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Capitolo 5.

Abbiamo deciso di sintetizzare la storia, perché pare che i soccorsi stiano arrivando...
Ma nel frattempo, vi narro come è andata a finire la mia avventura.

-Geneviève.

Quando precipitai nel vuoto più assoluto, l'unica cosa che feci fu urlare.
A squarciagola.
Ero inciampata in una trappola, una di quelle narrate nel libro che avevo trovato nella capanna.
Con la pioggia non ero riuscita a notarla, e ora, eccomi ingannata dallo stesso uomo che avevo lodato tanto.
Tastai il terreno e notai quanto fossi in profondità.
Non c'era il minimo aggancio per uscire e tutte le mie speranze erano racchiuse in Marc.
Ero arrivata al punto in cui dovevo fidarmi di lui e delle sue capacitá, perché quello era l'unico modo per sperare di uscire al più presto dalla buca.

-ASTRID!- Esclamò la voce maschile di Marc, e io dovetti pensarci su parecchio prima di capire che stesse chiamando proprio me.
Già, gli avevo detto che il mio nome era Astrid, ma se fossi uscita viva da li, giurai di dirgli la verità.
-MARC! SONO QUA!- Urlai, a squarciagola, agitando le braccia.
Mi resi conto troppo tardi che tanto non poteva vedermi, e perciò, era inutile che mi dimenassi tanto quanto un'anguilla.

Mi sedetti sull'umido terriccio, tremando per il freddo. (E va bene, faceva freddo e stavo rischiando di morire di congelamento. Contento, adesso?)
Sentii una sua risposta, ma purtroppo fu sovrastata dal vento incessante e tedioso.
L'isola era piccola, e prima o poi mi avrebbe trovato, anche se c'era la probabilità che anche lui cadesse nel buco. (Ti voglio bene, Marc).
Mi sentivo così sola che ad un certo punto iniziai a cantare.
Lo so, era folle, ma almeno così non mi sentivo così dispersa nel nulla.
Non sono mai stata una grande cantante, ma non ero nemmeno stonata.
Non avevo nemmeno avuto tempo per la musica nella mia giovinezza, e infatti non avevo idea del titolo di quella canzone o di chi fosse. Semplicemente parlava di qualcuno che cantava sotto la pioggia, e visto che era la mia situazione, era più che azzeccata.

Chiusi gli occhi, mentre la pioggia dominava la mia visuale e la mia voce cercava di avere la meglio con tutto quel rumore.
Fu come isolarsi da tutto e tutti, tanto che mandai a quel paese qualsiasi cosa che non fosse la mia voce.
Ero sperduta in una buca? Bene, vaffanculo!
Stava piovendo e faceva freddissimo?? Bene, vaffanculo al doppio!!
Mi stavo affezionando a Marc? Bene, vaffanculo al triplo!!!

-La mia vita fa schifo.
Mio padre mi ha costretto sin da piccola a fingere, per i suoi progetti assurdi.
Per guadagnare, ero costretta a fingermi una piccola scout che vendeva biscotti porta a porta oppure a rubacchiare in casa degli anziani.
Ed è questa mia ultima qualità che a mio padre affascinava.
Ho iniziato a rubare sempre in maniera più elevata, in posti più complicati e ricercati.
Io volevo fermarmi ma lui me lo impediva.
Diceva che facevo parte di un grande progetto, ma erano tutte cazzate!
Infatti, lui è sta in prigione e io sono dispersa in una fottuta isola dove nessuno può sentirmi!- Iniziai ad urlare, smettendo tutto ad un tratto di cantare.
La mia voce si fece quasi stridula mentre l'ira prendeva il sopravvento.
Odiavo gli spazi stretti come quello, mi facevano impazzire.
-Quindi saresti una piccola ladra?-Domandó una voce, facendomi sobbalzare.
Marc era finalmente arrivato, nel momento sbagliato.

-Può darsi. Tirami fuori da qua, ci hai messo troppo tempo!- Borbottai, mentre lui mi guardava dall'alto.
-Ma se ti lasciassi qua? Sei insopportabile!- Esclamò lui, ed io gli feci la linguaccia.
-Sto morendo di freddo, ti scongiuro, tirami fuori da qua!- Lo implorai, e lo vidi annuire.
-Come?- Mi chiese.
-Bella domanda! Perché voi uomini pensate che noi donne sappiamo sempre tutto?- Sbuffai, contraria.
-Vai nella capanna e cerca una corda, poi legala all'albero in maniera sicura. Se non trovi una cord, va bene qualsiasi cosa che mi faccia uscire da qua.- Spiegai poi, e lui scomparve subito dalla mia visuale.
Passarono minuti e minuti prima che Marc tornasse da me munito di un corda.
-Sei sicura di farcela? Posso tirarti su io.- Mi disse dopo aver legato l'estremità di una corda all'albero e avermi allungato l'altra.
-Non mi sottovalutare, Marc.- Lo avvisai, iniziando la scalata.
Era un gioco da ragazzi se eri in una buona forma. Cosa che io non ero, ma dettagli.
Mi ero già calata in numerosi caveau e il meccanismo era lo stesso. Forse con meno ansia.
Appena arrivai alla cima, Marc mi prese per le braccia, aiutandomi ad uscire dal buco.
Forse fu troppa la foga con cui cercai la via di uscita, perché mi ritrovai sopra Marc, disteso a terra.
I nostri sguardi si incrociarono, e mi persi nei suoi immensi occhi azzurri.
Non dissi una parola, perché il mio cervello si era come azzerato.
Non c'eravamo altro che noi.

-Emh...scusa. Ti devo un favore...- Mormorai, senza voler far cenno di volermi scansare.
-N-non f-fa niente Astrid.-Bofonchiò lui, e questo servii a riscuotermi.
-Geneviève.- Lo corressi, scansandomi appena.
Lui aggrottó le sopracciglia.
-Chi è?- Chiese confuso.
-Sono io, genio.- Alzai gli occhi al cielo.-Geneviève é il mio vero nome, ti ho mentito.

Marc si morse il labbro inferiore, alzandosi da terra.
-Okay, te lo concedo. Ci sta. Cioé no. Perché mi hai mentito?- Chiese aspro.
Sembrava che ci fosse rimasto davvero male.
-Perché non vado a dire i miei dati al primo sconosciuto. È così strano?- Domandai, ironica, mentre un brivido di freddo mi percorreva la schiena.
Lui sembrò accorgersene perché una smorfia gli comparve sul viso.
-Andiamo nella capanna.
Hai una storia affascinante da raccontarmi, piccola ladra canterina.-

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