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CAPITOLO 50

Cristina's pov

Quando mi sveglio dal mio secondo riposino, sento subito un profumo dolce nell'aria.
Sento quell'odore che si crea quando si cucina qualcosa di dolce e questo profumino è... dei pancakes!
Mi siedo di scatto sul morbido materasso e questo mi fa girare leggermente la testa, facendomi vedere un po' di nero.
Ispiro profondamente, beandomi del dolce profumo che aleggia nell'aria, godendomi pure l'aria pulita di montagna che penetra dagli spiragli delle tapparelle.
Mi stropiccio gli occhi, sospiro e sbadiglio.
Mi alzo dal letto e mi stiracchio ancora un pochino.
Oggi è il mio primo giorno di lavoro in reception, quindi farò meglio a prepararmi per non arrivare in ritardo e fare una brutta figura.

Vestita con solo una maglietta extra-large nera e delle mutande, mi dirigo in cucina: devo assolutamente capire se il profumo che sento è quello effettivo dei pancakes.

La radio dev'essere accesa, perché di sottofondo si sente una leggera melodia. C'è anche un leggerissimo rumore di pentole e padelle.
Mi affaccio dallo stipite della porta e osservo l'uomo che si sta dando da fare, impiattando i pancakes uno sopra l'altro e aggiungendoci sopra lo sciroppo d'acero.
Marco si è tirato su le maniche della felpa che indossa fino ai gomiti ed è lievemente sporco di farina sull'addome coperto.
Mi sembra di sentire le farfalle nello stomac-... ah no, è solo la fame: il mio bellissimo stomaco ha deciso di cominciare a parlare, borbottando tra sé e sé.
Non si sa come ma Marco alza lo sguardo dal piatto che stava posizionando su un vassoio nero con affianco una grande tazza di caffè e lo punta sulla mia figura.
Prima incastra i suoi occhi nei miei, poi scende, accarezzandomi tutto il corpo. Dalla testa ai piedi.

Nel frattempo trattengo il respiro e cerco di calmare il mio cuore, che in questo momento non vuole smettere di battere come se avessi fatto una maratona.
Lo guardo anch'io, studiando il suo volto e andando sempre più giù fino alle gambe toniche.
È bellissimo.
Ce, no, ce... ah lasciamo perdere!

<Buongiorno>.
La sua voce.
Dio mio, la sua voce.
Cristina smettila di fare la cretina.
Già, coscienza, hai perfettamente ragione.

Continuo a guardarlo senza dire una parola.
Se ti potessi vedere, diresti come me che sembri un ebete in questo momento.
E smettila.
Nei tuoi sogni.

<Stai bene?> Marco mi guarda con la fronte aggrottata.
Scuoto la testa per ridestarmi. <Si, si, tutto bene>.
Continua a guardare con un cipiglio in viso poi, mostrando il vassoio coi pancakes e la tazza, mi dice: <L'ho preparato per te>.
Osservo il vassoio poi rialzo i miei occhi su di lui.
<Per cosa sarebbe questo? Stai cercando di farti perdonare?> il tono ironico fa sparire il sorriso che gli si era creato sul suo volto in meno di un secondo, <Non ti farai perdonare preparandomi semplicemente la colazione, Marco. Quello che hai fatto e detto ieri... > un brivido mi sale dalla colonna vertebrale e non concludo la frase. Non riesco neanche più a reggere il suo sguardo.
Abbasso il capo, scuotendo la testa.

Per qualche secondo, non c'è nessun rumore apparte i nostri respiri.
Poi i suoi passi: con gli occhi vedo le sue ciabatte vicino ai miei piedi, coperti da dei calzettoni grigio scuro.

Non mi muovo.

Il suo respiro mi sposta leggermente qualche ciuffo di capelli.

Devo restare calma.

<Per favore, guardami> la sua voce poco più di un sussurro.
Non lo guardo, non alzo lo sguardo su di lui.
<Cristina... >
No, Cristina non osare fare come dice.
<Ti prego, Tartaruga> la voce si fa lievemente strozzata e dopo aver capito che non avrei alzato la testa, mi prende viso tra le mani.
I suoi pollici callosi sulle mie guance.
La testa me la solleva lui e a me non resta altro che guardarlo.
Il mio respiro accelera e credo anche il suo.

Gli afferro i polsi e glieli stringo tra le mani: una tacita domanda aleggia nella sala.
Non so cosa mi passa per la testa, fino a ieri ero decisa a non farmi prendere più in giro, ma i fattori che mi spingono a compiere questo gesto non si possono ignorare.
Penso abbia capito cosa gli sto chiedendo silenziosamente perché Marco sgrana gli occhi e respira ancora più veloce.
I nostri occhi praticamente liquefatti.

Non ci impiega molto a posare le sue morbide labbra sulle mie ed io sospiro.
Vi giuro che non so cosa sto facendo: sono tutti gesti impulsivi.
Sarà che forse mi deve arrivare il ciclo.
Ricambio il bacio, lui stringe la sua presa sul mio viso ed io afferro le ciocche dei suoi capelli tra le miei dita.
Le nostre labbra si inseguono, si scontrano, si fondono.
Schiudo leggermente la mia bocca e Marco non perde tempo a infilarmici dentro la lingua.
Gemo lievemente e stringo la mia presa.
Marco mi inclina leggermente per approfondire ancora di più il bacio che sta diventando sempre più intenso.
Le nostre lingue si toccano e si intorcigliano.

Dopo un po', Marco si stacca da me e mi dice: <Scusa>, mi bacia di nuovo,
<mi dispiace>, le nostre bocche si toccano nuovamente,
<ti giuro, non volevo> ci baciamo ancora.

Mentre il bacio si fa più passionale e Marco  mi prende una gamba avvolgendola al suo bacino, sento qualcosa di umido sulle mie guance e mi stacco un po'.
Sono lacrime.
Sta piangendo. Marco sta piangendo.
Boccheggio in cerca di aria e lo afferro per le guance, asciugandogli le lacrime.
Non so cosa dire.
Appoggia la fronte alla mia.
<Scusami> singhiozza, poi le sue gambe cedono: si ritrova in ginocchio e mi afferra il bacino, appoggiandoci il capo.
<Sono un disastro, mi dispiace> continua a piangere, scuotendo la testa.

Io sono sinceramente scioccata.
Non mi aspettavo tutto questo: il mio lasciarmi andare, il bacio e il suo pianto.
È sconcertante.
A me non resta altro che continuare ad asciugargli le lacrime e accarezzarli i capelli.
<No, Marco, no> gli dico, <non dire così, ti prego>.

Alza finalmente lo sguardo, tirando su col naso.
<Tu mi odi, Cristina> il suo tono è sprezzante, così come il suo sguardo su di me.
Il suo cambiamento d'umore mi lascia a bocca aperta. Fino a qualche secondo fa ci stavamo baciando come due pazzi - quali siamo- e ora mi guarda come se volesse ammazzarmi.
Provo a parlare ma lui me lo impedisce, interrompendomi: <No, tu mi odi e non posso sempre far finta di niente perché mi sta solo facendo male> si stacca da me, rimettendosi in piedi e si tira i capelli, frustrato, <Però poi arrivi tu ed io non ti resisto, perché sei tu; non ti resisto perché quando mi guardi con quegli occhioni mi viene solo voglia di baciarti e farti dimenticare di tutto fuorché di me>.

Non so cosa dire.

Provo a parlare di nuovo ma mi interrompe nuovamente: <No aspetta, fammi parlare, cazzo!> grida furioso e sussulto leggermente con gli occhi spalancati.
<Io non riesco a resisterti perché il tuo corpo mi chiama ogni volta che ti vedo. Io non riesco a resisterti perché ti amo, cazzo!> la sua voce è talmente alta che mi fa male ai timpani.
Il suo petto si alza e si abbassa così velocemente che perdo il conto di quanti respiri fa al secondo.

Ci fissiamo entrambi con gli occhi fuori dalle orbite. Siamo scioccati.
Balbetto qualcosa di incomprensibile, scuoto la testa, faccio dei passi indietro.
Non ce la faccio.
Marco ha appena detto - anzi urlato - che mi ama.
Mi ama cazzo.
Marco fa dei passi avanti, pronto a raggiungermi, ma io ne faccio alcuni indietro.
<No Cristina, non volevo dirlo, ce no, nel senso -...> si interrompe quando vede la mia mano alzata in segno di stop.
Deglutisco con difficoltà, poi con la gola secca dico: <I-io... è meglio che vada>.

Detto questo, vado in camera, mi preparo più veloce della luce e quando mi ritrovo nell' open space, sento la porta dell'appartamento chiudersi con un tonfo con dei passi pesanti e veloci che scompaiono dal mio udito.

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