25. Accorciare la distanza
Come se non fosse abbastanza strano trovare Logan nel proprio appartamento, sembrava anche a suo agio, forse un po' annoiato per l'attesa.
«Ma sei impazzito?!» Camille si avvicinò con fare minaccioso, in realtà voleva accertarsi che quella presenza fosse reale e non una proiezione della sua mente. «Cosa ci fai qui? Come ci sei arrivato?»
Aveva il cuore in gola e una miriade di emozioni che le vorticavano dentro, ma fu sorpresa – nonostante tutto – di essere contenta di vederlo. Le era mancato e non avrebbe avuto senso negarlo a se stessa.
«Ciao» Replicò Logan con tutta la calma del mondo. «Volevo parlarti.»
Lei aveva rischiato un infarto, era ancora in atto in quel momento, e lui era lì, tranquillo, perché voleva parlarle? Doveva essere uscito di testa.
«Tu sei pazzo. Ti denuncio.» Un pensiero la colpì all'improvviso: non avrebbe dovuto essere a Montpellier?
«E cosa dirà la polizia quando scoprirà che sono il regalo di benvenuto delle tue amiche?» Accennò un sorriso arrogante, conscio di aver la verità dalla sua parte grazie all'attesa che aveva affrontato. Era stata utile per pensare a evitare che Camille lo sbattesse fuori di casa. Prima o poi avrebbe dovuto desistere e lui aveva studiato ogni eventualità affinché la cosa avvenisse nel minor tempo possibile. Era troppo determinato per mandare a monte quella possibilità. «Se aggiungessi che mi hanno pagato, scommetto non avrebbero proprio nulla da obiettare.»
«Pazzo completo.» Disse più a se stessa, mentre scuoteva la testa e si allontanava da lui. Ora che iniziava a scemare l'adrenalina della sorpresa, la mente riprese a funzionare a dovere e a ricordarsi di quanto lui l'avesse ferita.
«E tu sei una fifona.» Logan le rispose, come se le parole di Camille fossero state rivolte a lui. «Ma posso capirlo. In fondo ho agito allo stesso modo.»
Lei avrebbe voluto saperne di più, ma era troppo furba e infuriata per cogliere la provocazione. «Ora, per favore, esci. Vattene.»
Gli indicò la porta con i nervi tesi e uno sguardo furente, ma non sembrò sortire alcun effetto, se non quello di farlo alzare per fronteggiarla direttamente.
«Cam, mi manchi.»
Negli occhi di Logan lesse una disperazione così sentita e sincera che se ne sentì investita. Conosceva bene quella sensazione, era lo specchio di quella che provava lei. Era orribile sentirsi a quel modo, ed era peggio percepire quanto anche lui fosse rimasto travolto dalla sensazione.
Logan e i suoi occhi, intensi e scuri come il tormento che vi si poteva leggere dentro, erano bravi a inchiodarla sul posto, a farle attorcigliare lo stomaco e farle desiderare di mettere fine a quella sofferenza, ma Camille doveva pensare a se stessa per una volta, proteggersi prima di essere investita dalla violenza del suo cuore spezzato.
«Un po' tardi per capirlo.» Avrebbe voluto essere meno dura, ma era meglio non dimostrarsi troppo disponibile e creare a entrambi false illusioni.
«Dobbiamo parlare di tutto quello che è successo.» Logan, però, non sembrava dello stesso avviso.
«Forse è tardi per farlo, non credi? Forse non ho più niente da dire a riguardo.» Si espresse con rabbia, pestando un piede a terra e andando a colpire una delle proprie valigie nel fare un passo indietro per allontanarsi da lui e dalla sua presenza.
«Allora mi ascolterai, perché di cose da dire ne ho una marea.»
Non avrebbe saputo dire se la testardaggine di Logan fosse irritante o più da encomiare, era fortemente indecisa, per poi rendersi conto che, come dall'inizio della loro conoscenza, le stava imponendo le sue condizioni senza chiederle il permesso, quindi si infiammò.
«Sempre tu. Ma non pensi mai che forse io non ho voglia di starti a sentire?»
Per quanto fosse curiosa, era convinta che ascoltare le ragioni del batterista fosse pericoloso. Non era pronta a mettersi in gioco, non con una persona che non aveva dimostrato rispetto per lei.
«Penso che tu sia spaventata, e hai ragione a esserlo.» Le disse, perfettamente padrone di se stesso. «Ma non me ne vado senza prima averti spiegato cosa è successo quel giorno.»
«Prego allora, parla pure.» Lo invitò con un gesto della mano e gli occhi fuori dalle orbite mentre indicava, senza un vero perché, la poltrona.
«Davvero?» Rimase stupito nel trovarla così accomodante, non si era aspettato così poca resistenza.
«Prima inizi e prima te ne vai.» Gli fece notare, pratica.
Ecco, così quella permissione aveva senso. Logan si rimise a sedere e si prese il tempo necessario per riordinare le idee, intanto Camille copriva con passo lento e costante il salotto sgombro, per quanto piccolo fosse. Avanti e indietro.
«Carter mi conosce bene. Sa quali sono le mie debolezze senza che io gliele mostri.» E la indicò, per rendere chiaro di chi parlasse. «Non era un mistero che io non volessi andare a Montpellier. Suppongo quindi sia stato facile per lui ricordarmi come fosse la mia vita a Los Angeles, con il mio lavoro e tutti loro accanto.»
Dirlo ad alta voce lo fece sembrare un pensiero sconnesso, ma nella sua testa, prima, aveva avuto una certa logica. Eppure pronunciare una simile frase l'aveva fatto sentire stupido.
«Non dare la colpa a Carter per quello che è successo, perché sei stato tu ad agire. Per quanto lui ti abbia servito un assist perfetto.»
Camille non accettò la giustificazione, ma non lo fermò nemmeno dopo un inizio così zoppicante. Non era una brutta cosa, doveva soltanto essere più incisivo.
«Ok, vedo di arrivare al punto.» Si passò le mani sul jeans che gli ricopriva le cosce e ricominciò dall'inizio: «Kat ha sempre fatto parte della mia quotidianità, per quanto non fosse una persona stabile nei miei rapporti. Quando sono arrivati tutti ero destabilizzato. Non avevamo ancora trovato un equilibrio per quello che c'era tra noi, non sapevamo nemmeno se ci fosse una storia!»
C'era stata per lui, non c'erano dubbi, ma non avrebbe saputo da che parte iniziare per far sì che le cose durassero; c'era troppa carne al fuoco per i suoi gusti, bruciare tutto era stato più facile di quanto avesse creduto. A posteriori avrebbe agito in modo diverso.
«E questo dovrebbe giustificare il tuo comportamento?» Domandò lei, retorica.
«Certo che no, ma ero confuso. E debole.» Aveva troppe cose da dire e, a giudicare dalle reazioni di Camille, gli sembrava di aver poco tempo per farlo. «Con Kat a completare il quadro potevo illudermi di aver ottenuto quello che pensavo di volere, ma nel perderti mi sono reso conto dei miei sentimenti.»
«Wow, la tua considerazione mi commuove.» Si mise le mani sul cuore per sottolineare un sarcasmo che non si addiceva al momento.
«Cristo, Cam. Avevo paura. È difficile da accettare?» Si spazientì e, con sorpresa, si rese conto di aver catturato davvero la sua attenzione, come se lei si fosse davvero decisa ad ascoltarlo. «Non sono refrattario alle relazioni, come si sa dai giornali ne ho avute, ma non c'era niente di così serio come lo è stato tra noi. Le donne come Kat erano facili da accontentare e sapevamo a vicenda cosa voleva l'altro: loro la mia luce riflessa e io una donna con cui fare sesso e scambiare delle effusioni. Pensavo fosse quello l'amore. Con te invece è sempre stato diverso, una cosa più costante e premurosa, fatta di attenzioni e compromessi. Non sapevo come gestirla, avevo bisogno di tempo per abituarmi alla cosa, ma non ne ho avuto. Lo vorrei adesso, però.»
Aveva messo da parte i discorsi che aveva preparato per lasciarsi andare e parlare con una sincerità che non si era aspettato di poter mostrare. In effetti non gli piaceva essere così esposto, ma sembrava l'unico modo per far breccia nel muro di Camille, era dunque disposto a rischiare di farsi male.
«Non eri l'unico ad avere paura.» Rispose con un tono che sembrava più controllato, quasi arreso. Aveva abbandonato la rabbia e sembrava pronta al dialogo, anche se si esprimeva con veemenza e durezza. «Io sono ancora terrorizzata! Come posso perdonare il tuo gesto? Come posso sapere che non ci sarà un'altra occasione in cui sarai spaventato e che, quindi, ti spingerà a tornare da una tua ex o con un'altra?»
«Non è successo nulla con Kat.» Specificò Logan con una calma invidiabile. Camille, senza accorgersene, aveva parlato di perdono, stavano dialogando sulla questione e per lui era fondamentale continuare a farlo, doveva mantenere il controllo. «È venuta in camera mia, ha provato a baciarmi e si è spogliata. All'inizio sono rimasto sorpreso e non ho fatto niente, era stato come tornare nei miei panni per un attimo, ma quando mi sono reso conto della cosa – e di quanto non mi piacesse tornare a essere il vecchio me stesso – l'ho allontanata e l'ho cacciata dalla stanza. Le ho detto che non la volevo. Nell'andare via si è presa una mia maglietta perché è la prima cosa che ha trovato ed è andata a dormire. Per questo la mattina dopo le hai visto addosso le mie cose.»
Lei restò in silenzio e, sebbene fosse spaventoso, lo era meno di una sua sfuriata. Vedere che non lo stava cacciando ma che gli stava permettendo sempre più di spiegare ogni punto in sospeso tra loro, gli faceva accendere della speranza nel petto e, per quanto facesse male, era come tornare in vita poco a poco.
«Io non posso competere con nessuna delle tue ex, Logan, sono inarrivabili. Io sono una ragazza qualunque.» Gli disse sconfitta, stanca di voler combattere una battaglia persa in partenza. Era incredibile come, per un periodo seppur corto, si fosse convinta di potercela fare.
«E non ti chiedo di cambiare, ma di capirmi.» Si alzò per fronteggiarla, anche se a separarli c'era lo schienale della poltrona. «Cam, forse penserai che non ti ho portato rispetto e che ti ho umiliata, tenendoti nascosta e non parlandone davanti a tutti. Ma tu mi hai ferito.»
Per quanto fosse stato schietto, Camille non apprezzò l'accusa.
«Stai scherzando?» Fu facile abbandonare l'arrendevolezza per cercare nella rabbia nuova benzina per la discussione. Essere furiosa con Logan era più semplice, anche se il risultato delle proprie azioni le avrebbe fatto comunque male, ma era più facile che cercare di capirlo e decidere se fare un salto nel vuoto. Uno di quelli così profondi di cui non si vedeva la fine.
«No, affatto.» Le disse, senza la minima ombra di cattiveria. C'era una punta di tristezza in fondo agli occhi, però, che non poteva passare inosservata. «Io non ho voluto espormi davanti a tutti, ma tu alla prima occasione hai tradito la mia fiducia.»
«Io...» Cam spalancò gli occhi, incapace di controbattere.
La sua rabbia si disperse, consapevole del fatto che Logan avesse ragione. Aveva pensato tutto il tempo a quello che le era stato fatto, da non accorgersi che anche lei, con il suo atteggiamento, lo aveva ferito.
«Mi sono sempre fidato di te perché fin da subito mi sei sembrata una persona sincera.» Continuò lui, ignaro del tumulto che le aveva sollevato dentro. «È stato naturale aprirmi con te, ti ho detto cose che nessuno sa. Però la prima volta in cui ti chiedo di credermi, tu non mi dai il beneficio del dubbio e decidi che sono colpevole. Mi ha fatto male.»
Il fatto che parlasse con una certa dolcezza, grazie ai ricordi trascorsi insieme, la fece stare peggio.
«Oddio, io... scusa. Come ho fatto a non pensarci? Sono una persona orribile.» Scosse la testa mentre parlava da sola, con le lacrime agli occhi. Si sentiva spaventosa per il proprio comportamento.
«Penso che avessi la testa focalizzata su altro.» Aggiunse indulgente. «Era comprensibile.»
«Ora ho capito.» Ammise distrutta. Non seppe spiegare perché, ma la comprensione di Logan nei suoi confronti scalfì ogni difesa che aveva provato a erigere.
«Quindi sei pronta a perdonarmi?» domandò con emozione.
«Soltanto se tu perdoni me.» Accennò un sorriso timido e triste allo stesso tempo.
Era impossibile raccontare come tutto quello fosse troppo: capire ogni comportamento dietro a un gesto, sapere di aver provocato lo stesso dolore che le era stato procurato, conoscere la bontà di una persona; tutto era diventato troppo da sopportare.
«Fatta.» Logan la guardò negli occhi e vi lesse parte del turbamento, tanto che il suo tiepido entusiasmo per essere giunto al punto da lui desiderato si spense. «Perché, però, è come se sentissi che le cose tra noi non fossero a posto?»
«Dipende da cosa intendi con a posto.» Camille sospirò, insicura su come continuare.
«Io voglio stare con te. È così difficile da credere? A Montpellier ero ossessionato dalla distanza e dal non poter trovare una soluzione, eppure ora sembra che il problema sia risolto.» Lui le indicò l'appartamento per rendere chiaro il concetto. Lei era a Los Angeles e ci sarebbe stata per un po', quella era la sua casa. Loro sarebbero potuti essere reali, o almeno avrebbero potuto capire dove quella relazione li avrebbe portati.
«E secondo te il nostro problema era la distanza?» Gli chiese retorica, tra le lacrime. Era come se non riuscisse più a contenere l'angoscia che provava e dovesse sfogarla in qualche modo. Si sentiva frustrata, con la certezza sulle spalle di non poter avere ciò che più desiderava. «Logan, sveglia! Alla prima difficoltà ci siamo scannati per poi lasciarci andare.»
Aspettò una reazione del batterista, che non arrivò, così rincarò la dose: «E non abbiamo fatto niente per chiarirci o riprenderci. Sono passate settimane.»
Quasi tre per l'esattezza. Aveva contato i giorni, sentendosi stupida e vuota e infantile.
«Come se volesse dire qualcosa. Tu sei scappata dall'altra parte del mondo alla velocità della luce pur di starmi lontana e, fidati, non è l'esatto comportamento di una persona a cui non interessa nulla dell'altro.» Le fece notare con veemenza. Capiva che le cose si fossero complicate, ma non riusciva a credere che Camille pensasse che tutto fosse compromesso fino a quel punto, non avrebbe mai creduto di trovare in lei una nemica. «Io, invece, avevo bisogno di tempo per pensare a come mi sentivo, a cosa provavo. Me lo sono preso. Ed è per questo che sono qui.»
Questa volta fu lei a sedersi sulla poltrona, stremata.
«E se io avessi bisogno di tempo? Se io, alla luce dei fatti, avessi bisogno di pensare a... beh, tutto? Forse non sono pronta per ascoltare le conclusioni a cui sei arrivato, o forse non mi importa più.» Più parlava, più la disperazione veniva a galla. Le lacrime, il tono di voce, gli occhi. Era come se il suo corpo dicesse più cose di quello che lei volesse ammettere.
Ciò che diceva e ciò che voleva davvero remavano in direzioni opposte e lei sembrava sul punto di spezzarsi. Logan era lì per tenerla insieme e ricucirla, Camille doveva rendersene conto.
«Se fosse davvero così non saresti nel panico.»
Non c'erano parole per descrivere il dolore che provava Logan nel constatare quanto l'avesse ferita, ma avrebbe fatto di tutto per porre rimedio alla cosa.
«Non sono un automa.» Tirò su con il naso e si asciugò una lacrima con il pollice, nel tentativo di recuperare un po' di dignità.
Logan si accucciò davanti a lei e le mise le mani sui polsi che le pendevano dalle ginocchia. Sentiva il bisogno di dirle quello che provava, anche a costo di sentirsi respingere. Non poteva più trattenere i sentimenti che sembravano sfuggirgli dalle labbra con più facilità e serenità di quanto avesse mai creduto.
«Cam, io ho capito che l'amore è fiducia, e mi sono reso conto che con te non poteva andare in altro modo. Non potevo evitare di innamorarmi di te perché mi sono fidato dall'inizio, perché eri diversa da tutto quello a cui ero abituato ed è stato questo a piacermi di te. Sei stata un'amica prima di tutto e, oltre a essere una novità, per me è stato importante.»
Camille si schiarì la voce nel tentativo di scacciare il nodo alla gola che sembrava volerla strozzare e Logan, per cercare di alleviare il suo dolore, le asciugò le lacrime che le rigavano il volto.
«Sono arrivato a Montpellier perso, lacerato dentro. E tu, un passo alla volta, mi hai portato sulla strada giusta, mi hai salvato. Sei stata la bussola, la guida. Sei stata la cura di cui non sapevo di aver bisogno, ma sei anche una nuova dipendenza. Per quanto sana.» Accennò un sorriso, tanto stanco quanto sincero. «Quindi, se sono venuto da te soltanto adesso, è perché volevo essere sicuro dei miei sentimenti. Non sarei tornato per poi andarmene.»
Cam sembrava sul punto di dire qualcosa, ma non ne aveva la forza. Era sopraffatta da quelle parole, era incredibile come Logan fosse riuscito a descrivere ciò che provava anche lei e quello che era successo fin dall'inizio della loro conoscenza con un'attenzione micidiale.
Lui, con l'intenzione di voler finire il proprio discorso, le mise l'indice sul labbro per zittirla.
«E ho capito che sei quella persona che capita una volta sola nella vita, e non voglio perdere tempo a cercare una donna che riesca a riempire la tua mancanza. Non voglio una sostituta. Ora che lo so non voglio essere così stupido da perderti. Ti amo perché anche solo la tua vicinanza mi sprona a voler essere migliore, in un modo che nemmeno pensavo di essere.»
A Logan ci era voluto tempo per comprenderlo, ma in quel periodo aveva capito che Camille, tra tutte le donne con cui aveva avuto a che fare, era stata l'unica ad accettarlo com'era senza volerlo cambiare e a volergli stare accanto senza voler sfruttare la sua fama. Non avere pressioni di alcun tipo, si era reso conto, l'aveva fatto sentire libero di essere migliore, così come si era scoperto a Montpellier. Non voleva smettere di essere quell'uomo, né voleva esserlo senza di lei.
«Tu cosa?» Camille domandò con voce strozzata.
L'emozione l'aveva travolta. Era convinta di non vederlo mai più, invece Logan aveva attraversato mezzo mondo per dirle che l'amava, per spiegarle la situazione e cercare di sistemare tutto. Lei in quel periodo aveva cercato di dimenticarlo e poi di far finta che non esistesse, ed entrambe le soluzioni erano risultate vane.
Era incredibile come il petto sembrasse troppo piccolo per il suo cuore in quell'istante, come l'aria non fosse abbastanza per farla pensare in modo lucido. Era sopraffatta da tutto quello che le era appena stato detto, e non era affatto in grado di riordinare un pensiero coerente.
Avrebbe dovuto essere terrorizzata, eppure si sentiva leggera e libera. Il corpo percorso da un'onda formicolante a cui non avrebbe saputo dare un nome. Forse, invece, il nome lo sapeva, ma come le aveva detto Logan all'inizio del loro discorso, era semplicemente terrorizzata.
«Ti amo.» Le ripeté lui con calma. «Ed è proprio per questo che me ne vado. Se è tempo quello che ti serve te lo lascio, se non vuoi più vedermi scompaio, ma era giusto che tu lo sapessi, perché ora non ho più paura di dirlo.»
Le baciò la fronte e si alzò per avviarsi verso l'uscita.
Camille piangeva a dirotto. Non avrebbe saputo dire se di sollievo per quello che aveva scoperto su ciò che era successo a Montpellier, se di dolore per aver sofferto a causa del loro malinteso, o se di felicità perché Logan sembrava aver mosso tutta la forza del mondo per arrivare fino a Los Angeles e dirle con schiettezza quello che provava. La sua testa era un vortice sconnesso di pensieri che si annidava nel nodo alla gola e le impediva di parlare da quanto le faceva male, eppure avrebbe voluto urlare, fermarlo prima di vederlo vicino alla porta.
Logan le voleva lasciare del tempo, ma in quel frangente era come se sentisse di non averne più a disposizione. Ne aveva già perso abbastanza. Vederlo andare via un'altra volta era troppo.
La vita era fatta di scelte e di occasioni e Camille aveva imparato a sue spese quanto fosse facile buttarle al vento, non voleva ripete l'errore di nuovo.
Si alzò e lo fermò con il proprio corpo, così piccolo rispetto a quello di lui.
«Dove pensi di andare?» Camille lo abbracciò in modo brusco, fermandolo prima che potesse toccare la maniglia, ma non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia. Si sentiva stupida e molto poco coraggiosa.
«A casa, per lasciarti spazio.» Eppure rispose all'abbraccio. Con un tocco leggero le mise le mani sulle spalle e quel calore bastò a Camille per capire di aver fatto la cosa giusta.
Quel calore era casa, così come il battito del cuore di Logan sotto il suo orecchio era il suono che le avrebbe ricordato ogni volta come ritrovare la strada per il tepore e la sicurezza che soltanto Logan riusciva a darle.
«E se ti dicessi che non lo voglio uno spazio senza di te?» Mormorò appena contro il suo petto.
Le mani del batterista scivolarono lungo la schiena in modo da stringerla ancora di più a sé. Quello che era parso come un timido contatto era divenuto saldo e indissolubile ed era la sensazione migliore del mondo.
«Ne sarei sollevato, perché la mia vera paura, ora, è non averti con me.» Le sussurrò con la bocca tra i suoi capelli.
Camille sollevò lo sguardo, doveva dimostrare di essere all'altezza della situazione.
«Ti amo, sono innamorata da quando mi hai mostrato come sei davvero e quanto è grande il tuo cuore. È un sentimento così grande da avermi spaventata. Non amo il batterista, ma l'uomo che c'è dietro. Quello che parla inaspettatamente tanto e che si preoccupa per gli altri. Quello che mostra le sue fragilità anche se gli costa. Quello che riesce a farmi ridere con uno stupido messaggio. Amo tutto di quell'uomo, anche i difetti.» Gli sorrise, sempre più serena e sicura di sé, perché era riuscita a mettere ordine ai propri sentimenti e a descriverli, per quanto le sembrasse che definirli li potesse soltanto costringere in uno spazio più piccolo di quello che potevano occupare. «Amo tutto di te perché sei riuscito a farmi ritrovare me stessa dopo essermi persa.»
Il sollievo che vide crescere negli occhi scuri di Logan, la felicità contagiosa che emanavano con la loro intensità, era la risposta migliore che potesse ottenere, più di qualsiasi parola.
«Non penso di essere mai stato più felice di questo momento in vita mia.» Il battito era accelerato, ma la calma del respiro era qualcosa di totalizzante che sembrava contagiare entrambi.
«Dici che c'è futuro per noi?» Domandò Camille incerta, c'erano così tante cose di cui parlare e ancora più domande da porgli. «Insomma, alla prima difficoltà abbiamo buttato tutto all'aria.»
Aveva bisogno di essere rassicurata e, per fortuna, Logan sembrava la persona più adatta per farlo.
«Nessuna coppia è esente da litigi, nessun rapporto è perfetto.» Le spostò i capelli dietro le orecchie. «L'importante è voler superare ogni ostacolo. Meglio se insieme. E in questo possiamo diventare bravi.»
Le regalò il sorriso più luminoso e schietto del mondo, tanto che riuscì a tranquillizzarla.
«Ti prometto che mi fiderò, d'ora in poi.» Lo assicurò.
«E io che ti parlerò sempre.» Disse lui, risoluto. «E che non ti terrò mai più nascosta.»
«Tranne che alle tue fan che vorranno uccidermi.» Puntualizzò con un sorriso a metà tra il divertito e il terrorizzato.
«Si può fare.» Non aveva la minima intenzione di dividerla con gli altri o lasciare che il mondo interferisse nel loro rapporto, non più. Aveva imparato a non ripetere più i propri errori e gli ci era voluta una vita per farlo.
«Ehi.» Camille lo richiamò alla realtà con gli occhi spaventati. «Ma tu devi tornare a Montpellier?»
La sola idea di vederlo tornare dalla parte opposta del pianeta le rendeva inquieta, quasi tutta la loro discussione potesse diventare meno reale. Era tutto così improvviso e travolgente, avrebbe avuto bisogno di tempo per abituarsi a quelle novità.
«No, siamo rientrati tutti.» Logan la avvicinò a sé, incapace di tenerla a distanza. «Il periodo trascorso là insieme è bastato. I nostri agenti hanno fatto uscire un sacco di foto di noi nello studio, e ci saranno dei video con pezzi di registrazioni, così la casa discografica avrà quello che ha sempre voluto, e noi possiamo tornare qui in tutta tranquillità.»
Camille sorrise sollevata e contenta, anche se sperava che i Destionation: Glory non ce l'avessero troppo con lei. Era sempre stata vista come un problema e quell'improvviso cambio di rotta non avrebbe fatto altro che avvalorare la loro tesi. Avrebbe dovuto scusarsi con loro, o almeno chiarirsi, forse.
«Grazie a Dio, non so se sarei stata in grado di lasciarti andare.» Gli saltò in braccio e lui la prese al volo, in una perfetta sincronia. «Altrimenti avrei dovuto inventarmi qualcosa per farti sentire la mia mancanza, Weg.»
Lo prese in giro con quel soprannome nato per scherzo, mentre gli accarezzava la nuca sotto alla coda scomposta di lui.
«Del tipo?» Le sorrise in modo estasiato. Ritrovare la Camille maliziosa e pronta allo scherzo era come tornare a respirare e a sentirsi completo.
Era incredibile come fossero connessi, con i corpi che vibravano per l'elettricità e l'impazienza di tornare a conoscersi con un solo gesto. Era impossibile evitare di toccarsi o pensare di stare lontani, pelle chiamava pelle e tornare a fondersi sembrava l'unico modo per mettere a tacere le scintille e i brividi che scorrevano attraverso di loro.
«Se vieni di là te lo dimostro.» Accennò con la testa alle proprie spalle, verso quella che doveva essere una camera da letto.
Senza aggiungere altro seguì il suo consiglio e Logan ritrovò se stesso. Tornò finalmente a casa, perché casa era quel posto in cui si sentiva a sicuro. E non era Los Angeles, ma Camille.
Hello peeps!
E così eccoci qui, con l'ultimo capitolo di questa storia.
Circa. C'è anche l'epilogo, ma ormai i nodi son venuti al pettine e il peggio è passato.
Non ho niente da dire riguardo a questo capitolo, se non che è più un punto di ripartenza che una fine, un modo per fugare ogni dubbio, anche se dovranno trovare una nuova dimensione a Los Angeles. Con il gruppo.
Ma ora tutti sanno e non è più un problema, non quando Logan vuole essere la migliore versione di se stesso.
Io spero che questo capitolo vi abbia soddisfatt*.
Ci leggiamo lunedì prossimo per l'ultima volta,
Cris
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