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4. Connessioni

«Maledizione. Avevi detto che saresti tornata! Avevo voglia di vederti.» Camille era così coinvolta nella videochiamata con Céline, collegata da Londra, da non aver sentito la porta aprirsi.

«Questa è la tua corrispondenza.» Serge entrò senza badare a ciò che lo circondava, soltanto in un secondo momento si accorse della telefonata in corso. «Ehi, ciao straniera! Come stai?»

Urlò per farsi sentire mentre si sedeva accanto alla propria coinquilina, sdraiata prona sul letto, per entrare così nel campo visivo e palesarsi a Céline, la quale lo salutò con la mano.

«A quanto pare non riesce a tornare a casa per Pasqua.» Camille lo aggiornò con tono triste.

«Ho un nuovo capo che è un vero stronzo, qui è un casino da quando c'è lui.» Céline sì che aveva il dono della sintesi. «Morivo dalla voglia di abbracciarvi, ma la vedo dura. Se faceste voi un salto a Londra?»

Li guardò speranzosa dall'altra parte dello schermo, sullo sfondo un enorme edificio specchiato della City di Londra.

«Impossibile, ho appena consegnato il primo capitolo della tesi, devo buttarmi a capofitto sul secondo per battere il relatore sul tempo, se voglio laurearmi entro i termini stabiliti.» Camille avrebbe ucciso volentieri pur di andare a trovarla, soprattutto se la vittima in questione fosse stato il professor Court, ma aveva ancora tanti sogni da realizzare, il carcere non le sembrava un'alternativa adatta.

«E io ho i turni, non posso cambiarli.» Serge era un novello veterinario. Essendo l'ultimo arrivato nella clinica dove faceva tirocinio non poteva permettersi la libertà di prendersi le ferie durante le festività comandate. Era impensabile.

«A proposito, come va con il ragazzo?» Céline abbassò le spalle, sconfitta, ma non si lasciò abbattere da quell'intoppo, così si dedicò agli amici davanti a sé. «Sempre che tu ne abbia ancora uno!»

«Alejandro sta molto bene, grazie.» Serge rispose con fare pacato per ignorare il sarcasmo di lei, non gliel'avrebbe mai data vinta per una simile allusione. «Jake sta bene o il matrimonio l'ha reso del tutto succube?»

Almeno ci provava.

«Jake ha una propria personalità, che ti piaccia o no, non lo schiavizzo di certo.» Aveva un carattere forte, era dunque stata soggetta a battute del genere, soprattutto da quando stava con Jake, l'uomo più paziente e comprensivo sulla faccia della terra. Nessun altro sarebbe stato in grado di sopportarla. L'argomento ricordò a Céline di voler informazioni da Camille, la persona che aveva chiamato in principio. «Tu invece? Sei sempre in balìa di questo mostro?»

Camille, distratta dal battibeccare degli altri due che ormai avevano monopolizzato la chiamata, si riscosse dai propri pensieri per rispondere alla domanda.

«A parte il nuovo vicino che ho aggredito verbalmente e che, quindi, non è il mio migliore amico? Sì, ho solo lui.» Si pentì di aver nominato Logan nello stesso momento in cui pronunciò la frase, ma riferirsi a lui le venne spontaneo, visti i pensieri che gli stava rivolgendo.

«Ovvio, se non si considera il fatto che...» Serge, con fare ammiccante, era già pronto ad aggiungere la propria parte di pettegolezzi alla questione. Un'aggiunta affatto necessaria.

«Che cosa?» Céline, dall'altra parte del tablet, piegò la testa di lato per sottolineare il suo interesse.

«Che è un potenziale serial killer, data la sua scontrosità e avversione verso il prossimo.» Camille fu soddisfatta della tempestività della propria conclusione perché, dopotutto, non aveva mentito. In effetti Logan avrebbe potuto essere un assassino sociopatico. Sperò che l'amica se la bevesse, perché non aveva la minima intenzione di raccontarle tutta la storia, dettagli compresi.

«Stai mimando un bue?» Céline, concentrata su Serge, non colse la punta di panico nella voce dell'altra.

Manzo, scandì con le labbra il ragazzo, ma il messaggio non fu colto dalla diretta interessata. Non prima che Camille incenerisse Serge con uno sguardo assassino per metterlo a tacere e vederlo immobile sul posto. Forse Logan non sarebbe stato l'unico omicida del quartiere, tutto sommato.

«Quindi ti ho chiamata per questo, per dirti quanto ti abbia voluto bene nel caso dovessero trovarmi morta in qualche cella frigorifera.» Scherzò Camille nel tentativo di sviare il discorso dalla sua sfumatura più insidiosa.

«Non scherzare su queste cose!» La rimbeccò l'amica, terrorizzata da certi aspetti così macabri. Poi fissò un secondo cellulare e alzò gli occhi al cielo. «Ora devo andare, ho una chiamata di lavoro sul numero aziendale. La mia pausa è finita

Si salutarono con fare sbrigativo e si diedero appuntamento presto, prima di riagganciare per lasciare che Céline riprendesse il proprio lavoro.

Serge la guardò preoccupato. Non che si dicessero tutto, tra amici, ma tralasciare un simile argomento non era da Camille. «Perché non le hai detto di Logan – sono un batterista famoso e bello – Wegger?»

Si sdraiò accanto a lei sul letto, a volte confidarsi era più facile se la situazione invogliava a farlo, e un abbraccio era sempre un buon inizio.

«Perché non c'è niente da raccontare.» Rispose Camille, al sicuro nelle braccia di lui, mentre con l'indice gli accarezzava l'avambraccio. «E poi amo Céline, almeno quanto lei adora il gossip. Ci sarebbe un passaparola assurdo con tanto di distorsione dei fatti, e non ho voglia di finirci dentro, anche se indirettamente.»

La fissò con un'espressione confusa.

Lei cercò di spiegarsi meglio. «Se si dovesse risalire a me avrei finito di vivere: attacchi da parte di fan gelose, altre che vorrebbero le prove perché altrimenti non mi crederebbero... non voglio nulla di tutto ciò. Vorrei vivermi l'esperienza in modo normale. Sempre che ci sia un qualcosa da vivere. O qualcosa di normale.»

Un tono un po' troppo amaro perché Serge lasciasse perdere, gli sembrava di aver toccato il nervo scoperto della questione. «Vi siete più visti?»

«No.» Aveva voluto lasciare a Logan il tempo necessario per assimilare ciò che aveva visto e percepito durante la loro gita, perché desiderava che fosse lui a farsi avanti e a volere la sua presenza. Gli aveva dato tutti i mezzi per rintracciarla, ma lei non si sarebbe fatta avanti, almeno non finché fosse stata sicura di non invadere i suoi spazi, ma per il batterista quel momento non era ancora arrivato.

Da parte sua aveva ricevuto soltanto un assordante silenzio.

• • •

«Sono impressionato.» Seth, dall'altra parte del telefono, fece un lungo fischio di ammirazione nei confronti di Logan. «Anche Oliver non se lo aspettava. Questi testi sono materiale ottimo da cui partire. Era da un po' che non ti mettevi sotto con la scrittura delle canzoni

Logan scosse la testa con disapprovazione, in quel momento non ricordava perché avesse insistito tanto per chiamare i propri amici, né il motivo per cui avesse deciso di mandare qualcosa di quello che aveva prodotto.

«È bello sentire quanta stima abbiate di me.» Sarcasmo doveva essere il suo secondo nome, non c'era altra spiegazione.

«Mai dubitato delle tue capacità, bello, ma devi ammettere che latitavano da un po'.» Il bassista lasciò spazio alle voci degli altri due, che concordarono con lui.

Per Logan forse era difficile da ammettere, ma la vita a Los Angeles – e il suo modo di condurla – non gli dava più stimoli. Ritrovarsi solo in una realtà totalmente diversa gli aveva dato un bello scossone. I testi che aveva scritto in quel periodo avevano qualcosa di nuovo, per quanto fossero solo delle bozze.

«Non si direbbe.»

Sentì sbuffare qualcuno in sottofondo. Avrebbe giurato potesse trattarsi di Carter.

«Ma oltre a fissare il soffitto dello studio, fai altro? Sei uscito a visitare un po' la città?» Seth sembrava preoccupato. In effetti lo conosceva abbastanza da sapere quanto un ambiente potesse soffocarlo. Anche a Los Angeles, quando erano in studio, c'erano giorni in cui Logan assomigliava a un leone in gabbia.

«Sì, qualche volta.» Rispose di malavoglia. «Ho trovato una guida.»

Preferì rimanere sul vago e non parlare di Camille. Non c'era molto da dire dopotutto, ma il suo primo pensiero fu di tenerla per sé. La vedeva come una risorsa preziosa, però aveva paura che agli occhi del gruppo potesse sembrare una distrazione o, peggio, una deviazione, come le ultime ragazze che aveva avuto.

«In inglese?» Gli domandò l'amico.

«Anche. Sai com'è, il francese ancora non lo capisco.» Non c'era bisogno di specificare che la guida che l'altro intendeva non avesse pagine, ma un bel paio di gambe e lunghi capelli biondi. Stavano parlando della stessa cosa, ma in termini diversi. Per il momento andava bene così.

«Niente giri per club?» Chiese più diretto Oliver, ancora scottato dall'avvenimento di mesi prima. Gli importava di Logan come dei Destination: Glory, quindi era essenziale che rimanesse pulito, soprattutto agli occhi del pubblico. Aveva piena stima di Logan, quello che aveva detto loro dopo l'arresto per Oliver era l'unica verità possibile.

«Sì, insomma, niente alcool o altra merda simile?» Seth andò dritto al punto, inutile girare intorno ai concetti quando Oli ci si era avvicinato troppo.

«No, niente.» Rispose Logan con la gola secca. Di colpo aveva perso la voglia di scherzare. «Però vi ringrazio della fiducia, davvero.»

Percepire il loro sospetto era la cosa che più lo feriva, soprattutto perché lo conoscevano da anni.

«Ci fidiamo, ma non sappiamo come sono le cose lì.» Cercò di giustificarsi Seth.

«Fanno schifo. Sono solo e non so cosa sto facendo. Il massimo passatempo che ho è quello di guardare gli operai mentre lavorano, quindi mi sembra di impazzire.» Disse con una rabbia asciutta e lucida, in grado di arrivare con distinzione al gruppo, nonostante la distanza. «Ecco come sono le cose qui.»

A Los Angeles regnava un silenzio colpevole, interrotto in un secondo momento da qualcuno che si avvicinò al cellulare. Si percepì una battaglia ingaggiata con l'apparecchio, poi arrivò una voce nitida.

«Senti» Tuonò Carter, il tono duro di chi non avrebbe accettato di essere contraddetto. «Se pensi che ci siamo comportati così per punirti ti sbagli di grosso. Il problema è che con te, in quest'ultimo periodo, è stato difficile parlare. Se si diceva una cosa nel modo sbagliato sbottavi e aggredivi qualcuno. Non hai mai pensato che abbiamo smesso di dirti le cose non perché lo volessimo, ma perché tu non riuscivi ad accettarle?»

Logan sgranò gli occhi come se gli fosse arrivato uno schiaffo in pieno viso. Non era forse quella la conseguenza di una cruda verità?

«No.» Soffiò senza coraggio.

«È stato come camminare sulle uova.» Carter si era ricomposto e aveva parlato con più calma. Sembrò molto stanco. «Eravamo convinti che farti cambiare aria potesse essere una buona cosa

Era il tono di una persona che pensava di aver sbagliato tutto, di nuovo. E l'errore era sempre Logan.

«Io... mi dispiace.» Esalò appena. Dio, era stato un egoista. Aveva pensato che il gruppo ce l'avesse con lui per le cazzate commesse, invece avevano cercato di aiutarlo in tutti i modi, e per farlo l'avevano allontanato da ciò che pensavano gli facesse male. Eppure lui era stato troppo concentrato su se stesso per capirlo.

Si accorse di quanto gli mancavano. Di quanto gli mancasse ciò che erano al posto di quello che erano diventati. La spinta iniziale che li aveva portati a voler dimostrare il loro valore al mondo, non la band a cui tutto era dovuto perché avevano raggiunto ogni obiettivo possibile. Gli mancava essere la persona positiva dei primi tempi dopo la riabilitazione, la stessa che aveva voluto con tutto il cuore la formazione dei Glory.

Logan sentì l'improvviso dovere di tranquillizzarli, non doveva essere facile per loro saperlo solo dall'altra parte del mondo, senza un minimo controllo.

«Qui non è così male. Ci sono un bel po' di cose da scoprire. Ma niente droghe o altro, garantisco.» Il primo pensiero andò a Camille. Era interessante, di sicuro meritava una seconda possibilità. Si era trovato bene con lei, meglio del previsto, l'avrebbe rivista volentieri. «Il caos che regna nello studio mi irrita, ma con il tempo la situazione migliora. Mi sto abituando alla cosa, quindi va meglio.»

«Sembra che il tuo lavoro ti dia ragione.» Ammise Carter più sereno, ma restio a concludere quella discussione.

«Ora sarà meglio che vada, qui è quasi mezzanotte e ho delle idee da buttar giù, prima che fuggano.» Aveva tanti nuovi elementi a cui pensare, non era sicuro che una notte fosse sufficiente.

«Certo, è vero.» Seth sorrise al telefono, ma Logan poté percepirlo comunque. «Non siamo abituati a essere lontani. Ci manchi, bello. Fatti valere

Era come aver ritrovato parte di sé dopo quella conversazione.

«Anche voi mi mancate, ma non preoccupatevi per me. Io... sto bene.» Per la prima volta sembrava essere vero.

• • •

«Come stai?» Logan era al telefono con l'unica persona che riusciva a strappargli un tono davvero preoccupato e dimesso, quasi fosse in presenza di un miracolo e, per lui, era davvero così.

Era l'unica chiamata che non gli costava mai fatica e, sebbene la donna gli avesse detto di non agitarsi e non chiamarla quasi ogni giorno, lui continuava a disobbedire all'invito. Ne andava della sua sanità mentale.

«Benone tesoro, ho alcuni valori un po' alti, ma nulla di grave.» Zia Jules, la donna più speciale della sua vita, era cagionevole di salute. Niente di preoccupante, ma aveva sempre qualcosa. Ecco perché Logan in principio fu restio a lasciare l'America: preferiva averla vicino per poter controllare la situazione, avrebbe fatto di tutto per lei. «Non pensare a me e goditi la città, se non ricordo male è bellissima.»

«L'hai vista?» L'informazione lo stupì.

Aveva sempre saputo che, ben prima che suo zio George morisse, la zia non aveva mai viaggiato molto, non amava spostarsi. La coppia era sempre vissuta a Tucson, in Arizona, ma quando il marito era morto e così Emeraude – la sorella di Jules – con il proprio marito, aveva preso i due bambini e si era trasferita a Los Angeles, più vicina agli ultimi parenti che le erano rimasti.

«Da ragazza.» Disse con voce divertita e nostalgica. «Durante la luna di miele. Abbiamo percorso tutto il sud della Francia, poi ci siamo diretti a Parigi.»

Sembrava a entrambi che stesse parlando di una vita precedente e, per certi versi, era davvero così. Quei pensieri avevano sempre un potere dolceamaro su di loro, come se fossero le prove fin troppo vivide nelle loro menti che tutto avrebbe dovuto essere diverso.

«Qualche suggerimento su cosa visitare?» Aveva visitato gran parte della città con un'ottima guida, ma essere ulteriormente agevolato non lo avrebbe contrariato di certo.

«No, non voglio dirti nulla. È meglio che la scopra da solo e costruisca il tuo viaggio.» Jules sorrise, questa volta con più serenità, e lasciò che le proprie parole attecchissero nel nipote.

Logan, dal canto suo, storse la bocca e alzò gli occhi al cielo. Da quando lei, lui e Carter erano stati costretti a essere un'unica famiglia era diventata fatalista, una teoria che al batterista non andava a genio e che aveva voluto sfatare lui stesso nel raggiungere il successo con la band. Ognuno si faceva da sé con le proprie azioni, non c'era niente di scritto o certo, tranne forse le proprie doti innate.

«Ok, ho capito. Mi arrangio.» Scherzò infine per darle corda.

Quel discorso lo aveva fatto pensare a Camille. Era passato qualche giorno da quando erano andati in giro per Montpellier, e lui aveva fatto perdere le proprie tracce. Si sentiva codardo e colpevole per non averla cercata dopo che gli era stata utile, ma non sapeva cosa pensare di lei, era pur sempre una fan. Era uscito con ogni tipologia di donna possibile da quando i Glory erano stati scoperti, ma non aveva mai avuto a che fare con una semplice ammiratrice. I manager del gruppo avevano demonizzato le ragazze simili perché nei componenti del gruppo vedevano principi azzurri, non persone che svolgevano il proprio lavoro. Se di mezzo capitava del sesso speravano nella storia d'amore e non lo vedevano come ciò che era in realtà, ovvero uno sfogo del momento, un'attrazione che si sarebbe esaurita con la fine dell'orgasmo. Eppure Camille, fino a quel momento, non si era dimostrata inopportuna. Non aveva cercato né di incontrarlo né di contattarlo, forse meritava l'opportunità di farsi conoscere meglio.

«Ti ho cresciuto perché tu ne fossi in grado, non mi aspetto niente di meno da te.» Gli rispose orgogliosa, come se fosse una mamma con il figlio. «Ora devo andare, ho il corso di yoga che inizia a breve. Buona notte Logan, non dimenticarti mai che ti voglio bene.»

«Anche io zia.» Le disse con un nodo di nostalgia a impedirgli di respirare in modo corretto. Salutarla era sempre la parte più difficile. «Anche io. Ciao.»

Prese il cellulare e si fece forza per cercare il contatto che aveva salvato la sera stessa in cui l'aveva ricevuto e scrivere un messaggio, si sentiva pronto.

Logan: Cosa ne dici se stasera completiamo il famoso giro turistico della città? Logan

Dovette aspettare una decina di minuti prima di ricevere risposta da Camille, tempo nel quale si domandò se fosse svenuta per aver ricevuto un messaggio da lui, se avesse divulgato il numero su qualche social per dimostrare che il batterista dei Destination: Glory le scriveva, oppure se invece era realmente occupata.

Camille: Ciao! Stasera non posso, sto facendo da baby-sitter. Cosa ne dici di domani?

p.s. Il numero lo tengo per me, non preoccuparti.

Il post scriptum lo tranquillizzò, ma poi si accorse di detestare il fatto che Camille sembrasse in grado di leggerlo con una simile facilità. Infine realizzò che fosse una cosa facile da evincere, vista la premura avuta alla fine del loro incontro e si fece scivolare addosso la cosa.

Logan: Ok, perfetto. Ore?

Questa volta non dovette aspettare molto, poteva vedere all'inizio della chat che stava digitando un messaggio.

Camille: Alle sei e mezza all'angolo dell'altra volta. Ora vado, prima che i bambini dipingano i muri di casa con i pastelli. A domani sera.

Sorrise contento, sua zia sarebbe stata fiera di lui: stava seguendo il suo consiglio.

Ehi there!

Eccoci qui: nuovo inizio di settimana, nuovo capitolo.

Un saluto a tutti quelli entrati in zona rossa, siete in buona compagnia! Praticamente l'ultimo che rimane zona gialla grida "Uno!" e vince

Scemate a parte...

Capitolo di transizione, ma mi piace mostrarvi Camille e Logan nella loro normalità. Soprattutto Camille, dato che di Logan qualcosa si era già visto, ma da queste chiamate si possono già intuire alcune cose, tipo le sue debolezze (leggi Zia Jules) e ciò che al momento non va con il resto dei Glory. Insomma, Logan, pian piano, inizia ad aprire gli occhi sui suoi atteggiamenti. 

E poi...

E poi ci sono i messaggi finali...

Logan si è deciso a usare il numero e, a quanto pare, si troveranno per uscire. Di sera. Insieme.

Insomma, capito no?

Preparatevi, perché la storia sta per entrare nel vivo 😇 💕

A lunedì prossimo

Cris

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