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89. Distanza e post-it.

Arctic Monkeys - Do I Wanna Know? ♫

«Questo posto è immenso, Step!» Cassidy strattonava un braccio dell'amico saltellando emozionata. Il biondino non sembrava in vena di reggere il suo comportamento iperattivo, ma allo stesso tempo non voleva smorzarle l'entusiasmo.

«In realtà, questo stabile è grande la metà di quello di Stanford, dovreste vedere il piano amministrativo. Lilian c'è stata, fatevelo raccontare da lei!» Dylan probabilmente voleva solo salvare il povero Stephan, ma non capivo la necessità di farmi prendere d'assalto.

«Racconta tutto! Voglio sapere il numero delle sale, se c'è una zona ristoro, come si chiamano i tecnici e quante macchine per il caffè hanno preposte! È super importante! Oh, mio, Dio! La vista è mozzafiato!» Se qualcuno al pian terreno avesse alzato gli occhi al cielo avrebbero visionato il perfetto naso di Cassidy appiccicato al vetro della finestra.

Eravamo in una delle innumerevoli zone relax, pronti per essere accolti dal personale senior. Eravamo giunti in sede con largo anticipo, costretti ad aspettare l'arrivo di tutti i partecipanti del tirocinio. In totale saremmo stati in sette.

«Ah, ci sei anche tu.» Quando udii quella voce sperai con tutta me stessa di star sognando.

«Lisa» telegrafai facendo veramente fatica a non storpiare la mia bocca in qualche smorfia informe e di disgusto. Avremmo davvero dovuto condividere il luogo di lavoro? Con quale stizza avrei dovuto far finta di nulla?

«Lilian Amanda.» Il mio nome pronunciato da quell'arpia aveva tutta un'altra consistenza. Mancava di dolcezza, facendo trasparire il disprezzo che quella ragazza provava nei miei confronti, ricambiato. Seppur non le avessi arrecato alcun danno, io.

La bionda levò i capelli su un lato con un rapido gesto della mano. Mi stava chiaramente mostrando quanto ci tenesse al mio saluto e come fosse più importante tenere in ordine i boccoli appena cotonati. Fece qualche passo in avanti lasciando la porta aperta alle sue spalle al fine di porsi dinanzi a Nathan con la mano ben tesa. Il mio migliore amico si scrutò attorno ricambiando guardingo la stretta.

«Lisa Thomposon, piacere. Ho scelto la struttura dei tuoi genitori poiché reputo la loro società una dei pilastri dell'intera industria. Le O'Brien Corp spiccano per efficienza, personale carismatico e obiettivi semestrali. Spero tu possa un giorno raccomandarmi ai piani alti perché sarebbe un sogno lavorare qui.» Nathan era interdetto, ma io non mi stupii. Era una ragazza estremamente furba e subdola.

Un colpo di tosse interruppe quello strano momento e tutti ci voltammo per osservare Cassidy, estremamente infastidita. Si pose fra me e Nathan stringendoci in un grande abbraccio.

«Sappiamo chi sei, Lisa. Ti ricordo che abbiamo frequentato economia di base tutti insieme e non ci hai mai degnati di un saluto. Aggiungo anche che non ci stai simpatica visti i tuoi comportamenti pregressi, perciò vedi di starci alla larga.» Cassidy mostrò il suo più falso dei sorrisi per poi darle il ben servito. Sembrò ingoiare la cattiveria della mia amica, fingendosi del tutto inconsapevole con una mano ben salda al petto.

«Credo tu mi abbia scambiando per qualcun'altra. Certo, di vista è possibile che ci fossimo già incrociati, ma non mi ero presentata ufficialmente. Quindi volevo...»

«Leccare quante più scarpe possibili prima di iniziare.» Concluse Cassidy piegando le labbra verso l'alto.

Lisa si morse l'interno guancia non sapendo come controbattere.

«Ragazze, il passato lasciamocelo alle spalle. Vorrei che tutti andassimo d'accordo. Mi presento: io sono Stephan. Con noi ci sono Nathan, il figlio dei signori Kingstone, Cassidy, Lilian Amanda e poi Dylan, il cugino di Nathan.» Lisa sembrò destarsi a quell'ultima affermazione. I suoi occhi iniziarono a scintillare, aveva agganciato una nuova preda.

«Cugino?! Ma tu devi essere O'Brien! Ma che piacere conoscerti. Mi chiamo Lisa Thomposon, spero di poter lavorare con i tuoi un giorno che sono...» Dylan, che fino a quel momento aveva osservato il tutto con leggera stizza, sembrava essere proprio infastidito. Mosse le mani in avanti sottraendosi a qualsiasi contatto fisico con quella ragazza.

«Non sono interessato, grazie. Hai mancato di rispetto a Lilian davanti alla persona sbagliata.» Lisa accusò il colpo, mostrandosi ferita. Sembrava essere sul punto di scoppiare, ma l'entrata di un'altra coppia di personaggi la bloccò.

Dylan aveva espresso a parole ciò che la collettività pensava.

«Ragazzi! Che piacere rivedervi!» La situazione stava degenerando molto rapidamente. L'ultimo componente del gruppo aveva appena fatto la sua comparsa.

«George!?» urlammo all'unisono io, Dylan e Nathan. Cassidy fece un passo indietro nascondendosi alla vista di quello strambo individuo, con cui non aveva, per il momento, mai avuto rapporti.

«Ah, benissimo! Vedo che vi conoscevate già! Ottimo lavoro, fratellino. Ti sei fatto degli amici!» Strabuzzai gli occhi cercando di collegare quelle informazioni.

L'uomo che aveva appena parlato posò la vista sul ragazzo al mio fianco non perdendo tempo nell'andargli incontro per salutarlo. «Ma vedi chi c'è qui! O'Brien, da quanto tempo!» esclamò con estrema confidenza.

In quel paio di attimi che si susseguirono pensai che fosse abbastanza normale che il figlio del capo conoscesse alcuni dipendenti, ma quel pensiero fu spazzato subito via quando l'abbraccio non venne ricambiato. Avvertii l'aria caricarsi di tensione e il tono di voce di Dylan abbassarsi di un paio di ottave.

«Che ci fai qui, Kobe?» telegrafò mantenendo il solo contatto visivo. Era turbato e nervoso a causa di quell'incontro.

Quel tale ingoiò la saliva amara cercando di giustificarsi. «Sono stato assunto qualche mese fa! Sono felice di vederti, speravo di incontrarti prima o poi. Sai, dopo che hai lasciato il liceo ho provato tante volte a contattarti e...»

Un campanello d'allarme scattò. «Vi conoscete dal liceo?». Lui non aveva avuto amici lì. Le sue uniche conoscenze erano affiliazioni di Richard. Mi frapposi fra Dylan e il nostro responsabile. Cosa voleva quel ragazzo da lui?

Anche Nathan sembrava essere giunto alle mie stesse conclusioni.

«Sì. È una lunga storia, ecco...» intervenne Kobe grattandosi la nuca con le dita della mano. Pareva imbarazzato.

«È amico di Richard» rispose stizzito, Dylan. Persino Stephan non osò intromettersi dopo quella osservazione. Incrociai lo sguardo di Nathan: avevamo avuto ragione a farci avanti.

«Ex amico. Non ho nulla a che fare con lui da anni. Stanford è un lontano ricordo.» Kobe ritornò composto fissando il moro negli occhi. La conversazione stava prendendo una piega decisamente più seriosa. George osservava il tutto come se fosse al cinema. Si spostò le lenti doppie dal naso per poterli pulire con una pezzolina che trasse fuori dalla tasca dei pantaloni. In quel momento mi domandai come i due potessero essere fratelli: Kobe era un ragazzo di colore alto e statuario, mentre George era decisamente troppo pallido e goffo. Che uno dei due fosse stato adottato?

Mi rimproverai mentalmente, come potevo pensare a una cosa del genere quando si stava affrontando un discorso così importante?

Gli ex amici di Richard erano nostri amici!

«Fai sul serio?» Dylan era circospetto, ma aveva catturato l'attenzione di tutti con quelle parole.

«Mai stato più sicuro. Lasciarti alle spalle quel posto è stata la scelta migliore che tu abbia fatto. Con la tua assenza sembrava non ci fosse più nulla in grado di tenere a freno il suo ego. L'anno successivo tagliai tutti i ponti con lui e la vita che avevo lì. La goccia che fece traboccare il vaso fu lo scoprire che quel viscido ci avesse provato persino con Witney.» Kobe si massaggiò il collo imbarazzato. Aveva bisogno di guadagnare la fiducia di Dylan in qualche modo. Per quello, per quanto non gli facesse piacere spiattellare la propria vita privata a un gruppo di sconosciuti, si era fatto coraggio.

«Nostra sorella?» domandò George incredulo. Dylan non proferì parola, ma la consapevolezza che qualcun altro fosse riuscito a non farsi manipolare da Richard lo rendeva felice. Doveva aver conosciuto Kobe in un periodo particolarmente brutto della sua vita e mi sentivo alleggerita nell'anima nel constatare che non tutto ciò che aveva vissuto doveva essere gettato alle ortiche. Il loro rapporto poteva riprendere da dove si era interrotto. Un ghigno spensierato apparì sul suo volto facendogli dimenticare per sempre ciò che era stato il passato.

«Allora non posso che darti il benvenuto nella cerchia di persone che vorrebbe tanto gettare la chiave del carcere in cui alloggia quell'essere spregevole. Io sono Stephan, un ex amico di Richard e se vuoi sono pronto a raccontarti tutto ciò che lo ha condotto in tribunale.» Kobe, dopo un primo momento di smarrimento, accettò di buon grado rimandando quella conversazione a un secondo momento. Si scusò per la sua poca professionalità pregandoci di ricominciare da zero.

«Il mio nome completo è Kortis Bensor, ma tutti mi chiamano Kobe.» Improntò un mezzo inchino durante la sua presentazione. «Seguitemi e facciamo fruttare le vostre capacità. Siete qui per imparare!»

Ci movemmo in branco, seguendo Kobe come se fossimo la sua ombra, parlava in maniera precisa e decisa. Sembrava essere totalmente a suo agio in un completo che costava più del mio salotto, mentre ci illustrava dove fossero le toilette, la sala ristoro, la sala conferenza e persino le macchine del caffè. A quel punto Cassidy si disse soddisfatta di aver scoperto il luogo che l'avrebbe tenuta in vita per i prossimi sei mesi.

Ci spostammo, infine, verso l'ala dove erano assegnati gli uffici dei dipendenti, alcuni con ante e porte a vetri scorrevoli. Tra le varie targhe affisse spiccava quella di Kortis Bensor. Il nostro responsabile ci illustrò gli oneri e doveri di quel tirocinio, facendoci accedere alla zona a noi riservata proprio accanto alla sua stanza. Avremmo dovuto condividere lo stesso spazio: ci era stata assegnata una grande sala, ma tanto bastò per rendermi euforica in egual misura.

«Sarete degli stagisti a tutti gli effetti. È un tirocinio conoscitivo con possibilità di prendere parte alle conferenze e alle consultazioni aziendali. Potrete partecipare alle trattative, proporre idee per gli azionisti, ma ogni vostra scelta dovrà passare sotto il mio veto. Sarò il vostro referente in tutto e per tutto. È una grossa opportunità, sfruttatela a dovere. Scegliete la postazione che preferite, ma solo dopo aver preso questi: ho stampato i resoconti degli ultimi mesi per farvi capire come lavoriamo. Spero che studiandoli possano esservi utili.» Ci passammo i vari blocchi di carta che freschi di inchiostro erano stati lasciati sulla scrivania di Kobe.

«È lei, Witney?» domandò Cassidy, mentre afferrava tra le proprie dita il materiale didattico. Era tanto curiosa quanto inopportuna. Si sporse in avanti puntando la fotografia in bella vista. «Ha una bellezza mozzafiato! Ha una particolarità invidiabile! Potrebbe fare la modella!» George arrossì, orgoglioso di sua sorella.

Kobe si voltò quel tanto per osservare la pellicola che ritraeva lui e George abbracciare la ragazza. Era stupenda. E non era un modo di dire. I boccoli color ebano contornavano il visto di una dolce adolescente che con iridi intensamente scure emanava una felicità senza eguali. Eppure, non era solo quello a renderla particolarmente bella: merito era anche della sua pelle eburnea ricoperta di chiazze chiare.

Kobe sorrise per poi scuotere il capo.

«Credi che la vitiligine la renda particolare?» domandò facendo il giro della scrivania e sedendosi sulla poltrona di pelle nera. «Sarebbe grandioso se tutti la pensassero così. Ti ringrazio, credo che sarà felice di sapere che la sua "pelle da mucca", come la chiama lei, sia apprezzata da qualcuno.» Kobe abbassò il capo con il sorriso ancora sul volto per poi concentrarsi su dei documenti adagiati accanto al portapenne. Probabilmente quello era il segno dell'inizio del nostro lavoro.

Uscimmo dall'ufficio uno dopo l'altro con più lavoro di quanto avevamo ipotizzato quella mattina. Prima di iniziare c'era ancora una piccola faccenda in sospeso. Delegai la scelta della scrivania a Cassidy, scegliendo di seguire George diretto verso un distributore automatico. Il ragazzo rimase stranito nel vedermi lì, sorridendo pieno di aspettative.

«Devo chiederti scusa, George. L'ultima volta non sono stata proprio carina nei tuoi confronti. Sono contenta che però avremo modo di lavorare insieme.»

Sembrava non desiderasse udire altro. «Sarà un piacere! Non è fantastico che mio fratello si conosca con Dylan? Sai, temeva che sarei stato escluso, ma credo che avrò delle buone possibilità! Lisa è fidanzata che tu sappia?»

Scossi il capo ridendo. Se voleva provarci con lei che si facesse avanti.

«Ti direi di non farti troppe illusioni. Non sembri un cattivo ragazzo, ma non è carino chiedere a ogni ragazza che incontri di diventare la tua ragazza. Pensa a coltivare le amicizie prima e a farti conoscere.»

Lui sembrò soppesare le mie parole. «Oh, devi scusarmi. È qualcosa che non faccio spesso. Non mi è mai capitato di avere a che fare con qualcuno oltre l'orario scolastico. Le persone tendono ad allontanarsi subito e io cerco di essere il più diretto possibile per non rimanere ferito.»

«Mi dispiace di questo, ma non potrai mai sapere come qualcuno può reagire alle tue domande. Come vedi noi non eravamo partiti con il piede giusto.»

Sorrisi cercando di infondergli fiducia. «Va bene! Hai ragione. Non chiederò più a nessuna ragazza se vuole fidanzarsi con me. Devo fare come dice Kobe e conquistarle con la simpatia e dolcezza!»

Era un caso disperato, ma ero sicura che si sarebbe potuto integrare senza problemi.

«A tal proposito, come mai Kobe sembrava tanto felice del fatto che ci conoscessi?»

Lui scrollò le spalle indeciso sulla risposta. «Da come hai potuto capire sono stato adottato dalla famiglia Bensor dopo che i miei genitori mi abbondonarono in un orfanotrofio. Avevo diciassette anni e nessun amico. Lui è sempre stato il fratello maggiore che non avevo mai avuto e ha cercato in tutti i modi di vedermi felice. Sa che avere qualche amico è il più grande sogno. Non sarò un loro consanguineo, è vero, ma sono la mia famiglia, salvandomi da un futuro incerto per darmene uno radioso. Sarò per sempre il loro piccolo fratellino impacciato.» Per la prima volta intravidi in George qualcosa che fino a quel momento non avevo voluto vedere: la sua umanità.

«Siamo sulla strada giusta» gli confidai. Lui sorrise speranzoso.

«Io ho bisogno di un caffè per iniziare la giornata, ho sentito che anche Cassidy ne vorrebbe uno e forse ne porto uno anche Lisa e a te, se ci tieni.» Un passo alla volta.

«Una cioccolata sarebbe perfetta, ti ringrazio» affermai prima che il biondino dai ricci boccoli si precipitò nella zona ristoro tutto entusiasta di aver accettato la sua offerta.

Ritornai al posto di comando e, senza dare troppa importanza a ciò che avevo intorno a me, mi sedetti alla prima delle scrivanie che mi aveva indicato Cassidy. Passarono un paio di minuti prima di accorgermi che c'era un foglietto giallo, un post-it per la precisione, lasciato appositamente sul banchetto. Scrutai i dintorni senza notare niente di particolarmente rilevante.

"Buon primo giorno" recitava in una scrittura flessuosa quanto rigida. Rialzai immediatamente lo sguardo per capire chi fosse il mittente. Pensai a Nathan, che però stava amabilmente conversando vicino le finestre con Cassidy e Stephan. Nessuno di loro sembrava interessato alla mia reazione. Lisa, d'altro canto, non avrebbe mai fatto un gesto così carino e, considerando che George era rimasto con me fino al minuto precedente, non rimaneva che lui.

Le mie pupille si posarono sulla figura di Dylan. Sedeva dietro la scrivania di fronte la mia. Non c'era alcun separé, fatta eccezione per i due metri di distanza. Mi era comunque possibile scrutarlo per intero: dai suoi capelli ribelli, ai suoi occhi ridenti, che in quel momento si illuminarono. Si appoggiò con il busto al banco incurvando le sopracciglia in attesa di una mia qualche reazione. Usò un braccio per poter sorreggere il peso del suo capo, mentre giocherellava con una penna senza tappo come se avessi dovuto seguire i suoi movimenti per arrivare alla risoluzione di quel mistero. Dopo un tempo indefinito in cui le mie gote arrossirono, posò la stilografica sulla scrivania di legno accanto a un piccolo blocchetto giallo della dimensione di qualche centimetro. A quel punto non gli rimase che aspettare con un irriverente sorrisino sul volto.

Quello bastò per darmi la conferma finale sull'accaduto. Strinsi tra le dita il post-it incrociando gli occhi del moro.

Quello che notai fu il tramutarsi del suo sorriso in uno provocatoriamente più ammiccante e malizioso. Sul suo volto c'era tutta la consapevolezza di qualcuno che non aveva intenzione di arrendersi. Non avrebbe presto smesso di stuzzicarmi, non ora che avevamo tutto il tempo del mondo a nostra disposizione.

♣♣♣♣♣

Cari Cursed! Avete appena conosciuto Kobe, avete rivisto George e adesso vi siete trovati anche Lisa! beh... voleva entrare nell'industria migliore di tutta la città quindi non poteva che essere questa la sua scelta!

Chissà se ci saranno altri momenti carini e coccolosi come questi tra Dylan e Lilian... magari no, magari sarà anche meglio di quello che pensate! Chi lo sa! 

Alla prossima, la vostra Red Witch,

Haineli ♥

P.S. (=Piccolo Spoiler): Come? Avete la sfera di cristallo accanto a voi e mi state dicendo che il prossimo capitolo si intitola "Gelosia?"


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