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CAPITOLO 3

Marco's pov

La osservo entrare in classe e una volta iniziata la lezione, esco dall'istituto.

Carlos mi ha mandato un messaggio mentre ero in caffetteria:

Vediamoci alle 14:45 in Hell's Kitchen.

Prendo l'auto dal parcheggio e parto.
Hell's Kitchen è conosciuta per la sua nomea di una zona di Manhattan pericolosissima e il Chelsea è un noto paradiso della droga, dove avvengono passaggi di droga praticamente in qualsiasi istante.

Abbiamo già venduto lì e abbiamo ricavato molto.
Rammento che la prima volta che l'ho fatto era proprio il giorno dopo il litigio avvenuto con Cristina.
Ero a pezzi ma insieme a Carlos siamo riusciti a vendere abbastanza.

Arrivo e accosto la Jeep.
Un po' più lontano vedo il mio fidato compagno che appena si accorge della mia presenza mi saluta con un cenno.
Mi avvicino e vedo che in mano ha un bel paio di bustine.
<Tutto qui?> domando guardandomi in giro.
<No, certo che no. I nostri chili di coca ce li ho nascosti nelle gomme dell'auto> mi dice ed io annuisco.

Passiamo buona parte dell'ora a vendere e ricevere. Poi mi accorgo che si sta facendo l'orario della fine della giornata di scuola.
Ovvero l'orario in cui devo tornare a casa.

Ci avviamo verso le nostre auto pronti per andarcene e farci delle belle canne, quando un rumore di passi ci fa fermare.

<E a me non vendete nulla?>

Mi volto di scatto e lo guardo.
<Luke>

Quel bastardo mi sorride.
<Come sta tua madre, amico?> mi domanda ed io cerco di mantenere la calma.
<Sta' zitto che ti conviene> lo avviso.

Devo restare calmo, devo restare calmo, devo restare cal-

<Ma che vuoi? L'hai mai provata? A fare i pompini è una de-> non gli lascio nemmeno la decenza di finire che gli sono addosso.

Cominciamo a picchiarci.
Siamo un miscuglio di calci e pugni, imprecazioni e battutine.
Sto per dargli un colpo di grazia e lasciarlo lì, a terra in questo posto squallido, quando un forte dolore mi coinvolge la parte superiore del braccio, vicino alla spalla.

Mi metto poco a realizzare cos'è successo: mi hanno sparato.
Alzo lo sguardo da Luke e in fondo al vicolo in cui siamo, vedo una sagoma scura uscire allo scoperto.
Impugna qualcosa ed ora che si avvicina riesco ad identificare l'oggetto: una pistola.
Sicuramente quella cui mi ha perforato il braccio.

Non riesco a capire altro che un pugno allo zigomo mi fa cadere a terra.
Sia io che Luke siamo coperti di sangue.
Il braccio comincia a farmi più male di prima e i miei colpi sono davvero penosi rispetto a quelli di lui.

Dopo un po', Luke si alza da terra, si pulisce i jeans e la maglietta sporchi di terra e sangue e tira su col naso.
<Attento a quello che fai, potrebbe ripagarne qualcuno a cui tieni>.
Era chiaramente una minaccia.

Detto ciò, se ne va, insieme a quell'uomo senza volto con la pistola.

Appena spariscono dalla mia vista sfuocata, vedo Carlos raggiungermi.
Ha imparato bene cosa fare nei casi in cui si lotta tra gang: farsi gli affari propri.
Specialmente se sono i capi a picchiarsi.
Anche in punto di morte.

Mi strappa la camicia all'altezza della ferita e comincia a tamponarla.
Faccio continue smorfie e quando il sangue smette di uscire comincia a disinfettare.
Qua si che brucia.
Credo di aver bestemmiato un paio di volte.
Poche, eh.

Con una garza mi fascia la ferita e mi dà una mano a rialzarmi.
<Ce la fai a guidare?> mi domanda mentre prende le chiavi della macchina dalla tasca posteriore dei suoi jeans.

Io provo a muovere il braccio ferito stringendo i denti dal dolore e gli rispondo di sì.
Apre l'auto e tira fuori una camicia nuova e pulita. Me la passa e io la indosso.

Lui annuisce e mi da una pacca sulla spalla.
Stringo i denti e gli occhi.
<Cazzo, scusami> ride.
Ma appena si accorge della mia espressione smette subito cercando di rimanere serio... senza risultati.
<S-scusa, eh> si tiene la pancia, <sono problematico, lascia perdere> mi dice.
<Oh, si lo so. Sei un caso perso>.
Detto questo mi giro verso l'auto ed entro.
<Ehi!> sento esclamare mentre sgommo via, ridendo come matto.

Alcune volte Carlos rischia di farmi morire.
Dovevate vedere la sua faccia scioccata dallo specchietto...

Accelero e dopo una mezz'oretta sono di nuovo a scuola pronto per uscire come se avessi svolto normalmente le lezioni.

Quando suona la campanella sono già al mio armadietto.
Gli studenti cominciano ad uscire dalle classi e a prepararsi per andare via.

La cerco in mezzo a questi idioti che fanno battutine del cazzo e poi la vedo: sta parlando col suo solito gruppo di amiche.

Poi ognuna va per la sua strada apparte una tizia di cui non ricordo il nome, che cammina al suo fianco.
Ha i capelli castano chiaro e molto lunghi. Bassa e molto devo dire...

<Ehi, bro> mi volto e mi ritrovo affianco il mio fottuto migliore amico.
Ricambio il saluto, distratto.
<Ho visto il messaggio che ha mandato Carlos nel gruppo... tutto ok?> mi domanda scrutandomi da capo a piedi.
Annuisco e mentre ci dirigiamo verso l'esterno gli racconto per filo e per segno cosa è accaduto.

Finito il discorso Brad mi dice:
<Cazzo, amico. Sai anche tu che quella era palesemente una minaccia. Devi stare attento. Oggi ti hanno sparato...magari un domani ti ammazzano. Non voglio questo>.
Annuisco soltanto.
<Ci sentiamo> e ognuno prende la via di casa. Poi mi fermo e gli chiedo:
<Sai chi è la tizia con cui stava la tua ragazza?>.

Cristina's pov

<Dove andiamo?> chiedo ad Elida.
Adesso sono le 16:00 e non sarebbe male andare a prendere un gelato.
E poi sto morendo di fame.
<A mangiare, magari? Sto morendo di fame> dice.

Ecco. Appunto.
Una cosa abbiamo in comune: la fame ogni secondo della giornata.
<Oh bene perché anche il mio stomaco brontola> le dico mentre prendo tutti i libri dall' armadietto e li metto dentro la borsa.
<Perfetto. Andiamo al Mo gelato, allora. Dicono che ci siano cucine italiane e caffè. Si trova in 178 Mulberry Street. Fortunatamente non è nella parte dei bassifondi, sennò...> io annuisco solo perché quella via mi ricorda solo cose dolorose.

A quanto pare devo essermi incantata perché dopo un po' vedo la mano della mia migliore amica sventolarmi davanti agli occhi con insistenza.

<Oooh, ma ci sei?> mi chiede ed io mi ridesto.
<Sorry, mi sono incantata> le sorrido.
Elida scuote la testa.

<Forza, dai che sennò perdiamo il pullman>.


<Mulberry Street > dice la voce metallica del guidatore.
Io ed Elida ci muoviamo a scendere e a respirare finalmente un po' d'aria pura.
<Mmmh... la gelateria dovrebbe essere a destra... ah-ah! Eccola, eccola, la vedi, Cri?!> esclama come una bambina davanti ad un negozio di giocattoli.
Io rido e la prendo per mano.
Camminiamo allegramente sul marciapiede finché non ci ritroviamo davanti alla vetrina di Mo gelato.
Entriamo e già sentiamo il fresco della gelateria.
Un ragazzo dietro al bancone ci chiede che scegliamo.
Elida ed io parlottiamo per un paio di secondi e poi siamo pronte.
<Io, per favore, un milkshake alla menta e cioccolato> dico.
Sì, lo so che l'ho bevuto anche in pausa pranzo ma è troppo buono per resistergli...

<E per me una coppetta alla fragola, grazie> conclude la mia amica.

Dopo averci consegnato i nostri ordini, paghiamo e ci sediamo ad un tavolo.
Mangiamo, beviamo e parliamo.

<E quindi quando, precisamente, dovresti restare con Brad... da sola? > mi domanda maliziosa.
Io arrossisco e cerco di nascondermi dietro il bicchiere del milkshake.
<Tra sti giorni...dobbiamo decidere> bisbiglio imbarazzata.
Lei ride... a voce alta e della gente si gira verso di noi e ci guarda male.
<Eh smettila... ci stanno guardando tutti!> le sussurro nervosa.
Odio sentirmi così.
E lei lo capisce perciò si calma.

Senza di lei non so che farei. Davvero.

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