57. "Stanze insonorizzate o..."
♫ Ruelle - War of Heart ♫
«Lilian!» ripeté lui trattenendo a stento una risata. Si portò il bicchiere di plastica alle labbra per bearsi del sapore di quella sostanza amarognola. Mi scrutò di sottecchi per tutto il tempo aspettando la mia reazione.
«Mi hai spaventato!» Rotei gli occhi esasperata. Afferrai ciò che avevo programmato dalla macchinetta per poi incamminarmi a passo spedito verso il divano, mettendomi al fianco di Dylan. Mi appoggiai stizzosamente contro quel lurido tessuto ingiallito che non sembrava essere stato lavato da un bel po'.
«Lo so! Per questo sto ridendo!» Mi prese in giro. Terminò il suo caffè deglutendo soddisfatto, poggiando il bicchiere su un tavolino accanto al portamonete e alle chiavi della stanza che afferrò senza pensarci troppo dopo pochi attimi. Incastrò il mignolo nel moschettone al quale era legato la palla da biliardo con il numero diciassette, iniziando a far roteare la ferraglia davanti al suo naso.
«Sei incredibile» lo rimbeccai esausta. Avvicinai il caffè soffiando sopra il primo strato liquido, così da far abbassare la temperatura del composto ed evitare di scottarmici.
«Che ci fai qui?» domandò curioso continuando a far volteggiare in aria il mazzo di chiavi. Non sembrava avere intenzione di andarsene.
«Un cretino mi ha svegliato in piena notte, ma non riuscendo più a prendere sonno ho pensato sarebbe stato meglio svegliarmi del tutto. Mi stavo persino chiedendo se stesse bene e credo di aver avuto una risposta» parlai gustandomi con la coda dell'occhio la sua espressione divertita.
«Che cretino fortunato, allora» scherzò il cretino. Mi voltai dubbiosa.
«Perché dovrebbe essere fortunato?»
«In primis perché c'è qualcuno che si interessa di lui e poi anche perché ha potuto dormire abbastanza bene visto che i suoi vicini non l'hanno disturbato. Almeno fino a che poi non ha iniziato a urlare nel cuore della notte, sia ben chiaro. In quello è stato meno fortunato.» Assottigliai la vista.
«Mmh, sì, stai cercando di dirmi qualcosa, O'Brien?» Dylan si massaggiò il collo mostrando fiero il suo sorrisino strafottente, si leccò un labbro avvicinandosi al mio orecchio come se stesse per rivelarmi un segreto.
«Sbaglio o, ipoteticamente parlando, sarebbe dovuto accadere il contrario? Il cretino sarebbe dovuto essere stato svegliato dalle urla della coppia follemente innamorata! Quindi ci possono essere solo due spiegazioni possibili: Stanze insonorizzate o...?» Spalancai gli occhi a causa della sfacciataggine che stava dimostrando soffiando al mio orecchio tali parole. Arrossii di colpo avvertendolo sghignazzare contento.
«Ma com-» mi bloccò ancor prima che io potessi terminare la frase, allontanandosi da me di diversi passi.
«Ti lascio al tuo caffè. Ritorno a dormire perché sono sicuro non avrò alcuna interruzione. Buonanotte, Lilian.» Mi lanciò un occhiolino scivolando via da dietro la tenda. Inutili furono i miei richiami per il moro, non sarebbe tornato dopo quell'uscita di scena così teatrale.
Sbuffai il mio nervosismo direttamente sulla bevanda che oramai stava diventando sempre più tiepida. Abbassai le palpebre bevendone tutta un sorso. Quando anche l'ultima goccia fu in circolo nel mio corpo, mi resi conto che sul tavolino vi era sia il bicchiere del moro che il suo borsellino. Socchiusi gli occhi per la frustrazione. Non ero la sua cameriera, giusto?
Raccolsi l'elemento di plastica stritolandolo nella mia mano prima di gettarlo tra i rifiuti. Afferrai il portamonete e, a passo spedito, mi diressi verso la scala che conduceva al primo piano, puntando la stanza con il numero diciassette.
Ritrovatami di fronte a quella porta di compensato e cartone, bussai con vigore a causa delle energie ritrovate. Dylan mi aprii rimanendo affatto sorpreso.
«Per caso vuoi replicare alle mie accuse? Non ce n'è bisogno!» scherzò appoggiandosi con un braccio allo stipite. Era fin troppo convinto e sicuro. Mi trovai a dover scuotere la testa prima di rispondere.
«Certo che no! Hai dimenticato questo e volevo rendertelo prima che lo trovasse qualcun altro!» Mostrai l'oggetto di cuoio tra le mie dita.
«Oh, grazie. Mettilo là sopra» ordinò indicando il comodino accanto al materasso, allontanandosi e dandomi le spalle. Arricciai le labbra. Stava scherzando, vero? Non ero mica la sua segretaria.
Quando si accorse che non mi ero spostata di un millimetro dall'uscio, si decise a darmi spiegazioni per quel suo gesto.
«Se ti andasse di entrare, potremmo fare due chiacchiere.» Il moro si buttò ai piedi del letto incrociando le gambe sul lenzuolo bianco. Colpì il materasso accanto a sé incurvando un sopracciglio con aria interrogativa. «Mi pare che abbiamo già condiviso una camera d'albergo e non ti è successo nulla, perciò...» Perciò ora toccava a me decidere.
Mi morsi la lingua analizzando come a pochi passi ci fosse la mia di stanza, con Richard al suo interno. Magari sarebbe stata una chiacchierata veloce.
Superai la soglia per poi lanciare senza alcun preavviso il borsellino verso Dylan, che lo afferrò al volo. Mi sedetti sulla metà di letto non occupata dal moro, mantenendo le gambe penzoli e le braccia tese accanto al busto come appiglio sulla coperta.
«Perché mi hai fatto quella domanda? Cosa ti interessa? Dylan, credevo fosse abbastanza chiaro che io e Richard stessimo insieme...» Aggrappai con più vigore il tessuto tra le mie dita. Era così strano pronunciare quelle parole.
«Credo non ci sia bisogno di ripeterti ciò che già sai. Però lo farò, se necessario. Richard non ti merita e mai lo farà. Ti ho fatto quella domanda perché ero sicuro che in qualche modo ti avesse convinta a concederti a lui e devo ammettere che sono rimasto stranamente felice nel constatare che non ti sei fatta abbindolare.» Scossi il capo sconcertata. Lui, proprio lui, stava dando lezioni di morale a Richard?
«Mi prendi in giro? Dopo tutto quello che hai fatto in questi anni, con tutte le ragazze di cui ti vanti, credi di poter dire cosa sia giusto o meno? Ma ti senti?» Scattai dal letto inferocita. Avevo fatto un'enorme cavolata cedendo al suo invito. Mi sentii afferrare per il polso. Il mio sguardo in quel momento lo avrebbe incenerito se solo avessi potuto.
«Lo so! So benissimo di non essere stato perfetto, ma io sempre stato sincero. Non ho mai preso in giro nessuno, ho sempre dichiarato chi ero senza nascondermi! Perché non capisci la differenza che c'è tra una persona come me e una come lui?» Con uno slancio colmò la distanza tra i nostri corpi portandosi a pochi centimetri. Non aveva neanche allentato la presa, anzi, la intensificò tanto quanto il suo sguardo puntato dritto nei miei occhi. Si incurvò per potermi sovrastare con la sua figura, mentre le mie pupille non smisero di seguire i suoi movimenti: non volevo interrompere quel contatto visivo.
«Ho la consapevolezza che voi due siate persone completamente diverse. Richard è sempre gentile e accomodante. Ha avuto un passato pieno di ragazze, è vero, ma non posso farci nulla. Quello che, invece, è il mio potere è scegliere di fidarmi di lui e, se lo vuoi proprio sapere, stavamo davvero per farlo e lo avremmo sicuramente fatto!» mentii spudoratamente. Richard era il mio fidanzato e andava protetto, Dylan era solo un amico, un caro amico, e non gli avrei permesso di rovinare quella mia relazione sul nascere. Spettava a me decidere.
Le iridi color nocciola gli si allargarono per qualche frazione di secondo, mentre Dylan abbandonava il mio polso indietreggiando. Levò le mani in aria come per chiedere venia. Eppure, sembrava incredibilmente combattuto con sé stesso.
«Mi dispiace...» biascicò.
«Cosa ti prende? Perché ti comporti in questo modo scostante? Io-» Fui interrotta da Dylan ancor prima di terminare il mio pensiero.
«Mi dispiace che tu non riesca a vedere la realtà. Devo ammetterlo: sono confuso. Tutta questa situazione mi destabilizza. Lo avverto fin nelle viscere ed è la prima volta che non so come comportarmi in merito. In tutta la mia vita ci sono stati troppi cambiamenti. Sono passato dall'essere un ragazzo noioso senza amici, all'adolescente nella fase dark perché credevo facesse più figo, credendo che così avrei potuto colmare quel vuoto che avevo dentro. Dopo Lydia ho iniziato a essere diffidente delle persone che mi erano attorno, portavo una maschera di finzione e quando si presentavano dei problemi oscuravo il mondo perché non ero capace di affrontarlo nonostante non volessi più essere il ragazzino che ero stato in passato. La diffidenza che mi contraddistingueva è scivolata via da quando mi sono trasferito a Los Angeles, la tristezza ha lasciato il posto all'arroganza e ho provato a essere migliore in molti aspetti. So che per molti versi non ci sono riuscito, che tutt'ora non ci riesco e mi fa paura pensare che potrei essere di nuovo inghiottito dall'oscurità e cadere nella disperazione. Prego che non avvenga proprio ora che ho trovato un appiglio a cui aggrapparmi per non sprofondare. Stranamente sono più felice e soddisfatto delle mie scelte e cerco di non risparmiare niente di me stesso... ma credo di essere arrivato ad un limite. A una sorta di scelta: non farmi più condizionare dal passato più di quanto non abbia già fatto, oppure lasciare che mi invadi il cuore di disperazione. E qui sta la difficoltà, io non so cosa fare. Sono esausto e spaurito, eppure, penso che sia l'unico posto cui la mia mente mira. La presenza di Richard ne è la dimostrazione: non sono rimasto abbastanza lucido neanche questa notte e ho fatto l'ennesimo incubo probabilmente perché lui è qui ed io non ne posso più di fare buon viso a cattivo gioco. Ti mentirei se ti dicessi che non avrei desiderato spaccargli la faccia ogni qual volta ha aperto bocca o che non avrei preso con te il primo volo per tornare a casa e lasciarlo qui. Alla fine l'unico motivo per cui io sono qui è che ci sei tu, ed è la prima volta che faccio qualcosa non pensando solo a me stesso. Non ti avrei mai lasciata da sola con quella specie di essere umano, perché chissà cosa avrebbe potuto farti. Il nocciolo della questione è che io conosco me stesso abbastanza per dire che sono al limite... tu, invece, con questa buffonata quanto pensi riuscirai a resistere? Ti posso sembrare stronzo, ma sono convinto che c'è una parte di te che sa che tutto ciò è sbagliato. Per andare avanti ho bisogno di non commettere gli stessi errori e tra questi non lascerò che Richard distrugga un'altra vita, soprattutto se si tratta di te. Lo ripeterò fino alla nausea se servirà... ma quando ti accorgerai, per la prima volta, di avere gli occhi coperti da una gradevole bugia che rivolgi a te stessa?»
Piegai la testa di lato incurvando un sopracciglio. Ero semplicemente esterrefatta da quella spropositata quantità di informazioni. La vista iniziò ad annebbiarsi, sarei crollata da un momento all'altro se fossi rimasta lì ancora a lungo.
«Non hai alcun diritto di farmi sentire così in colpa... Dylan...» Il moro espirò molto rumorosamente, mentre si portava le mani tra i capelli.
«Mi dispiace-» sussurrò «Ma non ti lascerò commettere questo errore. Ho detto quello che dovevo dirti. Non mi viene niente in tasca e, se credi lo stia facendo per puro egoismo, ti sbagli di grosso. Per quanto non mi stia simpatico il tuo amichetto, ti giuro che si tratta solamente di te. Questa notte non l'ho passata nel miglior dei modi e volevo fare ammenda almeno nella realtà. Perché... perché credo che gli amici servono a questo, no?» domandò afferrandomi per le spalle e infilzandomi con il suo sguardo penetrante.
I suoi occhi erano in tempesta, vividi e allo stesso tempo furiosi. Avrei pagato ora per sapere cosa avesse sognato. Chissà quali perversi pensieri gli forviavano la mente. Sembrava impaurito. Portai una mano dietro la sua nuca alzandomi in punta di piedi.
Ripetei il semplice gesto che aveva fatto lui con me poche ore addietro: lo abbracciai inebriando i miei polmoni del suo odore e la mia pelle del suo calore. Lasciai che le sue ciocche scure passassero libere tra le mie dita e che le mie labbra toccassero la sua pelle costellata di puntini neri. Gli scoccai un bacio sulla guancia come ringraziamento per le intenzioni che ci aveva messo. A quel punto era stata la mia bocca a bruciare su quella pelle umida, marchiandola per sempre.
Lo avvertii rilassarsi e sciogliersi per quel gesto tanto inaspettato quanto desiderato. Nel giro di pochi attimi la mia vita venne circondata dalle sua braccia costringendo i nostri corpi a combaciare senza che più neanche un filo d'aria passasse. Eravamo uniti in molti di più sensi che potessi immaginare.
Abbandonò la testa nell'incavo del mio collo come aveva fatto precedentemente, potevo sentire il suo respiro leggermente affannato. Quel nuovo contatto aveva avuto un altro significato: al contrario di quanto avessimo fatto poche prima, Dylan stava ricercando certezze e conforto.
«Non so cosa tu abbia sognato e mi dispiace vederti così distrutto. Ho esagerato a dire che non avevi alcun diritto di parola. Ma, Dylan, credo di essere abbastanza grande da poter decidere da sola, ho bisogno della tua protezione come... amico, certo.» Socchiusi gli occhi deglutendo la saliva acida che si era formata al pronunciare di quell'ultima parola. Sentii sobbalzare anche il moro.
«Parleremo quando torneremo a casa e ti sarai calmato. Ti prometto che ti ascolterò e che prenderò in seria considerazione ciò che avrai da dirmi perché ci tengo al tuo pensiero. Ma per quanto tu sia capace e sincero ho bisogno che tu accetta la mia verità. Qualunque essa sarà. Non voglio perderti per qualcosa del genere. Va bene?» Sembrava che stessi parlando con un fragile bambino. Dylan acconsentii con un cenno del capo. Smossi la mia testa per poter tornare a guardalo negli occhi, gli sorrisi dolcemente pensando che forse sarei potuta rimanere un altro po' tra le sue braccia a consolarlo. Magari avrei dovuto fare quello fin dal primo istante che avevo udito le sue urla. Da dov'ero avrei potuto tranquillamente sbirciare dentro i suoi occhi qualche altro secondo. Ma non era l'unica cosa che potevo osservare così da vicino. Deglutii nervosamente quando lo sguardo mi cadde sulla linea morbida delle sue labbra socchiuse. Come l'altra volta, avrei potuto...
Mi staccai immediatamente da quella presa mettendo spazio con un semplice balzo. Dylan rimase scioccato e con le braccia a mezz'aria. Come dargli torto.
«Buonanotte, Dyl.» Mi voltai superando il confine della sua camera alla velocità della luce. Mi morsi l'interno guancia dandomi della cretina per ciò che avrei fatto se solo fossi rimasta lì con lui. Mi interrogai se mai avessi avuto gli stessi problemi con Richard, ma in quel momento non volevo che il suo pensiero rovinasse quel momento solo mio e di Dylan.
Quando chiusi la porta alle mie spalle sentii pronunciare un flebile "buonanotte, Lil".
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