Ferro e filosofia
Come vi ho spiegato nei precedenti capitoli, Marco e Francesca erano molto diversi tra loro.
La differenza che più saltava all'occhio era il loro rapporto con l'attività fisica.
Marco era un tipo molto attivo, che non amava stare troppo tempo fermo o chiuso in casa.
I lavori che preferiva erano quelli che richiedevano un notevole sforzo fisico, in più amava anche fare allenamenti mirati ad aumentare la massa muscolare e diminuire la massa grassa scaturita dal metabolismo di merda che si ritrovava, che lo faceva ingrassare anche con l'acqua.
Francesca, al contrario, non amava fare sforzi fisici non essenziali. Non che fosse troppo pigra, ma... Sì, era pigra.
Se parliamo di palestra, poi, per lei era tempo sprecato visto che aveva ereditato la fisicità e il tono muscolare di suo padre (schiena marcata, polpacci muscolosi e braccia piuttosto forti per essere quelle di una ragazza li aveva già di natura; poi suo fratello, in gioventù, l'aveva costretta a fare boxe insieme a lui e questo aveva accentuato la sua naturale muscolatura... Altro allenamento l'avrebbe resa una minihulk), in più non aveva nessun problema di linea. Perché faticare se non era necessario?
Preferiva poltrire sul divano con un buon libro tra le mani, e uscire di casa per lei era una tortura.
Non che fosse così tanto pigra o che fosse un totale lupo solitario.
Le ragioni erano altre.
L'inverno era un brutto periodo per lei, soffriva terribilmente il freddo, che la metteva di malumore e le provocava dolori muscolari insopportabili.
L'estate era anche peggio perché, essendo portatrice sana di anemia mediterranea, non poteva uscire di casa senza sentirsi debole e rischiare lo svenimento.
Tutto questo, la portava ad essere costretta ad assumere vari integratori e, soprattutto, del diabolico ferro, un medicinale dal sapore così schifoso da farle venire i conati di vomito al solo pensiero, per non parlare della pelle d'oca che sopraggiungeva dopo ogni assunzione del medicinale.
Vani furono i tentativi di Francesca di evitarli, Marco la costringeva a prenderli, oppure la invogliava prendendo quei medicinali insieme a lei, mostrandosi solidale e preoccupato per la salute della sua ragazza che rischiava di dover fare addirittura delle trasfusioni di sangue.
Quell'anno non fu facile per Marco assicurarsi che Francesca assumesse ogni medicinale necessario, in quanto era via da qualche mese per lavoro.
Si sentivano ogni giorno con chiamate ed SMS.
Si scrivevano persino delle lunghe lettere in cui parlavano dei loro sentimenti o si dedicavano frasi di canzoni... Tutte cose che non avrebbero mai avuto il coraggio di dirsi a voce, anche se tramite un cellulare.
In una di queste lettere, Francesca con un'insolita vena romantica (complice la mancanza di Marco), gli dedicò una parte di "Total eclipse of the heart" con tanto di traduzione (trovata rigorosamente su internet visto che lei, di inglese, non ci capiva niente).

Di solito le chiacchierate al telefono erano piene delle solite banalità, non menzionavano nemmeno per sbaglio le lettere.
Essendo due teste di cane troppo orgogliose per mostrarsi vulnerabili, quando parlavano non si accennava ai "mi manchi, vorrei essere lì" scritti da Marco, così come non si parlava delle lacrime che Francesca aveva versato mentre scriveva e che erano ben visibili sui fogli.
Erano un capitolo della loro storia che relegavano in un cassetto remoto del loro cuore, in cui si dimostravano entrambi troppo vulnerabili, e avrebbero custodito segretamente ogni parola.
Nel caso della lettera citata prima, però, Marco non poté resistere dal dire, durante la successiva chiamata, che si era girato tante volte, ma dietro di lui non vedeva niente.
Un po' per la battuta squallida, un po' per l'orgoglio ferito, Francesca chiuse la chiamata senza aggiungere niente (ok, forse un vaffanculo alla cornetta l'aveva gridato) e decise di non scrivere più nessuna lettera a quel coglione del suo ragazzo che, non solo aveva profanato il loro tacito accordo e aveva anche osato umiliarla quando si era dimostrata debole, ma aveva soprattutto insultato una delle più belle canzoni mai esistite.
Imperdonabile.
Marco, conclusasi la chiamata, si fece una grassa risata, anche se sapeva di non essersi comportato correttamente.
Per tutto il tempo che restò via, continuò a scrivere regolarmente alla sua ragazza, anche se non riceveva più risposta da lei.
In tutto furono otto mesi lunghi e difficili per entrambi, ma il suo ritorno a casa fu una dolce sorpresa.
Anticipando il suo arrivo di una settimana, si era presentato alla porta con un sorriso sul viso, la valigia in una mano e un pacco regalo (contenente gli ultimi due libri di Dan Brown, ovviamente) nell'altra.
Ovviamente i libri furono abbandonati in un angolo... Molto meglio fare la giusta attività fisica, non so se mi spiego.
Quel sabato pomeriggio passò e si trasformò in una splendida serata passata a letto tra baci e carezze.
Si, lo so. Conoscendoli sembra strano anche a voi, vero?
Non temete, perché non si smentiranno nemmeno questa volta!
Fu proprio durante queste carezze che Francesca notò un particolare: esattamente dove passavano le sue dita, sul corpo di Marco appariva la pelle d'oca.
La ragazza fece notare la cosa ad un Marco imbarazzato, che non voleva ammettere che fosse lei a fargli ancora quell'effetto.
"Visto? Mi fai lo stesso effetto che il ferro fa a te!" esclamò ridendo, cercando di salvare la faccia e di non risultare troppo serio.
"Mi stai dicendo che ti faccio schifo?" disse Francesca ad occhi sgranati e cercando di non mostrarsi troppo ferita.
Evidentemente non le era riuscito troppo bene, visto che Marco cercò velocemente di rimediare dicendo che voleva solo dire che la reazione era la stessa.
Ora, quella stupida affermazione l'avrebbe salvato se, dopo, Marco avesse aggiunto un "ma il motivo della reazione è diverso".
Purtroppo Marco voleva ancora salvare la faccia, quindi non disse ciò che, invece, avrebbe salvato la serata.
"Quindi ti faccio schifo!" esclamò Francesca, e questa non era una domanda.
Marco non sapeva come uscirne senza dire esplicitamente che la pelle d'oca era dovuta al piacere e all'amore che provava nei suoi confronti, quindi optò per il silenzio.
Silenzio interpretato da Francesca come una risposta affermativa ad una domanda non espressa.
Come si dice: chi tace acconsente, giusto?
Recuperati e indossati i vestiti in fretta, Francesca uscì dalla loro camera, mentre Marco si dava incessantemente del coglione.
Facendosi coraggio e rassegnandosi all'idea di doversi scusare, chiedere perdono in ginocchio e ammettere quello che doveva ammettere, Marco la raggiunse in cucina, dove Francesca stava sfogando la sua rabbia sull'impasto della pizza che lei aveva precedentemente preparato, ormai, aveva abbondantemente terminato la lievitazione.
Vedendo quel povero impasto martoriato dalle mani della sua ragazza, e vedendo che aveva anche preso in mano il matterello, Marco decise che era meglio non rischiare e attendere fino a quando Francesca non fosse stata così incazzata e, soprattutto, armata e pericolosa.
Dandosi del coglione cagasotto, si dileguò a scegliere un DVD.
La pizza era pronta ed il film era iniziato.
Francesca aveva il muso lungo e si era chiusa nel suo solito mutismo, mentre si fingeva interessata a quel film di merda.
Marco non cagava quel film di merda e cercava di iniziare un dialogo con la sua ragazza, sbattendo il muso contro un muro di cemento armato.
Questa era la situazione.
Francesca non gli avrebbe rivolto la parola se avesse continuato con le chiacchiere frivole, solo dicendo quello che voleva sentirsi dire, Marco avrebbe risolto tutto. Peccato che proprio non ce la faceva ad esporsi così.
L'unica possibilità era sfruttare l'indole da psicologa di Francesca e attirare la sua attenzione con qualcosa di più filosofico.
Approfittando di una scena del film, in cui il protagonista esce di prigione, Marco iniziò ad esporre la sua teoria.
"Adesso ha trovato la pace. La famiglia l'ha abbandonato, non ha più una casa ma adesso è libero. Pace e libertà sono la stessa cosa".
Avrete capito che Marco e i discorsi filosofici non andavano d'accordo. Non sapeva nemmeno lui quello che stava dicendo, anzi era piuttosto certo di aver detto una marea di cazzate, ma doveva far uscire Francesca dal suo mutismo.
Capì di essere riuscito nel suo intento quando Francesca lo guardò col sopracciglio alzato in una chiara espressione da "ma che cazzo stai dicendo?".
Il sorriso/ghigno che Francesca sfoggiò subito dopo, però, gli fece maledire il momento in cui aveva aperto bocca "devo averla sparata davvero grossa" era il suo pensiero.
"Non è vero! Io e te abbiamo litigato, se adesso facciamo pace non mi libero di te, purtroppo! Quindi pace e libertà non sono la stessa cosa!" e così dicendo, Francesca andò via.
Marco ci mise un po' di tempo a capire, e con uno sguardo orgoglioso e un sorriso sussurrò "che donna di classe...". Insomma, non è da tutti riuscire a mandare qualcuno a quel paese senza dirlo esplicitamente e senza dire parolacce.
Intanto Francesca rideva silenziosamente per la coglionaggine del suo ragazzo e per l'assurdità di quella teoria che, nonostante tutto, l'aveva fatta parlare.
Marco piombò in camera proprio in quel momento.
Inutilmente la ragazza cercò di ricomporsi e mostrarsi ancora arrabbiata.
A quel punto Marco decise che se non riusciva a spiegarsi con le parole, lo avrebbe fatto con i fatti.
Si tolse la maglietta e prese la mano della sua ragazza, per poi portarla ad accarezzargli il braccio, ed entrambi guardarono la pelle d'oca formarsi.
Dopo fu la volta del petto, e della pancia, e poi ancora il collo e la schiena.
Pelle d'oca ovunque passasse la mano di Francesca, sempre guidata da quella di Marco, e il respiro accelerato a dimostrare che il tutto era dovuto al piacere.
A cosa serviva dire ad alta voce che l'amava e che era attratto da lei come il primo giorno?
Era perfettamente visibile, così come era visibile che il desiderio sfogato quel pomeriggio, era tornato più forte di prima.
"Sei un coglione" gli disse lei a fior di labbra.
"Lo so" fu la risposta.
"Ti odio" precisò Francesca.
"Lo so" ripeté lui.
"E..."
E basta con le parole. L'ho già detto che non erano necessarie?
Angolo me
Lo so, questo non era troppo divertente, ma mi piaceva così e poi... Ehi, la mia vita non è una barzelletta.
Baci.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro