Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

22. Proposta imbarazzante

Katchi - Ofenback vs. Nick Waterhouse ♫

La lezione con Wilde non era stata né tediosa, né pesante. Pertanto, quando arrivò il turno della Roberts, mi sentivo carica di energie. Era la prima volta che avrei rivisto Dylan dalla festa di Halloween.

Mi domandai se fosse ancora turbato per quel sogno e se mai ne avesse voluto parlare. Anche se non ci speravo molto, in realtà.

Con Nathan era tutto più facile. Che fosse triste, felice o spaventato era tutto ben visibile, trasparente sul suo volto. Era una persona genuina, che non si faceva problemi e non ne voleva creare. Tutto il contrario del cugino, fin troppo desideroso di creare grattacapi e di non dare vita facile a chiunque gli fosse intorno.

«Buongiorno Lil, tutto bene?» La sua voce interruppe il flusso dei miei pensieri. Mi voltai dubbiosa.

«Lil? E questo da dove salta fuori? Già detesto Lilian, perché anche un diminutivo?» chiesi non curante del fatto che mi stesse letteralmente sorpassando per prendere posto accanto a me. Metà degli appunti caddero a terra unitamente alla penna che avevo appoggiato sul banco. Un'impronta di scarpa si formò sulla borsa alloggiata tra le due sedute. Cercai di trattenermi dal prendere Dylan a calci.

«Lilian, puoi farti più in là? Oh, certo Dylan mi sposto subito così che tu non sia costretto a passarmi di sopra come un treno» ero imbufalita. Acciuffai la tracolla colpendola più volte nel tentativo di eliminare l'alone a forma di Adidas. Lui si piegò sotto il banco aiutandomi nel recupero degli appunti.

«Tu mi chiami "Dyl" e io non posso soprannominarti "Lil"?» replicò stralunato. Il moro mi allungò il plico e la penna a sfera. «Grazie» sibilai a denti stretti. Recepii in quel momento la sua ultima risposta.

«Aspetta, quando sarebbe successo ciò?» domandai facendo mente locale.

«A Halloween, a casa tua» rispose interessato.

«Sarò stata ubriaca. Quando si beve un po' troppo si fanno cose stupide, non trovi?» Era una domanda retorica che prevedeva un esame di coscienza e una frecciatina velata.

«Mmh, ed eri ubriaca anche la mattina successiva?» mi chiese dopo essersi sistemato comodamente sulla sedia, giocherellando con la mia penna tra le mani. La fece girare più volte tra le dita con una certa maestria. Sorrise sinistramente. Stava architettando qualcosa.

«Che centra? Certo che no!» sbuffai come se la sua domanda fosse la più stupida del mondo e mi stesse solo facendo perdere tempo.

«Quindi l'esserti presentata quasi nuda ai miei occhi come lo dovrei interpretare? Se fossi stata ubriaca sarebbe stato accettabile, ma in questo modo, mia cara Lilian, e sottolineo Lilian, non hai scuse. Dimmi che speravi in qualcosa di più e facciamola finita.» Spalancai la bocca volgendo gli occhi al cielo. Ero io quella che voleva nascondersi dietro le proprie mani come poche ore prima aveva fatto Nathan. Mi ero bruciata l'unica scusa possibile. Era capace di rovinarmi le giornate con poche parole.

Gli avrei spiegato la verità, anche se non credetti mi avrebbe presa sul serio.

Per il mio nome, invece, lo consideravo una causa persa. Mi stava iniziando a piacere l'inflessione che gli donava ogni volta con la sua voce roca.

«Ero sotto la doccia» iniziai catturando la sua attenzione come una calamita.

«Questo lo avevo capito.» Dylan sorrise malizioso. Roteai gli occhi al cielo. Era sempre così difficile parlare con lui senza che ti facesse girare al contrario le rotelle del cervello.

«Eri incosciente e...» continuai.

«Volevi che-» gli premetti una mano sulla bocca con tutta la forza che avevo. Si destò dalla sua posizione non capendo perché lo avessi interrotto. Finalmente era in silenzio. Quasi mi piaceva quello strano tocco su di lui, il calore sulle dita si irradiava preminente, chissà le sue labbra come...

Eliminai quei pensieri all'istante.

«Senti, fammi finire e poi parli!» gli ordinai socchiudendo gli occhi in due fessure. Alzò le braccia in aria in segno di resa. Mi allontani lentamente mantenendo il contatto visivo.

«Bene, ora che posso continuare il mio discorso, stavo dicendo che avevi appena lanciato un urlo nel sonno e dato che temevo il peggio, conoscendoti, ho pensato di correre a vedere cosa fosse successo. Ti ho svegliato e mi hai ritrovato così.» Per un attimo sembrò oscurarsi. Aveva lo sguardo fisso oltre la mia spalla. Stava pensando?

«Perché tu ti ricordi che cosa stavi sognando e delle urla, vero?» domandai non più tanto sicura del fatto che lo sapesse. Che non si fosse reso conto che ero corsa da lui per un motivo ben preciso?

«In realtà, no» ammise passandosi una mano sul collo e delimitando il contorno del suo viso.

«Poi te ne sei andato via, arrabbiato, ma penso che questo lo sai» sussurrai con un filo di voce. Tutto ciò che ottenni fu un religioso silenzio. La porta in metallo dell'aula venne aperta: me lo aveva fatto capire lo stridio contro il granito grigio del pavimento.

Ma ciò che mi stranii fu la presenza del professor Lynch che scrutava l'aula. Quando ci individuò, da dietro i suoi occhialetti rotondi posti sul naso, ci fece cenno di andargli incontro.

«Che cosa vorrà?» domandò serioso Dylan. Scrollai le spalle poiché non conoscevo la risposta.

Ci dirigemmo verso l'uscita, ma la mia scalata venne interrotta da una presa forte sul polso. Mi voltai cercando di capire cosa volesse il mio interlocutore.

«Per l'altra notte, mi dispiace se ti ho fatta spaventare...» si scusò mantenendo un tono basso. Capii che quel tipo di discorsi non erano proprio il suo forte. Sorrisi e per un attimo mi venne voglia di abbracciarlo, ma a quel pensiero feci un passo indietro inspirando profondamente. Dylan sembrò stupirsi: forse si aspettava una mia sfuriata.

«È tutto okay.» Per poi incamminarmi verso l'uscita.

Quando giungemmo davanti a Lynch, il professore ci avvertì che quella settimana sarebbe stato necessario effettuare un unico turno. Le restanti ore le avremmo potute recuperare in seguito. Lynch sarebbe stato occupato per una riunione di lavoro, che si sarebbe tenuta il sabato di quella stessa settimana.

«Giovanotti, non ricordo bene l'affare con chi debba avvenire, pertanto mi è necessario il vostro aiuto nella letture delle missive elettroniche. Non so utilizzare la tecnologia, ma so per certo che sulla mia agenda, di questo coso, continua a sbucare questo avviso. Avrei bisogno di sapere con chi avverrà l'incontro e dove» ci spiegò il professore.

«Con "agenda del coso" intende forse lo smartphone? Il telefono cellulare?» azzardò Dylan dopo aver ascoltato ogni parola con attenzione. Aveva poggiato il mento tra le dita acquisendo un'aria molto più matura, dandosi un certo tono.

«Esatto, ragazzo. Non so proprio come farlo funzionare. Domani vi porterò il personal computer portatile così da visionare ogni scritto telematico. I vostri predecessori mi dicevano di continuo che lì sopra avrei potuto trovare tutto ciò che mi serviva» continuò l'anziano professore. In quel momento mi fece una tenerezza incredibile. Potevo ben capire che data la sua età non fosse avvezzo a utilizzare lo "smartphone" o parole come "tweet", "online", "internet" o semplicemente "e-mail".

«Nessun problema, professore, e domani sistemeremo anche il "coso" sulla sua agenda» dissi sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Lui si aggiustò il grosso baffo, frizionandolo più volte tra le sue dita.

«Ma professore, come mai le è arrivato l'avviso se lei non è capace, senza offesa, di inserirlo?» chiese Dylan ancora immerso in quella strana posizione e con gli occhi pieni di curiosità. In effetti, non avrebbe dovuto sapere come funzionasse una nota, altrimenti avrebbe anche potuto leggere la mail corrispondente.

«I vostri predecessori hanno provato a insegnarmi qualcosa, ma ahimè, non sono stato capace di apprendere, perciò mi hanno sistemato questo aggeggio in modo tale che comparisse un avviso. Ogni anno mi ritrovo con l'agenda piena di segnali a chiedere aiuto ai miei assistenti che sono molto più avvezzi di me.» Pertanto, quel semestre, sarebbe toccato a noi riprogrammargli l'agenda con tutti gli incontri.

«Certo, professore, non si preoccupi. Ci pensiamo noi» asserii rassicurandolo. Gli occhietti vispi e grigi di Lynch si illuminarono.

Mentre andava via, incrociò la Roberts salutandola con un "quei due sono dei bravi ragazzi, eh sì, mia cara Dolores, davvero bravi ragazzi".

Sorrisi accorgendomi subito dopo che anche sul volto di Dylan c'era un sentore di orgoglio per ciò che il professore pensava di noi.

***

La ricerca della fatidica mail con gli accordi si era rivelata più lunga del previso. Eravamo seduti intorno alla scrivania centrale in mogano. Il pc del professore era più vecchio di mio nipote. Impiegava un lasso di tempo di alcuni minuti per ogni operazione. Inoltre, la casella di posta elettronica di Lynch era intasata, oltre che da messaggi spam, anche da richieste degli studenti che per ovvie ragioni aveva ignorato bellamente.

Andammo in ordine cronologico, cancellando le mail indesiderate, archiviando quelle dei ragazzi e stilando una lista degli accordi con le varie imprese.

«Non è neanche questa del 13 giugno» mi comunicò Dylan mesto, scorrendola e leggendone il contenuto. «È per un galà di beneficenza che si terrà tra poche settimane, ci conviene appuntarlo» continuò. Dopo aver fatto come consigliato, mi alzai dalla poltrona rossa per distendermi sul sofà. Era più comodo e io ero sfinita. Misi una mano sugli occhi per riposare un po'.

«Vai avanti con quelle ricevute il 12 giugno.» Dylan fece come richiesto e dopo i consueti due minuti in cui il pc a carbonella stava elaborando l'operazione, un rumore sorso mi fece destare: la porta dell'ufficio era stata richiusa con violenza. Scattai di colpo notando l'assenza di Dylan. Esclamai un "che diamine" in preda allo spavento.

Sconcertata mi spostai dal divano sostituendomi al moro che si era dileguato. Scorsi nella casella di posta la mail che era stata aperta e visionata. Recitava:

"Con la presente, s'invita il professor Robert Leonard Lynch all'incontro con la rappresentanza della sopracitata compagnia azionaria, con la fiduciosa promessa di un rapporto duraturo. S'indice tale evento il giorno otto del mese decimo presso l'Hotel Plaza di Los Angeles.

Cordiali saluti,

Il responsabile delle pubbliche relazioni per la O'Brien Corp., Mark Chesterfield."

Rimasi spiazzata.

Il professor Lynch avrebbe incontrato i genitori di Dylan?

Mentre avevo ancora gli occhi puntati sullo schermo impolverato, avvertii la vibrazione del cellulare. Lo presi senza pensarci troppo. Stavo cercando di metabolizzare il fatto che avrei incontrato gli zii di Nathan in maniera formale. Erano potenziali datori di lavoro e desideravo essere all'altezza delle aspettative del professore.

Attivai lo schermo del cellullare. Una notifica.

Da: Dylan

Scusami se sono scappato, ma avevo bisogno di fare una chiamata urgente, domani ti spiegherò tutto. Ti avverto che ho una proposta da farti, imbarazzante direi, e non accetto un no come risposta.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro