༆✰Prologo: "Centuries"
Some legends are told
Some turn to dust or to gold
But you will remember me
Remember me, for centuries
Just one mistake
Is all it will take
We'll go down in history
Remember me for centuries
⊸
La vita degli esseri umani è sempre stata scandita dall'alternarsi di giorno e notte. Anche più di cinquecento anni orsono, il Sole, dopo aver compiuto il suo dovere, cedeva il posto alla sua amata Sorella Luna, in una complicata danza in cui pe persone non trovavano senso logico. Anche quella notte, una notte all'apparenza come mille altre, Fratello Sole si era abbandonato al dolce cullare delle onde del mare, lasciando che il buio della sera stendesse un velo d'oscurità impenetrabile sull'intera Spagna.
Tante piccole lucine si accesero sull'immensità di quel manto, affiancando e circondano la loro dea, portatrice di luce nel buio impenetrabile.
Le stelle veneravano la loro dea Luna.
Fidato alleato dell'oceano, era il vento. Egli si univa alla lieve brezza salmastra nata dalle onde, lasciando che questo miscuglio di sangue accarezzasse i tetti delle abitazioni sorte lungo la costa. Opera dell'uomo, che nel corso dei secoli aveva deciso di mettere da parte la natura per far posto alle proprie necessità.
Creature egoiste, gli uomini.
Per questo si era deciso di mettere un freno al suo operato: la notte, l'uomo avrebbe dormito, cosicché piante ed animali avessero potuto tirare un sospiro di sollievo e godersi la loro meritata libertà.
Eppure, c'era sempre qualcuno che si sottraeva a questo sortilegio. Quella notte, i trasgressori erano riuniti nell'Alhambra. Gli stessi Sovrani di Spagna, Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona, potevano essere considerati rei.
«Vostre maestà... non vi deluderemo, parola mia» aveva assicurato il giovane ventiquattrenne, rivolgendo un inchino al Re e alla Regina.
Gli era sembrata una conversazione eterna la loro, in cui aveva sentito il cuore esplodergli dall'entusiasmo. Non era passata nemmeno una mezz'ora da quando il destino di Leonides lo aveva condotto a palazzo e gli aveva comunicato il suo futuro. Un futuro insidioso, che ancora però gli era sconosciuto.
O almeno, in parte.
La sua conoscenza si fermava ad una partenza.
A due navi che salpavano.
Alla persona che avrebbe ricoperto il suo stesso ruolo all'interno di un'imbarcazione differente.
Le certezze si fermavano all'inizio, la speranza guardava la destinazione. Tutto ciò che c'era in mezzo, era un abisso nero. Solo un pizzico di fantasia, i sogni di un bambino sopravvissuto nel corpo di un adulto, tingeva quel vuoto del color del mare. E faceva riecheggiare nella mente del giovane la dolce melodia delle onde.
Anche l'intraprendente Asier era stato coinvolto in quella scacchiera, le cui pedine erano solo due, al momento.
Una bianca, una nera.
L'uno dai capelli biondi, forte, ancora ragazzo per metà. L'altro, il misterioso corvino dall'aria sempre un po' brilla, cresciuto con la speranza di realizzare il sogno perduto del padre.
Eccoli, i due re.
Le pedine principali del gioco.
Tutto ruotava attorno a loro.
Il futuro e il destino, scritti già tempo prima da una forza sconosciuta, avevano deciso di sfidarsi in una partita mortale, in cui erano stati coinvolti loro due e chissà quante altre persone.
Era passata una mezz'ora scarsa da quando Leonides ancora attendeva fuori la sala del trono. Pioveva, quella notte. E proprio in quel corridoio i primi due fili che componevano quell'intricata tela si erano intrecciati. «Buongiorno» lo aveva salutato il futuro comandante, posando la bottiglia a terra. E proprio per merito della bottiglia il giovan'uomo fu inquadrato subito da Asier come uno che troppo spesso si lasciava andare ai piaceri della vita. Il motivo, sconosciuto anche a lui. «Come mai la bottiglia?» era stata la prima domanda del giovane, che ancora possedeva la curiosità di un ragazzino.
Leonides aveva sorriso.
Amichevolmente.
Come sempre.
«Mi piace bere» aveva risposto con semplicità. Come fosse la cosa più ovvia del mondo.
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È bizzarro come i fili si intreccino. A volte in modo completamente inaspettato, attorcigliandosi per un momento, slegandosi pochi istanti dopo per tornare a percorrere ognuno la sua strada.
Questo, non era il caso di Asier e Leonides. I loro fili avrebbero sì precorsi strade diverse, quasi parallele, ma sarebbero rimasti uniti da un secondo filo sottilissimo. Che fosse amicizia, che fosse la consapevolezza che entrambi parevano dispersi in mare, che tutti e due stessero lottando per tornare a casa, questo non se lo spiegarono mai.
«I signori Rojas ed Hernandez?» aveva chiesto loro un uomo sui trentacinque anni circa. Stupidamente, dato che - oltre al fatto ci fossero solo loro - quello era l'orario che i Sovrani in persona avevano concordato per incontrarsi.
Nonostante ciò, i due annuirono.
E vennero condotti nella sala del trono, dove la Regina Isabella e il Re Ferdinando li attendevano.
Entrambi si inchinarono in segno di rispetto davanti tanta regalità.
«Vostre maestà» aveva salutato il più giovane, a capo chino. La candida e lieve risata della Regina risuonò nella stanza, arrivando alle orecchie dei ragazzi con la stessa delicatezza che possiede una carezza. «Quanta gentilezza, miei signori, quanto rispetto trasmette il vostro gesto dinanzi a noi». La voce cristallina di lei faceva sembrare magiche quelle parole tanto comuni. «Ma prego, alzatevi, in quanto l'intenzione mia e del mio consorte non è quella di parlare a voi come fossimo superiori, da Sovrani a comuni cittadini, come ce ne sono mille altri, bensì è quello di parlare con voi come fossimo allo stesso livello, in quanto l'argomento interessa e riguarda tutti in egual misura» continuò con dolcezza. Quanto soavi suonavano le mortali parole utilizzate dagli uomini comuni se pronunciate dalla benevola sovrana, quanta magnificenza ella le conferiva!
Asier, incantato da quella voce angelicata, si alzò in piedi, ergendosi in tutta la sua altezza. Sentendosi improvvisamente basso, Leonides fece altrettanto.
«Vi ascoltiamo» aveva esordito fermamente quest'ultimo, osservando con la coda dell'occhio l'impassibilità del suo compagno d'avventura. O sventure, come preferite voi.
La bella Sovrana riprese, mentre il Re Ferdinando osservava la donna parlare. «Molti investimenti, troppe speranze ha riposto il potente Regno di Spagna nel viaggio dell'entusiasta Cristoforo Colombo, partito con la promessa di una nuova rotta, tornato con i racconti di uomini bellicosi e senza regole» prese a narrare, in modo che quel racconto facesse da cornice alla sua proposta. Entrambi rimasero in silenzio, incantati dalla scorrevolezza di frasi tanto articolate. «Eppure, nonostante lo spiacevole avvenimento accaduto ormai due anni orsono, la Spagna adesso è dinanzi a voi per farvi una proposta».
Si sarebbero mai potuti immaginare, i due re di quella complicata scacchiera, le parole che la Regina stava per pronunciare?
«Un ultimo viaggio, ecco cosa abbiamo ideato come riscatto alla buona fama perduta» continuò Isabella con la sua voce candida. «E sarete proprio voi i protagonisti di questo viaggio, miei capitani».
Il cuore di Leonides parve saltare un paio di battiti. Non poteva credere a quello che aveva appena udito. Lui, capitano di una nave? Possibile avesse davanti a sè l'opportunità di realizzare il sogno suo e di suo padre?
E mentre Asier sembrava trattenere il respiro dall'emozione, con la memoria piena di ricordi dove lui e il fratellino, Daniel, giocavano ai marinai all'età di otto e tre anni, Isabella concluse la propria proposta. «Avrete a disposizione due navi, una caravella e una caracca, con già tutto il necessario per il viaggio».
Oramai, sia Leonides sia Asier non credevano più che quella fosse la realtà. Troppo bello per essere vero.
«Accettare, comandante Rojas e comandante Hernandez?»
Uno scambio di sguardi tra i due.
Un gesto, ma che lasciava intendere mille parole
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E dopo un angosciato mese, ecco il primo capitolo!
Nel prossimo, prometto compariranno più personaggi. Ma, dopotutto, questo era solo il prologo.
Spero vi sia piaciuto, nonostante sia così lungo
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