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CAPITOLO 49

Cristina's pov

Il mattino dopo mi sveglio a causa degli spiragli di luce che, infiltrati tra le tende bianche e immacolate della portafinestra, mi arrivano sul volto.
Do un'occhiata in giro e mi tiro su sul materasso, stropicciandomi gli occhi.
In meno di un secondo, mi vengono in mente gli eventi di ieri: la minaccia, le lacrime versate dopo essere tornata in camera.
Sospiro pesantemente e mi distendo a peso morto.
Perché la vita dev'essere così difficile e complicata?
Ripenso anche a Marco e il fatto che io sappia cosa sia successo, la sera di quel venerdì.
Lo stesso fatto che ieri lo ha portato a minacciare delle persone a cui voglio bene.
Il ragazzino che conoscevo non esiste più, ormai è diventato un uomo, uno spacciatore.
Ammetto di avere paura: potrà mai davvero fare del male alle persone a me care? Nel senso... se, come presumo, prova dei sentimenti per me, che non sono solo affetto tra amici ma qualcosa di più, potrà mai ferirmi?
Se mi ama, come può farmi questo?

Ci penso, ci penso continuamente ma comprendo che, alla fine, già una persona che mi ama, mi ha ferito.
Brad.
Non riesco a smettere di pensare a tutto quello che è successo e che continua ad accadere.
Il giro, la droga, le risse, le bugie, la rapina... credo che mi stia per scoppiare la testa.
E credo anche di essere sottoposta ad una certa quantità di stress, che continua a provocarmi mal di testa pazzeschi.

O forse è tutto nella mia testa, nella mia mente: forse Marco non è innamorato di me e forse non gli importa ferirmi, facendo del male alla mia famiglia e a quella della mia amica.
Forse mi ha baciata perché... perché... no, non lo so.
Escludo immediatamente il pensiero che mi trovi attraente e che voglia solo scoparmi.
Siamo migliori amici, perché dovremmo essere attratti l'uno dall'altra?
No, scusate, ho sbagliato: perché dovrebbe essere attratto da me se siamo solo amici?

Sospiro di nuovo e passo una mano tra i capelli.
Oggi è il nostro primo giorno di lavoro qui in Italia, sono molto elettrizzata.
Quindi è meglio che mi metta in moto e cominciare questa nuova avventura.
Prima però, dormiamo un altro po'.

Marco's pov

Quando mi sveglio, le luci sono ancora spente e le tende chiuse: Cristina sta dormendo.
Non so come mi sento di preciso, so solo che mi sono comportato male con lei e con la sua amica. Ma so anche che dovevo farlo, perché le conseguenze che avrebbero potuto avere le sue azioni... è meglio prevenire che curare, anche se questo comporta il suo dolore.

Scuoto la testa e mi stropiccio gli occhi; è meglio non pensarci di prima mattina.
Prendendo un respiro profondo, mi alzo dal divano e mi avvicino al piano della cucina, cominciando a preparare qualcosa da mangiare, per me e per lei.
Per farmi perdonare.
Penso subito a dei pancakes, ma in frigo non c'è molto.
Mi servirebbero farina, uova, latte, burro, zucchero e lievito.
Devo andarli a comprare.

Dopo avermi dato una sciacquata in viso, mi metto le scarpe e prendendo il cappotto, mi dirigo alla porta per trovare un supermercato.
Quando esco, sento l'aria fresca del mattino sul volto e prendo un bel respiro.
È bello respirare l'aria pulita della montagna, al posto di quella tutta inquinata di Mahnattan.

Scendo in paese e per fortuna trovo subito un piccolo supermercato.
Entro e all'istante sento il profumo di erbe aromatiche, identico a quello dell'appartamento.
Sulla sinistra delle porte ci sono le casse mentre sulla destra c'è un piccolo allestimento con degli gnomi in stoffa ma che pesano nelle mie mani.
Credo siano dei ferma porta ma non sono sicuro, visto che in America non gli ho mai visti.
Vabbè, ho fame e devo comprare gli ingredienti per i pancakes.
Attraverso il piccolo corridoio e mi inoltro negli scaffali pieni di ogni pietanza.

Una volta preso tutto - e di più -, vado alla cassa e per la prima volta qui, parlo tedesco.
Pago e dopo aver ringraziato - Dankeschön -, mi rimetto in marcia per far la piccola salita per tornare in quella che sarà la mia casa per il prossimo mese e per compiere la missione più importante: farmi perdonare da Cristina.

Brad's pov

Perché cazzo continua a non rispondermi?
Okay, ho capito che è arrabbiata e che sicuramente si sente presa per il culo o chissà cos'altro, ma deve cercare di capire.
Ho bisogno che capisca, che mi capisca: i miei sono divorziati e mi odiano perché li ricordo il loro amore poco duraturo.
Ho dovuto comprarmi un appartamento perché, primo, volevo essere indipendente, ma mi pare anche ovvio e secondo, perché mio padre mi avrebbe buttato fuori a calci.
Ero arrabbiato, triste e mezzo drogato.
E' per questo che sono entrato nel giro. Ma questo l'ha già scoperto.
Ma cazzo! Io cerco sempre di comprenderla anche quando non sembrerebbe possibile, mentre lei al primo sbaglio che faccio, mi volta le spalle.
Noi ci amiamo. Noi ci amiamo e l'amore è basato anche sulla comprensione...

Sbuffo e mi sistemo il ciuffo.
E' difficile stare senza di lei. E magari sembrerà anche sciocco, ma mi manca come se mi mancasse l'ossigeno.
Non vedo l'ora che ritorni così non avrà scampo e potremo finalmente parlare, visto che, a quanto pare, per telefono non vuole più sentirmi.

Neanche Marco mi dà sue notizie. Per una volta che li chiedevo qualcosa...'fanculo.
Sbuffo sonoramente di nuovo e le persone in metropolitana mi guardano male, lanciandomi occhiatacce. Ma che cavolo vogliono? Che si facciano gli affari loro e vivano sereni, grazie.

Dopo qualche minuto la metro si ferma nuovamente e mi tocca scendere, perché è la mia fermata.
Ma visto che sono proprio sfigato, appena le porte si aprono e sto per uscire, i miei vestiti si bagnano e la mia pelle brucia.

<Ma che caz->

<Cazzo, scusami!> una voce femminile mi fa alzare il capo. Mi guarda mortificata, <Cavolo, non sai quanto mi dispiace> continua a scusarsi cercando, con un fazzoletto, di asciugarmi alla buona.
Ma io continuo a guardarla. Mi sembra così familiare...Io l'ho già vista, so di averla già vista.
La studio attentamente: ragazza di colore, vent'anni, capelli ricci, mori, occhi neri come la pece.
Dove ci siamo già incontrati?
Lei non smette di toccarmi per cercare in tutti i modi possibili di pulirmi e asciugarmi.
<Scusami, ci conosciamo?> le chiedo continuando a scrutarla.
Lei mi guarda, senza staccare gli occhi dai miei.
Si prende del tempo per esaminarmi... <No> dice secca e anche con tono quasi arrabbiato.
Dopodiché mi butta il fazzoletto sporco di cappuccino sul petto ed entra in metropolitana senza guardarsi indietro.
Faccio in tempo a girarmi per osservarla sconcertato, che il mezzo parte.




Portandosi dietro il mio zaino di scuola.

Questo mese lo passerò proprio di merda.

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