102. Confronto visivo
♫ blackbear - Queen of Broken Hearts ♫
Picchiettavo nervosamente l'indice contro le mie labbra. Non ci volevo credere! Dopo tutto quello che aveva fatto, quel viscido sarebbe uscito di prigione.
«Mancanza di prove? Ma come è possibile? Non era stata fissata una cauzione esorbitante in vista dell'udienza preliminare?» Emma era addirittura più nervosa di me. Tutti gli interessati si erano riversati nello studio di Kobe. La notizia l'aveva promulgata Stephan, ma in realtà il nostro supervisore ne era già a conoscenza da qualche ora.
«Il mio avvocato non ha potuto dirmi altro. Non mi faranno nemmeno testimoniare. Probabilmente era solo questione di tempo, quella famiglia è più ricca e potente di quanto crediate.» Il biondino era dispiaciuto quanto noi. Una semplice richiesta d'appello e tutto ciò che avevamo fatto e le confessioni ottenute non erano servite a nulla.
«E per la droga? Neanche quello regge di fronte la corte? Gliel'hanno trovata nell'automobile, insomma qualcosa dovrà pur dire!» s'inalberò Cassidy appoggiandosi allo stipite della porta. Nessuno dei presenti sembrava trovare pace o risposte. Nessuno di noi lo voleva di nuovo a piede libero.
«Non possiamo impedire la scarcerazione?» chiese pragmaticamente Nathan stringendo tra le braccia la sua amata. In un primo momento non aveva potuto proteggerla né difenderla. Allo stesso modo anche Dylan usò il proprio corpo per sorreggere il mio. Stavo forse iniziando ad aver paura?
«In realtà, si potrebbe...» La voce di Kobe si levò come un sussurro. Che ci fosse la speranza che lui volesse testimoniare? «Ma prima vorrei avere la conferma di una cosa. È per questo che ho richiesto la presenza di Emma. Avrei bisogno che tu osservassi attentamente questa foto e mi dicessi se ti ricorda qualcuno.»
L'uomo aprì il cassetto ove aveva riposto il quadretto ritraente la sua famiglia con serafica calma mista a trepidante agonia.
Ci pensai attentamente, ma perché avere il bisogno di nascondere la cornice che aveva mostrato a noi tanto fieramente solo qualche settimana prima? A meno che non volesse celare un mistero. Un dubbio che solo una persona avrebbe potuto sciogliere e rivelare.
I soggetti ritratti erano i tre fratelli Bensor.
Tenetti i pensieri per me, mentre la fotografia passò tra le mani curate di Emma, la quale esaminò con cura ogni dettaglio. Eravamo tutti in attesa di una risposta, nessuno fiatava per non spezzare la sua concentrazione.
Ogni secondo che imperava, però, lo sguardo di Kobe si faceva sempre più cupo. Si infossò sconfitto nelle sue spalle incrociando le mani dinanzi a sé in una preghiera sommessa e silenziosa. All'improvviso il volto di Emma si rabbuiò, mentre la lampadina dei ricordi si accendeva. Spalancò le labbra per emettere un sospiro strozzato.
Il ragazzo abbandonò la sua posizione solida per riafferrare il quadro sorridendo amaramente verso il vuoto.
«Ch-che cosa vuol dire?» domandò timidamente Cassidy dando voce ai nostri pensieri.
«La ragazza... lei... credo che sia...» Emma era in imbarazzo ed evitava il contatto visivo con noi interlocutori.
«Mia sorella, Witney, è presente nei video girati da Richard, non è così?» intervenne a gran voce Kobe.
Strinse i pugni e serrò la mascella. Se ciò che avevo appena udito fosse corrisposto a verità, allora la sua adorata sorellina era stata una vittima tanto quanto Emma.
Se era arrivato a porre quel quesito, in cuor suo Kobe lo aveva sempre saputo.
«Ma sei sicura? Come è possibile? Non mi avevi detto che ti eri trasferito e che avevi portato via tua sorella per evitare che Richard potesse adescarla?» per la prima volta da quando eravamo lì Dylan buttò fuori la sua frustrazione e senso di impotenza per una situazione su cui non aveva controllo.
«È lei. Ne sono sicura, mi dispiace. Una ragazza nel video aveva la vitiligine e tua sorella... è identica. Non ci sono dubbi, non potrei dimenticare quel viso tanto particolare neanche se lo volessi.» La biondina era seriamente turbata. Il trovarsi su quel nastro .
«Parlerò con la polizia il prima possibile. Quel verme verrà punito per tutto il male che ha fatto. Avevo immaginato ci fosse stato qualcosa tra i due, ma non credevo che...» Si fermò un solo istante per prendere fiato. Si voltò quel tanto per non far notare la rabbia rendere preda il suo volto, per poi continuare imperterrito la sua confessione. «Ho avuto paura di scoprire la verità per tutto questo tempo. Ma non è giusto che io rimanga un codardo, non dopo aver preso coscienza di ciò.»
Tutti i conti tornavano.
Kobe si tirò in piedi camminando nervosamente in mezzo lo studio. Non ci sentivamo di poter replicare. La scelta era la sua, ma sapevamo bene che la sua testimonianza non voleva significare condanna certa. Anche Stephan ci aveva provato senza successo.
«Per questo ho bisogno di voi, Amanda ed Emma. Se vogliamo incastrare una volta per tutte quel maniaco aiutatemi a convincere Witney a parlare. Con me non si è voluta aprire per tutti questi anni, non lo so per quale motivo, ma ho come la sensazione che con voi potrebbe essere diverso.» Rimasi a bocca aperta. Avrebbe voluto spingersi fino a quel punto? Spostai lo sguardo verso Emma, più incredula di me.
«Credi che così facendo si potrebbe giungere a una conclusione? Certo, sì, aumentare le nostre testimonianze da una a tre non sarebbe male, ma potrebbe non essere abbastanza» ci fece notare Cassidy perplessa. Se veramente la famiglia Whitemore era così altolocata come si credeva avrebbe potuto anche insinuare che i Bensor fossero solo dei cercatori di fama e del tutto inattendibili dal punto di vista giudiziario, anzi, avrebbero potuti portarli davanti a un giudice e accusarli di diffamazione.
Eppure, quella domanda non fece scomporre Kobe di un solo millimetro. Alzò un angolo della bocca preparandosi a mostrare la carta di più potente di tutto il suo mazzo. Aveva avuto quell'asso nella manica per tutto quel tempo.
«All'epoca dei fatti mia sorella era minorenne.»
***
La ragazza picchiettava nervosamente la suola della scarpa contro il pavimento. Ci aveva accolto in casa sua senza alcuna remora poiché era stato il suo fratellone a presentarci. Eppure, lo vedevo come le tremavano le mani e provava a deviare lo sguardo.
Kobe aveva preso posto su una deliziosa poltrona ottocentesca. Eravamo nel loro salotto di casa, ma né i coniugi Bensor, né George erano presenti: eravamo solo noi quattro.
«Non capisco perché stai tirando in ballo questo argomento proprio adesso, Kobe» aveva commentato allungando una mano verso la teiera. Si stava tenendo occupata così che la sua testa non avesse dovuto ricordare eventi troppo spiacevoli.
«Witney, mi dispiace. Però ti prego, pensaci bene, ti ricordi di Richard Whitemore?» Sul volto della splendida ragazza comparve un sorriso amaro. Uno di quelli che stonano con il candore di una giovane donna.
Io ed Emma ci lanciammo occhiate d'intesa. Avevamo capito che forse non avremmo ottenuto molto, ma dovevamo provarci. Lei poteva essere la chiave di svolta per quel caso così da chiuderlo per sempre.
«Io... ehm...» parlottò imbarazzata poggiando sul tavolino di vetro la ceramica intarsiata del servizio buono. La luce che filtrava dalle splendide persiane di quella casa vittoriana metteva in risalto la sua pelle così particolare e i contorni delle ombre. Si afferrò un polso d'istinto abbassando le palpebre come per riprendere il controllo di sé stessa.
«È un assassino, Witney. È uno psicopatico, un truffatore, un drogato e pensiamo che sia anche qualcosa di più. Non vogliamo assolutamente distruggere la vita che hai cercato di ricostruire, ma io lo so. Io ti ho vista, so che c'è stato qualcosa che quel maniaco ti ha fatto e non è giusto che tu soffra a causa sua.» Emma non aveva mosso un muscolo. Il suo tono di voce era intriso di crudo realismo e verità inoppugnabili. Voleva rendere partecipe Witney di quella consapevolezza che noi tutti avevamo appreso da tempo.
La bruna scosse il capo per diniego, alzandosi dal sofà con uno scatto e balbettando su quanto fosse tutto irreale. Che non era vero nulla e che non si ricordava neanche chi fosse costui.
«Witney, ti prego... voglio proteggerti e aiutarti, ma per farlo, sorellina, ho bisogno che tu mi dica la verità. Ti prego.» Kobe l'abbracciò stringendola a sé mentre inspirava affannato. Il loro amore fraterno era innegabile. Magari era anche il punto debole per farla cedere.
«Witney, tuo fratello ha ragione. Ti vuole aiutare. È per questo che pur non sapendo la verità lui andrà a testimoniare di fronte a un giudice alcune delle malefatte di Richard. Molto probabilmente, però, verrà arrestato a sua volta» le confessai con uno sguardo pieno di rancore, convinca che ci avrebbe rimesso restando alla mercé di tali esseri spregevoli.
«Cosa... che sta dicendo, Kobe? Cosa vuoi fare?» Witney fece un passo indietro cedendo con il peso sul sofà, mentre il fratello maggiore troneggiava sulla sua figura.
«Si tratta di qualcosa che ho fatto io e soltanto io. Sono pronto a rimediare al mio errore per fare giustizia. Ho sempre saputo che avrei dovuto pagare e mi sta bene. Non ho alcun rimpianto se serve a renderti felice e libera. Perché, sorellina, ho sempre saputo che qualcosa non andava ed Emma... lei mi ha dato la motivazione per smetterla di essere un codardo.» Witney era terrorizzata, iniziò a piagnucolare.
«No, ti prego, Kobe. Non farlo. Non devi. Va tutto bene. Vedi, sono qui, sono felice. Ho una splendida carriera universitaria, mamma e papà sono felici di avermi con loro a casa ed io...»
«Tu non hai più avuto un ragazzo da allora, Witney. Piangi quasi ogni sera. Cosa è successo, ti prego, dimmelo. Voglio aiutarti.» Kobe si inginocchiò tenendo tra le sue mani quelle più esili della sorella. Non sapeva cosa rispondere, si era ritrovata in quella trappola senza neanche sapere come ci fosse finita.
Emma si alzò in piedi. «Richard è in carcere, per il momento. Uscirà molto presto, però. Se vuoi davvero bene a tuo fratello allora fai la cosa giusta. Se non vuoi rivelarci niente, va bene. Ma almeno parla con la polizia. Solo in questo modo la condanna di quel mostro sarà definitiva e il sacrificio di Kobe avrà avuto un senso.» Witney deglutì.
Provai a tirarmi in mezzo per terminare quell'interrogatorio. Forse era stato un errore. Era evidente che la ferita della ragazza fosse troppo profonda e che stesse ancora sanguinando. Quando Richard le mise le mani addosso aveva solo sedici anni. Certe sensazioni non si riescono a lavare via neanche con tutto il tempo del mondo.
«Emma... non tediarla. Witney, noi-» provai a parlare, ma la bionda mi raggelò con lo sguardo.
«Ti ha ingannata. Ti ha fatto credere che fossi l'unica nel mondo. Ti ha promesso le stelle solo per un tuo sorriso. Devo forse continuare?» Emma non sembrava in sé, cosa stava farneticando?
Kobe era pietrificato, sapeva che certi limiti lui non sarebbe mai riuscito a superarli, era per quello che aveva bisogno di noi. Perché al primo cenno di cedimento di Witney lui non sarebbe più stato capace di continuare.
«Smettila!» aveva urlato Witney tra le lacrime, mentre impotente continuava a udire il flusso di pensieri di Emma che irriverente le si avvicinava sempre più.
«Ha iniziato a coccolarti e a stringersi a te. Ti diceva che una tale bellezza sarebbe stato uno spreco coprirla. Che il mondo avrebbe dovuto vedere ciò che i suoi occhi notavano di te.»
«Basta! Tu non sai cosa mi ha fatto!» gridò levandosi in mezzo alla sala. Le sue labbra tremavano e gli occhi brillavano. Mi faceva tenerezza e mi si straziava il cuore nel vederla in quello stato.
«So esattamente cosa ti ha fatto. Perché lo ha fatto anche a me» pronunciò severa Emma mantenendo il suo sguardo di fuoco.
Witney non capiva. Era spaesata, come poteva una sconosciuta capire il suo stato d'animo.
«La prima sera che lo conobbi ricordo che pensai che Richard fosse una delle persone più belle che avessi mai visto. Sai, non mi ero mai innamorata di qualcuno, mi piacevano i bei ragazzi e lui sembrava perfetto per lo scopo. Fin troppo.»
Emma levò sui tacchi ritornando a sedere per poter raccontare la sua storia.
«Cosa è successo?» chiese con un filo di voce la povera Witney.
«Oh, abbiamo fatto sesso quella sera. E così per un po' di tempo. Mi piaceva fisicamente. Ma non avrei mai immaginato il risvolto che avrebbe avuto la nostra relazione saltuaria. Lui, beh, mi aveva ripresa. O meglio, aveva registrato noi due, insieme. Quando lo venni a scoprire era oramai troppo tardi. Mi aveva incastrato e privata della mia dignità e libertà, rendendomi di fatto una specie di concubina. Ho ingannato, mentito e ferito tutte le persone a cui volevo bene, mentre lui mi costringeva a giacere con lui. Piangevo ogni volta che tornavo a casa. Perché quel ragazzo perfetto si era trasformato in un incubo. Era stato capace di manipolarmi come creta ed io non avevo avuto la forza di ribellarmi. Per questo mi odio. Quando mi guardo allo specchio so che ciò che vedo mi fa orrore perché non sono stata abbastanza forte e perché ho avuto paura. E sono certa che lo stia provando anche tu, il rancore, la rabbia, l'accidia che ci assale quando nessuno più ci guarda. Ma dopo tutta questa storia ho capito una cosa: non è giusto che sia io a marcire dentro. Tutto ciò che voglio è fargliela pagare per quello che ha fatto a persone come me e quelle più fragili che non hanno avuto la forza di farsi avanti e denunciarlo: io parlerò anche per loro. La vera domanda, però, è se tu sarai capace di trasformare quell'odio in risorsa.»
Rimasi esterrefatta. Ciò di cui Emma stava parlando era qualcosa di inconcepibile per me. Quei sentimenti, le emozioni che mi aveva trasmesso... Mi venne istintivo abbracciarla. La sua sofferenza era qualcosa che avrei tanto voluto lenire.
«Io ho paura...» pronunciò Witney cedendo nuovamente sul divano pezzato. Levò le sue palpebre così da osservare il fratello che le tendeva la mano come per rassicurarla. «Ma non lascerò che ti sacrifichi senza che tu sappia la verità.» Un sorriso amaro le comparve sul volto.
«Vuoi dire che... ci dirai cosa è successo con Richard?» tentò Kobe. Witney annuì mesta.
«Aveva iniziato a corteggiarmi il giorno del tuo diciottesimo compleanno. Non l'avevo mai incontrato ufficialmente prima di allora. Da subito mi ha incantata con tante belle parole e vane promesse. Ed io me ne vergognavo. Era uno dei tuoi amici, chissà cosa avresti pensato e che avresti fatto. Volevo mantenere quella relazione segreta perché me ne ero innamorata. Come una sciocca. Ero una bambina che aveva creduto alle sue bugie. Mi lasciai convincere che forse avremmo potuto fare l'amore. La mia prima volta. Ma quella sera lui non aveva alcuna intenzione di... lui voleva solamente il mio corpo nonostante mi facesse male ed io gridassi che avrebbe dovuto smetterla, era troppo forte. Io... non sono riuscita a fermarlo. Mi ha... mi ha...»
Emma le si parò incontro afferrandola prima che potesse cedere in quel pianto disperato che ci dilaniò l'anima.
Le accarezzò la chioma ricordandole che fosse al sicuro e che non sarebbe stata mai più sola.
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