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64. Sensi di colpa (2/2)

♫ Ruelle - The other side ♫

«Sei ancora sveglia, Lil?» La voce roca di Dylan mi fece sobbalzare. Nel buio di quella stanza mossi convulsivamente gli occhi in cerca della fonte del suono. Probabilmente stavo iniziando a immaginare le cose.

Ma quando lo individuai, statuario appoggiato allo stipite della porta, capii che non stavo sognando. Alzai il busto facendo leva sui miei gomiti. I capelli morbidi discesero sulle spalle provocando un leggero solletico.

«Non riesci a dormire?» sussurrò una seconda volta attorniato da quell'alone di dolcezza e preoccupazione che condivideva con il cugino. Dopo aver ponderato brevemente allungai una mano in avanti fino a sfiorare le lenzuola. Dylan incurvò le labbra sollevato, portandosi in camera e sedendosi cauto ai piedi del letto. Retrassi le gambe da sotto le coperte stringendo a me le ginocchia. Scossi la testa per diniego.

Dylan sorrise distendendosi sul morbido materasso. Incrociò le mani dietro la nuca facendola da sostegno, mentre scrutava il soffitto della stanza. «È più grave di quanto immaginassi se hai perso addirittura la lingua lunga che hai. Se non vuoi parlarne va bene. Non ti obbligo, sai... e mi dispiace. Mi sento un totale idiota per ciò che ho fatto ieri. Ti chiedo scusa per essere stato testardo e stupido. Ero ossessionato dal pensiero di Richard e con la mia teoria pensavo avrei risolto ogni problema. Invece, eccoti qui... spenta... e sono stato io l'artefice di tutto. Se hai litigato con Richard a causa mia non ti biasimerei se in questo momento tu mi odiassi o mi ordinassi di sparire dalla tua vita!». Il suo viso mesto era contornato da un sorriso bieco e senza gioia.

Dopo aver arricciato il naso e stretto le labbra in una smorfia, si diede lo slancio necessario per ritornare ritto con la schiena. Mi allungò un'ultima occhiata sfuggente prima di dirigersi verso l'ingresso.

«Dylan, non te ne andare, ti prego, io-» Le parole mi morirono in gola quando i suoi occhi si posarono sul mio viso pallido. Avrei tanto voluto dirgli che avevo bisogno di lui. Rivelargli quanto nulla fosse stato un errore, se non l'averlo fatto troppo tardi. Che lui non era mai stato un problema, ma che fosse solamente la soluzione a tutto quel dolore.

Ma potevo davvero farlo?

Assolutamente no. Non potevo pretendere di essere così egoista. Di raccontargli solo la parte bella della storia, mentre il senso di colpa continuava a crescere e a nutrirsi di quel segreto. Più Dylan mi era vicino, più si faceva forza dentro di me. Non ero mai stata una persona capace di mentire. Mi si leggeva sul volto qualsiasi emozione o espressione. Al contrario di quanto credeva, sarebbe stato lui a odiarmi e voler che io sparissi dalla sua vita.

Dylan sorrise. «Va bene, non vado via. Puoi anche non parlare, ma ti prego di ascoltarmi. Nathan mi ha riferito che tu e quell'energumeno avete rotto e onestamente ti mentirei se ti dicessi che io non ne sia contento. Eppure, vederti in questo stato mi fa capire come non sia valsa la pena spingerti a fare qualcosa che tu non volevi. Forse ti sei sentita in obbligo, non lo so, ma me ne pento amaramente. C'è qualcosa che vedo nei tuoi occhi, non so come spiegarti... questo perché non ti ho concesso i tuoi tempi e non mi sono fidato di te come avrei dovuto. Scusami, te lo sto dicendo con il cuore in mano, perdonami se puoi.» Dylan si rituffò al mio capezzale afferrando la mie mani tra le sue. Non ce la facevo più, non era minimamente colpa sua.

«L'ho lasciato perché Richard mi ha tradito... con Emma. Tu non c'entri nulla» ammisi tutto d'un fiato e ad alta voce per la prima volta. Quei suoni erano finalmente usciti fuori dalla mia bocca. Avvertii un senso di libertà donatomi dall'aver lasciato andare parte del mio dolore, accettandolo.

«Cosa?» Dylan abbandonò la presa per serrare i pugni. E sotto il mio vigile sguardo, si rabbuiò come mai gli avevo visto fare.

«Avevi ragione tu. Avevi sempre avuto ragione. Richard è un traditore e un manipolatore. Ha usato la mia amicizia con Emma per averci entrambe ed io non ho fatto altro che aiutare lui nel suo folle piano. Non gli interessava niente di me, voleva solamente-» Deglutii nervosa. La mia bocca si muoveva, eppure, non proveniva fuori alcun suono. Al contrario, iniziai a sentire il salato misto all'umido sulla mia pelle provocato dalle stesse lacrime che correvano libere fin alle mie labbra.

Non vidi esattamente quando, ma Dylan mi si avvicinò nuovamente. Mi strinse ancora una volta con rinnovata pazienza e... amore. Scaricai la tensione aggrappandomi al suo petto come se fosse l'unico luogo in cui avrei potuto trovare un po' di pace. Mi persi nell'incavo del suo collo, mentre le sue mani si portavano sapientemente a sfiorare il mio manto di capelli.

Non ce l'avrei fatta a raccontargli tutto. Non ancora. Non ero pronta a spezzargli il cuore. Aveva superato Lydia dopo così tanto dolore e quel segreto l'avrebbe solamente distrutto una seconda volta.

Ero sicura si sarebbe comportato in modo irresponsabile, facendo qualcosa di avventato pur di fargliela pagare a chi si dovere. Sarebbe finito nei guai trascinandosi dietro la sua stessa ombra.

Era quello ciò che volevo?

Strinsi Dylan ancora di più a me, mentre digrignavo i denti poiché incapace di trovare una soluzione a quel rompicapo. Come mi aveva rivelato Richard, quello sarebbe stato il suo regalo d'addio. Un saluto così amaro e tremendo. Perché in gioco non c'era più solamente il giusto e sbagliato, ma anche alle conseguenze che avrebbe portato.

Io non mi sentivo di meritare Dylan. Eppure, avrei dovuto convivere con quel segreto.

Si trattava di trovare il compromesso migliore, una scappatoia in quella trappola per topi.

Il mio cuore batteva all'impazzata, mentre la presenza di Dylan faceva da calmiere al mio pianto. Tutto quello che percepivo era lui. Il suo odore di muschio e menta misto a qualche sostanza zuccherata, il suo calore a contatto con la mia pelle fredda e macchiata, il suo continuare ad asciugare le mie lacrime infinite. Avvertivo i suoi occhi, sulla mia figura, bruciare di rabbia per i peccati commessi da un altro uomo. E sospirava cauto cullandomi incerto, impensierito dall'essere stato impotente.

Levai il mio sguardo verso l'alto. Persino lui si stupì di quel mio gesto improvviso. Tant'è che per qualche istante interruppe le carezze sul mio volto trattenendo il respiro. Mi scrutò con quei suoi occhi... occhi che oramai mi avevano rapita così tante volte. Mi aveva fatto credere di essere importante fino al punto di pensarlo sul serio.

Dylan affondò le mani più in profondità tra i miei capelli aumentando d'intensità la presa sul mio corpo. Avvicinò la sua fronte alla mia imperlata di sudore. Innumerevoli volte aveva sfiorato le mie labbra il quella notte, per eliminare anche i più piccoli residui salmastri.

Non smettemmo neanche per un istante di osservarci. Scrutai in profondità nelle iridi, nel suo cuore fino a intravedere la sua anima, finalmente libera da qualsiasi oppressione. Immaginai come sarebbe stato avventarmi su di lui e il desiderio inconsapevole montò in me quando il respiro di Dylan divenne irregolare; anomali furono i suoi movimenti repentini che lo avvicinavano al mio viso. Ripetei nella mia mente le parole che aveva proferito la sera precedente.

Aveva parlato di tensione, palpabile allora come adesso, dell'ardore da cui attingevano i nostri corpi e della passione che probabilmente sarebbe scoppiata da lì a qualche secondo, se avessi permesso a quegli occhi di influenzare i miei pensieri.

Fu allora che capii che avrei dovuto fare una scelta il prima possibile. Sarebbe stata la decisione più sofferta della mia vita e anche quella che avrei rimpianto di più nei giorni a seguire.

Nel riflesso della sua cornea ero riuscita a leggere la mia incapacità di trattarlo come avrebbe meritato.

Non era giusto. Non potevo essere egoista, non se si trattava di lui.

Fu proprio quella consapevolezza a spezzare ancora una volta il volere del fato. Lui mi stava facendo sentire così speciale; lui che mi stava infondendo forza. Semplicemente lui e la voglia di volerlo nella mia vita... era tutto sbagliato.

Mi scostai. Dannatamente ebbi la forza di farlo.

Dylan mi lasciò andare nonostante avvertii fosse l'opposto di ciò che volesse.

Era il compromesso da fare e la tassa da pagare. Non importava quanto lo desiderassi. Quanto ardentemente lo agognassi.

Dovevo far sì che quei pensieri risiedessero nella tasca più profonda del mio cervello, fino a che non li avrei dimenticati. Inspirai nervosamente quando il moro si alzò dal letto turbato. Si portò una mano dietro la nuca in evidente imbarazzo. Si era spinto troppo in là ed io lo avevo rifiutato, ancora.

Afferrò l'aria dinanzi a sé provando in tutti i modi a dissimulare.

«Credo sia ora che io vada a dormire» convenne il moro indeciso sul da farsi. Accennai una risposta positiva con il capo, mentre lasciavo che la sua figura si portasse fino all'entrata della stanza. Allungai un braccio verso il vuoto d'istinto come se potessi avere qualche potere magico per poterlo fermare. In realtà, bastò semplicemente la mia voce a farlo indugiare qualche attimo ancora.

«Dylan... grazie. Per tutto» sussurrai. Il moro mi sorrise sollevato, senza aggiungere nessuna parola. Non ce ne era bisogno. Sarebbe stato per sempre tutto scritto nel mio cuore.

Dylan chiuse la porta alle sue spalle lasciando che la mia testa ritornasse a contatto con il morbido cuscino, custode dei miei pensieri e dei miei sogni. Quella volta, abbassando le palpebre, le immagini che si presentarono non furono quelle di Richard o Emma, ma a governare i miei pensieri c'era Dylan.

C'era quel dannato ragazzo dal sorriso enigmatico e dallo sguardo a tratti vuoto. C'era il figo che fingeva di essere abbastanza forte da sopportare il dolore, ma che non sapeva di essere il più fragile di tutti. C'era il bambino dal cuore d'oro e l'adulto dai modi giocosi, colui che mi aveva stravolto la vita e che più volte di tutti mi aveva fatto trattenere il respiro. C'era quella persona che aveva riempito gli spazi tra i cocci della mia anima e ne aveva creato qualcosa di unico e fantastico. C'era il ragazzo a cui appartenevano le labbra che avrei voluto baciare. Quella bocca che desideravo ardentemente fosse ancora sul mio corpo come la notte precedente... come il mese prima. C'era sempre lui. C'era il Dylan a cui avevo spiegato cosa significasse amare qualcuno e poi c'ero io, Lilian.

La ragazza che avrebbe dovuto reprimere tutto ciò.

Le lacrime iniziarono a sgorgare nuovamente dai miei occhi.

Non potevo dire nulla.

Non potevo stare al suo fianco. Il senso di colpa mi avrebbe divorato dall'interno, altrimenti.

Ed io non volevo prenderlo in giro.

Utilizzando un angolo del lenzuolo cercai di pulire il mio volto stanco, convincendomi del fatto che Dylan non mi meritasse al suo fianco.

E la cosa peggiore di tutte era che finalmente avevo capito.

Avevo capito di amarlo... ma non glielo avrei mai confessato.

♣♣♣♣♣

Cari Cursed, devo ammettere che è stata davvero dura decidere come far evolvere la storia. Credo sia giusto che i personaggi rimangano lineari con il loro modo di essere e di pensare.

 Amanda è una persona cristallina e leale: il non riuscir a dire la verità a Dylan la mette in crisi: non le piacerebbe vivere una possibile storia d'amore basata su bugie. C'è lei e il suo dolore e vuole capire come affrontarlo. 

Chissà cosa accadrà in seguito.

Anticipo che i prossimi quattro (Q.U.A.T.T.R.O) capitoli saranno raccontati dal punto di vista di Dylan, quindi potremmo finalmente sbirciare cosa c'è nella sua testa. Perciò continuate a essere i licantropi famelici che conosco anche in questa occasione!

P.S (= Piccola Stupidaggine): ho diviso il capitolo in due perché mi piaceva troppo come le canzoni si accostavano ai sentimenti dei nostri protagonisti! 

Un bacio, dalla vostra Red Witch

Haineli ♥

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