6. Routine
Camille rientrò a casa poco prima di mezzanotte, ma questo non impedì a Serge di tenderle un agguato davanti alla porta. Appena la vide varcare la soglia la inchiodò con uno sguardo furbo, in attesa di notizie succulente.
«Oh no!» Disse lei, nell'intercettare il suo intento. «No, no, no.»
«Dimmi tutto, avanti.» La seguì con fare minaccioso, il telecomando del televisore teso verso di lei in chiaro segno di minaccia.
«Quale parte di enne o non ti è chiara?» Continuò Camille mentre appendeva la giacca all'attaccapanni. «E sì che è una negazione universale.»
Non sarebbe stato facile fermarlo, lo conosceva bene.
«Non sarà una misera negazione a fermarmi.» Appunto.
«No, infatti.» Si mostrò risoluta nel raggiungere la propria camera. «Sarà la mia volontà a fare il resto.»
«Vuoi dormire? Sai che posso evitare che accada, se mi impegno.» Serge, per nulla intimorito, si sedette sul letto di lei e la guardò indossare il pigiama. Si ficcò sotto le coperte prima che Camille potesse finire di sistemare la maglietta.
«Ok, ma non scenderò nei dettagli.»
«Sei inutile, lo sai vero?» Più accomodante, si spostò su un lato del materasso per farle posto.
«Vuoi sapere o no?» Non era propensa a raccontare ciò che era successo quella sera, lo percepiva come un evento intimo e importante per la fiducia reciproca, ma sapeva bene che non dire nulla all'amico le sarebbe costato un lungo e sfiancante interrogatorio.
«Avanti, spara.» La trovò strana, fragile ma luminosa al contempo, come se si fosse aperto uno spiraglio nell'ombra in cui vagava. «Come è andata?»
«Bene. Si è confidato un po' con me, cosa che mi ha stupita e, a quanto pare, la città inizia a piacergli davvero.» Era contenta di come fosse riuscita a sintetizzare la cosa senza tradire la fiducia di Logan e spifferare i fatti suoi alla prima persona che le capitava a tiro. «È più rilassato. Lo si nota dalle spalle meno tese, dalla mascella rilassata, dal fatto che si tocca meno i capelli e umetta di più la bocca per parlare.»
Un gesto che l'aveva uccisa più volte. Stare accanto a Logan la faceva sentire Highlander, dovette ammetterlo con se stessa. Era di una bellezza disarmante, composta da tante piccole cose che costruivano il suo fascino così complesso e tormentato.
«L'unica cosa che si evince da questa analisi non è che lui sia più predisposto verso l'umanità, ma che tu lo studi come se fosse una cavia di laboratorio.» Gli parve che dopo anni di torpore la sua coinquilina avesse riscoperto lo sbocciare della primavera. Serge ne fu più che felice, le ci voleva un simile scossone.
«Nah.» Negò lei con veemenza.
«Preferisci la parola stalking?»
«Ok, il paragone con un porcellino d'India è più che calzante.»
Si disse di averlo osservato con molta attenzione, l'ossessione era quella che altre avevano nei confronti dei membri del gruppo. No, Camille si era fermata alla venerazione della bellezza esteriore e interiore di Logan, una cosa che non si era aspettata di poter conoscere.
«Quindi il vostro appuntamento è andato bene...» Serge si picchiettò il mento con l'indice, l'aria di chi pensava con impegno alla situazione. «Strano. Sei contenta e soddisfatta, si percepisce, ma non sei su di giri. C'è qualcosa che non mi torna.»
«Il fatto che non fosse un appuntamento, ecco cosa.» Camille lo colpì con uno dei cuscini che usava come ornamento, poi lo raggiunse sotto le coperte. «Il mio ruolo è ben chiaro a entrambi, benché non ne abbiamo mai parlato. Io lo aiuto a muoversi per Montpellier, a interagire con la città. Era un'uscita, un giro turistico istruttivo. Chiamiamolo così.»
«Stando a questo concetto anche il sesso è istruttivo.» Fece una pausa, non abbastanza lunga per permetterle di mostrare la propria indignazione. «Serve a conoscere l'anatomia dell'altro... soprattutto quella "estranea". Sai, le parti con cui si ha meno confidenza di solito.»
«Ti prego, basta così.» Lei finse di tapparsi le orecchie per non sentire altro. Non aveva problemi a parlare di sesso con Serge, non quando la questione concerneva lui.
«Comunque va bene, non è un appuntamento ma un ritrovo tra un batterista di fama mondiale e una ragazza repressa.» Convenne l'altro, pratico e asciutto.
«Non sono repressa!»
«Come vuoi.» Minimizzò Serge. «Ma la situazione come è?»
«Vediamo...» Camille cercò di rendere il concetto senza prendersi troppo sul serio. «Lui è al punto che non mi toccherebbe nemmeno con le mani di qualcun altro per lo schifo, circa, ma sono uno dei pochi esseri umani che gli va a genio, quindi si è instaurata una certa confidenza. Soprattutto stasera.»
Dio, una qualsiasi fan dei Glory avrebbe ucciso per passare una serata così con uno del gruppo, fu felice di non aver dovuto fare carte false per ottenerla. Il fatto che le cose tra loro fossero molto naturali e non forzate era un bene per entrambi. Non c'era imbarazzo tra loro, era come se la differenza percepita per i ruoli in cui si erano sempre ritrovati non contasse; erano soltanto due persone che stavano imparando a conoscersi.
«E tu, invece? A che punto sei?»
«Io... beh, a proposito di mani: sono divisa.»
Ecco la domanda che non avrebbe voluto le venisse posta.
Serge la guardò con un'espressione interrogativa che la invitò a continuare.
«C'è una parte di me che vorrebbe mettere le mani nei capelli...» Di Logan, ma era meglio non specificare, non era detto che la notizia sarebbe stata presa nel verso giusto. «E l'altra che invece le mani gliele metterebbe addosso. Ovunque.»
Le sembrava giusto specificare.
«Wow, la primavera sta arrivando anche per te. Dovremmo avvisare gli sceneggiatori di Game of Thrones e far cambiare battuta agli Stark. L'inverno è sopravvalutato, ormai.» Disse pragmatico mentre lei gli rispose con una smorfia sarcastica. «Sei sicura che questa improvvisa voglia di strusciarti su di lui non ti si ritorca contro?»
«Sì, assolutamente.» Ne era sicura. Non era questione di attrazione, le piaceva scoprire che persona si nascondesse dietro il personaggio pubblico. Lo considerava interessante.
«È molto più bello di quanto mi fossi mai accorta, ma non lo conosco bene.» C'era una sorta di timore reverenziale nei suoi confronti che era convinta non le sarebbe mai passata. Aveva troppa stima di Logan e del suo talento perché lo potesse considerare del tutto normale. «E poi si sa, alla bellezza ultraterrena dei personaggi famosi si fa il callo presto.»
Avrebbe voluto chiedere a Elsa Pataky, la moglie di Chris Hemsworth, se ogni mattina – appena aperti gli occhi – non le venisse voglia di recitare una preghiera di ringraziamento a Dio e di improvvisare una danza dettata dalla felicità, alla faccia del genere femminile.
«Non scherzare, mi preoccupo per te.» Serge le diede una spallata amichevole mentre studiava la sua reazione, voleva accertarsi che non si facesse del male. Non doveva essere facile rapportarsi con qualcuno di famoso, le dinamiche per simili persone dovevano essere diverse, cose che per i comuni mortali erano inimmaginabili.
«No, davvero, c'è qualcosa in Logan che me lo fa apprezzare molto come uomo, ma l'aspetto fisico non è contemplato in tutto ciò. Inoltre mi intimidisce. Insomma, non lo vedo come una persona normale.» Lo tranquillizzò. «Non c'è pericolo.»
Gli sorrise sicura, i pensieri che vorticavano in testa senza prendere una forma precisa. Era meglio non porsi domande alle quali non avrebbe saputo rispondere.
• • •
I giorni trascorsero nella loro routine, ma ad alimentarla si misero di mezzo nuovi rituali. Logan le chiedeva di fare un giro per il quartiere per fare una pausa dai lavori, Camille gli proponeva un caffè per staccare la spina dalla tesi. Piccoli momenti in cui i due parlavano di quello che passava loro per la mente e, senza che se ne accorgessero, li proiettavano a un nuovo livello di conoscenza.
Una mattina presto, quando Camille uscì di casa per andare a ricevimento dal suo relatore, incontrò Logan tornare dal parco tutto sudato, con un accenno di sorriso soddisfatto sul viso. Avrebbe voluto continuare a procedere verso la fermata del tram, ma la figura di lui catturò la sua attenzione. La maglietta bagnata era diventata una seconda pelle, mostrando così un fisico modellato e scolpito dall'esercizio fisico – quale non volle nemmeno saperlo, ma le passò un'idea precisa per la testa – e dalla batteria, mentre alcune ciocche di capelli erano appiccicate al viso, cosa che la portò a frenare le proprie mani prima che volassero a levarle dagli occhi.
Bisognosa di focalizzare la propria attenzione su altro, Camille, quando lo ebbe a portata di mano, gli rubò un auricolare con una certa confidenza e ascoltò quello che Logan aveva nelle orecchie per darsi la carica.
«Come fai ad ascoltare la musica a un volume così alto la mattina?» Lui, in una delle loro uscite improvvisate, le aveva confidato di non tollerare le persone che prima delle undici gli rivolgevano la parola. Dunque non concepiva come potesse infliggersi delle canzoni a tutto volume. Lei, al contrario, non aveva problemi a riguardo, perché la sua parlantina si faceva viva a ogni ora del giorno, quindi non trovava fastidioso che le parlassero prima del caffè.
«La musica è una scelta consapevole, le persone no.» Le sorrise lui nel riprendersi l'auricolare per voler sottolineare quanto lei, rispetto alla propria playlist, non rientrasse affatto nei programmi in quel momento, si divertiva a prendersi gioco di lei in modo bonario.
«Non sei mai un tipo di molte parole, dette o ascoltate, non solo la mattina.» Camille non si lasciò abbattere dalla sua frecciata, anzi, rispose a tono. Un modo per contenere l'estrema sicurezza di Logan, sempre più in grande spolvero da quando aveva iniziato a rilassarsi.
«Ricordami perché quel giorno ti ho riavvicinata.» Alzò un sopracciglio per fingere indignazione.
«Perché senza di me saresti stato perso.» Lei gli strizzò l'occhio con fare accattivante, ma la verità era che la sua attenzione era concentrata sul petto di lui che si alzava più del solito, ancora provato dalla corsa. Si sentiva autorizzata a essere distratta.
«Avrei dovuto comprarmi la Lonely Planet.» Rispose lui, sconsolato, mentre abbassava le spalle con fare teatrale.
«Ma non l'hai fatto.» Gli fece notare Camille, più padrona di se stessa e pronta a riprendere il proprio cammino, aveva delle cose urgenti da fare. «Ora devo andare, ma se vuoi nel pomeriggio sono libera.»
«Giro a La Panacée?» Il museo d'arte contemporanea della città, una cosa che aveva sempre incuriosito Logan, affascinato da tutte le strutture e i movimenti d'avanguardia.
«Mi sembra perfetto.»
• • •
«Secondo te se inserissi gli alieni sarebbe troppo?» Camille aveva alzato lo sguardo dallo schermo del computer per chiedergli consiglio. Si trovavano in uno dei vari caffè del quartiere per parlare e far conoscere meglio la città a Logan, mentre gli operai sistemavano lo studio e lei era libera dai vari impegni universitari o lavorativi.
«Parli dello script per la tesi? Di cosa tratta la sceneggiatura?» Logan aveva provato a farla parlare del progetto, ma Camille si era sempre dimostrata molto riservata a riguardo.
«Di persone in diverse parti del mondo che si conoscono su un forum dedicato a una serie di libri di cui sono fan. Le loro vite si intrecciano a livello onirico in un universo parallelo grazie a una formula contenuta nel libro.» Non era mai stata sicura della propria idea, ma il professore l'aveva amata, dicendo che ricordava un distopico, con l'ambientazione contemporanea ma comunque fantasy, in cui le battute graffianti facevano presa sull'attenzione dello spettatore. Nonostante non fosse proprio il suo genere, Camille era soddisfatta del lavoro svolto, per quanto non fosse facile lavorarci su.
«Vuoi una risposta sincera?» Le chiese Logan prima di vederla annuire. «310-30-6277, ma chiama tra un paio d'ore.»
Il suo mezzo sorriso non prometteva nulla di buono, cosa che mise in guardia Camille, anche se lo stomaco si strinse per la bellezza di quel gesto.
«Perché, di chi è il numero? A cosa mi serve?»
«Della mia psicoterapeuta a Los Angeles. Giuro che è brava e discreta, può darti una mano.»
Assottigliò lo sguardo davanti alla risata divertita di lui e gli diede uno schiaffo sul bicipite fasciato dalla manica della felpa. Non riusciva ad arrabbiarsi con lui nonostante la prendesse in giro, una nuova abitudine che si era presentata con la versione rilassata di Logan.
No, a quanto pareva gli alieni non erano una buona idea. Gli sorrise, incapace di tenergli il broncio e continuò a lavorare sui dialoghi.
• • •
Logan:
Ma da quando i film non sono doppiati in francese? Sono commosso, sono andato al cinema e mi sono goduto il film.
I messaggi di Logan che le arrivavano all'improvviso erano la parte migliore delle sue giornate da un paio di settimane. Poteva figurarselo al cinema, da solo, seppellito nel cappuccio per non farsi riconoscere, con un secchiello di popcorn appoggiato sulle gambe. In quel momento concentrarsi su Emile e Théa diventava davvero difficile, avrebbero potuto distruggere casa che lei sarebbe rimasta imbambolata con un sorriso davanti al cellulare.
Camille:
Da quando abbiamo capito che una simile arte non ci appartiene.
Logan:
Vuoi dirmi che siete umili pure voi?
Logan era sbalordito. Da quando aveva imparato a conoscere Montpellier affidandosi a una persona a lui sconosciuta, si era sentito meglio. Più se stesso di quanto fosse stato negli ultimi mesi a Los Angeles. Andava in giro da solo e senza problemi, non sentiva il bisogno di nascondersi dietro la tentazione un bicchiere di whisky, aveva voglia di conoscere una persona nuova e si sentiva più propenso verso gli altri. L'umore ne giovava e anche gli altri si accorsero di quel lieve ma costante miglioramento. Era come se la sua vita fosse ritornata a scorrere nella giusta direzione.
Logan:
Sto per distruggere la batteria, oggi non riesco a fare le cose come vorrei.
C'erano dei giorni che anche la musica non era in grado di raddrizzare. Il lunedì era uno di quelli.
Camille:
Sono sulla dodicesima riga del secondo atto della tesi da un'ora e mezza. Benvenuto nel club.
Digitò lei poco dopo. Pensare di scambiare messaggi con una rockstar era ancora assurdo, ma constatare di essere sulla stessa lunghezza d'onda e quanto Logan fosse umano la rendeva felice.
Camille:
Per me stasera ci meritiamo una crêpe con il cioccolato. Cosa dici?
Logan:
Dico che non comprendo come funzioni il tuo metabolismo. Forse dovresti venire a correre con me.
Le stava dando forse della grassa? Di sicuro gioiva nel provocarla, il sadico.
Camille:
Non tergiversare, so che la vuoi, sei goloso più di me.
Non avrebbe ceduto a quel bieco modo di darle sui nervi, lei era brava quanto lui a giocare.
Logan:
Sei tu quella che sta evitando di unirsi a me nel fare esercizio fisico.
Camille si morsicò la lingua. Ritrattava tutto: lui era molto più bravo.
Camille:
Porco. Forse ti preferivo prima, quando non facevi simili allusioni e te ne andavi in giro con la tua rabbia repressa e il muso lungo. Ci vediamo alle nove all'angolo, niente scuse.
Era contenta di non avergli dato corda. Un messaggio sbagliato e si sarebbe ritrovata in una chat vietata ai minori di diciotto anni e con un'esperienza sessuale da pornostar. Era fiera della sua risposta vaga, senza un vero diniego o un assenso. Anche perché non avrebbe potuto accettare l'invito a correre, ma non avrebbe nemmeno mai reso il suo apprezzamento così palese.
Logan:
Intanto non hai rifiutato. So che ti piaccio anche così. Soprattutto così. A stasera.
Maledetto Logan, era troppo furbo e ne sapeva molto più di lei in fatto di risposte pronte e osservazioni acute. Però aveva accettato la sua offerta e, dunque, la sua compagnia.
Ripose il telefono in tasca: sì, Logan era proprio una persona che gli piaceva per quello che si stava rivelando. Passare il tempo con lui era divertente e interessante, ma era una cosa che si fermava a quello.
Buonasera!
Scusate il ritardo con cui posto, ma oggi è stata una giornata piena e soltanto ora riesco a respirare un po'.
Un capitolo di passaggio, ma importante, a modo suo: Logan non solo si apre, ma riesce a trovare una sua nuova normalità. Un nuovo equilibrio. E non sono cose da sottovalutare.
Non vedo l'ora di postarvi il prossimo capitolo.
Tra passato e presente ci saranno nuove rivelazioni interessanti.
A lunedì,
Cris
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