affatto possibile.
La moglie è una dietista, è proprio fissata con la linea e già quando l'ho conosciuta era così. É una bella ragazza bruna dagli occhi verdi, alta 5 piedi e 6 pollici. Mi ricordo quando le dissi che volevo prenderla come modella.
Mi avvio verso l'entrata dopo aver guardato all'orologio e aver visto che si era fatto un po' tardi: maledetta dormita, le altre saranno già dentro e anche l'istruttrice e mia sorella dato che non l'ho più vista una volta rincasata.
Sono finalmente davanti alla pista insieme agli altri fiocchi di neve ma ancora non vedo l'istruttrice e non so ancora il perchè dopo che lei è sempre tanto svizzera nelle sue cose.
Alzo lo sguardo e scorgo là in un angolo e mi ci avvicinò, sicuramente lui saprà.
"Daniel, eccomi qui!" mi faccio vedere avvicinandomi, mette il cellulare in tasca.
"Finalmente arrivata!" sorride a mani aperte allargando le braccia.
"Si, senti... e Shirley?" chiedo.
"Non è potuta venire ma tranquilla, ho trovato subito..." lo interrompo come lo vedo in difficoltà.
"Ah, spero tutto bene!" preoccupata.
"Ma... certo, tranquilla!" mi fa l'occhiolino.
Il salone di casa Cameron
una volta addobbato.
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