55. Lydia (Dylan I)
Avvertenza sulla maledizione del capitolo.
▬ Il capitolo è lungo più di tremila e settecento parole. Non l'ho separato nonostante ne avesse i requisiti perché a mio avviso non si possono bloccare a metà le sensazioni che ho voluto trasmettere con queste - lunghissime - righe. Perciò vi consiglio di trasformarvi nei licantropi famelici e di non rompere l'incantesimo fino alla fine, o la maledizione si abbatterà su di voi.
Non ve ne pentirete. Parola di Streghetta.
Buona lettura ▬
♫ Linkin Park - In pieces ♫
Era tutto così incredibilmente cupo, da quando il mio mondo era stato inghiottito dalle tenebre.
Fin da piccolo mi avevano insegnato che la notte non era altro che la logica conseguenza affinché un nuovo giorno potesse sorgere. Un ciclo infinito e perpetuo di luci e ombre si susseguiva fin dall'inizio dei tempi.
Sapevo che la notte sarebbe arrivata per tutti.
Sapevo che prima o poi anche io avrei vissuto nel buio.
Niente di più banale.
Niente di più pauroso dopo Lydia.
Senza di lei l'oscurità aveva preso il sopravvento sulla mia anima. Non sarei stato più lo stesso, corroso della bontà che mi circondava.
Mi sentivo impotente, mi sentivo dannatamente solo.
Quando chiudevo gli occhi prima di addormentarmi provavo sempre un enorme dolore proprio al centro del mio petto. Come un veleno si nutriva del mio sangue per infettare ogni singola cellula del mio corpo.
Cosciente di non meritare niente di bello da quella vita, non avevo più osato sperarlo.
Sarebbe stato il mio castigo per l'eternità e la mia pena: allontanare chiunque prima che si bruciasse per essersi avvicinato troppo al Sole.
Ed io mi sentivo un Sole nero.
Quella notte non era differente dalle altre. I ricordi allagavano la mia mente facendola ubriacare di sensazioni negative ed emozioni dolorose. Cadere trappola della mia stessa memoria era la tortura che avevo creato per punirmi.
Rivivevo quel maledetto giorno come se fossi ancora un patetico ragazzino innamorato. La vedevo lì eternamente splendida, Lydia, in tutto il suo candore, mentre le nostre mani si intrecciavano e le nostre lingue si scontravano in battaglie senza vincitori.
Mossi dall'amore avevamo intrapreso una strada che sapevamo essere stata sbagliata fin dal primo istante. Ma non avrei mai pensato che ci avrebbe portato a fare quella fine. Che io l'avrei portata verso quella fine.
Le immagini dell'assurda festa di Primavera le rivivevo quasi ogni notte. Avevamo deciso di partecipare come coppia, uscendo finalmente allo scoperto. Potevo percepire lo sgomento sui volti di tutti i nostri compagni di scuola. Occhiate trasverse e meschine. Tutti si ponevano lo stesso interrogativo "Ha rubato la ragazza a Richard?".
Ma come avrei potuto farlo, se in realtà Lydia non era mai stata completamente sua?
Lei non lo amava come amava me. A lei non stava a cuore lui come teneva a cuore i miei sentimenti. Lei non guardava lui così come scrutava il mio animo. Lei era la luce del mio stramaledetto mondo, mentre per Richard non aveva riservato neanche una scintilla.
Lei non era colpevole di niente. Era solamente la persona più innocente che avessi mai incontrato.
A pochi minuti dall'inizio della festa avevo notato Richard in un angolo osservarci rabbioso in volto. Sembrava una bestia famelica in cerca della sua preda. E, se fino a quel giorno non avrei saputo dare una definizione all'odio, riuscii finalmente a capirlo grazie al suo sguardo furibondo. Con le pupille infuocate e le braccia tese ai lati del busto, quel ragazzo in tutta la sua rigidità e furore mi stava odiando molto intensamente, ne ero certo.
Lo affrontai come era giusto che fosse. Come un cavaliere che combatteva per il proprio onore e per proteggere il suo tesoro più importante. Non ero un codardo, o almeno, non credevo di esserlo. Eppure contro ogni prognostico lo divenni poche ore più tardi, scappando da tutto, da tutti e forse anche da me stesso.
Arrivammo persino alle mani per qualche manciata di secondi. Lui cercava di placare il suo patetico ego, io volevo solo fargliela pagare per tutta la sofferenza che aveva arrecato a lei... e nel farlo mi ero sentito dannatamente libero. Lei lo sarebbe stata da quel momento. Nessun vincolo, nessun contratto, nessun sentimento avrebbe trattenuto Lydia a lui, non più.
Ci separarono dopo poco, ma ormai la spaccatura si era creata e la bomba era esplosa. Non si tornava più indietro. L'adrenalina scorreva ancora nelle mie vene. Lo scontro era quello che avevo sempre bramato... e la separazione era la parte per cui covavo più rancore. Non sarebbe mai stato abbastanza.
Mi allontanai da lui e dai suoi amici: non sarebbe valsa la pena rovinare una così bella serata. Tutto ciò che volevo era godermela con Lydia al mio fianco, ballando uniti e a un tempo solamente nostro. Dettato dall'incessante battere dei nostri cuori all'unisono. Petto contro petto, fronte contro fronte e dita intrecciate saldamente le una alle altre.
I nostri occhi erano incatenati, come le nostre anime: per l'eternità non avrei desiderato altro se non un altro ballo.
Uniti più che mai e... felici. La nostra storia d'amore avrebbe visto la luce.
Fui talmente stupido da pensare che per festeggiare occorresse brindare. Nonostante Richard fosse solo a pochi passi da noi, non poteva più farci nulla.
Presi da bere, un solo bicchiere. Solamente uno. Non di più. Ma bastò. Quel singolo cocktail rese la mia vita un inferno.
Mi ritrovai seduto nell'automobile con Lydia stretta al mio fianco senza neanche accorgermene. Lei si era offerta di guidare, avendomi visto instabile, ma io ero cocciuto! Dovevo dimostrarle di essere forte e di essere colui di cui potesse fidarsi. Di essere l'uomo che lei avrebbe sempre voluto che io fossi. Colui che aveva visto per così tanto tempo quando mi scrutava di nascosto.
Niente di più sbagliato.
Era la vecchia vettura di mia madre, quella che avevo preso per darle un passaggio alla festa. La prima che lei era riuscita a comprare con la paga da commessa al supermercato, quando aveva diciassette anni. Era stata così fiera di avermela regalata e che un giorno avrei potuto farlo a mia volta grazie alle fatiche guadagnate.
Non gliel'ho mai chiesto, ma credo che non la pensasse più così da un tempo indefinito. Quel giorno non sarebbe arrivato tanto presto, perché io non ero ancora pronto.
Il tragitto era breve: dovevamo solo aggirare il parco cittadino per giungere nel quartiere dove abitava Lydia. Qualcosa, però, andò storto all'improvviso.
I miei sensi iniziarono a confondersi, mentre la mia coscienza s'annebbiava sempre più. La testa iniziò a martellare e i miei occhi a bruciare. Il cuore picchiava insistente nel petto tanto che temetti ne sarebbe uscito fuori molto presto. Anche Lei si accorse che qualcosa non stava andando come di dovere.
Si voltò preoccupata verso di me e quella fu l'ultima volta. Per l'ultima dannata volta vidi le sue iridi piene di luce. Per l'ultima volta osservai le sue labbra incurvarsi per sussurrare il mio nome e per l'ultima volta notai come dovesse essere il volto di una persona che ti ama incondizionatamente.
Mancavano esattamente pochi decimi di secondo all'impatto. Il tempo era rallentato di colpo e tutta la mia inutile vita mi slittò davanti.
Che cosa buffa.
Tutta la mia vita era già davanti i miei occhi: era Lydia, cazzo.
Come in un ciclo infinito quando tramonta il sole, si innalza la luna... e quello che ne seguì fu solamente il buio. Tenebre da cui non sono più fuggito.
Quando avvenne lo scontro contro il tronco centenario, l'unica sensazione che riuscii a percepire fu il terrore pungente che s'irradiò fin dentro le mie ossa e nel mio cuore. Fu, però, il freddo datomi dall'urlo strozzato di Lydia e dal rumore del vetro in frantumi che mi fece gelare il sangue.
In quell'istante echeggiava la morte.
Quello era il suono della fine di una vita.
Persi i sensi per del tempo imprecisato, avendo come sottofondo la colonna sonora dei miei incubi futuri.
Mi svegliai quando fu troppo tardi, quando le ambulanze e le sirene della polizia ci trovarono. Capii subito che non c'era più nulla da fare. La sorte volle che la mia metà di carrozzeria fosse intatta, mentre quella di Lydia, invece... era in macerie.
Iniziai a urlare richiamandola allungandomi verso la sua seduta, ma qualcuno me lo impedii. Mi trascinarono fuori dal veicolo di peso, stretto nella mia voglia combattiva di essere lasciato libero, nonostante le braccia estranee me lo volevano impedire.
Non l'avrei abbandonata, l'avrei trovata, l'avrei cercata persino in capo al mondo.
Dovevo assicurarmi che non fosse ancora sotto le lamiere, che stesse bene, che fosse già al sicuro. Ma la verità mi colpì dritta al cuore senza lasciarmi via di scampo.
Era stata tutta colpa mia. Non ero l'uomo che lei pensava io fossi.
Mi liberai dalla presa opprimente dell'agente che mi aveva soccorso, fiondandomi verso lo sportello del passeggero. Con molta fatica riuscii ad aprire quel maledetto pezzo di ferraglia ormai informe.
Così la vidi.
Coperta dal suo stesso sangue, i capelli le si erano appiccicati sul volto. Gli occhi erano spenti: non erano mai stati così vuoti, così come il mio cuore da quel punto in poi.
In quel momento ero morto anche io.
Ed era lì che avevano origine le mie urla senza fine.
Eppure qualcosa era differente in quel dannato incubo. Lydia era scomparsa. Al posto dei grandi occhi verdi scorsi due iridi scure. I lunghi capelli setosi color ramato erano stati sostituiti da ciocche castane.
Non era possibile.
Non era Lydia... non più.
Il soggetto di quel mio sogno era Lilian. Era sempre stata Lilian al mio fianco... e anche lei era morta a causa mia.
Mi svegliai di colpo facendo scattare la schiena come una molla. Un dolore atroce pervase tutto il mio corpo intorpidendo i miei arti e la mia mente. Aprii gli occhi lentamente, come per paura di scorgere altro dolore.
Allungai le braccia ai miei fianchi stringendo con forza le lenzuola tra le mie dita fino a farle sbiancare. Presi quanto più fiato per poter rallentare il battito del mio cuore impetuoso. Forse sarebbe veramente schizzato via dal mio corpo per mettere fine a tutta quella sofferenza.
Dovevo tranquillizzarmi.
Ansimavo ancora quando decisi di sciogliere la presa dalla coperta. Portandomi le mani sul volto cercai di ricollegare i miei ultimi ricordi, mentre constatavo come la pelle fosse imperlata di sudore e terrore. Come ogni stramaledetta notte.
Quello non era il mio letto e quella non era la mia stanza. Mi trovavo in un motel di Stanford. Testimoni erano il piccolo televisore sulla scrivania e un armadio a muro con le ante specchiate, il cui riflesso mi era visibile: mi facevo pena.
Non doveva essere molto tardi se vi era la luna alta nel cielo che filtrava dalle persiane mal ridotte della finestra laterale.
Ingoiai la saliva acida che permeava in bocca da troppo tempo, conscio di dover riprendere le mie normali funzioni motorie. Non potevo permettere che quell'incubo sulla morte di Lydia mi opprimesse.
Decisi di portarmi verso il bagno, bloccandomi immediatamente sullo stipite per sopperire al mio errore di valutazione. Quella notte la protagonista dei miei sogni, la cui immagine del corpo senza vita era ancora fissa nella mia mente, era stata Lilian.
Ciò non aiutò il mio deglutire nervoso. La gola era come carta vetrata, mentre il cuore continuava a martellare nel petto.
Scossi la testa come per eliminare quel pensiero entrando nel misero bagno a mia disposizione. Roteai una delle due manopole del rubinetto arrugginito lasciando scorrere l'acqua. Mi incantai a osservare il flusso limpido senza neanche accorgermene. Dovevo ritornare lucido e per farlo afferrai con forza il marmo del lavabo e, con la testa buttata in avanti, iniziai a rimuginare.
Non era mai successo che l'avessi sognata. Mai. O meglio, non così.
Era strano.
Ma se da un lato avvertii sollievo nel constatare che fossi capace di avere una produzione onirica differente, dall'altro lato sapevo che anche quel tipo di sogno si sarebbe aggiunto al mio personale tormento.
Risi amaramente. Ma come era stato possibile?
Feci ulteriormente forza contro la ceramica con le dita, sperando di poterla asservire al mio potere perché tutto quello che avevo sempre voluto era cercare di riprendere il controllo della mia vita. Ma sembrava così difficile.
Lilian non era Lydia.
Io non l'amavo. Ne ero certo.
Avevamo passato uno dopo l'altro dei momenti sempre più intensi, complici e creando un'affinità e fiducia tale da potermi esporre essendo semplicemente me stesso. E così era stato anche per quella sera, prima di prendere sonno la nostra conversazione era stata il mio ultimo pensiero. Lei era stata il mio unico pensiero.
Sapevo che lei fosse diversa da tutte le ragazze che io avessi mai avuto... ma forse ero diverso anche io?
Probabilmente no, ero rimasto sempre lo stesso stronzo capace di allontanare tutti con il solo uso dello sguardo... eppure, la mia mente non faceva altro che riportare a galla altri ricordi recenti.
Quando l'avevo abbracciata poche ore prima avevo avuto la necessità di sentirla vicina, per qualche istante ancora, avere la sensazione che non stessi immaginando niente. Volevo solamente tenerla con me il più possibile.
Mi tenni la testa tra le mani insoddisfatto e furioso.
Quello non era amore! Vero?
Io non riuscivo ad amare. Non più. Non ancora...
Quello che sentivo per lei era... era una forte attrazione. Fisica sì, ma sapevo che c'era anche dell'altro. Però ciò non significava che l'amassi.
E allora perché aveva fatto così male vederla in quello stato dentro la vecchia decapottabile di mia madre? Perché faceva ancora così male?
Alzai di colpo lo sguardo verso lo specchio opaco, quando finalmente ebbi il coraggio di osservare i miei stessi occhi. Erano rossi e lucidi. Afferrai la maglia all'altezza del cuore trattenendo il più possibile la mia pelle fino a che il dolore non sarebbe passato. Notavo i tendini del mio collo contrarsi a causa della tensione che vigeva in tutto il mio corpo. Persino gli angoli della mia bocca erano piegati in curve innaturali. La mia mascella era serrata e sapevo che se non mi fossi mosso da quella posizione sarei presto scoppiato in un pianto liberatorio.
Scossi la testa appena in tempo per sottrarmi da ciò. Misi le mani a coppa sotto il getto dell'acqua sciacquando il viso con abbondanti passate. Era gelida.
Andava molto meglio.
Buttai fuori tutta l'aria che avevo trattenuto sin da quando mi ero mosso. Ruotai nuovamente la manopola arrugginita per poter permettere al flusso di smettere di scorrere.
Ritornai a osservare la mia figura allo specchio. Quella seconda volta ciò che avevo davanti ai miei occhi era una persona più decisa, più sicura e a testa alta. Dovevo esserlo. Ero Dylan O'Brien e potevo contare solo su me stesso, se non avessi voluto crollare.
Stavo facendo così tante cose che non erano da me. Stavo affrontando diverse nuove sfide con la naturalezza che mi mancava da anni e quello era un vero passo avanti. Perciò perché dubitare se fosse giusto o meno avere certi pensieri nella più totale solitudine?
Mi venne normale sbuffare e un sorrisino sornione mi comparve sul viso. Materialmente parlando sapevo di non essere solo. Dall'altro lato della parete c'era la stanza di Lilian e Richard. Ma sarebbe stato esilarante e fuori luogo portarmi di là chiedendo loro di aiutare un povero sciocco ad appianare i propri deliri notturni. Soprattutto perché loro erano i due responsabili del mio stato.
Fu buffo constatare come la situazione si fosse ribaltata appena avessi aperto gli occhi. Nel mio sogno ero stato io a portare via la ragazza al biondo. Nella realtà era lui ad averla con sé.
Una cosa, però, sapevo sarebbe stata immutabile: né Lydia, né Lilian provavano vero amore per lui. Dentro di me ne ero certo. Potevo non avere poteri magici per leggere nella sua mente, ma per quello che avevo potuto scorgere dei suoi sentimenti, lei non poteva di certo provarne di forti nei confronti di Whitemore.
Abbandonai il bagno per poter tornare a letto, lasciando che le coperte scivolassero fino al bacino, mentre incrociavo le braccia dietro la nuca. Tenni in tensione sia i muscoli che i miei sensi per qualche altro minuto ancora.
Sorrisi con rinnovata ironia.
La vita era proprio strana.
Avevo fatto un sogno pensando di aver rovinato quella di Lilian, quando in realtà era lei stessa a star rovinando la propria. Glielo avevo detto così tante volte... la sua spontaneità e il suo sorriso si andavano sempre più perdendo, così come il mio autocontrollo. Sapere che a pochi metri da me c'era quella testa di cazzo non mi stava rendendo la giornata facile. Avvertivo la rabbia e l'odio nelle vene ribollire nell'esatta misura di quanto avessi fatto nel sogno.
I sentimenti assopiti si erano risvegliati.
E Lilian era con lui. Incredibile. Era con lui a fare chissà cosa. E più ci pensavo più mi ripetevo che fossi un imbecille. Sapevo bene che Richard si sarebbe approfittato di lei, così come di ogni anima gentile che avesse incontrato risucchiandone fino all'ultimo briciolo di felicità. Lui non era la bella persona che voleva far pensare.
Richard era meschino, era un verme, era tutto ciò di più sbagliato che lei potesse pensare. Lydia aveva passato mesi a raccontarmi quanto lui fosse oppressivo, di come adorasse avere il controllo su di lei e quanto l'avesse disillusa dall'idea dell'amore in favore del suo egocentrismo. Lui odiava l'imprevedibilità delle emozioni.
Peccato che Lilian fosse proprio questo. Era caos allo stato puro. Era libera, corretta, solare e innocente. Perché accanirsi su qualcosa di così prezioso se non si era in grado di preservarlo?
Mi levai con il busto iniziando a scrocchiare le nocche tra di loro.
L'avrebbe distrutta.
Richard stava gestendo l'indomabile perché lei glielo permetteva e saperlo mi faceva impazzire. Si stava annullando per qualcosa che lei credeva essere la risposta a tutti i problemi. O meglio, per qualcosa che lei credeva fosse amore. Come poteva essere così cieca?
Io non ero il maggior esperto in materia, ma quello che avevano quei due non assomigliava minimamente a ciò che io e Lydia provavamo.
Che stupidaggine.
Probabilmente era proprio quello il motivo per cui io non fossi ancora pronto.
Amare in quel modo non faceva per me.
Ma io non le avrei mai fatto del male...
«Basta! Accidenti, basta!» urlai scattando via dal letto e picchiando duro sul materasso. Raccolsi il viso tra le mani nel vano tentativo di trovare serenità. Mi stava scoppiando la testa.
Che avrei dovuto fare per farla uscire dalla mia mente? Metterla al corrente di tutto ciò che sapevo per salvarla. Non avrei commesso lo stesso errore due volte.
Ma perché facevo ciò? Perché continuavo a insistere?
Le volevo un gran bene, ci tenevo a lei, quello era certo, ma...
Nessun ma. Non doveva soffrire, era quello il punto. Con Richard non era felice ed io l'avrei aiutata nelle sue scelte. Avevo promesso a Nathan che l'avrei protetta.
Anche se ciò significava doverla proteggere da se stessa?
Era solo questo che volevo veramente?
*Toc* *Toc*
Ripresi il contatto con la realtà mirando verso la porta. Qualcuno stava bussando? Mi spostai cautamente per aprila sperando di trovare un volto familiare, ma rimasi alquanto deluso quando al suo posto notai un anziano signore in vestaglia da notte e con lo sguardo accigliato.
«Buonasera. Cosa posso fare per lei, sir?» domandai sconcertato con un cipiglio sul volto. L'uomo si portò una mano sulla bocca soffocando un colpo di tosse prima di proferir parola. Non portava la dentiera.
«Giofanotto, qui c'è gente che fuole dofmife! La pfego di non uflare più! Fa troffo casino!» Strabuzzai gli occhi. Avevo alzato il tono di voce a un orario improponibile e quel poveretto aveva tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiato nei miei confronti. Sicuramente avevo gridato anche durante il mio incubo.
«Mi scusi. Le prometto che non accadrà più. Mi dispiace veramente di averla svegliata.» L'uomo mi osservò per carpire qualche cenno di sarcasmo. Ma non ne trovò. Afferrai con più intensità la maniglia come per stemperare il mio senso di colpa.
«Fa bene. È tutta la notte che fento urla e non riesco a prendere fonno. I muri fono fottilissimi! Perfino il fuo refpiro fi fente!»
«Sono davvero desolato. Farò più attenzione d'ora in avanti. Le auguro una buonanotte.» Sorrisi il più cordialmente possibile richiudendo la porta quando il signore fece un segno di intesa. Mi appoggiai con le spalle contro il muro. Oramai era dichiarato che non potessi dormire in luoghi diversi da casa mia.
Cavolo, io non mi ero veramente accorto di aver fatto tutto quel casino o della sottigliezza dei muri. I miei vicini dovevano essere stati silenziosissimi. D'altro canto un vecchietto del genere non poteva emettere molti suoni molesti.
Però a parte lui...
Spalancai le palpebre osservando la parete con l'armadio a muro, rimanendo in ascolto per qualche istante.
Silenzio radio.
Incurvai un angolo della bocca verso l'alto stranamente felice di ciò. Probabilmente era indice di niente o, al contrario, poteva essere la soluzione a tutto. Era ancora troppo presto per cantare vittoria, eppure, quella sensazione di benessere mi accompagnò per il resto della nottata.
Era la speranza che ci fosse ancora una possibilità.
Colto dall'improvviso cambio di umore, decisi che sarebbe stato meglio uscire a prendere un po' d'aria. Raccolsi il portafogli dalla tasca posteriore dei jeans riversati sulla moquette e le chiavi della stanza da sopra il comodino.
Di tornare a dormire non se ne parlava più per quella notte.
Era appena tornata la luce dopo tutte quelle tenebre.
♣♣♣♣♣
A mio avviso questo è il capitolo più bello e sofferto di tutta la storia. L'ho scritto con le lacrime agli occhi e spero che un po' delle mie emozioni vi abbiano scosso l'anima. ♥
Perché Dylan siamo tutti noi anche senza saperlo e le nostre grida d'aiuto delle volte possono essere silenti. Perché prima o poi tutti troveremo la nostra Lydia... o la nostra Lilian.
Spero abbiate apprezzato il punto di vista di Dylan e, come avete potuto intuire, è ancora molto confuso. Volevo scrivere su di lui e per lui perché non sempre si riesce a cogliere quei sentimenti da terze parti. Era giusto che ne parlasse in prima persona.
Il prossimo capitolo avrà una narrazione antecedente e contemporanea a questo. Perciò si vedrà cosa è esattamente accaduto la sera prima che lui andasse a dormire. Siete curiosi di sapere cosa lo ha spinto a sognarla?
Alla prossima cari Cursed, dalla vostra Red Witch, Haineli ♥
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro