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10. Un'uscita quasi perfetta

David Guetta - Titanium ft. Sia ♫

«Quindi andrete al bowling?» chiese Nathan dall'altro capo del telefono.

«È perfetto, direi. Non trovi?» ero entusiasta, cercando di immaginarmi all'appuntamento con il ragazzo dei miei sogni.

«Amy, sai che a me Richard non è mai piaciuto. Poi tu sei così-»

«Così come?» incurvai un sopracciglio con disappunto. Avvertii Nathan sospirare.

«Ricordi le tue precedenti storie d'amore? Vorrei che tu non soffrissi più. Vorrei che trovassi il tuo uomo ideale e che innamorandotene perdutamente potessi vivere felice. E lui non penso sia quella persona.» Le parole erano al contempo amorevoli, quanto pungenti. Forse in parte aveva ragione, ma non avrei potuto saperlo prima del tempo.

«Nathan so che ti preoccupi per me, ma sarà solo un'uscita. Se mi piacerà la sua compagnia, allora capiterà altre volte. Sai che non mi fido molto dei ragazzi, ma voglio dargli una possibilità... mi piace da sempre. E, se dovesse andare male, ti prometto che non mi si spezzerà il cuore in mille cocci come l'ultima volta. Ti prego Nate, fidati di me. Questo mi renderebbe felice» confidai candidamente.

«E va bene.» sbuffò colpito in pieno dalle mie parole. «Goditi la serata.» Seppur non potessi vederlo ero sicura stesse sorridendo. «Scusami, ma devo scappare. Dylan sta combinando un casino in cucina.»

«La casa è in fiamme?» domandai ironica trattenendo le risate.

«Poco ci manca, tra i due non so chi sia peggio!»

Conclusi la chiamata più leggera nello spirito. Parlare con lui mi rilassava sempre, forse perché mi capiva più di quanto io conoscessi me stessa.

***

«Sei divina» sentii pronunciare da Emma. Mi voltai solerte per mirarmi allo specchio.

I capelli scendevano morbidi dopo essere stati passati con il ferro. Generalmente li portavo lunghi e lisci, però dovetti ammettere che mossi non stavano affatto male. L'attenzione sul mio viso era tutta per le labbra, decisamente più carnose e tinte di un color prugna. Le lunghe ciglia nere erano state coperte dal mascara e una linea di eyeliner contornava un ombretto ambrato che mi aveva applicato in precedenza. L'incarnato era perfetto, merito del fondotinta che aveva usato.

«Sei una maga» sentenziai, mentre strabuzzavo gli occhi estasiata.

«Non serrare le palpebre in quel modo! Non c'è di che, cara. È la tua serata, divertiti.» Sorrisi mordendomi un labbro.

«Non così! Devo rimetterti il rossetto, adesso!» mi rimproverò nel momento in cui il campanello trillò. Mi liberai della sua presa stampandole un bacio sulla guancia. Non rimase alcun alone, pertanto dedussi che la tinta labbra si fosse asciugata appena in tempo.

«È perfetto così, ci vediamo più tardi.» Corsi verso la porta ignorando ciò che Emma avesse da ridire. Scesi a pian terreno e una volta aperto il portone mi ritrovai davanti, appoggiato al cofano di una Mercedes verdone, Richard.

«Scusa per il ritardo» mi approcciai avvicinandomi per un saluto.

«Il ritardo sembra essere più che giustificato» rispose scrutandomi dalla testa ai piedi con uno strano scintillio. Strinsi le labbra sorridendogli. Mi fece spazio permettendomi di sedere al posto accanto al guidatore. Chiuse la mia portiera, come un vero galantuomo, per poi dirigersi al volante.

La radio era accesa, divenendo il sottofondo perfetto della nostra uscita: avrebbe riempito i momenti di imbarazzo che si sarebbero potuti creare.

«Dove siamo diretti?» chiesi impaziente.

«Cosa preferisci?» indagò. Ci pensai non più di due secondi. Avevo già in mente la risposta. Mi morsi un labbro inconsciamente.

«Bowling» asserii. Lui mi guardò di sottecchi per poi annuire.

«E che bowling sia.» Scalò marcia svoltando a sinistra in direzione del centro più grande di Los Angeles. Non stavo più nella pelle. Avevo solo bei ricordi sulla pista di legno lucida e avevo intenzione di crearne di nuovi.

«Qualcosa mi dice che questo posto sia uno dei tuoi preferiti» sentenziò Richard. Mi resi conto in quell'istante che, mentre io sarei potuta essere un libro aperto, di lui non sapevo praticamente nulla. Avevo passato anni a osservarlo da lontano sperando che mi rivolgesse la parola, ma quando avevo avuto la mia occasione non avevo fatto altro che evitare di parlarci per puro impaccio.

Annuii sorridente. «Tu, invece, ne hai di posti speciali qui a Los Angeles?» indagai. Richiusi la portiera alle mie spalle, mentre Richard si portava al mio fianco. Camminammo in direzione dell'entrata del bowling, era buio e i nostri passi risuonarono nel bel mezzo del parcheggio. Non sembravano esserci troppe automobili. Eppure, la mia attenzione venne catturata da un'Audi nera, fin troppo familiare.

«A parte il college, non ne ho. Non sono cresciuto a Los Angeles, provengo da un paesino vicino Stanford. Ho abitato lì fino al diploma. Poi sono stato costretto a trasferirmi per poter intraprendere gli studi di economia. Mio padre vorrebbe che io prendessi le redini delle sue attività commerciali subentrando al suo posto quando i tempi saranno maturi!»

«Da come ne parli non sembri esserne troppo felice» gli feci notare con una punta di malinconia.

«Il concetto di felicità è qualcosa che ho imparato a ricercare a modo mio. Quando hai dei genitori che ti spingono al limite affinché tu sia il migliore in qualsiasi campo, pensi solo a come fare per non perdere il controllo sulla vita che ti hanno imposto.» Digrignò i denti ripercorrendo nella sua mente le tappe che lo avevano portato a quella considerazione.

«Scusami, parlarti di ciò era proprio l'ultima cosa che avrei voluto fare.» Il ragazzo riprese colore in volto tornando la persona serena e spensierata che era stata fino a qualche attimo prima.

«Tranquillo,» lo rassicurai «capisco cosa voglia significare non voler deludere i propri genitori. Io sono la più piccola di casa e ho quindici anni in meno di mia sorella Becca. Sono stata uno shock e al contempo una sorpresa per i miei genitori che pensavano di essere troppo vecchi, ormai. Non posso dire di vivere la tua situazione, ma rendergli orgogliosi di me è ciò a cui punto per poterli ripagare di tutte le difficoltà a cui sono andati incontro decidendo di portare a termine la gravidanza.» Procedetti lentamente per poter assimilare ogni attimo in compagnia del mio cavaliere. Giunti all'ingresso, Richard si parò davanti aprendomi la porta.

«Dopo di te.» Non ero solita sciogliermi in un brodo di giuggiole, ma quella volta mi sentii profondamente grata per quel piccolo gesto. Dentro di me speravo di non essermi sbagliata sul suo conto.

I miei pensieri vennero interrotti da una voce acuta, femminile. «Amy, siamo qui!» Oltrepassai la soglia dopo aver pronunciato un timido grazie nei confronti di Richard. Squadrai la stanza che ospitava il bancone e la zona ristorazione.

Impiegai una decina di secondi prima di puntare gli occhi da cerbiatto di Cassidy. Aveva stretta in una mano un sacchetto ricolmo di caramelle, mentre si apprestava a fare la fila al botteghino. Sorrisi timidamente notando Dylan al suo fianco, il quale scosse in alto la mano salutandomi.

Che diamine ci faceva?

«Sono tuoi amici?» mi domandò Richard cruento e il sorriso mi morì sul volto.

«Sì, lo sono.» Lo sentii irrigidirsi di colpo quando lo sguardo di Dylan vagò verso il mio accompagnatore. Che ne fosse intimorito? Non credevo proprio.

«Venite, vi stavamo tenendo il posto!» urlò Cassidy. Rimasi senza parole non capendo come avesse fatto a indovinare il luogo esatto del nostro appuntamento. L'unico a conoscenza dei miei piani era Nathan, perciò...

«Dylan» sibilai a denti stretti. Era lui la causa di tutto. Voleva rovinarmi la serata?

«Hai detto qualcosa?» mi chiese Richard. Rinsavii scuotendo il capo.

«Possiamo andarcene. È stato un grosso malinteso. Parlavo con un mio amico e gli accennavo di quanto mi piacesse questo posto. Penso che lui l'abbia detto a Dylan che lo avrà riferito a Cassidy, la quale avrà pensato che fosse un doppio appuntamento» ammisi con dispiacere.

«Va bene, tranquilla.» Alzò un angolo della bocca sornione, come se accettasse quell'inconveniente. La stretta che aveva catturato il mio stomaco si allentò subito dopo.

Prendemmo posto accanto la coppia, ma avvertivo che qualcosa non quadrasse. Prima di poter anche solo fare le presentazioni, Cassidy mi afferrò per un polso costringendomi a seguirla in disparte.

«Noi ci allontaniamo per un attimo, voi fate conoscenza» annunciò lei strattonandomi e senza diritto di replica.

«Oddio Amy, hai visto?» mi chiese sovraeccitata trattenendomi le mani tra le sue.

«Cosa precisamente? Richard con me o Dylan in tua compagnia?» domandai abbozzando un sorriso. Sapevo quanto la cosa le facesse piacere e non potevo far altro che assecondarla.

«Entrambe le cose! Siamo qui con due ragazzi fantastici e io non so come ringraziarti! Mi ha detto Dylan che è stata un'idea tua venire al bowling per questa uscita a quattro. Ammetto che da sola mi sarei sentita in totale imbarazzo!»

«Ah, sì?» chiesi innervosita. «Sì, certo, idea mia» diedi adito ai suoi pensieri serrando i pugni. Quel ragazzino viziato me l'avrebbe pagata cara, era una promessa. «Sarà una serata indimenticabile, questo è certo» cercai di trovare le parole migliori per esprimere ciò che pensavo. Alla fine della fiera, non si era rivelata neanche una cattiva idea. Avrei, però, preferito essere stata interpellata per tempo.

Richard ci raggiunse con i nostri biglietti tra le mani. Non volle assolutamente che glielo ripagassi, nonostante mi fossi proposta fin da subito. Ci dirigemmo nell'altra sala per farci consegnare le scarpe da gioco.

«Trentanove e grazie mille» comunicai al ragazzo dietro il bancone, il quale ammiccò nella mia direzione. Dal nulla sbucò Dylan piazzandosi davanti al bancone e poggiando le braccia sul legno laccato di rosso. Richiamò il ragazzo con un fischio.

«Quarantasei e fammi un favore: non importunarla più, ci siamo intesi?» ammiccò a sua volta facendogli il verso. Il ragazzino, dai capelli ricci e la divisa a strisce blu, sbiancò improvvisamente. Pronunciò un appena udibile "certo, signore" prima di scappare via verso altri clienti lasciando le scarpe in bella vista.

«Perché devi essere così scontroso?» domandai attirando la sua attenzione. Richard si era allontanato subito dopo aver ricevuto il suo paio, mentre Cassidy era alla ricerca di una postazione libera da cui tirare.

«Ci stava provando con te, ma si dà il caso che tu non sia venuta qui da sola» rispose lui con non curanza afferrando le scarpe con le suole usurate dagli anni.

«Esatto, non sono qui da sola con Richard perché ci sei tu!» sputai acida.

«Che differenza fa? Sono il cugino del tuo migliore amico, se non ci sono io a proteggerti chi lo farà?» il suo ragionamento mi stava mandando in pappa il cervello.

«Con un tacco dodici posso cavarti gli occhi, sappilo» lo ammonì con tono minaccioso puntandogli la punta delle scarpe di feltro contro. Il parallelismo non era calzante, ma sperai che afferrasse il concetto.

«Uhh, che paura» soffiò divertito beffandosi di me.

«Perché lo stai facendo? Ti ha detto Nathan di spiarmi? Di tenere lontano qualsiasi ragazzo mi si avvicini?» La linea delle sue labbra s'incrinò, per poi arricciare il naso. Forse avevo toccato il tasto giusto.

«Mmh, lascia stare» sentenziò scrutando il vuoto prima di portarsi in direzione della postazione dove i nostri si erano fermati. Non ne potevo più di quel suo atteggiamento strafottente e menefreghista, c'erano dei motivi dietro alle sue azioni e ammusarsi non era la soluzione. Gli afferrai un braccio, non era una presa forte, ma il mio tocco sulla sua pelle calda ebbe l'effetto dovuto.

Si voltò di scatto, fissandomi dritto negli occhi. Sapeva bene che non mi sarei accontentata del silenzio dopo la promessa che mi aveva fatto qualche giorno prima. Se avessi voluto fidarmi di lui avevo bisogno che lui fosse onesto con me.

«Hai ragione, ti nascondo un segreto» continuò mantenendo il contatto con le mie iridi. «Potrai non fidarti di me, ma credimi quando ti dico che c'è qualcuno in cui dovresti riporre ancor meno fiducia.» Con quella frase si strattonò il polso liberandosi dalla mia presa. Giunse da Cassidy ponendole un braccio intorno alle spalle come se nulla fosse, mentre avvertivo lo sguardo di Richard bruciare su di me.

♣♣♣♣♣

Ditemi un po', cari Cursed, cosa pensate di Richard, vi sembra il ragazzo giusto per la nostra esuberante Amanda?

Siete team Richanda o team Dylian?

Anche Nathan sembra essere un po' troppo iperprotettivo! Vorreste un amico come lui a coprirvi le spalle?

Commenti e suggerimenti sono sempre ben graditi, perciò non siate timidi.
See you next time!

Un bacio, dalla vostra Red Witch

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