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Prologo

Non esiste giorno peggiore del lunedì per ogni studente della Terra, ma... non per me. Non che sia così studiosa da non vedere l'ora di arrivare al campus e seguire la miriade di lezioni che mi aspetta in questo trimestre, sia chiaro. Semplicemente, persino il lunedì mattina assume un certo fascino se sai che ad aspettarti sotto casa con la sua Toyota Corolla rossa del 2005 c'è Jamie Mills, pronto ad accoglierti con un sorriso che farebbe invidia a qualche pubblicità per dentifricio. Stiamo insieme da qualche mese e, ancora adesso, sento le farfalle nello stomaco mentre mi alzo dal letto e corro in bagno a prepararmi, immaginando già il momento in cui, da vero gentiluomo, mi aprirà la portiera per farmi salire sull'auto, salutandomi con il suo solito "hey, piccola".

Ci conosciamo ormai da tanti anni, abbiamo frequentato lo stesso liceo del nostro sconosciuto paesino nei dintorni di Santa Barbara, ma per qualche motivo il fatto di frequentarci, essere intimi, mi fa sentire in soggezione. Vorrei essere sempre al meglio di fronte ai suoi caldi occhi ambrati, come se non mi avessero già visto in pigiama e bigodini con qualche brufolo osceno in piena fronte quando ero nel pieno nella pubertà.

Ridendo al pensiero di quel momento, che ai tempi non era poi così divertente da vivere, mi infilo sotto l'acqua calda e rilassante della doccia e percorro con lo sguardo la fila di bagnoschiuma di cui dispongo, cercando quello che possa emanare la fragranza più piacevole al naso di Jamie. Opto per quello ai frutti tropicali, che lui definisce "estivo". È ancora molto presto per le vacanze, manca ancora un intero semestre quest'anno prima di poter finalmente andare a riposarsi in riva al male, ma sono certa che questo profumo riuscirà a farlo sorridere almeno un po'.

Mentre mi insapono con cura il corpo, dimenticandomi del tutto di essere quasi sicuramente già in ritardo, ripenso al ballo in maschera di sabato sera organizzato dai rappresentanti della nostra facoltà e non posso fare a meno di lasciarmi sfuggire una risatina da fan adorante. Pur di essere in tinta con il mio vestito, Jamie ha chiesto a mia cugina quale colore avessi scelto e, dopo due giorni, sono ancora sconvolta da come le ciocche dei suoi capelli tinte di blu elettrico lo facessero brillare al centro del locale, in mezzo a centinaia di persone. Insomma, chi si tingerebbe i capelli solo per abbinarli all'abito della propria ragazza? Jamie è un matto.

Potrei giurare che ogni ragazza si è girata almeno un paio di volte nella sua direzione sabato sera per squadrarlo al meglio - persino con una maschera a coprirgli tre quarti faccia era impossibile non percepire il suo immenso fascino - e mi dispiace di non essermi potuta godere tutta la serata accanto a lui come avrei voluto. A neanche un'ora dall'inizio della festa sono dovuta scappare in bagno per rimettere anche il pranzo di Natale passato da almeno due settimane e, al solo pensiero, inizio a sentirmi vagamente male anche adesso. Forse è colpa del profumo esotico del bagnoschiuma o dell'acqua decisamente troppo calda, non saprei.

Mi affretto a sciacquare via ogni residuo di schiuma dal mio corpo ed esco dalla doccia, rimanendo avvolta dalla nuvola di vapore che aleggia nel bagno, appannando lo specchio e il vetro della finestra. Mio padre inizia a bussare alla porta, chiedendomi di avere pietà di lui e lasciargli il wc per almeno cinque minuti di tranquillità prima del lavoro, così ridacchio e, indossato il mio accappatoio, mi sbrigo a correre in camera per prepararmi nel minor tempo possibile e scendere finalmente verso il parcheggio.

È da sabato sera che non ci sentiamo e non vedo l'ora di abbracciarlo, è quasi come se la mia stessa pelle sentisse la mancanza del suo tocco, non solo la mia mente. Ieri ho passato praticamente tutta la giornata nel letto sotto le coperte, ancora un po' intontita dalla festa, e ho ignorato del tutto il mio cellulare, ma dubito che Jay se la sia presa: è stato lui stesso, vedendomi pallida come un cencio, a suggerirmi di tornare a casa, buttarmi sul letto e riposare finché non mi fossi ripresa del tutto. Voleva riaccompagnarmi in auto, ma onestamente non me la sono sentita di mettermi su un veicolo in quelle condizioni, così ho preferito una bella passeggiata nell'aria frizzantina della sera, impedendogli categoricamente di venire con me, sapendo che poi sarebbe dovuto tornare ancora a piedi al locale per riprendersi l'auto. D'altronde, penso che anche lui sia stato molto impegnato ieri, tra i vari preparativi per la sua imminente partenza per il Portogallo, meta in cui trascorrerà l'intero prossimo semestre in Erasmus, prima della sua laurea. In tutta sincerità, mi dispiace non poco che stia per partire proprio ora che abbiamo iniziato a frequentarci, ma al tempo stesso la cosa non mi preoccupa molto: quando sarà tornato a Santa Barbara, tra sei mesi, lo accoglierò con tutto l'affetto possibile e sarà come se non fosse mai partito. Forse sto un po' sottovalutando la situazione, sicuramente il giorno della sua partenza sarò un fiume di lacrime, ma manca ancora una decina di giorni, non posso già farmi rovinare l'umore da quel pensiero e fare preoccupare inutilmente Jamie. Conoscendolo, sarebbe capace di non partire ed è qualcosa che non riuscirei a perdonarmi.

Il mio cellulare squilla e sorrido, pensando non possa che essere Jamie. Rispondo senza neanche guardare e imposto il vivavoce così da potermi vestire durante la telefonata.

«Andy, tesoro!»

«Ah, sei tu» rispondo, l'evidente delusione nella mia voce nel constatare che si tratta solo di Heather.

Mia cugina ridacchia, siamo troppe unite per potersi offendere al mio tono. «Wow, grazie per l'entusiasmo!»

«Scusami Heath, ero convinta fosse Jamie per rimproverarmi del mio ritardo. Tra dieci minuti dovrei essere in aula e invece sono ancora in mutande» o, meglio, le sto ancora indossando.

«Cosa?» risponde la ragazza, piuttosto confusa. «Ho visto la Toyota di Jamie nel parcheggio ma di te non c'era traccia, quindi pensavo stessi ancora male e avessi deciso di rimanere a casa. Anzi, grazie ancora per sabato sera, senza il tuo vestito non avrei potuto...»

Smetto di ascoltare la voce di mia cugina, confusa dalle sue parole. Jamie è già al campus? Voglio dire, nulla lo obbliga a darmi ogni mattina un passaggio, ma pensavo che quantomeno mi avrebbe fatto uno squillo per accertarsi delle mie condizioni o, non so, avvertirmi che per oggi avrei dovuto fare affidamento sul bus.

«Ci vediamo dopo, sono enormemente in ritardo».

Chiudo la comunicazione, senza preoccuparmi di dare troppe spiegazioni a mia cugina che, ad ogni modo, è abituata anche a trattamenti più sbrigativi di questo, vista la confidenza che abbiamo da sempre.

In tempi record riesco a vestirmi e, indossata anche una giacca per affrontare il clima vagamente fresco di gennaio, mi affretto ad uscire di casa. Percorro le scale del palazzo e in pochi istanti mi ritrovo nel parcheggio dove, come a conferma delle parole di Heather, non vi è alcuna traccia della Corolla rossa. La situazione è oggettivamente un po' strana ma decido di non rimuginarci troppo sopra e, piuttosto, mi sbrigo a raggiungere la fermata del bus, consapevole che ormai la prima ora di lezione è persa e che forse sarebbe meglio cercare di assistere quantomeno alla seconda.

Lungo tutto il tragitto verso il campus provo a chiamare Jamie ma, dopo qualche squillo a vuoto, decido di lasciar perdere. In questo momento devo sembrare una stalker disperata. Jay ha così tante cose per la testa che probabilmente non si è neanche accorto di essersi diretto al campus senza la solita deviazione verso casa mia. Oppure, altra possibilità piuttosto plausibile, potrebbe aver pensato come Heather che stessi ancora male e sepolta sotto le coperte del mio letto.

Arrivo a destinazione e, dopo un attimo di smarrimento per trovare l'aula del mio primo corso, situata all'ultimo piano dell'edificio e in fondo al corridoio, apro di un piccolo spiraglio la porta ed entro furtivamente non appena il professore si volta verso la lavagna. Non ho la minima idea di cosa stia spiegando, ma dai pochi appunti presi dai miei colleghi deduco che in questa prima ora deve solo aver introdotto il suo corso. Ad ogni modo, sono troppo distratta dal pensiero di Jamie per potermi interessare più di così alla lezione.

Dopo quelle che sembrano ore, il professore conclude finalmente il suo discorso di cui ho colto a malapena un paio di parole, impaziente come sono di incontrare Jay nei corridoi, circondato sicuramente dai suoi amici e compagni di corso del suo stesso anno, successivo al mio, che vorranno godersi la sua compagnia il più possibile prima della partenza. Cosa che, sì, gradirei fare anche io.

Uscita dall'aula, intravedo subito da lontano la figura slanciata di Jamie, che riconoscerei tra migliaia, e mi sento invadere da una bella sensazione di calore. Finalmente. Nei suoi capelli non c'è più traccia del blu elettrico di sabato, ma tra le ciocche color ebano ne spiccano alcune bionde decolorate, base del colore acceso scelto per la festa.

Con una piccola corsetta lo raggiungo e lo abbraccio da dietro come faccio spesso, felice di vederlo durante questi pochi minuti di pausa, ma per qualche strano motivo avverto qualcosa di diverso nell'aria. Uno strano presagio mi contorce lo stomaco e la sensazione piacevole di poco fa è svanita nel nulla. Questo non è uno dei nostri soliti abbracci e, a dir la verità, le braccia di Jamie sono rimaste distese lungo i suoi fianchi, rigide e fredde come pali.

«Jay...» sussurro, sciogliendo la presa dal suo corpo. «È successo qualcosa? Stai bene?» chiedo, raggelata dal suo sguardo non appena si gira verso di me, uno sguardo che non gli ho mai visto rivolgere a nessuno in tanti anni, tantomeno a me.

Sembra non abbia alcuna intenzione di rispondere e, ad ogni modo, l'arrivo di uno studente ci interrompe. Non ho bisogno di girarmi per riconoscere Nicholas, come al solito immerso in una nuvola di colonia maschile, inconfondibile.

«Hey, piccioncini!»

Jamie ha finalmente una reazione, anche se non quella che ci si aspetterebbe: stringe le mani in due pugni e la sua espressione impassibile viene riaccesa dalla rabbia. Non l'ho mai visto così ed è inutile dire che non so se essere più spaventata o preoccupata al momento.

«Vaffanculo» dice semplicemente, a denti stretti, rivolgendo uno sguardo ancora più furente, sempre se possibile, al nostro amico.

«Woah, Jay, calma! Ci siamo alzati dal lato sbagliato del letto stamattina?»

Anche Ruben ci ha raggiunti e, sebbene dal suo tono di voce sia palese che stia solo scherzando, per qualche motivo so che Jamie non prenderà affatto bene le sue parole, visto il suo evidente cattivo umore.

«Vaffanculo anche a te!» gli urla contro Jamie, prima di spintonarlo con la spalla con non molta delicatezza e allontanarsi in poche grandi falcate da noi, lasciandomi del tutto sconcertata. In tutto questo, non mi ha rivolto lo sguardo per neanche un secondo. Cosa diamine è appena successo?

«Ma che gli è preso?» domanda Ruben, a dir poco incredulo, dando voce ai miei pensieri.

Nicholas fa spallucce, sorpreso e ignaro quanto noi. «No sé» risponde nella sua lingua madre come fa spesso quando parla con Ruben, spagnolo come lui.

Si voltano entrambi verso di me per chiedere spiegazioni ma le espressioni confuse vengono ben presto sostituite da sguardi ricchi di preoccupazione.

«Andy...» mormora Ruben, mentre la mano destra di Nick mi allunga un fazzoletto. Solo di fronte a questo gesto mi rendo conto di aver iniziato a piangere, mentre il mondo sembra essermi crollato addosso.

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