99. Come l'increspatura delle onde (Dylan IX)
♫ OneRepublic - Rescue Me ♫
«Non potevi aspettare lunedì? È sabato sera e discutere di lavoro è certamente l'ultimo dei miei pensieri al momento...» Sbuffai del tutto scocciato della situazione che si era venuta a creare.
Kobe. Perché diamine era giunta fin qui per poter parlare di lui?
Schioccai la lingua al palato, ero scocciato e infastidito. Mi volsi per raggiungere l'ingresso, non volevo rimanere imbambolato come uno stoccafisso a osservarla e a desiderarla. Inserii la chiave nella toppa azionando la serratura per poi affondare le mani sulla maniglia. Le feci segno di seguirmi, volevo mantenere almeno le buone maniere e ritrovare un po' di serenità.
Lilian non si mosse di un solo centimetro dal punto in cui si trovava, ma anzi impedì il mio entrare in casa richiamandomi all'attenti.
«Non voglio discutere di lavoro! Si tratta dell'incidente! Proprio di quell'incidente, Dylan! Ed io ho bisogno di parlarti.» Mi immobilizzai all'istante. Le mie orecchie scattarono sull'attenti mentre il mio cervello connetteva i suoi unici due neuroni rimasti per poter formulare una risposta di senso compiuto. A quel punto abbandonai l'idea della conversazione civile che si sarebbe avuta all'interno delle quattro mura domestiche; volevo sapere nell'immediato tutto ciò che Lilian avrebbe dovuto dirmi.
«Cosa c'entra Kobe?» pronunciai a denti stretti sperando che niente di terribile avesse potuto turbare il mio equilibrio interiore non troppo stabile. A quel punto le buone maniere da padrone di casa erano da abbandonare: ritornai accanto al bordo vasca dove Lilian si era appostata pronto per ricevere tutte le spiegazioni del caso. Lei era ancora visivamente pallida e turbata, che avesse paura di una mia reazione? Considerando come l'avevo trattata l'ultima volta che aveva avuto delle importanti informazioni riguardanti l'incidente, non la biasimai.
«Prima ho bisogno che tu mi prometta una cosa! Non andare da lui qualunque cosa io ti stia per rivelare! Ho già provato a parlagli io e non ci aiuterà, per il momento!» assottigliai la vista. Che cosa avrebbe dovuto significare? Kobe aveva informazioni? Prove?
«Se prima non mi dici come è coinvolto in questa faccenda io, mia cara Lilian, non posso prometterti proprio un bel niente! Che sta succedendo? Perché tante cerimonie? Cosa sa Kobe?» Mi avvicinai a lei afferrandola per un braccio. Aveva gli occhi lucidi e le labbra serrate, ma non dava segni di cedimento, era convinta di fare la scelta più giusta venendo a parlare con me; perciò, provai a rassicurarla con il mio più mite dei sorrisi e il più dolce degli sguardi nonostante stessi ribollendo internamente.
Si bagnò le labbra come per darsi coraggio. Allungò le mani fino ad accarezzarmi il volto.
Per un attimo dimenticai il vero motivo per cui lei fosse lì e socchiusi gli occhi inspirando profondamente. Furono le sue parole a farmi tornare alla realtà. «La notte dell'incidente ci fu una festa, ricordi?»
Scossi il capo abbastanza convinto. Quella festicciola era stata la causa di tutto, come avrei potuto dimenticarlo.
«Ricordi anche chi era presente oltre a Richard? Intendo se ricordi i tuoi vecchi compagni di club.»
Abbondonai lentamente la presa su di lei per sciogliere i muscoli della spalla e del collo. Provai a ricordare, ma le immagini nella mia testa non erano più nitide come una volta. Avevo passato una vita a visualizzare solo Richard, che i restanti componenti della banda erano passati del tutto in secondo piano.
«Ad essere onesti, non ne sono certo... Probabilmente c'erano Jack... Ishaia... Erano i compagni di squadra di Richard...» Mi voltai verso la piscina, la leggera brezza primaverile creava delle impercettibili increspature sul pelo dell'acqua, come a significare che anche se non visibile, quel venticello era presente. Così almeno esserci anche i miei ricordi e i miei sentimenti a riguardo. Nonostante facessi di tutto per appiattire la mia anima e il mio umore, ci sarebbe sempre stata un'emozione, una causa che avrebbe fatto risuonare il mio cuore e la mia mente come la brezza stava facendo: creando increspature che avrebbero sempre fatto parte di me.
«C'era Kobe a quella festa...» Ritornai alla realtà spostando il peso del mio corpo verso la fonte di quelle parole. Era vero, il ragazzo campione di basket era sicuramente uno dei più popolari della scuola. Non si sarebbe mai perso una serata. Neanche quella. «Ed è stato lui a vendere la droga a Richard.»
Il sangue mi andò direttamente al cervello, il rosso era l'unico colore che riuscivo a vedere.
In un istante tutte le immagini del mio superiore passarono per l'anticamera della mia mente. I ricordi di un decennio di vita avevano trovato il loro responsabile. Avevo sempre avuto la risposta davanti ai miei occhi e quel verme non aveva avuto il coraggio di confessare la verità. Era lui la causa per cui avevo perso Lydia, per cui avevo perso me stesso!
Non gliela avrei fatta passare liscia, cazzo.
Ignorai Lilian superandola senza neanche rivolgerle più una parola; sarei ritornato al locale e gli avrei fatto confessare tutto a suon di pugni. Non vedevo altra soluzione. Tutto ciò che aveva fatto in quelle settimane era stato riempirmi di finti sorrisi e di lungimiranti bugie.
Serrai la mascella. Ero una molla pronta a scaricare tutta la tensione sul suo faccino, ancora per poco, immacolato. Strinsi i pugni al petto snocciolando le falangi per il nervoso.
La figura di Lilian si stagliò testarda nel mio campo visivo bloccando il mio percorso e i miei pensieri. Lei non era il rosso che avrei voluto veder scorrere, ma era la luce più luminosa che c'era. Provai a ignorarla, ma non me lo permise.
Si sporse ancora, allargando le braccia e scrutandomi con un'intensità unica, che per poco non fece ritrarre anche il mio sguardo d'odio. Non potevo cedere, se lo avessi fatto non avrei avuto il modo di replicare in seguito! Avevo tutte le mie ragioni, perché lei si stava opponendo così?
Le sue labbra erano tese e gli occhi erano vispi e incredibilmente vividi; più gli istanti passavano nel totale silenzio, più mi convinsi che lei avesse una qualche ragione nascosta.
Era giunta fin lì per tirar fuori scomode verità nonostante la paura di affrontarmi nei miei momenti peggiori. La stava combattendo bene, lei, la paura.
Io non facevo altro che altalenare il mio umore in base a ciò che sentivo. In quel momento ero allo stesso tempo così arrabbiato con il mondo, per aver deciso di mettermi alla prova ancora una volta, e così fortunato sapendo che il mio giudice e giuria sarebbe stata l'unica persona che aveva conosciuto il vero me stesso.
Mi bloccai dinnanzi la consapevolezza che Lilian non avrebbe ceduto. Non lo faceva mai con me e con nessuno. Non si arrendeva. «Perché lo stai proteggendo?» sussurrai al vento mentre la brezza solleticava il mio corpo ribollente di rabbia.
Lilian mi si avvicinò per poi afferrare il mio capo tra le sue delicate mani. Quella volta la sensazione fu totalmente differente: era più calda, più sentita e più viva. Mi costrinse a immortalarla nella mia memoria in tutta la sua bellezza e splendore: era la speranza nei momenti bui, la consapevolezza nella mia più totale irrazionalità.
«Perché tu non sei questo e non ti permetterò di farti del male.»
Spalancai gli occhi sorpreso.
Mi sarei aspettato di tutto: una ramanzina su come non si dovesse usare la violenza; la convinzione che mi sarei fatto cacciare dalla ditta di famiglia; una lista dei momenti in cui ero finito nei guai. Ma la realtà era un'altra.
L'unico motivo per cui stava proteggendo Kobe... Era per proteggere me?
Il mio respiro accelerò di colpo schiusi le labbra mentre il mio cuore batteva a mille; all'inizio non seppi comprendere se quella reazione fosse dovuta all'adrenalina o alla vicinanza con Lilian, ma una cosa l'avevo intuita: quell'attimo non sarebbe durato per sempre e mai avrei voluto che terminasse.
«Tu... Dyl meritavi di sapere la verità. Non ci sarà nessuna lotta, nessun commento. Tutto quello che possiamo fare è sperare che tutto andrà per il meglio e che tu riesca completamente a rimarginare le ferite. So quanto stia facendo male in questo momento... per questo sono qui: così da poterti sorreggere. So quanto fragile possa essere la tua corazza marmorea nascosta da quel gelido sorriso e l'aria da duro, ma credo anche che con questa rivelazione parte di essa possa essersi frantumata per sempre. Non ti sto chiedendo di far finta di nulla, ti sto solamente dando il mio sostegno e il mio permesso qualora tu stesso non riesca a dartelo.» Scrutai il suo volto: mi scaldò il cuore più di quanto avessi potuto immaginare.
«Permesso?» provai sorpreso. Ero inesorabilmente in balia della sua dolcezza e del tono della sua voce, sembravo un burattino tra le sapienti mani del mastro giostraio e l'avrei seguita ovunque mi avesse condotto.
«Di perdonarti. Puoi essere triste e puoi disperarti; non lasciarti niente dentro. Ho imparato a mie spese che i sentimenti ti logorano l'anima, corrodono fino all'ultimo briciolo di speranza e ti rendono una persona completamente diversa. Tira fuori tutto ciò che hai e nel bene o nel male io ti prometto che sarò al tuo fianco; non ti lascerò distruggere ciò che hai intorno e non mi allontanerò solo perché pensi che il mondo non sia un posto in cui valga la pena vivere. Ci sei tu qui con me e per me questo è già abbastanza. Spero possa essere lo stesso per te e che...»
L'afferrai e la trascinai a me. La bloccai prima che potesse terminare il suo discorso. Socchiusi gli occhi e mi inebriai del profumo di pesco inspirando profondamente direttamente dall'alto della sua figura. Avrei voluto viverla ogni istante, di ogni minuto e di ogni ora.
Non immaginava neanche che il mondo, per me, era a colori solo se lei fosse stata al mio fianco.
Solo con lei io ero veramente felice.
Ma la felicità, lo sapevo, durava quanto un battito di ali.
Più velocemente del previsto ritornai alla realtà. Lilian era lì, ma non lo sarebbe stata in eterno. Non potevo cambiare il nostro passato o il nostro destino. Se anche io avessi voluto vederla felice, l'avrei dovuta lasciare libera e non incatenarla alla mia fragile autostima e al mio senso di vuoto. Sapevo che ci sarebbe sempre stata, ma solo se fosse stata una sua scelta, non una mia imposizione o un gesto di mera empatia.
Lentamente la liberai da quella presa per poi sorriderle mesto. Il mio cuore era già molto più leggero e il peso delle colpe quasi svanito del tutto. Era riuscita a calmarmi solo con il suo starmi accanto.
«Ti ringrazio... io non so cosa avrei fatto» furono le uniche parole che riuscii a pronunciare. Lilian divenne paonazza in volto per poi rigirarsi e umilmente nascondersi ai miei occhi, che comunque riuscirono a indentificare i suoi lineamenti leggeri nonostante la penombra.
«Credo che io non abbia fatto nulla di più se non ricordarti te stesso. Ognuno è artefice del proprio destino, non credi?» Si voltò all'improvviso sorridendo come mai aveva fatto in quelle ultime settimane. Aveva le palpebre abbassate, eppure, percepii al volo che l'espressione sul suo volto non era di pura contentezza. Il contorno occhi era leggermente arrossato e le pieghe ai lati della bocca erano più aspre del previsto.
Eravamo immobili, in mezzo alla tempesta e fin troppo sfuggenti per essere così vicini. Perciò indagai, perché alla fine lei era il centro dei miei pensieri e lo sarebbe stato fintanto che la sua figura si stagliava dinanzi ai miei occhi.
«Se posso chiedere... perché sei venuta fin qui? C'è altro?» domandai cautamente sperando che non andasse via, che rimanesse anche solo per urlarmi in faccia quanto fossi stato codardo a scappare ogni volta che si presentava un problema e che lei invece era l'unica capace di rimettermi in riga. Avrei pagato oro per ogni istante ancora in cui mi avrebbe anche solo guardato e sembravano passate ere dall'ultima volta che mi ero beato del tono della sua voce e del profumo della sua pelle morbida. Erano oramai ricordi di vite lontane a cui attingevo nei momenti bui. Ma soprattutto servivano anche da monito per ricordarmi che niente di tutto quello che avrei potuto dire avrebbe dovuto più farla soffrire. Mai più.
Abbassò lo sguardo per poi sistemare una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio. Era in imbarazzo, lo leggevo dai suoi movimenti. Avevo così bene imparato a conoscerla che percepivo il suo disagio, ma allo stesso tempo c'era dell'altro. Un alone di mistero che viaggiava nella sua mente e, filtrato poi dalle sue parole, che mi faceva rimanere stupito ogni volta che parlava... perché lei non aveva mai niente di normale da dire, solamente mi incantava ed io rimanevo sempre più ammaliato dal suo semplice essere sé stessa.
Nonostante gli occhi sognanti e le mani tremanti, sembrava che tutta l'attenzione si concentrasse verso di lei quando apriva bocca: anche il mondo rimaneva in sospeso per ascoltarla.
«Per te, Dylan... come sempre sono qui solo per te. Perché voglio essere con te e non voglio andare via. Mai...»
Al diavolo tutto.
Non volevo aspettare un secondo di più.
L'afferrai, che si fottessero i preconcetti, le paure e tutto ciò che ci eravamo detti. Il vero peccato si sarebbe consumato se mi fossi frenato, se avessi ignorato ancora il fuoco che bruciava nelle viscere. Era la mia sirena ed io ero solamente un povero marinaio completamente attratto da lei; non ci avrei rinunciato così facilmente.
La baciai, la strinsi e la vissi. Il mio corpo si era mosso come se fosse la cosa più naturale del mondo e le mie mani indagavano e indugiavano segnando la sua figura. Non ne avevo ancora abbastanza, sembrava come che mi fossi appena svegliato da un lungo sogno. Ero rimasto sopito per troppo tempo e lei rappresentava la contentezza, la calura e il mio miraggio.
Che fossi l'unico a pensarlo?
La risposta alla mia domanda la ebbi negli istanti successivi, quando fu la stessa Lilian a spingere le sue labbra contro le mie e ad afferrare i miei ciuffi. Ricambiò con tanta passione quanta ce ne misi a mia volta... e fu la magia più incredibile del mondo.
Le nostre lingue si intrecciavano sapienti e coscienti di desiderio. Il nostro respiro era in sincrono con i battiti del nostro cuore e all'improvviso la leggera brezza divenne un tornado: impavido, maestoso e assolutamente inesorabile.
Mi conquistò e mi fece vittima. Oramai non avevo più scampo, desideravo solo averla ancora. Altri baci, altre dita intrecciate, altro calore e altri brividi che mi avrebbero percorso il corpo come stavano facendo le farfalle banchettando nello stomaco.
Come l'increspatura delle onde, così il mio animo si accese.
Ma che dico.
Così tornai a vivere: sulle sue labbra, a contatto con la sua pelle e nel profondo del suo cuore. E così lo avrei fatto se me lo avesse permesso, per sempre.
E nell'impeto di quei mille baci sotto al chiarir della luna, non ci rendemmo neanche conto di come cademmo in piscina.
Quando ritornai a galla presi il più profondo dei respiri iniziando a boccheggiare. Mi voltai più volte in quel cubo d'acqua cercando di capire che cosa fosse accaduto e dove fosse Lilian. Il cloro bruciava i miei occhi, mentre il mio battito cardiaco aumentava.
Lei dove era? Sarebbe dovuta riemergere fin da subito. Spalancai gli occhi mentre oscuri pensieri stavano facendo breccia nella mia mente.
«Lilian!» urlai dopo aver abbozzato la sua figura. Ripresi fiato per poi gettarmi in pasto alle acque.
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