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100. Fradici di sentimenti

∞ Chainsmokers ft. Bebe Rexa - Call You Mine ∞

«Lilian!»

Che cosa stava accadendo?

Non riuscivo a respirare o a vedere qualcosa. Gli occhi mi bruciavano, la bocca non voleva sapere di smettere di far entrare acqua e le mie braccia non avevano intenzione di muoversi. Non riuscivo a respirare, non riuscivo a percepire l'aria neanche intorno al mio corpo. Ero stata inghiottita e la cosa peggiore era che stavo sprofondando sempre più, senza la possibilità di ritornare a galla.

La paura mi stava attanagliando come l'oscurità, ogni istante che passava mi sentivo sempre più pesante e inerme al destino che sarebbe sopraggiunto. Era forse quella la giustizia divina solo per aver assaporato per un breve momento la felicità più assoluta?

Non coglievo immagini, non riuscivo a sentire distintamente i suoni. Udivo il battito del mio cuore farsi sempre più inteso, ma il resto del mondo era così lontano e ovattato. Avrei anche potuto piangere, e forse lo feci, solo che le lacrime si dispersero in quel misto di acqua dolce e cloro.

In un millisecondo intravidi le mille immagini che avevano caratterizzato la mia vita. In quel frangente riuscii anche a maledirmi per non aver mai avuto il coraggio di imparare a nuotare dopo l'incidente in barca avuto con mia sorella. Stava riaccadendo, quindici anni dopo come allora.

Avvertivo la stessa paura. Lo stesso bruciore che passava dalle narici fin nella gola.

«Lilian sono qui!»

Riaprii serratamente gli occhi. Quella volta le parole udite furono più forti. Che mi fossi abbondata ai ricordi dimenticando la realtà?

Continuai a muovermi, quanto più potei: avevo sentito la sua voce!

In pochi attimi la mia vita fu afferrata, l'acqua scivolò lungo il mio corpo e la luce divenne sempre più intensa.

Tornai ad assaporare l'amaro dell'ossigeno e il fresco del vento. Il tutto nel più totale affanno, continuando a tossire come se i litri di acqua inghiottiti ne fossero cento. Annaspai terribilmente. Avevo fame d'aria, ma allo stesso tempo non smettevo di buttarla fuori. Afferrai la sbarra di metallo posizionata a bordo piscina tremante come una foglia. Ero così spaventata.

Il mio corpo venne bloccato contro le pareti piastrellate del cubo d'acqua e sormontato dalla persona che mi aveva trascinata via da quell'incubo infame.

Dylan mi tenne salda aiutandomi con tutta la premura possibile. Avevo fatto spaventare anche lui. Mi strinse a sé giurandomi che non sapeva cosa fosse successo e che gli dispiaceva di averci messo così tanto per salvarmi. Non era a conoscenza del fatto che non sapessi nuotare.

«Lilian, ti prego, guardami, come ti senti ora?» mi prese il volto tra le mani. Anche i suoi occhi erano lucidi e arrossati. Forse a causa del cloro o forse no. Avvicinò la sua fronte alla mia, per poi accarezzare dolcemente il mio viso e spostare una ciocca di capelli rimasta impigliata al mio giacchetto.

Fui io a muovermi per prima e ad affondare le labbra sulla sua soffice bocca. Un bacio casto, ma sincero. Chiusi gli occhi per immortalare per sempre quella sensazione. Non solo perché il nostro viso era a contatto, ma anche per come ne aveva risentito il nostro corpo, che aveva nuovamente ripreso a desiderarsi a vicenda.

Mi allontanai dopo pochi attimi osservandolo sotto la luce della luna con un sorriso un po' bieco. In quel momento mi veniva solamente da piangere. Rimanere lì con lui forse era stato uno sbaglio. Mi stavo facendo del male ad assecondarlo in quel modo.

Mi discostai bruscamente dalla presa con il rischio di finire nuovamente a fondo.

«Ehi, calma... afferra la scaletta.» Lentamente fui sospinta verso la terra ferma. Allungai una gamba ritrovandomi fuori da quella vasca di dimensioni spropositate. Ancora gocciolante e con i vestiti attaccati al corpo scappai dentro casa. Dovevo liberarmi di quegli abiti e asciugarmi così sarei potuta andare via. Subito. Stavo scappando, ancora una volta nonostante ciò che gli avessi confessato pochi minuti prima.

Fui inseguita da Dylan che mi richiamò a gran voce in tutto il mio percorso: si stava interrogando e scusando per ogni tipo di misfatto che mi stava costringendo alla ritirata.

«Lilian, aspetta... Io, mi dispiace, se è per il bacio che hai reagito così, sono davvero dispiaciuto. Pensavo che... pensavo... se invece è per la piscina, davvero sono mortificato, non ho visto dove mettevo i piedi perché beh...» Il moro si portò una mano tra i capelli bagnati e quel gesto per quanto potesse essere sensuale, non fece altro che aumentare la mia agonia interiore.

Era proprio quello il problema: ciò che il nostro stare insieme portava come conseguenza. Ogni volta che assaporavamo un attimo di felicità ci facevamo del male e il futuro poteva essere disastroso.

«Lil, va tutto bene. Sei al sicuro adesso, no? Non scappare.» Dylan mi bloccò per un polso prima che potessi dirigermi al piano superiore. Non capiva?

«Non sono al sicuro, Dylan! Con te sono più fragile di quanto non lo sia mai stata in vita mia!» ammisi discostandomi dalla sua presa.

«Ti insegnerò a nuotare, te lo prometto. Ti proteggerò e sosterò, te lo prometto... io...»

Lo troncai sul nascere. «Pensi che sia così spaventata per quello?» Sprofondai sull'orlo del pianto contro la ringhiera centrale. Il ragazzo mi si avvicinò provando a convincermi che fosse tutto a posto. Con le sue dita discostò dal mio volto i ciuffi bagnati ancora una volta.

«Non hai avuto paura di affogare, Lil?» era così dolce nella sua ingenuità, ma allo stesso tempo mi rendeva incapace di proferir parola.

«Certo che sì! Non sono capace di stare a galla da quando sono caduta in mare aperto a sei anni. Ho sempre rifiutato incontri ravvicinati con qualsiasi specchio d'acqua di cui non vedevo il fondo. Ma credimi, ora come ora c'è solo un motivo per cui io stia scappando e stare qui con te è la ragione! È tutto così sbagliato!» Serrai le labbra tra di loro trattenendo le lacrime.

«Perché... perché definisci sbagliato qualcosa che... tu mi hai baciato o me lo sono sognato?» aveva gli occhi languidi e spauriti. Voltai il capo: non potevo guardarlo così. Afferrai la sua mano per spostarla dai miei capelli. Feci qualche passo indietro sfiorando con i talloni il primo gradino. Avevamo lasciato un lago d'acqua mista al cloro sul pavimento di casa. A un occhio poco attento poteva parere un percorso da seguire, ma per me era un vicolo cieco.

Ero incastrata tra la verità e la paura e la cosa peggiore era che non potevo più fuggire o mentire.

E fu proprio quando Dylan pronunciò quelle parole che dentro di me scattò quella molla. «Certo ho baciato! Perché io lo voglio! Dannatamente io voglio tutto questo e voglio te! Dylan, ma non posso continuare così! Ti prego!» Lo supplicai con lo sguardo. Potevo sentire gli occhi bruciare e la mano tremare e niente di tutto quello era dovuto al freddo che provavo in quel momento. Il gelo per lo più proveniva dal mio cuore.

«Perché? Spiegami! Ho esagerato, forse? Io...» il moro provò a giustificarsi, ma non glielo avrei permesso. Avrei dovuto terminare quella farsa almeno qualche settimane prima. Se non in tutto stroncare ogni rapporto da mesi. Era deleterio per me ed era ancora peggio per noi.

«Perché, mi stai chiedendo?» Come se non lo si vedesse da miglia di distanza.

Afferrai la maglia zuppa all'altezza del cuore stritolandone il tessuto. Possibile che non lo avesse ancora capito?

Osservai quell'uomo che avevo innanzi in tutta la sua bellezza. «Perché è dal primo giorno che sei entrato nella mia vita che non faccio altro che pensare a te. Perché ogni volta che mi guardi con quegli occhi pieni di luce io spero di esserne responsabile. Perché desidero vederti sorridere e voglio solo che tu sia felice. Perché nonostante io stessi affogando l'unica cosa che riuscivo a percepire era la tua voce ed io... mi sono sentita protetta e sicura. Perché il mio cuore fa delle capriole incredibili quando sei vicino a me in quegli attimi che sono solo nostri. Perché finisce sempre che ogni momento è magico. Perché io non riesco più a fingere che tu non sia importante. Tu che mi hai sempre aiutata, stimolata e sorretta. Proprio tu: il ragazzo dalla parlantina tagliente e lo sguardo di fuoco, hai fatto terra bruciata della mia anima e razziato il mio cuore. Quindi è per tutto questo che io non posso continuare a baciarti e dirti che mi va bene essere solo questo per te! A me non va bene perché...» deglutii. «Io, Dylan, sono innamorata di te, ma non ho mai trovato il coraggio di confessartelo.»

Sbarrai gli occhi aspettando che il mio discorso venisse recepito. Ero letteralmente in bilico. Se non mi fossi sorretta sarei caduta nel baratro della disperazione. Abbandonai la presa sulla maglia concentrandomi su altro che non fosse lui. Mi portai le mani al volto accasciandomi sul primo gradino. Non avevo più neanche la forza di scappare.

«Tu sei innamorata di me?» ripeté sbalordito. Levai gli occhi verso la sua figura con molto timore. Probabilmente avevo rovinato tutto... Allora perché non la smetteva di sorridere?

«Tu sei innamorata di me? Da quando?» ripropose avvicinandosi lentamente più confuso e stupito che mai. Le gocce che cadevano dai nostri abiti scandivano i secondi passavano. Un metronomo invisibile che dettava i tempi dei nostri cuori.

«Sono innamorata di te da sempre... credo. O meglio, credo di essermene resa conto per la prima volta il giorno in cui mi hai portato a vedere le stelle. Quanto sono patetica, vero? Il più banale dei cliché ed io ci sono cascata?» gli feci notare con un sorriso sarcastico sul volto. Dylan, però, non sembrava in vena di deridermi.

«Io... io non lo sapevo» ammise dopo aver accuratamente soppesato le parole.

«Sarebbe solamente stato peggio. Per questo non volevo baciarti...» All'improvviso Dylan annullò le distanze, rannicchiandosi dinanzi a me. Mi prese la mano che copriva parte del mio volto tenendola stretta tra le sue. Il suo sguardo, quella volta, era molto più penetrante.

Senza avere modo di replicare si avventò sulle mie labbra. Inspirai beandomi di quel contatto ancora una volta. Nonostante la dolcezza di quella scarica di adrenalina, sapevo che il retrogusto amaro sarebbe stato peggio.

«Dylan, io non...» sussurrai incapace di resistergli, mentre la nostra pelle bruciava al contatto.

«Scusami, scusami per non averlo capito prima. Scusami per averti fatto arrivare all'esasperazione e scusami anche di essere un codardo. Io... non so se ricordi tutti i discorsi che ti ho fatto sull'amore e su come sarebbe stato impossibile per me ritornare ad amare qualcuno.» Mi scrutò pieno di speranza con i suoi occhi luminosi quanto fari.

«Lo so, Dylan, non c'è bis-» il moro posò un suo dito sulle mie labbra per farmi tacere discostandole di poco dalla loro posizione. Quello che ottenne, però, fu il mio ammutinamento dovuto a causa della sua vicinanza millimetrica più che per forza con cui premeva sulla mia bocca.

«Shh, ti prego, ora ascolta me.» Annuii a quella sua richiesta, inerme.

«Per gran parte della mia vita sono stato convinto dell'impossibilità che un cuore di ghiaccio come il mio potesse sciogliersi. Avvertivo il costante e incessante rompersi della mia anima, che stava andando in frantumi. Fino a che non ti ho incontrata. Giorno dopo giorno, passo dopo passo io non ho fatto altro che staccare pezzi da quel freddo cuore portandolo nuovamente a pulsare. Poco alla volta, in maniera graduale, ma costante. E a riuscire nell'impresa sono stati i tuoi modi poco garbati, sono state tutte le parole che hai usato per farmi svegliare dal mio stato di paralisi e non solo. Sono state tutte le volte che mi hai stretto la mano quando avevo paura o quando mi non mi lasciavi solo, io avevo la certezza che tu ci saresti sempre stata. Sei stata tu, nella tua genuinità, con il tuo calore, la tua passione, la tua irrazionalità che più razionale non poteva essere. È stato fin dal primo momento in cui non mi hai trattato come una vittima, ma come l'artefice del mio destino. Sono state tutte le notti in cui abbiamo dormito assieme solamente per il gusto di non lasciarci andare. Sono stati i tuoi occhi ridenti e il tuo buon cuore a farmi sciogliere e a tornare a vivere. Se c'è qualcuno che non ha capito e che forse non capisce, quella sei proprio tu. L'innamorata dell'amore non ne ha riconosciuto i sintomi. È anche vero che io stesso ci ho messo tempo affinché lo accettassi, ma l'ho fatto e credimi se ti dico che non sopporto l'idea di vivere lontano da te o di assaporare labbra che non siano le tue. Non c'è luogo in cui dovrei esistere se non qui tra le tue braccia... qui nel tuo cuore e nella tua mente, per sempre. Tu mi rendi il ragazzo più felice del mondo solo esistendo.»

Dylan aveva catturato la mia completa attenzione, mentre continuava a sfiorare la mia fronte e il viso per intero. La sua voce rauca penetrava fin dentro la mia intricata mente. Accarezzava la mia guancia e mi guardava probabilmente per la prima volta con uno sguardo pieno di nuove consapevolezze.

Avevamo gettato via le maschere: eravamo solamente noi, pieni di sentimenti e paure sotto due paia di occhi infuocati.

«Co-cosa vuoi dire con questo?» Il moro alzò un angolo della bocca.

«Non ti ho mai preso in giro, Lil. Tu sei la persona più importante della mia vita e tutto ciò che ho fatto, l'ho sempre fatto per te. Sei la persona a cui tengo di più in assoluto e finché mi sarà possibile io ti proteggerò e ti amerò come meglio devi essere protetta e amata.» Spalancai di colpo gli occhi mentre il pollice sinistro di Dylan premeva sul mio labbro inferiore con rinnovata forza e passione.

Il moro sorrise divertito, mentre io mi ritrovavo ad afferrare la sua mano per bloccare quell'istante per l'eternità. Le sue iridi si espansero e i suoi respiri accelerarono.

«Hai sentito bene, mia piccola Lil... questo sciocco ragazzino venuto da lontano, ti ama così tanto. Ti ama con tutto sé stesso. Io ti amo con ogni singola fibra del mio corpo» soffiò con infinita dolcezza.

E fu proprio in quel momento che percepii le farfalle nello stomaco librarsi nell'aria, i pensieri fluttuare leggeri e gli occhi colmare di emozioni. Non c'era più niente di cui aver paura.

C'era solo amore.

Dylan infuriò sulle mie labbra ancor prima che potessi ribattere. Non ce n'era veramente necessità. Serrai le palpebre afferrando il suo viso per poterlo avvicinare al mio. Fu quella la mia risposta. Le nostre lingue entrarono più volte in collisione in quella manciata di secondi. Con la sua mano libera si apprestò a sgusciare fin sotto la mia maglia bagnata per sfiorarmi la schiena e permettere al suo busto di collidere con il mio. Indugiammo più del dovuto in quella danza arcaica conosciuta sulla terra fin da Adamo ed Eva.

Niente a quel punto ci avrebbe interrotto.

Il moro passò a lasciarmi dei candidi e soffici baci lungo la linea del collo, mentre le dita intrecciavano i suoi capelli in innumerevoli giri. E lo notai il luccichio che spuntò sulle sue iridi scure intercettandolo all'improvviso.

La tensione non faceva che aumentare e accrescere a pari passo con la temperatura e con la passione.

In un gesto di avventata intraprendenza mi avvicinai al suo orecchio e tirai verso il basso, incastrato tra i miei incisivi, il suo lobo. Quell'evento ebbe l'effetto desiderato: tant'è che Dylan sembrò essersi riscoperto nuovamente carico di energia. Grugnì famelico e interdetto, sarebbe stato il suo turno di torturarmi.

Dopo avermi, ancora una volta, fatto preda delle sue labbra, mi bloccò sul posto. E tra un sospiro e un altro di eccitazione avvertii le sue sapienti mani sfiorare per intero la mia figura fino ad assestarsi all'altezza delle mie cosce. Le afferrò saldamente affondando nella carne e, dopo aver catturato il mio labbro inferire tra i canini, mi tirò su con lui. Una nuova scarica di adrenalina mista a chissà cos'altro si impossessò di me facendomi scappare anche un risolino.

Ci separammo solo per un attimo, così da poterci scrutare a vicenda. Non era mai stato così bello. Dai suoi capelli, ai piccoli nei che aveva sulla mascella, alla tensione che imperava sui tendini e visibili sul collo, niente in lui era mai stato così dannatamente bello. Il suo sguardo chiedeva sempre più e non ci saremmo di certo fermarti.

Gli cinsi la vita con le gambe mentre, completamente fradici, ci dirigevamo al piano superiore.

Giungemmo in camera di Dylan e la sua presa sulla mia pelle si affievolì lasciandomi completamente distendere sul suo copriletto. Lui si incurvò in avanti tastando il materasso, ma non prima di avermi studiata con i suoi occhi languidi. Nessuno mi aveva mai guardata così prima d'ora.

«Dio mio, sei così bella... E anche tu mi ami? Sei sicura?» mi domandò come se volesse convincersi. Afferrai la sua maglia strattonandolo a me così che potessi annullare i suoi dubbi.

«Amo proprio te, Dylan O'Brien» sussurrai tra un'effusione e un'altra. Sentivo che avesse la necessità di udire nuovamente quelle parole. Ciò sembrò riportarlo in vita. Mi sorrise dolcemente sovrastandomi con il suo corpo che aderiva alla perfezione con il mio.

«Incontrarti è stata la cosa più bella della mia vita. Avremmo dovuto affrontare questa conversazione tantissimo tempo fa...» confessò beffardo. Eravamo avvinghiati e stretti quel tanto che servisse per far mancare il respiro a chiunque.

Si buttò a capofitto sulle mie labbra mentre con una mano esplorava la mia schiena. Scontrò il suo bacino contro il mio. Avvertii nuove scosse nascere e pervadere ogni fibra del mio corpo. Sarebbe stato inutile negare che non volevo altro da lui. Perché mai avrei dovuto? Eravamo semplicemente perfetti, completandoci a vicenda e riempiendo i buchi che la vita aveva creato nelle nostre anime.

Ci sfogammo di tutte le parole non dette e delle sensazioni accumulate. Avevamo perso così tanto tempo a rincorrerci che non volevamo più aspettare.

Eravamo non più solamente Dylan e Lilian, due ragazzi dai caratteri incompatibili e le emozioni frazionate. Quella sera, e per tutte le notti successive, ci unimmo diventando un'unica persona. Quella che avevamo sempre meritato di essere. Ci spogliammo non solo dei vestiti, ma anche delle fragilità e delle insicurezze che avevano caratterizzato il nostro rapporto. Ci liberammo di tutti i che avevano più volte impedito di viverci, paura dell'amore compresa. Niente avrebbe potuto più scalfirci.

Eravamo noi stessi: pieni di cicatrici, rotti, tristi, maltrattati e piangenti, ma erano proprio quei difetti ad averci avvicinato e l'amore che ne era scaturito ci aveva risanato.

Eravamo Dylan e Lilian, due ragazzi come tanti che per uno scherzo del destino si erano trovati per mai più lasciarsi.

Eravamo felici, completamente e inesorabilmente amati per l'eternità.

♣♣♣♣♣

Piango.

Reazioni a ciò che è appena accaduto  ------>

Valeva la pena aspettare, no? ♥ Non credo ci sia bisogno di dilungarmi anche perché sono certa vi sfogherete per bene... 

Cos'altro può accadere arrivati a questo punto? Sarà la fine?

Alla prossima, dalla vostra Red Witch

Haineli ♥

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