19. Happy Halloween
♫ Sam Tinnesz (feat. Yacht Money) - Play With Fire ♫
Come programmato anzitempo, avevamo deciso di passare la notte di Halloween nel locale dove Josh aveva organizzato. Il Rito Lab era senza dubbio il centro della movida universitaria. Noi ragazze eravamo entusiaste della festa in maschera poiché Emma ci aveva procurato gli abiti, cucendoli personalmente. Le sue abilità sartoriali erano eccezionali.
«Ti sta d'incanto!» Margot volteggiava leggiadra indossando una versione moderna del vestito di Morticia, la matriarca della famiglia Addams. L'incarnato perlato e il colore alabastro dei capelli erano identici a quelli dell'originale. Lo scollo orizzontale lasciava le spalle scoperte. Le maniche e la gonna disegnavano perfettamente la sua siluette, coprendo le scarpe con il tacco vertiginoso e lasciando il resto all'immaginazione grazie al tessuto di pizzo nero foderato con il raso. Rossetto scuro sulle labbra e due linee di eyeliner completavano quell'outfit.
«Lo prendo per un complimento» rispose Emma osservando la sua opera. «Spero di averlo fatto esattamente come desideravi, perché non abbiamo tempo per modifiche» continuò fissando l'orologio che aveva al polso. Ci trovavamo nel nostro appartamento per gli ultimi ritocchi prima di prendere parte ai festeggiamenti.
«Certo che sì, lo scollo è un tocco di classe» aggiunse la nostra formosa amica spostandosi delicatamente una ciocca di capelli dietro una spalla e osservandosi allo specchio da più angolazioni.
«Devi fare conquiste?» chiese Cassidy ridendo seduta a cavalcioni sul letto. Ci voltammo per osservarla. Nonostante la voce cristallina e il sorriso sulle labbra, sapevamo benissimo che non stesse passando un bel periodo. Dylan si era tirato indietro da qualsiasi discorso con lei sparendo da un giorno a un altro, pertanto ufficialmente non aveva alcun accompagnatore. Lei credeva che si fosse stancato di lei, più volte aveva rimarcato in mia presenza che il suo obiettivo era sempre stato quello di volersi divertire, perciò mi sentivo responsabile. Ero stata io a spingere Dylan verso quella direzione e vedere i risultati non mi faceva stare meglio.
Per Cassidy, però, c'era ancora speranza di passare una splendida serata.
Lei ed Emma si erano accordate per essere una coppia vincente. Una era il dolce angelo con l'aureola e ali ricavate dalle piume d'oca provenienti da un cuscino di nonna Lilian, mentre l'altra era il perfetto diavolo tentatore.
«Può anche essere» rispose Margot ammiccando allo specchio.
«È ora di andare» decretò Emma battendo le mani e facendo segno a tutte di prendere il necessario e uscire fuori. Sistemò le corna sul capo poco prima di chiudere la porta di casa.
***
Quando arrivammo Josh ci accolse a braccia aperte, facendo segno al butta fuori di essere nella lista VIP. Era una strana sensazione.
Lui era Capitan Bandana, Emma sembrò fare eco ai miei pensieri.
«Bandana nera con il teschio, molto originale, anche se ne avrei fatto a meno, signor Capitano. L'uncino è un tocco di classe» commentò la biondina dopo aver squadrato il nostro amico. La sua era una specie di ossessione per gli accessori.
«Era ciò che ho trovato confezionato online, il vestito da astronauta era terminato» si discolpò Josh scrollando le spalle e rimanendo interdetto.
«Ignorala» mi intromisi. La musica permetteva di poter scambiare due parole solo se molto vicini. L'interno del locale non era molto illuminato, perciò mi chiesi come Emma avesse fatto a notare tutti quei dettagli con una sola occhiata.
«Vi piace?» chiese il ragazzo a tutte noi. Sia Cassidy che Margot erano intente a osservare quello che c'era intorno a noi. Finte ragnatele, strati di cotone esposti qua e là per permettere alla "nebbia" colorata di creare effetti luminosi. La palla stroboscopica al centro della sala creava una piacevole atmosfera. Stormi di ragazzi entrarono poco dopo di noi. Annuii per rispondere alla sua domanda.
«Scusatemi, ma devo accogliere i nuovi arrivati. A più tardi!» Strabuzzò un occhio passandoci di affianco.
«Io direi che sia arrivata ora di alzare i calici» sentenziò Emma avvicinandosi e indicando alle sue spalle la postazione dove il barman era intento a preparare cocktail. Un cameriere-scheletro, che originalità. Forse, stavo diventando come Emma. Scossi la testa seguendo le mie amiche.
Ci dirigemmo a grandi falcate, per quanto i nostri tacchi poterono permettere, verso il bancone. Allungammo le banconote ordinando dei semplici shottini. Emma si era accomodata su uno sgabello imbottino color bordeaux. Notai come s'irrigidì sul posto, mentre Cassidy e Margot continuavano a chiacchierare beate. Mi voltai per indagare. Osservai nella stessa direzione che puntavano i suoi occhi mettendo a fuoco.
Eric era da poco entrato insieme al gruppo che riconobbi come quelli presenti al falò.
«E allora?» domandai non capendo il perché del suo comportamento. Lei arricciò il naso, facendo un debole cenno verso Eric. Il ragazzo si stava avvicinando.
«Ciao ragazze, siete incantevoli» ci salutò. Il biondino aveva scelto un look da motociclista. L'aria da cattivo ragazzo con tutti quei finti tatuaggi gli donava parecchio.
«Merito di Emma» rispose Cassidy con un risolino. Il biondo indugiò più del dovuto nell'osservare la sua figura, almeno fino a quando non tossii facendolo ritornare alla realtà. Gli sorrisi.
«Sì, lei è sempre stata bravissima. A proposito, come stai?» domandò facendo un passo avanti tra Margot e Cassidy. La mia amica gli mostrò un sorriso forzato.
«Alla grande» sibilò a denti stretti ritornando con l'attenzione verso il barman. Da quando i due avevano chiuso non si erano parlati molto se non per lo stretto necessario.
Emma nutriva del forte risentimento. Ma più ci pensavo, più la cosa non trovava senso. La loro storia non aveva mai avuto pretese e le uniche conseguenze possibili erano state ben chiare a entrambi fin dall'inizio. La loro relazione si sarebbe potuta interrompere in qualsiasi momento e ognuno avrebbe poi ripreso la propria vita. Il fatto che così non fosse stato mi faceva capire come in realtà in minima parte io avessi sempre avuto ragione. Non esisteva il puro divertimento senza investire dei sentimenti in quello che si faceva. In una maniera o nell'altra si rischiava di rimanere scottati, anche senza volerlo.
Come un piccolo uccellino che lasciava il nido per la prima volta, ma che non era ancora pronto per spiccare il volo. Ciò che ha subito è stata una dura caduta senza possibilità di ritorno.
«Non voglio che ci debba essere del risentimento tra di noi. Eravamo d'accordo, nessun coinvolgimento emotivo, ricordi?» ribatté il motociclista. Notai la mano di Emma stretta a pugno. Si rigirò.
«Certo, hai ragione, per questo ho trovato un altro. Nessun rancore.» Eric sembrava stupito e alquanto dispiaciuto, forse per l'essere stato rimpiazzato così facilmente. Sapevo di una fantomatica nuova fiamma, ma non che addirittura fosse diventato il "nuovo" Eric. Il ragazzo sorrise. Uno vero, sincero, e abbracciò la mia amica.
«Sono felice per te» urlò tra il chiasso generale. Notai come Emma si sciolse addolcendo la sua espressione arcigna.
«Gr-grazie...» balbettò lei sistemandosi compostamente sulla sedia.
«Vorrei che le cose tra di noi tornassero alla normalità. Ti voglio bene, lo sai» aggiunse il biondo scostandosi per aggiustarle il cerchietto rosso di velluto sulla testa.
«Lo vorrei anche io. E va bene, facciamo pace» rispose esasperata prendendo Eric e abbracciandolo come fosse un pupazzo. Il ragazzo si fece strattonare senza tante storie. Trattenni una risata. Anche in situazioni strane e bizzarre, Emma, riusciva a tirare fuori il suo carattere impulsivo e a tratti bambinesco. Non sentivo una tale terminologia, e prepotenza, dalla scuola materna.
«Direi che qui ho finito. Ragazze, ci vediamo in pista. Lasciate che vi offra io da bere.» Eric si avvicinò al bancone richiamando il barman, il quale ci ridiede indietro le banconote. Così come era arrivato, il motociclista si volatilizzò mandando un ultimo quanto strano occhiolino nella nostra direzione.
«Cosa era quello?» indagò Margot puntando il biondino che si allontanava. Nessuna rispose: i nostri bicchieri erano pronti. Ne passai uno a ognuna. Bevvi il mio tutto d'un sorso lasciando che le ragazze continuassero a parlare.
Emma allungò una mano. «Non lo so e non mi interessa. Fosse per me potrebbe provarci persino con mia sorella e non mi importerebbe. Come ho rivelato anche a lui, ho una nuova vita» asserì risoluta poggiando il bicchierino sul bancone di vetro nero.
«Di chi si tratta?» ficcanasò Cassidy sporgendosi e aggrappandosi a Emma con gli occhi scintillanti di curiosità.
«Nessuno di importante, credetemi.» Sospirò Emma osservando la folla pensierosa.
«Ragazze, ho bisogno di andare in bagno. Margot mi accompagni?» domandò l'angioletto.
«Vieni con me!» Morticia fece spazio camminando a testa alta. In molti, pur di osservare la sua bellezza, le lasciarono tutto lo spazio di cui aveva bisogno. Sorrisi amaramente nel constatare come il mondo girasse sempre più intorno a un bel fisico e meno intorno a una bella mente. Eppure Margot era una delle persone più intelligenti e sensibili che conoscessi, ma non sarebbe importato a nessuno di loro.
«Alla fine sono arrivati» Emma si era destata all'improvviso. Mi voltai per capire di chi parlasse. Sorrisi nel vedere Nathan, ma quando alzai una mano per salutarlo mi accorsi che ovviamente non fosse solo. Mentre il primo aveva il viso per metà segnato da gesso bianco e matita nera per simboleggiare uno scheletro - che originalità - il secondo era sé stesso, eccezione fatta per due occhiaie ben marcate.
Mi sorse un dubbio: aveva dormito poco o era trucco?
Quando furono abbastanza vicini avvertii che le due ragazze erano appena salite al piano superiore per incipriarsi il naso. Colsi il disappunto del mio migliore amico.
«Se vuoi ti accompagno per salutarle» mi offrii facendo un passo in avanti. Fui bloccata da Emma, la quale mi precedette.
«Lascia stare, faccio io, devo incontrare una persona.»
«Oh, va benissimo. Grazie» rispose imbarazzato, Nathan. Porse un braccio a Emma che elegantemente ci appoggiò la mano. «Sai, sei molto elegante in questo completo, ti sta divinamente» sentii pronunciare quando erano ancora abbastanza vicini.
Maledetta, l'essere sgattaiolata via con Nathan significava solo che...
«Chi deve incontrare?» chiese l'inopportuno. Scrollai le spalle poiché non sapevo la risposta a quella domanda.
«Un ragazzo con cui si sente, credo.» Vagai lo sguardo per la sala.
«Pensi faccia sul serio?» domandò nuovamente gettandosi a peso morto sullo sgabello lasciato libero da Emma il minuto prima. Si portò una mano sotto il mento socchiudendo gli occhi, come se gli interessasse davvero.
«Non so dirti neanche questo, non me ne ha parlato» ammisi mesta. Avrei aspettato che fosse lei a parlarmene, sostenendola e supportandola. Era ciò che facevano due migliori amiche.
«Spero di no» continuò il moretto. Rimasi confusa.
«Come mai?» Vidi un luccichio nei suoi occhi.
«Perché così avrei qualche possibilità anche io» un ghigno divertito gli comparve sul volto. Roteai gli occhi al cielo.
«Sei il solito cretino» sentenziai voltandomi da tutt'altra parte. Poco dopo, però, nel mio campo visivo entrarono delle dita affusolate, a me fin troppo conosciute, che afferrarono saldamente il mio polso. Alzai lo sguardo verso Dylan. «Cosa c'è?»
«Andiamo di là, ci sono dei divanetti per accomodarci» mi delucidò ignorando le mie proteste.
«Se devi rimorchiare non farò da terzo in comodo, anche perché c'è Cassidy e devi darle delle spiegazioni. Non ti seguirò solo perché hai visto delle belle ragazze.» Alzò un sopracciglio svogliato.
«Ma che stai dicendo? Son solo stanco e non ti lascerò qui in bella mostra per questi avvoltoi. E per Cassidy lo farò, ma non oggi, siamo a una festa.» Acconsentii al trasferimento facendomi letteralmente trascinare per tutta la sala come se fossi una bambina. Non aveva lasciato il mio polso neanche un attimo fino al raggiungimento del retro della sala.
«Perché devi sempre pensare cose assurde su di me?» indagò Dylan sistemandosi comodamente su quel divanetto e occupando gran parte del mio posto. Se non fosse stato per l'altezza dello schienale, il suo braccio poteva sembrare aver attorniato le mie spalle.
«Perché me ne dai continuamente modo. E non mi piace» schizzai acida facendomi più distante.
«Non mordo» controbatté lui divertito.
«Ma puoi comunque ferire le persone in altri modi» lo incalzai. Lui di tutta risposta rise del mio comportamento. Se era così che voleva passare la serata non glielo avrei permesso. Abbassai le palpebre focalizzandomi sulla musica, iniziando ben presto a tamburellare con le dita.
«Sentiamo, chi starei ferendo, esattamente? E poi da cosa ti sei travestita, una tenda verde?» domandò osservandomi dall'altro in basso mentre incrociava le gambe davanti la sua figura. Mi stavo spazientendo.
«Questa tenda, si dia il caso che rappresenti la dea Diana della mitologia romana, dea della caccia» sibilai a denti stretti.
«Oh, è per questo che hai quel coso dietro le spalle?» un sorriso malizioso gli riempì il volto. Lo stava facendo di proposito.
«Si chiama arco, ma penso tu lo sappia già» risposi raggelandolo con lo sguardo. Si passò un dito sotto il naso nascondendo le risa.
«Può essere» mugugnò divertito.
Era esasperante. «Tu, invece? Sei la versione di te stesso in classe? Dylan O'Brien l' insonne? Fai dolcetto e scherzetto dopo una bella dormita, per caso?» gli puntai un dito contro a metà altezza. Mi avvicinai per poter compiere quel gesto, ma al contrario di quanto pensassi, non si mosse di un millimetro. Anzi, sorrise beffardo. Mi afferrò di scatto la mano costringendomi alla sua presenza opprimente. Mi tenne ferma premendo il braccio libero contro la mia schiena affinché potesse sussurrarmi in un orecchio.
«Sono più sinistro di quanto pensi. Assonnato non rende per niente l'idea: sono la versione più malvagia e pericolosa di me stesso. Quella oscura, senza freni inibitori, senza razionalità. Un po' un Dylan del vuoto. Ma ammettilo, non sono anche più sexy?» soffiò. Bastarono quelle semplici parole per irrigidirmi. Il tutto era durato pochi secondi. Dylan mi lasciò ritornando nella sua comoda posizione, mentre io saltavo all'indietro ponendo distanza tra i nostri corpi.
«Non sei divertente» risposi massaggiandomi il polso. Lui scrollò le spalle.
«Era solo una dimostrazione pratica. Siamo a Halloween, posso permettermelo, fa parte del mio costume. Non sono andato oltre i tuoi limiti, santarellina. Non t'irritare» rispose sorridendo ancora una volta in quel modo inquietante. Lo osservai con la coda dell'occhio, era vero, era sexy. Ma quel pensiero non doveva sfiorare più la mia mente. Respirai a pieni polmoni.
«Vado a cercare gli altri. Non ti muovere. Dispensa quello sguardo da maniaco ancora un po'» raccomandai dirigendomi verso le scale di vetro. Salii il primo dei venti gradini, collegando il cervello alle parole che avevo appena sentito pronunciare.
Santarellina. Uno strano ricordo si formò nella mia mente. Che fosse una pura coincidenza?
Svoltai a destra. Avevo fatto un breve brain storming per ricordarmi dove fossero i bagni. Non era la prima volta che presenziavo in quel locale.
Bussai alla porta del bagno delle signore. Sentii la voce di una delle mie amiche pronunciare un "sì" molto sommesso.
Senza pensarci due volte, né facendo caso ai rumori, mi ritrovai a spalancare la porticina della cabina. Quando vidi chi c'era dentro e cosa stavano facendo sgranai gli occhi. Osservai la mia mano attaccata alla maniglia maledicendomi. Quell'immagine non sarebbe più andata via.
«Oddio che state facendo? Anzi, no, non voglio saperlo» strillai coprendomi la visuale con le dita. Entrambi si voltarono nella mia direzione ansimanti. «Fate finta di niente e... continuate pure!» Richiusi la porta correndo via.
Scesi i gradoni provando a scrollarmi di mente la fotografia poco etica che avevano immortalato le mie iridi. Per quanto potesse sembrare assurdo, rimanere con Dylan sarebbe stata l'opzione migliore.
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