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24. Puzzle

«È arrivato Kyle, è meglio che io vada.» Amber era pronta per uscire di casa. Per lei, sulla costa occidentale, erano le nove di mattina. Quell'orario, dato le nove ore di fuso, era l'ideale per lei e Oliver per sentirsi.

«Fammi salutare il mio amico, è da un po' che non mi aggiorna su come vanno le cose lì.» Le disse con un sorriso sulle labbra, contento di non averla lasciata sola.

Amber alzò gli occhi al cielo, la poteva immaginare benissimo, la conosceva troppo bene per ignorare che avrebbe fatto quel gesto davanti al cameratismo maschile. La sentì parlottare e poi percepì il telefono passare da una mano all'altra.

«Ciao straniero.» Lo apostrofò l'amico dall'altra parte del mondo. «Come te la passi?»

«Ciao a te.» Lo salutò Oliver a sua volta, felice. Sentire Amber era la parte migliore della giornata al di fuori del lavoro, ma parlare con il suo migliore amico era rassicurante. «Io bene, e tu? Controlli a dovere la mia futura moglie?»

«A vista, come ti ho promesso.» C'era qualcosa di strano nel suo tono, ma Oliver non sembrò farci caso.

«Perfetto, trattala bene e non lasciarla mai sola.» Continuò, ignaro della tensione dall'altra parte del telefono. Era così felice di avere a che fare con le uniche persone a cui teneva che non erano lì con lui, che non riusciva ad accorgersi di altro che del contatto con loro. «Non vorrei che uscisse di testa con i preparativi del matrimonio per poi rinfacciarmelo a vita.»

«No, tranquillo.» Ma Kyle sembrava assente. «Procede tutto secondo i piani.»

Amber riprese il cellulare per poterlo collegare all'auto di Kyle con il bluetooth. «Ora dobbiamo andare. Ho l'appuntamento con il pasticcere e ho anche fame. Non vorrai che Kyle mi tenga a stecchetto?»

«Mai. Sei perfetta così come sei.» La prese in giro, ma sapeva quanto le sue parole fossero vere: non l'avrebbe cambiata di una virgola. Amber era stata il mondo di Oliver fin dal liceo. Era il suo punto fermo, l'amore della sua vita e ne amava i difetti tanto quanto i pregi. Forse amava più i primi, perché erano quelli a renderla la donna stupefacente che era.

«Mi manchi.» Aggiunse lei, conscia che la chiamata stava per essere chiusa.

«Ti amo.» Oliver, con la fidanzata, non aveva paura di esprimere i propri sentimenti, nemmeno davanti agli amici che passavano di tanto in tanto alle sue spalle.

«Anche io.» Rispose Amber, timorosa e stanca, quasi la situazione le pesasse. Non doveva essere facile stare lontani per tanto tempo, anche Oliver accusava il colpo.

«Tienila d'occhio.» Approfittò del vivavoce per farsi sentire da Kyle, in quello che sarebbe stato il suo saluto.

«Sempre.» Rispose l'amico, per poi riattaccare con una certa fretta. Da prima della sua partenza era stato strano. Al suo ritorno avrebbe dovuto indagare e scoprire se aveva problemi di donne, perché erano loro il motivo di ogni difficoltà di un uomo.

«Dio, quando parli con Amber la tua virilità si azzera. Diventi uno zuccherino.» Logan, nel dirlo, sorrise. E, nel voltarsi per prestargli attenzione, Oliver ne fu testimone. Fu una novità il fatto che si approcciasse agli altri con fare scherzoso, a quanto pareva la scena l'aveva provato davvero. Oliver, però, al posto di irritarsi, decise di accettare di buon grado la presa in giro dell'amico, felice di vederlo un po' più sereno.

Non credeva fosse contento senza Camille, ma di sicuro stava ritrovando la sintonia con il gruppo, che lui lo volesse o meno. A legarli non c'era solo la musica, ma un'amicizia lunga anni che aveva superato alti e bassi e sarebbe riuscita a risolvere anche quell'intoppo.

«È così che ci si riduce quando si è innamorati.» Era il suo amore dai tempi del liceo. Sarebbe stata l'unica da novembre in poi. Non era una cosa da poco.

«Vorrei poter dire lo stesso.» Ammise Logan dopo un sospiro triste, sedutosi vicino a Seth, non lontano da dove Oliver aveva effettuato la chiamata.

«La amavi?» Gli domandò il chitarrista.

Davanti al silenzio imbarazzato dell'amico, Seth corresse il tiro: «La ami?»

All'apparenza non erano domande così differenti, ma nel profondo c'era una sostanziale differenza, oltre che l'ammissione di qualcosa di cui aveva sempre avuto paura.

«Beh...» Logan era in difficoltà, si sentiva messo alle strette. «Non vedo perché dovrei dirlo a voi prima che a lei.»

La risposta bastò ai presenti, perché aveva tutta l'aria di essere un sì. Sia Seth che Oliver sapevano di non poter ricordare la volta in cui Logan si poteva dire davvero innamorato, perché non era mai successo.

«Perché noi siamo qui e te l'abbiamo chiesto.» Gli sorrisero indulgenti.

«Sì, allora sì, ok, sonno innamorato.» Non gli piaceva essere messo in difficoltà, ma ormai era un'impresa ardua negare l'evidenza.

«E quindi cosa fai ancora qui?»

Logan era confuso. Non si erano detti contenti di averlo di nuovo lì con loro?

«Vai a riprendertela.» Indicarono le finestre del palazzo vicino al loro, chiuse da qualche giorno, come se Camille avesse voluto tagliarlo fuori dopo la laurea.

Annuì e, senza pensarci oltre, corse fuori.

Suonò a casa di Cam e Serge ripetutamente, finché qualcuno gli rispose.

«Chi è?» Chiese Serge insonnolito.

«Sono Logan.»

«Ma è un vizio di famiglia il vostro?» Domandò tra sé l'amico di Camille, masticando un'imprecazione.

«Cosa?» Logan non capiva di cosa parlasse.

«Lascia perdere.» Lo liquidò l'altro, prima di creare un nuovo caso nazionale.

«Devo parlare con Cam.»

«Veramente lei...» Serge sembrava indeciso su come continuare.

«Ti prego, aprimi.» Lo supplicò senza vergogna. Capiva il suo bisogno di proteggerla, ma non era lì per ferirla di nuovo.

«Io...» Si interruppe e fa scattare la serratura del portone.

«C'è Camille?» Logan lo domandò mentre era ancora intento a salire le scale, non preoccupandosi di non essere arrivato al piano.

«No.» Fu la risposta secca e laconica di Serge.

«Non voglio farle niente di male.» Lo rassicurò. «Vorrei soltanto sistemare le cose.»

Serge fu felice di sentirlo, perché aveva sempre saputo che Logan si sarebbe reso conto di non voler perdere Camille ma, purtroppo per il batterista, non aveva motivo di raccontargli una bugia. «Non c'è, non sto mentendo.»

«Quando torna?» Avrebbe aspettato. L'aveva fatto pure troppo, ma era pronto farlo ancora per lei.

«Non torna.» Serge era desolato.

«Scusa?»

«È andata via con i suoi dopo la laurea. Voleva stare qualche giorno a casa...» Deglutì per prendere tempo e capire quali informazioni rivelargli. «Prima di partire.»

«Per andare dove?» Sentiva il panico crescere, quasi quanto la distanza che sentiva aumentare tra lui e Camille.

«Non lo so.» Sapeva che prima o poi sarebbe andata a Los Angeles per il corso, ma non aveva idea di dove fosse diretta prima. «Non me l'ha detto per evitare che in un momento come questo io avessi ceduto alle tue domande.»

«È stata presa in qualche corso di sceneggiatura?»

Il silenzio di Serge fu sufficiente per fargli intendere la risposta.

«Dove.» Non era una domanda, aveva bisogno di informazioni certe.

«Mi ha chiesto di non dirtelo.» Sospirò spazientito. Non sapeva più come affrontare quell'argomento spinoso e non ne aveva nemmeno voglia. In fondo non lo riguardava. Era contento di vedere che Logan avesse deciso di combattere per Cam, meglio tardi che mai, ma non erano affari suoi. Non quando avrebbe potuto complicare il rapporto con la sua migliore amica. «Senti, io sono davvero stufo di essere messo in mezzo alle vostre questioni. Le ho promesso che non avrei parlato e non mi sento di tradire la sua fiducia.»

Logan lo detestava per quello, ma apprezzava il fatto che fosse un amico tanto fedele. Avrebbe voluto dire lo stesso dei suoi amici anche se, doveva ammetterlo, a modo loro si erano dimostrati preoccupati e desiderosi di aiutare, salvo poi combinare più disastri che altro.

«Ricordami solo dove abitano i suoi genitori.» Il tono di supplica non era da lui, ma non gliene importava niente. Ora che aveva trovato il coraggio di fare il primo passo, aveva fretta di trovarla e risolvere la situazione.

Si guadagnò un'occhiata storta dall'altro.

«Ti prego.»

«Lione. Cerca in internet lo studio dentistico di Fabien Dubois, abitano lì accanto. Non puoi sbagliare.» Ammise esasperato. «E ricorda: io non ti ho detto niente.»

«Sarò muto anche se dovessi essere in punto di morte a causa di atroci torture.» Lo rassicurò mentre si allontanava. «Grazie, sei il migliore.»

«Lo so. Me l'hanno già detto.» Gli urlò fingendo di essere piccato, con un sorriso sulle labbra. In fondo era contento di averlo messo sulla giusta strada.

• • •

Carter, dopo aver visto schizzare Logan al piano di sopra, lo raggiunse con una punta di panico in gola.

«Cosa stai facendo?» Gli chiese preoccupato, con la paura che Logan fosse di nuovo arrabbiato con lui, che magari avesse scoperto che aveva parlato con Camille il giorno della laurea. Non avrebbe potuto sopportarlo anche perché, doveva ammetterlo, l'aveva fatto per il loro bene. Per dare a entrambi una seconda opportunità.

«Sto racimolando un po' di cose per...» Si interruppe per spingere a forza un paio di scarpe nel borsone che era intento a preparare alla velocità della luce. Più che fare i bagagli, sembrava concentrato a lanciare abiti a caso nella speranza di fare centro. «Andare.»

«Dove?» Le parole che Carter non avrebbe mai voluto sentire.

«A Lione.» Rispose sovrappensiero, senza dare peso a quello che aveva appena detto.

«E perché? Di aerei non ne partono abbastanza da qui?» Si sentiva preso in giro, come se Logan avesse voluto fargli pesare la sua partenza, come se non fosse già stata abbastanza brutta per Carter affrontarla, sia a livello personale che a livello musicale.

Logan si interruppe e, stupito, finalmente gli rivolse uno sguardo perplesso. «Perché dovrei prendere un aereo?»

«Perché dovresti andare a Lione?!» Non riusciva a trovare altra spiegazione per quel gesto.

«I genitori di Camille vivono lì. Serge mi ha detto che prima di riprendere a studiare sarebbe stata qualche giorno a casa. È partita con loro appena dopo la laurea.» Spiegò concitato, mentre cercava di capire se aveva preso tutto il necessario o meno. Sembrava mancare ancora parecchia roba, ma per quanto riguardava i vestiti era a posto. «Siccome Serge non mi ha detto dove andrà a frequentare il corso di sceneggiatura, devo muovermi. È possibile che io mi fermi fuori città qualche giorno.»

Carter riprese a respirare. Allora non ce l'aveva con lui e nemmeno aveva saputo quello che era successo. Però era arrivato il momento di rivelare la cosa, di modo che Logan potesse capire la situazione e pensare al meglio a come agire.

«Lo so io.» Gli confidò senza pensarci due volte.

Logan si immobilizzò con un libro a mezz'aria. «Sai... cosa?»

La pausa che fece tra le due parole rivelò a Carter quanto suo cugino fosse in allerta e avesse iniziato a capire cosa gli stesse dicendo.

«So dove andrà a studiare.» Ammise a occhi chiusi.

Il libro cadde ai piedi di Logan, producendo un tonfo che richiamò Seth e Oliver, che si fermarono poco dopo sulla soglia della camera.

Il batterista era fermo, incapace di avere una reazione sulla conoscenza di Carter.

«È stata presa alla Arts Academy.» Aggiunse con fare solenne, nell'attesa che quelle parole facessero presa sul cugino. «La sede di Los Angeles.»

Logan era incredulo, ma felice. Era come se la paura di doversi lasciare Camille alle spalle dopo l'esperienza a Montpellier si fosse dissolta. Però c'era l'impellenza di non poter aspettare di essere tornato a Los Angeles per parlare con lei. L'idea di quella vicinanza lo emozionava, anche se non era certo di poter avere a che fare ancora con lei. Infine si accigliò, conscio delle parole di Carter e, soprattutto, delle implicazioni in esse.

«Come. Lo. Sai.» Non era una domanda. Le spalle iniziarono a tendersi sotto a una rabbia crescente.

«Io, forse, potrei c'entrare qualcosa.» Gli disse con tutta la sincerità del mondo.

«Ti sei intromesso, di nuovo?!» Logan alzò la voce, sembrava così fuori di sé al punto che Oliver e Seth abbandonarono le loro posizioni rilassate e si prepararono a scattare. A volte si erano presi a pugni per risolvere delle questioni, ma mai una così delicata, dettata dai rapporti famigliari.

«Sì, ma questa volta per una buona causa!» Si giustificò Carter, spalancando le braccia.

Logan, posseduto da una rabbia controllata, cercò di contenere i danni. Voleva delle spiegazioni, e subito. Per sicurezza non disse nulla.

Carter, consapevole del bisogno di chiarimenti dell'altro, continuò: «Quando sono andato a parlarle per spiegare cosa avevo fatto con Kat, ho scoperto che la sua aspirazione era quella di diventare una sceneggiatrice. Ovviamente, la meta primaria per lei è Hollywood, e quel giorno ho visto i moduli per la Arts Academy. Così, quando ho capito di poterle scrivere la lettera di presentazione che tanto le serviva, ho chiesto a Serge di passarmi qualche suo script per capire se ne valesse la pena.»

Logan continuava a rimanere in silenzio ma, durante la spiegazione di Carter, aveva chiuso gli occhi, rendendo impossibile agli altri decifrare cosa gli passasse per la testa.

Era teso, ma sembrava più padrone di sé.

«Ti prego, di' qualcosa.» Lo esortò Carter.

«Quindi è stata presa? Grazie a te?» Domandò con voce roca.

«In parte sì.»

Logan, di scatto, azzerò le distanze tra lui e il cugino e fece una cosa inaspettata per tutti: lo abbracciò.

I Glory, nessuno escluso, si rilassarono davanti a quel gesto così sentito e spontaneo.

«L'ho fatto perché sapevo che se avesse realizzato il suo sogno, avrei fatto felice anche te. Averla nella tua stessa città è un primo passo, almeno.» Gli bisbigliò Carter all'orecchio.

«Per una volta sono davvero contento che ti sia messo in mezzo.» Replicò Logan dopo aver sciolto l'abbraccio. Si rivolse a tutti, come se nel gesto avesse compreso anche Seth e Oliver. Era come se li avesse perdonati e avesse lasciato alle spalle il momento difficile che avevano passato.

«Per una volta ne sono contento anche io.» Gli assestò una pacca sulla spalla. «Ora cosa pensi di fare?»

«Raggiungerla. Non posso aspettare ancora.» Chiuse la sacca per sottolineare la cosa. «Non voglio rischiare che si dimentichi quello che c'è stato.»

L'impellenza delle ultime ore era tornata a colpirlo come un pugno nello stomaco. Ogni minuto perso era del tempo che trascorreva senza Camille, senza averle detto tutto quello che aveva in mente e, poteva giurarlo, era davvero tanto.

Poco più tardi scese di sotto, dove c'era un'auto privata ad aspettarlo, pronta a condurlo a Lione. Poggiò il borsone nel baule e si dedicò ai suoi amici che, solidali, l'avevano accompagnato in strada per salutarlo e ricordargli che lo aspettavano lì.

Il momento, però, fu spezzato da una voce che nessuno conosceva.

«Oh, il senza palle e l'invadente. Come facevate a sapere che non desideravo altro che incontrarvi di persona?» Céline, che era diretta a casa di Serge per un saluto prima della partenza, avrebbe dovuto tacere, ma la tentazione di rivolgere ai cugini il proprio cattivo umore ebbe la meglio. Se Cam stava male era colpa loro.

«Apprezziamo molto, davvero, ma non ha tempo da perdere.» Carter, per nulla sconvolto da quell'attacco, rispose con fare stoico. Era comprensibile che lei ce l'avesse con entrambi e che, nonostante non si fossero presentati, avesse avuto il coraggio di parlare con loro. L'aveva vista il giorno della laurea di Camille e avrebbe potuto giurare che avesse un bel caratterino.

«Adoro le tue parole dolci, ma devo andare.» Logan, con il carattere impassibile del cugino, indicò il bagaglio nel baule ancora aperto. Non l'aveva mai conosciuta di persona, ma aveva visto tante foto di Céline e sentito altrettante storie. Era come vedere una vecchia amica, un volto noto. Astio a parte.

«E dove di bello? A Fanculandia, dove ti ho mandato quando ho saputo quello che hai fatto alla mia amica?» Avrebbe davvero voluto contenersi, soprattutto per il bene di Camille, ma era più forte di lei. In fondo fare la paternale a due rockstar – e vedere che incassavano senza problemi – era una soddisfazione che poche persone potevano togliersi.

«No, a Lione.» La corresse il batterista. «A parlare con la tua amica e a cercare di farmi perdonare.»

Pose enfasi sulle stesse parole usate da Céline, forse con troppa veemenza, ma aveva fretta di chiudere la questione, salire in auto e allontanarsi da Montpellier.

«Beh, se vuoi parlare con i tuoi aspiranti suoceri mi sembra la soluzione ideale.» Céline, per quanto fosse rimasta colpita dalla notizia, cercò di mascherare lo stupore con il sarcasmo che la contraddistingueva. «Inutile, una mossa che ti allunga il percorso per il perdono, ma di sicuro ingraziarti i genitori potrebbe essere intelligente.»

«Inutile?» Logan non aveva sentito altro.

«Non è a Lione. Non più.» Céline perse di colpo il suo essere pungente per tormentarsi il labbro a morsi. Sembrava stesse pensando quanto rivelare, pentita di quello che già aveva detto.

A Logan fu evidente che lei ne sapesse più di Serge.

«E dove è?» Domandò, avido di risposte.

«Non dovrei dirtelo.» Il tono di lei fu all'improvviso più remissivo.

«Ma lo vuoi. Perché ci tieni a lei e vuoi vederla felice, e sai che io posso renderla tale.»

«Sei uno stronzo arrogante, lo sai?» Però apprezzava quella sua sicurezza e riusciva a capire perché Camille si fosse sentita attratta fin da subito da una personalità simile, era da lei. E, pensò tra sé, era quello che serviva a Cam, uno attento ai dettagli, come in quel caso.

«Sì, soprattutto quando ho a cuore qualcuno.» La fissò con uno sguardo penetrante, quasi avesse voluto convincerla con i propri occhi. «Quindi? Me lo dirai o no?»

Céline amava suo marito Jake di cuore, ma davanti a due occhi scuri e intensi come quelli, anche lei avrebbe perso ogni certezza a lungo andare. Si sentiva le gambe di gelatina, sapeva di essere pronta a cedere, così ammise: «È San Francisco.»

«Cosa?» Di tutti i posti a cui Logan avrebbe potuto pensare, San Francisco era di sicuro l'ultimo della lista. Poi gli venne in mente: «Ehi, non c'è una vostra amica, lì? Eva, Evelyn...»

«Eve. Esatto. È da lei.» Tanto valeva spifferargli tutto. Forse sarebbe stato in grado di sistemare le cose o, quantomeno, darle una spiegazione decente. Insomma, non poteva rimanere così la situazione, aveva bisogno di notizie certe, di gossip fresco! «Vuole portarsi avanti per il corso. Trovarsi un appartamento e un lavoro. San Francisco non è Los Angeles, ma da là è più facile che da qui fare le dovute ricerche, soprattutto da casa di Eve, dove non deve pagare l'alloggio.»

Aveva senso, certo. Arrivare prima per trovare un posto dove stare e un lavoro con cui mantenersi. Più Céline aveva rivelato i dettagli di quella permanenza, più la mente di Logan aveva sviluppato i piani sul da farsi.

«Se ti dicessi che ho in mente qualcosa, mi aiuteresti?» Doveva tentare tutto il possibile.

«Soltanto se fosse qualcosa di sordido.» Gli fece l'occhiolino, il tono di lui era confidenziale e aveva un ché di disperato. Le sembrava sulla strada giusta. «Ma non sono sicura di volerti aiutare, in fondo non ti sei chiesto se Camille prova ancora qualcosa.»

«Sono pronto a sentirmi dire che è finita, ma prima dobbiamo chiarire.» Le rispose sicuro, con l'ombra di un sorriso a sollevargli soltanto un angolo della bocca. «Però sono abbastanza convinto che non sia indifferente, altrimenti non sarebbe corsa dall'altra parte del mondo per mettere quanta più distanza possibile tra me e lei.»

Sì, era giunto il momento di aiutarlo. Desiderava davvero che riuscisse a riconquistare la sua amica.

«Stai guadagnando punti. Mi piace la cosa.» Gli sorrise, più a suo agio. «Dimmi tutto.»

• • •

Eve abbracciò di getto Camille, pronta con una valigia accanto a sé e un borsone. «Mi dispiace che tu te ne debba andare!»

Se Céline era la testa calda del gruppo, Eve era la più premurosa, la mamma chioccia che si preoccupava sempre di tutte. Vedere partire la sua amica la rendeva irrequieta e piena di speranza. Si augurava che potesse trovarsi bene a Los Angeles.

«Non ti ringrazierò mai abbastanza per il tuo aiuto e l'ospitalità, ti sono stata tutto il tempo tra i piedi.» Le restituì il gesto con sincero calore. Era sempre brutto salutarla, soprattutto dopo aver trascorso insieme una decina di giorni.

«L'ho fatto volentieri!» Le sorrise per rincuorarla. «Mi sono persa la tua laurea, non ti vedevo da troppo. Credimi, non mi è pesato affatto averti qui, ne sono stata contenta. E poi Robert è un mio cliente e mi doveva un favore. Trovarti un appartamento decente era il minimo che potesse fare per me. Ora vai però, non vorrei perdessi l'aereo a causa mia.»

«Non succederà.» Ridacchiò nervosa. «Non posso permettermi di pagare un altro volo. Meglio che vada, il taxi arriverà a momenti.»

Rimanere quasi al verde era stato il prezzo da pagare per allontanarsi su due piedi da Montpellier e dalla Francia per affacciarsi alla vita che aveva sempre sognato. Doveva tornare a respirare e ad abituarsi all'assenza di Logan. Mettere tra loro un oceano e un continente era stato il primo passo per rendere la cosa reale e aspettare che la ferita che portava dentro di sé iniziasse a cicatrizzarsi. Doveva farlo prima che i Glory tornassero in città, non poteva permettersi di essere vulnerabile. Sapeva che la città degli angeli era immensa, ma se l'avesse incontrato avrebbe dovuto essere pronta.

«Mandami un messaggio appena atterri.» Eve le fece scorrere le mani sulle braccia per poi fissarla con occhi brillanti e incoraggianti. «Non quando arrivi a casa, perché so che avrai un sacco di cose da fare. Mi raccomando: appena atterri. E poi quando ti sarai sistemata. Voglio i dettagli!»

Era strano come si premurasse di quel dettaglio, ma Camille era abituata alle stranezze delle sue amiche.

«Dettagli?» La guardò scettica. Cosa c'era di interessante in un appartamento pieno di scatoloni da svuotare? Fosse stato per lei sarebbe rimasta da Eve per sempre. «Sei sicura di stare bene? Mi sembri un po' troppo su di giri. Ero convinta che ti dispiacesse vedermi partire, eppure sembra che tu non stia più nella pelle mentre mi vedi andare via.»

La prese in giro confusa, con poca convinzione.

«Ma no, è che sono così entusiasta per la tua nuova vita, la tua nuova avventura! È il sogno di sempre e lo stai realizzando, quindi sono elettrizzata.» Le diede un buffetto sulla guancia, nel tentativo di estorcerle una reazione. «E dovresti esserlo anche tu.»

«Lo sono.» Rispose Camille senza troppo trasporto.

«Sicura?» Eve alzò un sopracciglio per incalzarla.

«Sì. Un passo alla volta.» Annuì. Era strano essere a Los Angeles senza l'unica persona che in quella città, per lei, contava davvero. «Si può sempre migliorare.»

Logan era l'unica persona che poteva renderla felice, ma anche il solo che la faceva soffrire. Era bruttissimo sapere che l'uomo che si amava era anche la causa di quel vuoto all'altezza del petto che sembrava non rimarginarsi mai.

«Brava tesoro, è l'atteggiamento giusto.»

«Ok, ora vado. Ci sentiamo quando atterro.» L'ultima cosa che vide fu l'occhiolino che l'amica le rivolse a quelle parole, poi scese i pochi scalini che la separavano dal taxi.

• • •

Un volo, un messaggio per rassicurare Eve e quattro ore più tardi, Camille era su un altro costosissimo taxi diretto al suo piccolo appartamento. L'aveva visto tramite una videochiamata con Eve e, per quanto piccolo, era assolutamente splendido, non vedeva l'ora di sistemarlo e iniziare a costruire nuovi ricordi.

Aprì la porta dell'ultimo piano dopo aver portato le proprie valigie, alcune spedite in un deposito dopo la sua partenza dalla Francia. Era contenta che fosse soltanto un secondo piano. Era una struttura bianca e tipicamente messicana, un piccolo gioiello che non vedeva l'ora di sentire suo.

Dopo aver goduto della luce del primo pomeriggio che filtrava dalle finestre, si chiuse la porta alle spalle e poi urlò per lo spavento.

Lì, nel salotto, Logan era seduto sull'unica poltrona presente. 

Hello peeps!

So che è pasquetta e molti di voi avranno di meglio da fare ma, visto il periodo, ho pensato che non tutti sono usciti di casa – come la sottoscritta – e quindi ecco un aggiornamento, come un lunedì qualsiasi.

E direi che siamo alla resa dei conti. Almeno, al suo inizio.

Qui diciamo che Carter ha svelato OGNI cosa e, per una volta, Logan è contento di quello che Carter ha fatto. Meglio tardi che mai!

Céline si è tolta qualche sassolino dalla scarpa, nonostante non conoscesse i cugini di persona.

E poi abbiamo conosciuto, anche se di sfuggita, Eve.

E, sul più bello, vi ho interrotti. Lo so,

Ma siccome sarà un capitolo bello pieno, ho deciso di rimandare tutto nel prossimo, che sarà l'ultimo. Poi ci sarà un epilogo. 

Due settimane e l'avventura sarà conclusa.

Mi sembra strano solo a pensarlo!

A lunedì prossimo, 

Cris

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