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85. Cocci, macerie... (1/2)

♫The Glitch Mob, Mako, The Word Alive - RISE ♫

«Cosa stai combinando?» domandò Dylan con aria confusa e un sorriso irriverente sul volto.

«Giochiamo! Abbiamo una bottiglia, tanto spazio a disposizione e tutto il tempo del mondo. Non vuoi credere a ciò che dico, perciò non vedo altro modo per convincerti. Hai qualcosa in contrario?» assottigliai la vista afferrando tra le mani il vetro smeraldino.

«Credi che obbligo o verità sia...?» provò a mormorare insicuro della mia scelta arbitraria.

«Potresti obbligarmi ad andare via da questa stanza o dalla tua vita se sarai abbastanza furbo da cogliere l'occasione» lo interruppi ancor prima di fare ammenda. I suoi occhi scuri saettarono per la stanza distogliendo lo sguardo per volgerlo verso le stoviglie. Alzò un angolo della bocca intrigato dalla miriade di possibilità che gli si prospettavano davanti.

Si passò la lingua sulla fila di denti bianchi. «Ci sto.»

Era l'idea migliore che mi fosse balenata in mente. Sapevo che non avrei cavato un ragno dal buco continuando a insistere. Magari avrebbe finalmente messo da parte l'astio e il rancore verso sé stesso se fosse stato solo un gioco.

Dylan strusciò il suo braccio contro il mio per poter afferrare l'oggetto che avevo tra le mani. Voleva essere lui a far partire le danze e, dopo un breve cenno del capo, glielo concessi ritirandomi. Fu allora che mosse le dita affusolate facendo volteggiare il fiasco come un piccolo ramoscello d'ulivo. Poggiatosi con le spalle larghe contro l'intonaco, permise a entrambi di poter osservare la bottiglia, con il fiato sospeso, fino a che non si fosse fermata. Avvertii una sensazione di sollievo quando puntò verso di lui.

«Sono certo che... al diavolo, chiedimi cosa vuoi.» Dylan mantenne lo sguardo perso nel vuoto, arresosi al peso delle mie parole ancora silenti.

Non indugiai un secondo di più. «Perché pensi quelle cose di me e Nathan? Sai che non puoi essere rimpiazzato da nessuno!» Dylan levò gli occhi al cielo con rassegnazione, sapeva che non avrei lasciato decorrere quell'argomento con facilità.

Gettò la testa all'indietro fissando un punto indefinito oltre gli scaffali, allungò una mano come se ne volesse catturare l'essenza. «È una sensazione che mi porto dentro da sempre. Credo... anzi, sono convinto, che sia la persona più affidabile, più coraggiosa, più premurosa, più profonda che io abbia mai conosciuto. Lui è così gentile, sempre sincero, solare. E quando vi scambiate quelle occhiate piene di rimproveri e indissolubile fiducia io mi sento come se non potessi mai capire cosa si prova. Lui è un misto di insicurezze e fragilità, ma tutto passa in secondo piano quando è con te. Sei la sua roccia e il suo punto di riferimento. Scalate le montagne pur di esserci sempre l'uno per l'altro. Lui ti rende felice in modi che io non comprenderò mai. Siete come lo Yin e lo Yang. Diversi, complementari e opposti... ma perfetti. Mentre io sono il caos che rade al suolo il vostro equilibrio.» Il palmo della sua mano sospesa si chiuse di colpo come a indice il vuoto che assorbiva ogni cosa intorno a sé.

Sbuffai, serrando i pugni e afferrando il soffice pizzo rosso delle maniche. «Pensi che la perfezione sia semplicemente accostare il bianco al nero? Ti dimentichi di una intera scala cromatica che può essere utilizzata per riempire i vuoti che l'animo umano prova. È vero tutto ciò che hai detto su di lui. È la persona migliore del mondo e si merita ogni bene, ma perché crogiolarti in un pensiero assurdo come la perfezione? Siamo degli ingranaggi che hanno iniziato a combaciare solo dopo tanti e forse troppi tentativi, ma se siamo arrivati a questo è perché non abbiamo smesso di provarci. Tu, invece, puoi affermare la stessa cosa?» Ribattei irritata.

Incurvò le labbra in un sorriso consapevole, provando a filtrare il mio sguardo tramite i suoi occhi. «Una domanda alla volta, Peterson!» Sbattei le palpebre rilassando le mani. Ero stata colta in fallo presa dalla foga del momento. Dylan si sporse in avanti per continuare il lavoro di manovale: impresse forza al fine di smuovere lo champagne.

Deglutii nervosa. «Tocca a me stare sotto, O'Brien.» Dylan sorrise guardingo, ma i suoi occhi tradivano una certa eccitazione: essere completamente a nudo era più piacevole in compagnia.

«Vuoi scegliere? O devo dare per scontato verità, visto che hai paura di ciò che potrei chiederti di fare se tu propendessi per l'obbligo?» Sembrava essere fin troppo consapevole della mia futura risposta, pertanto non ne pareva entusiasta. Il sorriso spontaneo gli si trasformò in un lascivo ghigno sommesso. Dylan era molto più intelligente di quanto lasciasse far intendere.

«Affidarsi completamente a qualcuno è la più alta forma di coraggio. È vero, ho paura di scoprire i tuoi pensieri più profondi e i tuoi desideri, ma solo perché potrei non essere tra loro. Perché nonostante tutto, io mi fido di te e lo farò per sempre.»

Le pupille di Dylan si dilatarono impercettibilmente facendo scorgere una scintilla di ammirazione. Incosciente e sorpreso si alzò in piedi porgendomi una sua mano come appiglio. Che fosse il nostro capolinea?

«Concedimi l'onore di questo ballo. Non ti prometto nulla, sono un pessimo ballerino.» Sembrava esser rinato. Il volto si apriva in smorfie meno seriose: più candido e allietato. Quella visione non poté che rincuorarmi.

Afferrai tremante le sue dita alzandomi da terra a mia volta. Poggiai una mia mano sul suo petto ingalluzzito, mentre i miei occhi vagavano in ogni dove con lo scopo di evitare l'incrocio col suo sguardo troppo penetrante. Stava scrutando e studiando ogni mia mossa. Dylan fece pressione con l'avambraccio attorno alla mia vita, sommovendomi con estrema perizia e disinvoltura. Invece di seguire i suoi movimenti, arrossii imbarazzata incrociando un piede con l'altro e soppiantando la sua guida. Nella instabilità del momento le nostre fronti entrarono in collisione facendoci sobbalzare all'indietro. La presa si sciolse divenendo più morbida, solo in quel modo riuscì a recuperare il fiato perso.

«Probabilmente non è stata una buona idea.» Se la rise il moro massaggiandosi la zona lesa proprio accanto alla linea traslucida lasciata dalla cicatrice. «Ma mi va bene anche così.» Con rinnovato vigore mi riafferrò a sé costringendomi ai suoi movimenti e immobilizzandomi al suo corpo.

Avremmo imparato, come tutto: piccoli passi che ci avrebbero portato lontano.

Strinsi le labbra tra di loro per trattenere con sforzo le lacrime di gioia che avrei voluto versare. Mi bloccai nel bel mezzo della nostra danza per alzarmi sulle punte e lasciargli un bacio umido sulla guancia rosea. Le sue iridi scure disegnavano la mia figura minuta leggendo ogni mio movimento.

In risposta alla mia azione avventata si mosse facendo in modo che i nostri corpi eliminassero qualsiasi distanza, aderendo completamente. Non mi avrebbe lasciata andare facilmente.

Appoggiai il capo contro la sua spalla, avvolgendo le braccia intorno al suo collo. Al passo delle note soavi che provenivano dal salone, anche noi ci librammo in quello spazio solo nostro.

Quando la musica terminò il distacco avvenne con innata flemma.

Ciò che avevamo fatto era stato far acquisire colore a un mondo in bianco e nero. Le tinte della felicità e dell'appartenenza.

«Credo tocchi a te pormi una domanda a questo punto...» Sussurrò scrutandomi nell'animo. Dylan scosse il capo consapevole, tornando a sedere sul freddo pavimento dello stanzino.

«Credi che due persone per amarsi debbano essere per forza come lo Yin e lo Yang?» Trattenni il tessuto dell'abito sotto i polpastrelli umidi.

Dylan scrollò le spalle impreparato, allagando le braccia incapace di darmi una risposta. Sembrava irrequieto e sconfitto.

«Penso che se due persone sono perfette insieme, non ci sia nulla da dire. Metà che diventano una sola esistenza. Opposti, ma complementari. Un incastro perfetto, non credi?»

«Ti sbagli» lo interruppi. Era tutto così sbagliato! Strisciai con la schiena fino a toccare terra, mirandolo direttamente negli occhi. «Per quanto tu possa sforzarti, nell'universo, non esiste niente che renda due persone perfette l'una per l'altra. Nonostante tu possa cercare all'infinito non ci sarà mai nessuno completamente opposto a te. I vuoti non si possono riempire con le persone, ma con le emozioni. Le nostre mancanze non devono essere motivo di vergogna. Non sono da coprire, né da insabbiare. Siamo fatti di cocci e macerie, no? Quindi perché preoccuparci di qualcosa che non possiamo controllare?» Dylan strinse le labbra in una smorfia sorpresa. «Creiamo legami infiniti, sperando di trovare chi sappia dare un senso al nostro disordine, ma solo pochi privilegiati avranno mai il permesso di accedere ai nostri resti. Ed io non me ne faccio nulla di una relazione perfetta in cui combaciare con qualcuno che non mi capirà mai veramente fino in fondo. Perciò ti sbagli. Nathan non mi completa. Non è il mio Yang. È colui con cui ho condiviso i pezzi del mio cuore scambiandoli con altri del suo e che custodisco avidamente dentro. E non farei a meno di nessuno di essi. C'è voluto tempo, pazienza e tanta buona volontà. Quando parli di amore è come affrontare una tempesta: non sai mai quando terminerà o se resisterai. Si tratterà di alti e bassi continui in cui vivere le migliori e peggiori versioni di noi stessi. Tutti abbiamo qualcosa degli altri dentro di noi. Tutti siamo cocci e macerie. Tutti abbiamo bisogno di un po' di caos, perché solo in questo modo troveremmo qualcosa per cui valga la pena essere felici.»

Lo avevo sorpreso con quel mio discorso. Lo si notava dal colorito roseo che presero le sue gote e la curvatura spontanea delle sue labbra.

Dylan scosse il capo disorientato, allontanandosi per afferrare la bottiglia. Mi allungai fino a tenergli stretta la mano.

«È il tuo turno, non...»

«Hai già risposto alla domanda che avrei voluto farti. Mi sembra corretto far girare almeno la bottiglia per darti la possibilità di essere la prossima.» Incurvai le sopracciglia dubbiosa.

«Non se ne parla! Tocca a te! Puoi chiedermi ciò che vuoi!» Afferrai la fiaschetta tenendola stretta tra le mie braccia esili.

«Sei incredibile! Ti sto dicendo che potresti guadagnare un turno in più e per principio ti stai impuntando?» domandò genuinamente scioccato.

«È un problema? Devo forse fare tutto ciò che vuoi perché hai la precedenza per anzianità?» Mi morsi un labbro ridendo della mia stessa battuta.

«Hai una bella faccia tosta! Ho bisogno di rimediare ai miei errori, se me lo permettessi sarebbe fantastico, miss» controbatté con sguardo fiero.

«Come puoi anche solo paragonarli alla relazione avuta con un maniaco e per la quale ti ho completamente ignorato? Nella scala degli sbagli questo ha bisogno di una grossa ammenda, perciò non fare il cocciuto e sbrigati a chiedere!» Dylan scosse il capo divertito, cogliendo l'ilarità nella voce.

Piegò le sue labbra in un sorriso, avvicinandosi fino a sfiorare il vetro con i polpastrelli. Che volesse usare la forza?

Seguendo i suoi movimenti retrassi fino a che non ebbi più alcune via di fuga: il busto era entrato in collisione con l'intonaco della parete.

«Beh, se la metti su questo piano, hai quasi ragione. Ti devo ricordare che colui che quasi rinunciava a ogni possibilità di amare sono io, perciò fammi essere un perfetto cavaliere prima che...» soffiò convincente a pochi centimetri. Deglutii eccitata.

«Quasi?» lo stuzzicai divertita. Dylan spalancò le palpebre come se si fosse accorto solo in quel moment della portata delle sue parole.

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DISCLAIMER: La seconda parte del capitolo potrebbe urtare la vostra sensibilità.

DISCLAIMER DEL DISCLAIMER: Forse potrebbe anche essere il contrario.

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