45. "E... venduta!"
♫ The Vamps & Martin Jenser - Middle Of The Night ♫
«Secondo te non è un po' esagerato?» Margot mi fissò interdetta, mentre puntavo all'abito appena confezionato.
Io e le ragazze eravamo nella sala ricevimenti da oltre un giro d'orologio, aspettando che i nostri accompagnatori ci portassero da bere. Nel mentre ci eravamo messe in chiacchiere.
Emma sospirò delusa, indignandosi profondamente dopo quella mia domanda.
Strofinò le sue dita sul soffice tessuto della gonna solo per avere l'ennesima dimostrazione di come fosse stata cucita alla perfezione. Aveva pensato lei ai nostri outfit, modellandoli secondo il suo gusto personale. Mi sentivo molto più Maria regina di Scozia, che Lilian Amanda Peterson, ed era snervante.
La brunetta tutto pepe roteò gli occhi al cielo rivolgendosi a Emma con dichiarata ammirazione.
«Perché non capisce che l'abito che ha indosso è come un diamante? Lo sai che pagherei oro per averlo!» confessò.
«Non ce ne sarà bisogno, appena Amanda se lo sfilerà sarà tuo!» Margot afferrò le sue mani con gratitudine.
«Domani, promesso!» Guadagnai un'occhiataccia da parte di Emma, la quale si portò una mano alle tempie. La stavo distruggendo emotivamente. Non avevo neanche tentato di difendere l'orgoglio del vestito.
«Sei un'ingrata!» mi accusò furente, mentre Cassidy sopraggiungeva con un drink in mano. Il suo sorriso emanava una felicità irrazionale e contagiosa.
«Che si dice da queste parti?» ci domandò bevendo tutto d'un fiato l'intruglio alcolico.
«Qualcuno sta alzando un po' il gomito» commentò Margot afferrando il calice di cristallo e porgendolo a un cameriere addetto. Cassidy si disturbò per quell'intrusione non gradita.
«Ma no! È una festa, divertiamoci! Dove sono... mmh... Gli altri? E i vostri fidanzati?» chiese innocente portandosi un dito alle labbra.
«Il mio è di là, sta arrivando, vedi?» La prima puntò nella direzione di Nathan facendo ruotare la nuova arrivata sui tacchi.
«Il mio non penso si possa definire "fidanzato"» commentai a bassa voce. Ricevetti un'occhiata affilata da parte di Emma. «Lo sai anche tu che è scomparso dopo l'uscita della settimana scorsa! Non so neanche se sia presente!» confessai.
Lei sbatté più volte le palpebre. «E il tuo?» domandai di risposta.
«È da qualche parte, a fare... cose. Lo sai, è riservato...» Non chiesi più nulla, sembrava essere un tabù. Ogni qualvolta se ne presentava occasione fuggiva l'argomento con qualche scusa. Aveva sempre versioni discordanti sul tipo di relazione che aveva intrapreso. Delle volte diceva di non poterne più, altre che forse aveva affrettato le cose. Una cosa era certa: non era più la Emma spensierata e solare che girava sorridente per casa con solo indosso i maglioni slargati di Eric.
E mi mancava un po'.
La osservai ridere e conversare con le altre, fino a quando i ragazzi non ci raggiusero.
Improvvisamente mi ricordai di una domanda che avrei voluto fare a Cassidy, sperando che la sua vasta conoscenza avrebbe potuto sciogliere i miei dubbi.
«Cass? Vorrei chiederti se-» Margot le schioccò le dita vicino a un orecchio, quando si rese conto che non mi stesse ascoltando, riportando l'attenzione su di me.
Le sorrisi imbarazzata, mentre la brunetta si ricomponeva facendo finta di nulla.
«Dimmi pure, Lili!» rise portandosi una mano davanti alle labbra.
Nessuna di noi aveva la minima idea del perché si stesse comportando in quel modo. «Vorrei sapere...» iniziai. L'attenzione di tutte era su di me. «Si può dimenticare un ricordo, mentre si dorme? Cioè, mi spiego meglio. Se ci si sveglia di notte all'improvviso e poi ci si riaddormenta dopo pochi minuti, è possibile non avere memoria di ciò che si è fatto in quel lasso di tempo? Si può confondere il sogno con la realtà?» La ragazza incurvò le sopracciglia accigliata. Avevo pronunciato forse troppe parole per il suo stato?
Levò gli occhi verso la volta, come per attingere al suo segreto deposito di informazioni. «Degli studi hanno dimostrato che la memoria si consolida dopo un certo lasso di tempo nell'ordine dei minuti. Questo per permettere al nostro cervello di creare connessioni stabili tra neuroni che altrimenti si sfalderebbero impedendo il ricordo. Immagina di avere l'impasto di una torta. All'inizio è liquido e immangiabile, ma dopo la cottura è perfettamente solido e delizioso! Oh, ci sono i pasticcini!»
Dovevo ammetterlo, la sua mente era capace di processare un'infinità di aneddoti. Capii subito il significato delle sue parole: c'era la possibilità che Dylan non ricordasse nulla per davvero. Tirai un sospiro di sollievo.
Eric fece capolino salutando con disinvoltura i presente. Strabuzzai gli occhi.
«Cosa ci fai qui?» chiesi perplessa. Sentii un risolino isterico di sottofondo. Cassidy era partita nuovamente, mentre sorseggiava un altro alcolico.
«Mi ha invitato lui.» Indicò Dylan, che chiamato in causa scrollò le spalle con nonchalance.
«È l'unica persona che conosco che non frequenti l'UCLA o che non aveste già invitato voi. Anche io volevo un accompagnatore» si giustificò. Trattenni a stento una risata.
«E in più ero libero questa sera» aggiunse Eric con un sorriso smagliante alzando il calice di champagne in direzione di Cassidy.
«E in più era libero!» gli fece eco Dylan levando gli occhi al cielo e sorpassandoci. Cassidy li osservò da dietro le lunghe ciglia, mentre si mordeva un labbro.
«Vado a prendere altro. Torno... mmh, dopo!» ci comunicò guardinga. Si fece strada a tentoni scomparendo tra la folla. Al che Eric decise di seguirla. "Non sappiamo cosa potrebbe combinare".
«Sento puzza di bruciato» commentò Emma maliziosa. Bevve lo champagne prima di posare il cristallo su uno dei vassoi argentei.
«Per me vanno a letto insieme» dedusse Dylan di punto in bianco. Tutti i nostri occhi puntarono la sua figura.
«Cassidy con Eric? Sei serio? Io non penso...» parlò Margot dando fondo alla sua incredulità. Io, al contrario, non mi sentivo così sicura da escluderlo.
«Se la bellissima donzella dice di no, io sono pronto a scommettere venti dollari sulla sua parola!» Matt si fece avanti sorridendo irriverente a Dylan.
Margot si imbarazzò per quel complimento non troppo velato, mentre O'Brien si inumidiva le labbra. Era una sfida quella. Allungò una mano aspettando che il suo interlocutore la stringesse come per suggellare quel patto silenzioso. «Fai conto che quei soldi siano già nelle mie tasche.» La scommessa era stata accolta con piacere.
All'improvviso, mentre osservavo quella scena, due mani mi si posarono sugli occhi. Le afferrai riconoscendo una certa familiarità data dai calli sui polpastrelli e dal profumo di mandorle che mi circondava.
«Richard?» provai voltandomi e intrecciando le sue dita con le mie. Gli sorrisi felice di vederlo.
«Scusami per l'altra volta. Avrei dovuto chiamarti. Spero di farmi perdonare questa sera.»
«Non ce n'è alcun bisogno!» Mi alzai in punta di piedi lasciandogli un delicato bacio sulla guancia. Lui abbassò le palpebre per poi sospirare.
«Sei incantevole. Lotterò per aggiudicarmi all'asta il tuo tempo.» Sorrisi imbarazzata, divenendo immediatamente rubea in volto. In tutti quei frangenti mi ero dimenticata del mondo che fosse intorno a noi. Mi risvegliai da quell'incantesimo solo quando Josh ci raggiunse con una nota di preoccupazione nella voce.
«Ragazzi, qualcuno di voi mi sa dire perché ho appena visto Cassidy e Eric correre in bagno e chiudersi dentro? Non ho sognato, vero?»
«Ma-» Margot rimase senza parole, mentre Dylan scoppiava in una fragorosa risata.
«Sono venti dollari, Matthew caro.» Ogni debito andava ripagato. Il moro scosse il capo con disappunto, tirando fuori dal portafogli una banconota e porgendola a Dylan, il quale sospirò trionfante.
«I soldi più facili di tutta la mia vita» si vantò. Il giocatore numero nove della squadra di football gli diede una pacca sulla spalla nonostante fosse stato snobbato.
«La prossima volta potresti non pensarla così!» scherzò divertito desideroso di rivincita.
Il rumore di fondo dato dal tocco del microfono ci fece sobbalzare. Il professor Lynch, dal centro del palco, stava per iniziare il suo discorso d'apertura. Nella calma generale notai Nathan, rimasto in disparte fino a quel momento, osservarsi intorno guardingo. Scambiò un paio di parole con Matt, ma non seppi dire con certezza quale fosse l'oggetto della loro discussione.
E, mentre il professore spiegava le modalità con cui sarebbe avvenuta l'asta, tutti gli assistenti che avevano aderito alla causa vennero richiamati sul palco. Presto sarebbero iniziate le offerte.
«Buona fortuna» urlò Margot lanciando un bacio a mezz'aria. Dylan mi porse il suo braccio così che potessimo spostarci insieme. Sapeva che Richard fosse alle nostre spalle: aveva preventivato tutto. Poggiai una mano fulminandolo con la sguardo, ma ottenni solo un suo occhiolino. Perché era così infantile delle volte?
L'asta stava procedendo molto bene. Si partiva da una base di cento dollari, scalando il prezzo di dieci in dieci. Una ragazza era stata "venduta" a ben cinquemila dollari per presenziare a una cena. L'acquirente era stato un anziano imprenditore e solo in quell'istante mi resi conto che probabilmente sarei potuta finire a pranzare con qualcuno di sgradevole. Mi strinsi nelle spalle, nonostante il corpetto ricamato a mano da Emma mi impedisse di fare qualsiasi movimento. Afferrai avidamente il tessuto della gonna cercando di prendere coraggio.
«Spero che Richard ce la faccia» sussurrai a me stessa, per ricordare che non tutto era perduto.
Venne il turno di Dylan. Procedendo in ordine alfabetico la prossima sarei stata io.
«Bene! Le regole le conoscete, si parte con una base d'asta di cento dollari. Qualcuno che offre di più?» Il professor Lynch si era dimostrato un ottimo banditore. Aveva esaltato la prestanza fisica che poteva avere un ragazzo di ventidue anni e della sua abilità come portaborse. Dylan tenne un finto sorriso per tutto il tempo, mentre le offerte lievitavano veloci. Eravamo già arrivati a trecento dollari. Due signore sulla cinquantina si erano accanite.
Dylan volse il capo verso di me mimando un "aiuto" con le labbra prima di ritornare con l'attenzione verso la platea. Alla fine, ad aggiudicarselo era stata una anziana ereditiera. Aveva donato ben due mila dollari in beneficenza pur di utilizzare Dylan e le sue doti atletiche per ripulire la soffitta di casa.
«Ma io sono allergico alla polvere!» provò a controbattere, ma Lynch aveva appena battuto il martelletto, siglando così l'accordo senza possibilità di appello. Nella mente di Dylan stava sicuramente balenando l'idea che essere uno chaperon non sarebbe stato così male.
Discese dal palco deluso e irritato: l'indomani sarebbe stata una pessima giornata.
«Siamo arrivati alla nostra settima partecipante. Lilian Amanda Peterson faccia un passo avanti, cara.» Mi mossi salutando la platea e mantenendo il sorriso così come mi era stato consigliato per accattivare gli acquirenti. Lynch aveva dichiarato che, dato il mio abito, passare qualche ora con me sarebbe stato come prendere il thè con la regina d'Inghilterra. Non credevo che qualcuno avesse potuto credere a una cosa del genere. Lui, però, stava facendo il suo lavoro, doveva rendere il "prodotto" più appetibile. Strinsi le labbra, mentre le luci dei faretti mettevano in risalto il mio colorito paonazzo. Non avrei retto per molto tutta quella attenzione. Maledissi Emma e sue doti artistiche spettacolari.
«Offro cento dollari!» la voce di Richard risultò chiara e incisiva. Era iniziato.
Un signore più anziano avanzò una proposta di duecento senza passare per una somma intermedia. Era ingiusto: Richard avrebbe potuto ribattere più volte!
«Cinquecento» decretò il biondo colpito nell'orgoglio. Ingoiai la saliva acida. Era una grossa somma.
Una nuova voce si aggiunse ai contendenti urlando "mille dollari!". Mi voltai per riuscire a individuare chi avesse parlato. Spalancai gli occhi nel constatare che Matt avesse alzato la paletta, ma Richard non si sarebbe arreso neanche con un mio amico.
«Duemila dollari.» Matt non arretrò di un millimetro, anzi, rilanciò fino a tremila. Ero sconcertata! Capivo il voler assicurarsi che non ci fosse nessuna losca figura a contendersi il mio tempo, ma perché gareggiare contro Richard?
«Cinquemila dollari» concluse il biondo con fierezza credendo di aver siglato la fine di quello scontro. Aveva lanciato un'occhiata di sfida a Matt, il quale, si dimostrò per la prima volta titubante. Avrebbe ribattuto?
«Oh, bene, se non c'è altro... cinquemila e uno, cinque mila e due...»
«Cento mila dollari!» La voce roca e profonda era inconfondibile. Dylan tendeva la mano in aria per farsi vedere dal battitore. Era forse impazzito!?
«Ragazzo, ne sei sicuro?» domandò Lynch, al ché il più giovane si grattò la nuca pensieroso.
«Se accettate carte di credito, assolutamente!» Ci fu un brusio generale. Ma cosa gli era saltato in mente, era ovvio che non si accettassero carte di credito a un'asta!
«Mi dispiace, ragazzo... contanti o assegni?»
«Ma andiamo! Che razza di beneficenza volete fare se non permettete tutte le forme di pagamento!» si lamentò. Controllò nelle tasche della giacca tirando fuori una busta da lettere. «Al momento ho dieci mila e venti dollari!» decretò mostrando con orgoglio la banconota cedutagli precedentemente da Matt. Mi coprii il volto con una mano per l'imbarazzo.
«Oh, allora considererò questa come ultima offerta. Dieci mila e venti e uno...»
«Venti mila!» Matt era tornato alla carica, mentre io non stavo capendo più nulla. Tutta quella competizione non aveva motivo di esistere. Mi volsi verso Lynch osservando come anche l'anziano signore fosse sconcertato. Chissà cosa lui o gli altri presenti in sala stavano pensando di me. Non lo avevo mica chiesto io.
Il battitore mostrava difficoltà nello stare dietro a quei rilanci, mentre notavo il malcontento insidiarsi sui volti di Dylan e di Richard. Il professore chiese nuovamente, ma questa volta a Matt, se quei soldi fossero veramente disponibili. Il ragazzo tirò fuori un assegno a quattro zeri. «È la mia ultima offerta» commentò.
«Bene! Ventimila e uno, ventimila e due, ventimila e... venduta a Matthew Dawson per ventimila dollari, congratulazioni!» Ero sbigottita. Ci fu un plauso generale nel complimentarsi con il ragazzo che era riuscito a spuntarla con caparbietà e freddezza.
Discesi dal palco facendo ben attenzione a evitare gli sguardi indagatori, dirigendomi a testa bassa verso il mio gruppo di amici per chiedere spiegazioni. Non avevo chissà quali doti, non mi sentivo di aver meritato tutto quell'interesse.
«Che avete combinato? Siete forse impazziti?» chiesi a denti stretti.
«Non volevo che capitassi tra le mani di... un maniaco! Non capisco perché tu ti sia messo in mezzo!» Rispose Dylan infervorandosi con Matt. Sicuramente era una frecciatina velata nei confronti di Richard.
Il vincitore rise divertito. Emma e Margot stavano parlando di quanto fosse stato un completo folle. Anche se si vedeva lontano un miglio come ne erano rimaste abbagliate. Tra le chiacchiere generali sentii qualche donna appellarmi in maniera poco carina. "Chissà che farà per avere tre fidanzati. È una mangiatrice di uomini, meglio starne alla larga."
«Lascia perdere, non ne vale la pena» mi sostenne Josh ponendosi tra me e le signore così che la smettessero di additarmi. Sapevo che era una persona attenta e sensibile e quel gesto me ne diede la conferma. Eppure Eric me lo aveva detto: con lui si era in un botte di ferro.
Ritornata con l'attenzione verso il gruppo, Emma commentò la scenata di Dylan. «È stato esilarante, ma devo ammettere che hai avuto coraggio. Hai combattuto per qualcosa e questo ti fa onore. Al giorno d'oggi non è così scontato, non tutti lo farebbero... non tutti griderebbero a gran voce il loro interesse in questo modo» concluse seppur il moro fosse troppo occupato a bisticciare con Matt, che a sentir tessere lodi. Ne andava del suo orgoglio maschile. In realtà, a udirla probabilmente eravamo stati solo io, Margot e Richard.
«Ho vinto la scommessa più importante. Calmati, O'Brien.» Gli fece un occhiolino, Matt. Sul volto di Dylan comparve una smorfia di sdegno. Era stato tratto in inganno e aveva perso al suo stesso gioco. E io tra tutti non sapevo come ribattere. Avevano tentato di "comprarmi" e alla fine aveva vinto l'unico su cui io non avrei mai scommesso. Che dovevo fare? Ringraziare Dylan per averci provato o Matt per esserci riuscito? E come consolare Richard?
«Avevo solo quei soldi con me, sapevo che mi sarei dovuto portare dietro l'intero patrimonio. Bastardo di un ricco ereditiere, Dawson!» commentò a denti stretti, Dylan, allontanandosi e generando ilarità da parte di tutti i presenti, tranne che quella del suo ex compagno di liceo.
Il biondo fece una smorfia di disgusto. Si vedeva che non era per nulla soddisfatto. Mi avvicinai a lui per migliorare il suo umore. Volevo che si sentisse importante per il gesto che aveva appena fatto. Poiché tra tutti i presenti avrei preferito passare il tempo in sua compagnia. Sembrava che non riuscissimo a stare insieme per più di una mezz'oretta. Lo rassicurai sul fatto che sarebbe stato un incontro del tutto innocuo e che Matt fosse solo un caro amico.
«Con lui non ho problemi, meglio dell'altro è sicuramente» commentò tirandosi da un lato il colletto della camicia, evidentemente troppo stretto. La bile gli era risalita fin sopra la punta delle orecchie e lo si notava lontano miglia. Osservai attentamente Nathan, il quale non sembrava essere sorpreso, ma piuttosto sollevato. C'era qualcosa che non quadrava.
Durante il resto della serata ripetei più volte a Matt che era stato un pazzo a buttare tutti i suoi soldi per un paio di ore in mia compagnia. Gli avrei concesso intere giornate insieme senza spendere neanche un nichelino.
«È un'asta di beneficenza, perciò tu non riceverai un centesimo lo stesso» commentò irriverente. Mi informò che il pranzo sarebbe avvenuto domenica in un locale poco lontano dal centro città. Quando si dileguò ragionai sulle sue parole.
Era impossibile che avesse prenotato in quel breve lasso di tempo intercorso dal termine dell'asta all'inizio del buffet.
Spalancai gli occhi quando mi resi conto dell'evidenza: era stato tutto premeditato!
Ma perché?
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