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Capitolo 4.

Alla fine ho deciso di continuare. c:

Ed è il bellissimo Marc Bartra che vi parla! (Ah-Ah, sono più bello di un ragno peloso, Viví!)
Vabbè, andiamo avanti. Siamo solo al quarto giorno.

Giorno 4.
-Marc.

Pioveva, pioveva e pioveva in maniera incessante.
Astrid non si vedeva da nessuna parte, ed io mi annoiavo a morte nella capanna.

-Vado a prendere delle bacche, a dopo!- Così mi aveva detto la ragazza, prima di uscire all'aperto.
Avevo cercato di persuaderla, di convincerla che avevamo abbastanza cibo per sopravvivere, ma lei non mi aveva dato ascolto.

Quella ragazza, peró, mi incuriosiva.
Era così diversa dalle ragazza che ero solito frequentare.
Non sembrava una che amasse le feste di alto rango o i fast food.
Sembrava più la ragazza da museo, se non quella che andava direttamente a scoprire i reperti di archeologia.
Sicuramente, sapeva il fatto suo.
Avrà avuto circa vent'anni, ma di sicuro, aveva più esperienza su di me nel mondo.
Il modo in cui si muoveva o si atteggiava alla vita, era così severo e rigido che mi spaventava.
Ma va detto, che ero riuscito a scorgere in lei della voglia di mettersi in gioco.
Magari in quella esperienza, io le avrei insegnato a vivere la vita come una normale ragazza e lei mi avrebbe insegnato qualche trucchetto della sua vita misteriosa.
Tanto non avevamo molto da fare sull'isola.

Erano passate ore dall'uscita della ragazza, così dichiarava il vecchio orologio della capanna.
Non sapevo se quello segnava il giusto orario, ma nel bene o nel male, mi accontentavo.
Odiavo ammetterlo, ma mi stavo realmente preoccupando.
Sebbene l'inizio sbagliato fra di noi, mi stavo pian piano affezionando ad Astrid, al contrario suo.

Presi coraggio e uscii nella tempesta.
Avevo più o meno già girato tutta l'isola, ma con la pioggia era tutta un'altra storia.
Avevo freddo, ero stanco ed ero fradicio, ma di quella Astrid non c'era nessuna traccia.

Ero talmente frastornato, che mi sedetti su un sasso.
Non mi ricordavo nemmeno più la strada per la casetta di legno. Ero semplicemente fottuto.

-Marc!- Esclamò una voce conosciuta.
Astrid.
Mi alzai di scatto e la cercai con lo sguardo.
All'improvviso non vidi nulla, ma poi eccola spuntare dalla vegetazione.

-Non tornavi più e sono venuta a cercarti!- Dissi con una smorfia.
Astrid alzò gli occhi al cielo e mi prese per un polso.
-Non dovevi venire, so badare a me stessa!-
Sbuffai.
Ecco che tornava a fare la ragazza superiore che non aveva bisogno di nessuno.
-Ah scusa, se mi sono preoccupato.- Borbottai, seguendola nella vegetazione.
Lei mi fece il verso e mi guidó in una grotta.
Era piuttosto grande e spaziosa, e soprattutto Astrid aveva acceso un fuoco.
-Ti sei preoccupato? Davvero?- Chiese sorpresa, mentre si sedeva a terra.
La imitai e iniziai a strofinare le mani, alla ricerca di calore.
Dicono che in Africa la pioggia sia calda, ma non è vero! (No, non mi contraddire Viví! Stavo congelando!)

Astrid mi osservò per dei lunghi minuti, aggrottando le sopracciglia.
Ma le era così strano che qualcuno si preoccupasse per lei?

-Astrid?- Domandai, dopo quel silenzio imbarazzante.
Stavo pian piano riprendendo calore, ed era un vero sollievo.
Ricominciavo a sentire le mie mani e i miei piedi.

-Cosa c'é?- Domandó secca, ma notando la durezza nella sua voce, si addolcí appena.
-Scusa.- Rimedió. -Hai bisogno di qualcosa?

Io alzai gli occhi azzurri da terra, scontrandomi con i suoi castani.
Non sembravano avere paura di nulla, eppure dubitavo che quella ragazza non avesse una minima debolezza.

-Chi sei?- Domandai impulsivamente, beccandomi un'occhiata corrucciata.
Forse ero stato troppo vago. (Lo so che la mia qualità principale è impicciarmi degli affari tuoi!)
-L'acqua ti fa male.-Rispose lei, scrollando le spalle.
Ma io non avevo intenzione di rinunciare.
-Dai, dimmi qualcosa di te!- La spronai, e Astrid sbuffó.
-Cosa vuoi sapere?- Chiese, cedendo alla mia insistenza.
In realtà, non aveva proprio idea di cosa chiederle.
Non ero un ragazzo da 'Ehi, qual è il tuo colore preferito?' e neppure da 'L'amor che move il sole e le altre stelle'.
Io ero solamente un ragazzo semplice, con la passione per le crociere.
(Non è controsenso, stai zitta, Geneviève!)
-Parlami di quello che vuoi. Di qualsiasi cosa.- La incalzai.
La ragazza sembrò rifletterci, e notai una piccola piega solcarle la fronte.
Magari si stava sforzando di trovare qualcosa da dirmi che la compiacesse del tutto.
-Odio la frutta arancione.
Quando ero piccola mia madre mi costringeva a mangiarla.
Eppure mi faceva troppo ribrezzo anche solamente la vista di un mandarino.
Mi hanno pure portato dallo psicologo per capire quale fosse il mio problema.-
Mi spiegó lei, rabbrividendo appena.
-I mandarini non piacciono neanche a me.-Ammisi, con una smorfia.
Lei mi guardó, a disagio.
Probabilmente non era abituata a conversare in amicizia.
-Mi sa che forse parlare dei mandarini non equivale a parlare di me.-Disse lei, con un piccolo sorriso.
-Non importa. È già un inizio.- Sussurrai, con un piccolo sorriso.
Astrid guardò il fuoco e lo ravvivó con un ramo.
-Prendi la persona più snob del mondo.-Incominciò lei, e io annuii, mentre riprendeva a parlare. Dove voleva andare a parare?
-Mia madre lo è, una di quelle bionde finte con tanto di protesi al seno.
É una persona odiosa e senza scrupoli, e vivere con lei era così differente che abitare con mio padre.
A proposito, mia madre ha un altro uomo e mio padre non è momentaneamente rintracciabile.
Mia madre mi obbligava a vivere come una donna di alta classe, con una collezione immensa di scarpe che non avrei mai indossato.
Io non ero abituata a quella vita, Marc.
Mio padre, come ti ho detto, era molto differente.
Era uno di quegli uomini intelligenti e scaltri che vedi poco in giro.
Di certo, era ricco la metà di mia madre, e non mi aveva mai costretto a vivere in maniera aristocratica.
Vivere con loro era assai nocivo.
Da una parte c'è mia madre, ricca e superficiale, dall'altra mio padre, ormai consumato dal potere.
Perciò io all'alba dei miei vent'anni, mi sono decisa ad abbandonare casa mia per rifugiarmi sull'Atlantica. E ora sono qui, che gioia.-
Astrid parlò tutto ad un fiato, e io l'ascoltai attentamente.
Da quanto capii, la ragazza non aveva un situazione familiare molto decente.
Ma una cosa in tutto il suo discorso mi interessò.
Qualcosa che aveva solo accennato.
-Ma tuo padre che fine ha fatto?- Le chiesi, e bastò solo questa mia domanda a farla chiudere come un riccio.
-Ha smesso di piovere!- Esclamò lei, alzandosi in piedi e correndo all'esterno.
Il sole stava prendendo il sopravvento sulla pioggia, che non era più così fitta e incessante.
Astrid aveva proprio preso la palla al balzo, non esitando a cambiare argomento.
-Già.- Mormorai, alzandomi a mia volta.
-Vado a prendere delle bacche. Resta qui, torno subito.-
Affermò lei, e io feci per controbattere, ma Astrid era già sparita dalla mia vista.

Mi sedetti e restai nella caverna, con le mani in mano, fino a quando sentii un urlo squarciare la tranquillità dell'isola.
Lì, la mia preoccupazione raggiunse proprio l'apice.
L'urlo doveva significare solo una cosa.
Astrid era in pericolo e io ero l'unico che poteva salvarla.

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