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9. La teoria del dubbio

              Fino a qualche mese prima una simile uscita avrebbe terrorizzato Logan, perché nel periodo precedente all'arresto e quello subito dopo si era sentito più vulnerabile e confuso, ma con il supporto di Camille sentiva di non aver motivo di cadere in una qualche stupida tentazione. Era incredibile come in poco più di un mese lei fosse riuscita a stravolgergli la vita: era passata dall'essere un ostacolo al diventare un supporto, infine era subentrato un legame di fiducia che l'aveva spinto a considerarla una persona amica, una di quelle che faceva parte della sua quotidianità. Un evento più unico che raro.

La voglia di uscire, dunque, era maggiore di quella di rimanere in casa al sicuro tra quattro mura e doveva attribuire il merito a Camille.

Scelse di indossare una camicia scura con una piccola fantasia a contrasto, dei jeans e il suo amato chiodo in pelle. Niente di eccezionale, ma era un uomo che non si interessava troppo di moda, per quanto non uscisse di casa con abbinamenti azzardati: sua madre prima, e sua zia poi, gli avevano insegnato quali colori proprio non andassero d'accordo.

Si ritrovò sotto casa di Camille con un certo anticipo, dettato dall'eccitazione del momento, ma decise di non metterle fretta e aspettò il suo arrivo con la dovuta calma. Quando lei apparve dal portone della palazzina Logan rimase stupito, non si aspettava un simile abbigliamento.

Camille, che gli era sempre parsa pura e ingenua, era semplice ma al tempo stesso aveva carattere. Indossava stivali neri alti con il tacco senza essere appariscente, dei jeans dello stesso colore, una canotta chiara annodata sulle cosce e un cardigan pesante che sfiorava l'orlo degli stivali. Il trucco era sobrio ma curato e i capelli erano leggermente mossi come sempre, ma sembravano più domati rispetto al solito.

«Però, Cam! La tua versione 2.0 è davvero stupefacente.» Le disse ammirato, perché nonostante avesse qualcosa di diverso riusciva a vedere la solita Camille, cosa che gli piacque parecchio. Era come accorgersi di lei per la prima volta. Rendersi conto di quanto fosse bella, vera e desiderabile fu uno shock. «Sei bellissima.»

«Beh, Weg, anche tu non sei male.» Gli sorrise, lusingata per i suoi apprezzamenti e allegra per essere riuscita a scherzare sull'argomento, perché Camille lo trovava mozzafiato nella sua essenzialità. L'aveva sempre visto nelle foto, vestito di tutto punto per qualche occasione importante o più casual per un evento meno impegnativo, ma vederlo così curato per uscire con lei era un qualcosa che andava oltre ogni sua previsione. Si soffermò rapita a osservare il bottone allacciato del colletto appena sotto il pomo d'Adamo, avrebbe voluto slacciarlo per passare le labbra sulla pelle e darle sollievo.

La primavera sembrava averle dato alla testa, ma Logan non parve essersi accorto del punto in cui il suo sguardo si era fissato.

«Weg?» Domandò lui, con una punta di disprezzo nella voce. Era la prima volta che si trovava davanti a una simile possibilità, non sapeva come reagire, né se la cosa gli piacesse.

«Mi sembra ci sia la giusta confidenza per un simpatico soprannome.» Replicò lei dopo aver riso. «Accorciare Logan non è possibile, diventerebbe molto femminile.»

«Non è simpatico.» Sibilò tra i denti in risposta.

«Giusto.» Annuì seria Camille mentre si sistemava la piccola borsa a tracolla. «È virile.»

E lo pensava davvero. Ma, ammise tra sé, non c'era parte di Logan che non lo fosse.

«Ti sei salvata.» Le concesse lui per prenderla in giro prima di avviarsi verso la loro destinazione. «Dai, andiamo.»

In fondo trovava quel soprannome affascinante. Era di Camille, inoltre lui stesso aveva iniziato a usare un diminutivo del nome di lei per poterla chiamare.

«Andiamo a piedi o prendiamo il tram?» Chiese, impaziente di immergersi un po' nella vita che una folla sapeva dare. Era la stessa sensazione che provava ai concerti nel vedere tutte quelle persone davanti a lui e, dopo un anno in cui la cosa lo aveva quasi infastidito, non vedeva di nuovo l'ora.

«A piedi».

Più si inoltravano verso il centro, più sembrava che la città brulicasse di entusiasmo, o forse erano solo loro due che, elettrizzati e su di giri, percepivano le scintille di quella serata insolita.

Durante la camminata, Camille gli fece alcune domande sulle sue abitudini a Los Angeles e Logan si ritrovò a pensare alla vita che conduceva prima. Aveva ripreso a frequentare parecchi club con Kat, perché amava ogni tipo di musica, e l'idea di essere così lontano da certi ambienti lo fece soffocare. Poi si rese conto che quello stile non gli mancava affatto, perché era diventato un'abitudine che non era da lui.

A Logan quello che più mancava era la musica come l'aveva percepita durante e dopo la sua disintossicazione, il potersi divertire con poco dietro la sua batteria e nel suo privato, quando non aveva aspettative troppo alte – arrivate con il successo – e, sopratutto, la gente non ne aveva nei suoi confronti, anche al di fuori dell'ambito lavorativo.

Nell'arrivare nei pressi della stazione del tram, ormai vicini alla meta, vide Camille paralizzarsi all'imbocco della piazza e poi tornare indietro per nascondersi oltre l'angolo di uno dei palazzi attorno.

Logan, confuso, le regalò uno sguardo che esprimeva appieno tutta la sua sorpresa, invitandola così a parlare e dirgli cosa ci fosse che non andava.

«Luc. È là.» Mormorò lei, come se potesse essere sentita dal diretto interessato. «È vicino alla fermata del tram, probabilmente sta aspettando qualche amico.»

L'avrebbe riconosciuto ovunque a causa della sua altezza e dei capelli biondi e indomabili, così come avrebbe individuato subito Madeleine, la sua ragazza, con i capelli di un rosso così appariscente da non poter passare inosservati.

«Cosa vorresti fare, scusa? Allungare la strada per non vederlo?» Chiese il batterista, retorico.

«Mi sembra un'ottima idea.»

«Ma non ti era passata?» Era ufficiale: Camille si era bevuta il cervello, la sua risposta ne era la prova.

«Certo! Ma non lo vedo da un po', è comunque un trauma.» Era indecisa se sbattergli in faccia la liberazione di stare senza di lui e poter così inseguire i propri obiettivi, oppure prenderlo a ceffoni per come si era comportato anni prima. Era stato furbo e appena erano arrivati alla rottura definitiva della loro relazione, si era tenuto alla larga da lei per evitare simili ripercussioni. «Ed è per la sua salute che mi preoccupo, non di soffrire. So che per me non è così. Poi c'è pure Madeleine che, nonostante la parte lesa della questione sia io, si comporta come se volesse uccidermi. Stronza.»

Camille si fece una coda in segno di nervosismo e stizza, quasi avesse dovuto impiegare le mani per far qualcosa con cui distrarsi. Logan non l'aveva mai vista così scossa, rimase sorpreso da un tale atteggiamento.

Prese la situazione in mano e tentò di farla ragionare, non aveva intenzione di farsi rovinare la serata per colpa di un idiota qualunque. «Bene, le soluzioni sono due: o allunghi la strada e permetti a entrambi di averla vinta, o passi a testa alta dimostrando quanto poco contino.»

«Devo ammettere che non hai tutti i torti.» Camille lo studiò con attenzione e rinnovata lucidità. «Sei bravo.»

«Oh, non sai quanto.» Le disse con una certa soddisfazione.

Lei si domandò se ci fosse un doppio senso in quella frase, ma poi convenne che era meglio non saperlo con certezza. Non era comunque convinta dalla filosofia di Logan, anche se voleva saperne di più, cosa che fu chiara anche a lui.

«Non puoi evitarli per sempre, vivete nella stessa città. Vuoi forse far credere a Luc che sei ancora presa da lui?! Noi uomini abbiamo la narcisistica convinzione di essere indimenticabili... dimostragli che non è così, dagli uno schiaffo morale.» Nel fare il suo discorso motivazionale indicò la piazza alla propria destra.

«E come? Non mi sembra il caso di fermarlo e dirglielo.» O peggio, dargli un ceffone, che di morale avrebbe avuto ben poco, ma le avrebbe tolto la soddisfazione che in passato non aveva avuto.

«Tesoro.» Le sorrise strafottente mentre si avvicinava al suo viso, tanto che Camille picchiò la testa contro il muro. «Hai me.»

Camille ragionò su quello che aveva appena detto Logan e, in effetti, farsi vedere in giro con un bellissimo uomo – per di più famoso – era una rivincita da non sottovalutare.

Lui, grazie alla distrazione dell'amica, la trascinò verso la piazza, ormai visibile agli occhi di tutti. Magari Luc e i suoi amici non avevano capito si trattasse di lei da quella distanza, ma di sicuro avrebbero potuto notare due persone che si stavano avvicinando. Se avessero fatto dietro front, gli altri avrebbero potuto fare due più due, una soluzione che avrebbe fatto passare Camille come una perdente. Ormai era costretta ad attraversare la piazza, camminare davanti al gruppo e sperare che Dio la aiutasse in un momento di totale imbarazzo.

«Ora seguimi, ma stai tranquilla: parleremo tutto il tempo e saremo così impegnati che non li noterai nemmeno.» Logan le parlò a voce bassa vicino all'orecchio, conscio di aver dato il via al proprio piccolo piano vendicativo, poi la avvicinò a sé per azzerare le distanze.

Studiò ogni reazione e piccolo dettaglio di Camille. Inspirò il profumo dolce dei capelli e quello deciso che doveva essersi spruzzata come tocco finale. L'aveva sentita irrigidirsi per quella vicinanza improvvisa e poteva sentire il suo cuore accelerare, quasi a contatto con il proprio torace. Aveva le guance dipinte di sana vergogna, come se fosse stata colta in fallo, mentre le labbra erano aperte in segno di autentica sorpresa. Era succosa e spontanea, per Logan non era una novità, ma scoprirla sotto quella versione più sicura di sé, almeno all'apparenza, gli aveva aperto gli occhi. Aveva una consapevolezza del proprio essere che non trascendeva mai nell'arroganza, ma riusciva a muoversi con un'innata grazia che faceva girare ogni testa nella sua direzione. In quel momento si sentiva fortunato a essere accompagnato da una simile donna, avrebbe voluto che anche tutte le ragazze con cui era uscito in precedenza fossero lì per invidiarla, perché Camille non era meno di loro. Anzi, era molto di più. Ed era ciò che Logan iniziava a volere per sé, perché sentiva il bisogno di proteggerla.

«Cos'hai in mente?» Camille, concentrata sulla propria meta dall'altra parte dello spiazzo nel tentativo di evitare il proprio ex, non si accorse di averlo distratto dai suoi pensieri. Eppure era conscia di quanto la grandezza della piazza sembrasse aumentare a ogni passo, come se già non fosse stata abbastanza vasta.

«Lo faremo ingelosire senza fare nulla.» Logan, dopo aver riacquistato la propria sicurezza, tornò a parlare con insolenza e allegria, come se la cosa lo divertisse più del dovuto.

«Wilde ha detto che gli uomini vogliono essere il primo amore di una donna, mentre a queste piace essere l'ultimo amore di un uomo. Aveva ragione da vendere. Perché è solo essendo l'ultimo che non si verrà mai dimenticati o si resterà rimpianti come noi vorremmo. Questo dimostra quanto gli uomini siano stupidi e non capiscano niente.»

Sentirlo parlare era affascinante, esponeva le proprie idee in modo accattivante e la voce era bassa e profonda, Camille fu rapita dai suoi modi di fare. Riusciva a darsi ritmo con la camminata, più lenta di quanto lei avesse desiderato, ma non era un problema, se accanto aveva lui che, con ogni parola, riusciva a metterla a proprio agio con il tono di voce e a farle stringere lo stomaco al tempo stesso.

«Lui, secondo te, crede di essere insostituibile?» Cam fece una smorfia che ben rendeva la sua insofferenza per Luc.

«Qualcosa del genere. In fondo lui è stato il tuo primo amore, o sbaglio?»

«Sì, purtroppo.» Ancora una smorfia alquanto eloquente.

«Quindi, a maggior ragione, se non ti vede con qualcuno penserà che tu non l'abbia dimenticato. Questo ingrandirà il suo ego e farà sembrare te una disperata.» Erano cose che aveva imparato con il tempo e dopo tanta esperienza, in materia era abbastanza ferrato, nonostante non gli facesse poi così piacere.

«Mio Dio, no. Non voglio. Io sono più di questo.» Replicò Camille, spaventata da una simile ipotesi.

«C'è un modo per farlo diventare insignificante e ridicolo. Ignorarlo e farti vedere con un altro uomo è già un primo passo, ma non è abbastanza.» E, per sottolineare il concetto, Logan scese con il braccio verso la vita di lei per portarla ancora più vicino a sé.

Camille avvampò e, a causa delle parole di Logan, iniziò a sperare in un bacio da film, nel bel mezzo della piazza e della gente. Non sapeva dire se la spaventasse di più quell'ipotesi, o l'idea che non si realizzasse. Averlo così vicino non la faceva ragionare in modo lucido.

«E qual è questo modo?» Non era sicura di voler conoscere la risposta.

«Il dubbio.»

Le immagini di quel bacio mozzafiato andarono a svanire con un po' di delusione, ma l'idea che la baciasse per una farsa e non perché lo desiderasse davvero la fece tornare con i piedi per terra. Era lei tra i due quella coinvolta, non c'era bisogno che Logan lo sapesse.

«Se io adesso ti baciassi, ai suoi occhi renderei le cose chiare tra noi. E ricorda: la certezza gli farebbe mettere l'anima in pace.» Le sue labbra erano così vicine all'orecchio di lei che le sfiorarono il lobo, provocandole un brivido. «Ridi, ti ha vista. Ci sta guardando.»

Lei rise senza che la cosa fosse forzata, era contenta di essere con un uomo bellissimo, una bellezza che andava ben oltre la sua fama, davanti alla persona che per anni aveva creduto che lei fosse in attesa del suo ritorno.

Logan si piegò verso il collo di lei per far credere di aver lasciato qualche bacio, dato che erano stati visti e, probabilmente, riconosciuti; stuzzicare quel Luc era diventata una questione di primaria importanza. Tutto, pur di stare a contatto con il corpo di Camille. Il suo calore era inebriante, così come il modo in cui si lasciava andare al tocco di lui, accelerando il respiro per l'inaspettata vicinanza. Sentiva il bisogno di averla vicino, di respirarla e capire se anche a lei facesse lo stesso effetto l'averlo accanto, perché lui avrebbe voluto accarezzarla e baciarla davvero, senza che di mezzo ci fosse un ex a cui far rimpiangere le proprie scelte.

Si guardano complici, con gli occhi che brillavano, e continuarono a parlare.

Lui le mise di nuovo il braccio attorno alle spalle, un gesto intimo che gli piaceva più di quanto si fosse aspettato, così continuò.

«Il dubbio, invece, logora. È la cosa che crea più sofferenza, perché è un insieme di cose che si pensa di vedere, ma non si ha la sicurezza che siano davvero così.» Lui lo sapeva bene, ci aveva convissuto per troppo tempo da quando erano diventati famosi e il gossip speculava su ogni componente del gruppo. A lui era toccato mettere in dubbio se stesso, ed era la cosa peggiore che potesse capitare a una persona.

«Tu sei un genio.» Lo guardò rapita e ammirata, mentre Logan le lasciava il tempo di comprendere le sue parole e farle proprie. «E come si instilla un dubbio?»

«Senza essere espliciti. Con intesa, cosa che tra noi c'è, per fortuna. Con alchimia e una tensione sessuale latente. Con la vicinanza e piccoli gesti intimi come, per esempio, una mano sulla spalla, o attorno alla vita.» La voce di lui si era abbassata e arrochita e c'era una vibrazione diversa, suadente. «Se ti lasciassi andare un po' sarebbe meglio.»

Scherzò per rompere il ghiaccio, anche se non ce n'era bisogno, Camille non sembrava nervosa, quanto più appena imbarazzata. E, di certo, una simile reazione non era dovuta a Luc.

Il tono usato fece rabbrividire Camille più delle parole, mentre il gesto convinse Logan a metterle una mano sul fianco e avvicinarla a sé per poterla scaldare.

«Se mi lasciassi andare mi arresterebbero per atti osceni in luogo pubblico.» Replicò tra i denti lei, un po' indisposta. Non le faceva piacere dover ammettere a voce alta un pensiero così personale.

Logan rise divertito, attraendo l'attenzione della gente attorno, anche del gruppo di Luc che, ormai, li osservava incuriosito.

«Ci sta guardando, lui è una statua di sale.» Mormorò il batterista con voce gutturale e profonda all' orecchio di lei, che tremò di piacere. Il respiro accelerato di Camille era un richiamo troppo forte per essere ignorato, lo spingeva ad avvicinarsi sempre più, non per la messa in scena orchestrata, ma per un reale desiderio di farla impazzire come stava succedendo a lui.

Le sfiorò il collo con le dita lunghe e callose a causa del continuo esercizio alla batteria mentre fissava quasi con aria di sfida il gruppo sempre più vicino, poi con lentezza risalì verso la nuca e i capelli per arrivare al laccio, prenderlo e scioglierle la coda.

«Ora che abbiamo la sua attenzione ci sta studiando, e così la sua ragazza.» Era sicuro che lui l'avesse riconosciuta, non sapeva dire se fosse più eloquente la bocca spalancata o gli occhi fuori dalle orbite.

«Mh, mh.» Mugugnò Camille senza prestare una vera attenzione a ciò che li circondava, era più concentrata sui gesti di Logan che la stavano portando sull'orlo di uno svenimento. Il respiro di lui era così vicino da confondersi con il proprio ed era una cosa talmente emozionante da farle male.

«Si starà domandando cosa facciamo insieme, quante volte ti ho spogliata e come lo faccio, come ti ho toccata e quante volte ti ho fatta venire e, soprattutto, se sono meglio di lui.»

Sorrise soddisfatto, prima di realizzare che oltre a far pensare quelle cose a Luc, non gli sarebbe dispiaciuto se fossero successe davvero, ma forse non era il caso di rovinare ciò che di bello c'era tra loro due per quell'attrazione appena nata. Imputò la sua reazione al connubio tra la persona che Camille era e come si era posta per la prima volta quella sera. Nonostante la situazione non fosse a suo vantaggio, quella ragazza era a suo agio con se stessa, una caratteristica che a Logan mancava da un bel po'. Poteva ostentare sicurezza, ma la verità era che scappava da mesi da se stesso e soltanto lei con la sua presenza era riuscita a mettere fine, giorno dopo giorno, a quel conflitto interiore.

«Cosa ovvia, se ci basiamo sul tuo ego.» Si stupì di essere riuscita a ricorre alla sua vena ironica in un momento delicato come quello, almeno per lei. Ogni cosa le sembrava naturale, per quanto la situazione non lo fosse, ma i suoi gesti, così come le parole, erano una risposta spontanea a ciò che faceva Logan. Tutto era così reale e vivido da passarle sulla pelle peggio di un brivido.

«Vedo che hai capito.» Sorrise sfrontato con il volto piegato verso di lei. «E si starà chiedendo come ti bacio e perché non lo stia facendo ora, giusto per potersi fare un'idea.»

In realtà era lui a domandarsi come sarebbe stato baciarla, magari nel buio della strada dove si era rifugiata prima di attraversare la piazza, oppure sul proprio divano, dove avevano passato abbastanza serate insieme da poterle considerare sprecate, dato che non era mai successo nulla. C'era qualcosa di strano in quella serata che gli stava dando alla testa.

Passarono vicini al gruppo e si sorrisero complici senza prestare alle persone l'attenzione che richiedevano. Luc e Madeleine avevano i visi tirati, mentre altri che conoscevano Camille e con cui lei aveva trascorso parte della propria vita la salutarono. Ricambiò i convenevoli distratta e ingenua, quasi quella situazione fosse stata inaspettata ed estranea, e per lei fu davvero così.

«Conoscenti in comune.» Si giustificò con Logan una volta che li ebbero sorpassati per dirigersi verso la fine della piazza. Dalla strada che dovevano raggiungere iniziava a sentirsi il chiacchiericcio della folla e la musica di vari locali nell'aria.

«Tranquilla. Respira» Logan le baciò i capelli per rasserenarla. Quando era piccolo e sua madre lo faceva, con lui funzionava sempre. «E non preoccuparti, lui ha capito di aver fatto una cazzata.»

«Perché?» Camille alzò lo sguardo verso l'alto per osservarlo, incuriosita dall'esternazione.

«Perché sei bellissima.» Rispose lui con gli occhi fissi davanti a sé, se l'avesse guardata non sarebbe stato sicuro dei propri comportamenti. «Un vero schianto.»

Le fece fare una giravolta per concludere in bellezza il loro show – in fondo era un uomo di spettacolo – e per non pensare a quello che in realtà avrebbe voluto fare, infine le posò un braccio sulle spalle in quel gesto che, in poco tempo, era diventato fin troppo confidenziale e continuarono a ridere.

Il cuore di Camille batteva nel petto come se fosse stato la batteria di Logan a causa delle parole di lui, perché la distinzione le aveva fatto intendere quanto fosse apprezzata come persona e come donna, un traguardo che non si era mai prefissata con Logan, ben abituato ad altri tipi di bellezza.

«Scommetto che pure Madeleine si sta rodendo il fegato mentre cerca di capire perché a lei è toccato uno così e non te.» Si era salvata per un pelo, perché avrebbe voluto dire che lei era stata fortunata a trovare Logan, ma la verità era diversa rispetto a quello che avevano dato a vedere fino a un attimo prima.

«In effetti sembra pronta a saltare addosso a me, ma al collo a te per l'invidia.» Convenne Logan divertito per poi girarsi verso l'interessata per guardarla con attenzione e un pizzico di scherno. Sapeva quanto potesse essere ingiusto, ma non gli importava più di tanto, non era mai stato un tipo politicamente corretto. Era divertente l'espressione indignata sul viso di lei, forse dovuta al fatto che l'avesse riconosciuto, non avrebbe saputo dirlo.

«Tutto ciò che fai ti ritorna.» Replicò Camille con una certa fermezza. «Ora può capire come ci si sente a essere sminuiti.»

Quella sorta di vendetta era stata inebriante, ma era stato tutto così repentino e intenso da darle alla testa, la sentiva girare come se fosse appena uscita da una centrifuga.

Oltrepassarono dei palazzi e, ormai al riparo da Luc, Camille riuscì a rilassarsi davvero dopo gli ultimi interminabili minuti. Ora che era finito tutto sembrava irreale.

«Avrei bisogno di un cocktail, ma non lo berrò.» Si era ripromessa di essere solidale con lui.

«E sai perché?» Lo sguardo di Logan era penetrante e lui su di giri, tanto che le prese il mento tra il pollice e l'indice per farle alzare lo sguardo. «Perché la sensazione che provi ora è più inebriante dell'alcool.»

Sembrava un riferimento alla loro vicinanza più che alla situazione appena vissuta e Camille ne fu entusiasta. Era chinato su di lei, così vicino che i loro respiri quasi si fondevano. Lo stomaco le si contorceva per un desiderio che aveva nascosto da tempo, mentre gli occhi scuri di lui l'avevano paralizzata in quell'istante, facendole sperare ardentemente che qualcosa potesse accadere.

Gli spostò una ciocca dal viso con dita tremanti, quando la musica di sottofondo e la gente divennero assordanti e fastidiosi. Lo squillo del cellulare di lei, la canzone dei Glory che si ostinava a usare come suoneria, li aveva riportati nel mondo reale e aveva rotto la bolla in cui si erano rifugiati.

«È Serge, meglio andare a salutarli, lui e Alejandro ci stanno aspettando.»

Camille si allontanò prima che entrambi potessero porsi scomode domande a riguardo e lo guidò attraverso la folla, quella notte – per Logan che l'aveva tanto desiderata – doveva ancora iniziare.

Ciao a tutti!

Scusate il ritardo, ma è stata una giornata piena, a lavoro è stato un inferno e io ho concluso la giornata con un mal di testa lancinante.

Mi sono riletta al volo il capitolo prima di metterlo online, ma mi è costato uno sforzo immenso, e mi dispiace perché, come dicevo nelle note scorse, è il mio capitolo preferito.

Però eccoci qui.

Lui la vede per la prima volta, lei lascia andare le sue difese e ammette che non è indifferente.

E poi c'è Luc e, soprattutto, la teoria del dubbio.

Cosa ne pensate? Logan ha ragione o no?

Io, comunque, ho solo una cosa da dire su questo capitolo (ma sono super di parte):

E te le lancio, Logan, eccome se te le lancio!

PS: vi ricordo che il giveaway natalizio (dove si può vincere una copia cartacea che ho fatto stampare apposta per l'occasione) è ancora attivo sulla mia pagina Instagram, trovate le regole per partecipare nel post apposito.

Ok, a lunedì prossimo.

Cris

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