21. Testa china
«Vattene.» Logan si rivolse a Kat e, nel farlo, sibilò tra i denti. «Tornatene da dove sei venuta, non voglio vederti mai più.»
Non aggiunse altro e si diresse verso la propria camera senza sapere quando ne sarebbe uscito.
• • •
Camille, dopo essere fuggita dallo studio, corse a casa per sfogare il vuoto che si faceva sempre più spazio nel petto. Si sentiva stupida per essersi illusa. Si era innamorata di un uomo a cui non aveva chiesto niente in cambio, eppure lui le aveva promesso di esserci. Aveva sperato con tutta se stessa che avesse potuto mantenere la parola data, era convinta di non essersi fatta aspettative, ma si ritrovava con un cuore in mille pezzi e un pugno pieno di illusioni.
Sapeva che non c'era una soluzione per quello che stavano vivendo, era conscia che il loro equilibrio fosse precario, perché non avevano avuto tempo di trovare la giusta stabilità prima dell'arrivo dei Glory, ma non avrebbe mai pensato che sarebbe bastato così poco per distruggere quello che avevano creato.
Scrisse un messaggio a Sophie, Eve e Céline per informarle che aveva una comunicazione urgente da fare. Grazie ai vari fusi orari – che facevano segnare la mezzanotte a San Francisco, le otto a Londra e le cinque di pomeriggio a Tokyo – era riuscita a mettersi in contatto con tutte e tre tramite Skype. Subito preoccupate a causa delle lacrime le chiesero spiegazioni, così Camille iniziò dal principio. Di come ci fosse stato un uomo nella sua vita in quegli ultimi mesi, di chi fosse e del perché in quel momento si ritrovasse a piangere per lui. Si scusò per essere stata tanto scrupolosa sulla riservatezza di quel rapporto, ma non aveva saputo come affrontare la cosa. Le amiche fermarono le scuse inutili, perché anche loro al suo posto avrebbero agito allo stesso modo, dedicandosi così alla consolazione di Camille senza però dare addosso a Logan. Non lo conoscevano abbastanza per sputare sentenze senza sapere chi avevano davanti, non erano più le adolescenti che per consolare un'amica avrebbero affossato il motivo di quel cuore spezzato.
Dopo quella discussione – che l'aveva tranquillizzata almeno un po' – Camille decise di non abbattersi e, per distrarsi, si focalizzò sulle richieste di ammissione alle più importanti scuole di sceneggiatura del mondo. Non che la cosa la facesse sentire meglio, perché sapeva che la sua scelta primaria era irraggiungibile a causa della lettera di raccomandazioni dal valore nullo, ma preferiva dedicarsi al proprio futuro che lasciarsi andare a un ulteriore pianto. Era convinta di aver esaurito tutte le lacrime del caso in una sola giornata.
Fu così che, nel bel mezzo di mille scartoffie, concentrata su ogni punto dei moduli più complicati, fu distratta dal suono del campanello. Sapeva non potesse essere Serge, sarebbe tornato di lì a un paio d'ore e inoltre aveva le chiavi, quindi si districò tra i fogli sparsi sul tavolo e sui vari divani per poi sollevare il citofono.
«Chi è?» La voce le uscì graffiante e roca, a dimostrazione che il silenzio prolungato in cui si era chiusa non era stato l'unico a renderla così spezzata.
«Sono Carter.»
«Oh.» Non sapeva cos'altro aggiungere.
«Posso salire?» Le domandò dalla strada sottostante.
Camille, senza aggiungere altro, schiacciò il pulsante per aprire il portone e attese sulla porta, avvolta in quello che sperava fosse un rassicurante mutismo.
Era confusa.
«Posso entrare?» "Posso salire, posso entrare". Un'educazione che non si aspettava da lui. Non perché lo pensasse privo di buone maniere, ma perché l'aveva sempre immaginato come una persona molto determinata che si prendeva quello che voleva, anche senza chiedere. Soprattutto senza farlo.
Lo invitò all'interno con un cenno della mano e, quando furono entrambi dentro l'appartamento, Camille riuscì finalmente a parlare: «Di tutte le persone che avrebbero potuto essere, tu sei l'ultima che mi aspettavo.»
«Volevo parlare con te.»
C'era una certa logica in quelle parole, altrimenti non si sarebbe trovato lì, ma non capiva il perché di quell'urgenza. Non era abbastanza lucida per affrontarlo, non dopo la mattinata appena trascorsa. Si stava impegnando per tenere i ricordi e i Glory in un compartimento stagno della propria testa, ma con Carter in carne e ossa davanti a sé era difficile, così come fingere che la mancanza di Logan non le provocasse sofferenza a ogni respiro.
«Siediti, faccio giusto un po' di ordine in questi documenti e ci sono.» Disse mentre, con goffaggine, si prodigò per raccogliere i fogli su cui era intenta a lavorare, ma Carter fu più veloce.
Ne afferrò uno per leggere ciò che c'era scritto, curioso.
«Di cosa si tratta?» Vide i nominativi di alcune scuole di cinema. Molte non gli dicevano nulla, ma altre le conosceva, una in modo diretto.
«Del mio futuro.» Rispose affranta, per poi riprendere le carte che lui aveva in mano. Era sensibile e vedere la leggerezza con cui Carter curiosava nei suoi affari le sembrava una violazione gratuita della propria riservatezza. «Meglio conosciuto come: un altro sogno in cui ho riposto troppe speranze e che andrà in mille pezzi. Scusa.»
Aggiunse l'ultima parte conscia di aver ecceduto con il melodramma, l'accenno a Logan non era voluto, per quanto fosse stato naturale.
«Una scuola di regia, dunque?» Il volto del cantante tradì un misto di interesse, ammirazione e colpevolezza, emozioni che Camille non riusciva a spiegarsi.
Era convinta che fosse lì per rimproverarla a causa del suo atteggiamento sopra le righe di qualche ora prima, sicura che lui non avesse gradito la presunzione con cui si era rivolta al gruppo – e soprattutto a Logan – davanti a tutti. Dopotutto le star erano loro.
«No, in realtà mi sto per laureare in sceneggiatura, ma sto cercando un corso specifico che mi permetta di specializzarmi e non avere poi problemi a lavorare nel campo.» Ammise con una certa circospezione, quel dialogo stava diventando completamente diverso da come se l'era immaginato.
«A Hollywood?!» Era colpito, scosso. Carter iniziava a capire l'enormità dell'errore commesso e della propria capacità di giudizio. Aveva tratto le conclusioni sbagliate prima di conoscere i fatti, anche se l'aveva fatto con le migliori intenzioni, quelle di difendere la persona a cui teneva di più nella sua vita.
«Hollywood è il sogno, ma ci sono anche New York, Londra e Praga tra le alternative.» Più lo ripeteva, più sperava di convincersi, anche se la scuola di Los Angeles, nel suo mondo ideale, era l'unico corso che le interessava.
«L'Arts Academy? La conosco.» Indicò il foglio davanti a loro, che campeggiava sulla pila di quelli che erano stati raccolti soltanto qualche minuti prima. Era una scuola con due sedi, una a New York e una a Los Angeles, molto rinomata grazie alla sua vicinanza agli studi hollywoodiani.
«Già. Peccato che per entrare bisognerebbe avere la lettera di raccomandazione di una persona di un certo peso nell'ambito, e il mio docente, per quanto bravo, a livello internazionale sia il signor nessuno.» Sospirò arresa e stanca, non aveva foglia di affrontare un altro argomento spinoso, perché sapeva che se Carter era lì non era certo per interessarsi ai suoi problemi professionali. «Per favore, possiamo parlare d'altro? Non ho voglia di scontrarmi con la triste realtà in questo momento. Anche se non penso che la tua presenza qui si possa collegare a qualcosa di positivo. Senza offesa.»
Carter notò solamente in quel momento gli occhi rossi e gonfi di lei, privi della lucentezza che tanto li avevano caratterizzati fino al giorno prima. Sembravano spenti, il riflesso preciso e spietato di Camille stessa, che gli ricordò quanto tutto quello fosse unicamente colpa sua.
«Volevo parlare di poco fa.» Esordì con voce incerta, cosa rara per lui, figlia dal nodo alla gola che il senso di colpa provocava. «Mi dispiace di non essere la persona che aspettavi.»
Aveva colto la delusione nella voce e poi nello sguardo di lei quando l'aveva accolto. L'espressione di chi era stato accoltellato un'ulteriore volta, come se ci fosse stato bisogno di infierire ancora.
«Il fatto che tu sia qui al suo posto la dice lunga su come la pensa a riguardo.» Sapeva di non doversi aspettare Logan sulla soglia di casa, ma sentire il campanello aveva alimentato la speranza. Se si fossero chiariti subito ci sarebbe stata la possibilità di arginare i danni, soprattutto dopo che lei – da vera stupida – gli aveva lasciato la porta aperta nel caso in cui fosse tornato in sé; ma era logico che a lui non importasse poi molto di quello che c'era stato tra loro, se no non avrebbe permesso al primo ostacolo di mettersi in mezzo.
«Penso piuttosto che stia ancora cercando di capire cosa è successo. E perché.» Accennò un sorriso a mo' di scusa, nel tentativo di difendere il comportamento del cugino. Lui, al suo posto, avrebbe agito così. «E forse sta tentando di chiarirsi le idee. Di certo si stia leccando le ferite.»
«Lui, davvero?» Chiese incredula, sentendosi accusata dalle sue parole.
«Beh, per quanto Logan sia stato poco corretto, ha pur sempre un orgoglio. Orgoglio che, grazie a te, è stato ferito.»
Il tono di Carter sembrava nascondere una crescente stima a cui Cam non riusciva a trovare spiegazione. Era sicura di essersi sbagliata.
«Nessuno pensa a me e a come sto io? A come mi sia sentita umiliata dal suo comportamento?» Era stata presa in giro davanti a tutti, senza il minimo pentimento, ma non sembrava importare a nessuno.
«Non lo metto in dubbio, ma tu sei uscita di lì con dignità. Con un certo stile, se permetti. E questo, nonostante tutto, ti ha reso vincitrice.»
Carter era ammirato. Si stava rendendo conto di quanta fierezza le ci fosse voluta per comportarsi a quel modo e di quanto coraggio avesse avuto nel dire la verità in faccia a Logan. Nessuna, prima di lei, si sarebbe azzardata a sfidarlo con quelle scomode realtà col rischio di perdere tutto, ma nessuna delle ragazze che l'aveva preceduta aveva tenuto a Logan come Camille. Peccato se ne fosse accorto troppo tardi e proprio a causa di un ostacolo che avrebbe dovuto invece metterla alla prova e vederla fallire.
«Bella consolazione.» Concluse infelice.
«Non è facile sentirsi rovesciare addosso certe accuse, soprattutto se vere.» Le disse più fiducioso. Rendersi conto di quanto ci tenesse al cugino l'aveva rassicurato. Si accorse di quanto la sua presenza lì fosse importante, convincerli a risolvere il problema era l'unica cosa che poteva fare, gli sembrava una scelta sensata. Dovevano fare pace, lui avrebbe fatto in modo che potesse accadere. «Sai, ho sempre provocato Logan per istigare in lui una reazione, ma l'ho sempre trattato da pari. Tu l'hai trattato come un bambino, un immaturo. Non dico che tu non abbia avuto ragione da vendere, ma fa comunque male.»
Abbozzò un sorriso, apprezzando l'audacia con cui lei l'aveva affrontato. Quel lato di Camille era nascosto, ma scoprire che fosse così radicato e pronto a uscire nei momenti significativi gli faceva piacere, era ciò di cui Logan aveva bisogno.
«Se sei qui per una ramanzina hai sbagliato momento. Non mi pento nemmeno di una parola.» Lo provocò lei. Non era in vena di sostenere un altro litigio, ma non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa dalla prima persona conosciuta, anche se era una rockstar e si considerava un Dio in terra. Logan non era l'unico ad avere un orgoglio.
«No, sono qui per tutt'altro motivo, ma vorrei prima difendere mio cugino, per quanto mi sia possibile.»
Camille alzò gli occhi al cielo, contrariata, ma rimase in silenzio per lasciargli modo di continuare.
«Quando c'è da recriminare qualcosa a Logan sono sempre d'accordo.» Gli ricordò con tono carico d'affetto. «Ma è buono, ci mette soltanto un po' di più ad accantonare l'orgoglio, soprattutto se si sente attaccato.»
«Non devi giustificarti al suo posto.»
«Credimi, invece. Devo. Però non al suo posto, ma per me.» Carter si prese una pausa per racimolare il proprio coraggio. Sapeva che di lì a poco avrebbe distrutto la bella opinione che Camille aveva sempre avuto di lui. «Se Kat è qui è colpa mia.»
«Pensi davvero di avere questo potere?» Lei, stupita, ridacchiò con fare sarcastico. «So che ti piace crederlo, ma non penso sia "merito" tuo.»
Il lato autoritario di Carter era conosciuto dai fan, così come le sue manie di controllo, ma non pensava che certe doti trascendessero per arrivare a manovrare gli eventi.
«A Logan ho detto di averla incontrata all'aeroporto mentre venivo a Montpellier, ma vorrei spiegare prima a te il motivo di tutto questo.»
«Non sto capendo.» Camille era confusa. Davanti a dichiarazioni così strane e inattese non seppe cosa dire. Non riusciva a comprendere il motivo per cui Carter volesse spiegare a lei la presenza di Kat, ma se lui voleva chiarire la situazione, lei non l'avrebbe fermato.
«Un passo alla volta, ci arriverò presto.» La rassicurò.
«Prego, vai avanti.» Lo invitò con un gesto della mano. Si mise seduta comodamente, ma aveva l'impressione di soffocare, quasi non ci fosse stata più aria disponibile nei paraggi. Era scomoda nella propria pelle, la sensazione di chi sapeva che di lì a poco sarebbe venuto a conoscenza di qualcosa che non gli avrebbe fatto piacere.
«Per quanto abbiate provato a nascondere ciò che c'era – c'è – tra te e Logan, era impossibile non notare l'alchimia in ogni cosa che facevate. È impossibile per uno che, come me, osserva tanto.» Carter tornò al presente perché, nonostante avessero litigato, non potevano certo aver smesso di provare quei sentimenti in una giornata. Poi continuò, nella speranza di farle capire al meglio il proprio punto di vista. «Non capendo perché Logan nascondesse la cosa ho pensato subito al peggio. Se fosse stato un rapporto normale perché nasconderlo?»
«Perché voleva dare l'opportunità a te e agli altri di conoscermi per la persona che sono, non di certo per il ruolo che avevo nella sua vita.» Quale, al momento, non lo sapeva nemmeno lei. Quindi tutti sapevano, nonostante lei e Logan si fossero impegnati a tenere un profilo basso, eppure non riusciva a comprendere il motivo di quelle giustificazioni.
«Ora me ne rendo conto, ma sono stato diffidente dopo aver notato i vostri atteggiamenti.» Aveva il timore di perdere Logan di nuovo e la cosa che lo spaventava di più era vederlo cadere ogni volta più in basso, fino al punto in cui sarebbe stato impossibile recuperarlo. «Ho avuto paura e, siccome sono un egoista con manie di controllo, ho pensato di intervenire, perché vedere una cosa sfuggire al mio volere era inconcepibile. L'ho fatto per proteggere Logan e il gruppo, per quanto abbia sbagliato.»
«Di cosa stai parlando?» Camille sentì i battiti aumentare quasi il cuore volesse uscirle dal petto, eppure questa volta non era una bella sensazione, perché lo stomaco sembrava in caduta libera, stretto da un presentimento orrendo che enfatizzava ogni percezione. Non c'era niente di buono nelle parole di Carter, lo poteva percepire, e non sapeva se fosse peggio attendere quelle poche frasi che avrebbero dato senso al discorso, o sentirle e vedere cadere il proprio castello.
Era come avere davanti un puzzle da montare e non sapere da che parte iniziare per rimetterlo insieme, mentre Carter sembrava essere l'unica persona in grado di dirle come fare, la cosa non le piaceva per niente. Come se la risoluzione del rompicapo dipendesse soltanto da lui.
«Kat. Non l'ho incontrata prima di prendere il volo, l'ho chiamata qualche giorno fa, le ho mandato un biglietto aereo e l'ho convinta a presentarsi per tentare di riappacificarsi con Logan.»
«Tu cosa?» Quasi urlò. Era contenta di essere seduta, perché le tremavano le gambe. Era come se la forza l'avesse abbandonata di colpo e non avesse avuto più controllo sul proprio corpo.
«Non ti conosco abbastanza per sapere le tue vere intenzioni, e l'idea che Logan avesse un legame con una ragazza dall'altra parte del mondo mi terrorizzava. Non avevo idea di cosa rappresentassi e di cosa lui fosse disposto a fare per te.» Si difese il cantante, conscio di non avere alcuna giustificazione per il suo gesto.
«Tu non mi conosci, ma non hai nemmeno fatto nulla per cambiare la cosa.» Camille era sconvolta. Logan e lei avevano fatto di tutto per evitare che venisse giudicata, e invece era stata giudicata lo stesso, con un'opinione falsata dai pregiudizi di chi aveva emesso la sentenza senza prendersi la briga di conoscerla, neanche un po'.
Carter, a cui quei pensieri erano nascosti, indicò il foglio della Arts Academy, dove vide specificata la sede di Los Angeles come preferenza. «Già. È soltanto colpa mia. Se avessi saputo...»
«Non erano comunque affari tuoi.» Tagliò corto lei, furibonda per le ingiustizie subite.
Se tempo prima le avessero detto che avrebbe conosciuto il suo gruppo preferito avrebbe riso, ma se le avessero anche detto che il suo più grande idolo si fosse rivelato una totale delusione a causa del suo volersi mettere in mezzo nella sua confusa vita amorosa, avrebbe consigliato a quel qualcuno di farsi vedere da qualcuno di bravo.
Era assurdo.
«È la parte che dimentico sempre, ma tendo a essere recidivo quando ci sono di mezzo cose, o persone, che mi stanno a cuore.» Come Logan e il gruppo. Due cose che andavano di pari passo, perché una senza l'altra non aveva ragione d'esistere. In fondo i Destination: Glory erano nati per far rinascere Logan.
Camille, tremante di rabbia, si alzò di scatto e, senza guardare in faccia Carter, gli indicò la porta.
«È meglio che tu vada.» La voce non era ferma, ma il tono era un chiaro monito di quanto fosse seria a riguardo. Non voleva più saperne niente dei Glory e delle loro vicende, non era un burattino nelle mani di qualcuno. Né di un cantante che si divertiva a giocare con i sentimenti altrui, né di un batterista che non sapeva cosa voleva e, in caso, non aveva il coraggio di prenderselo.
«Prima vorrei convincerti della mia buona fede e del fatto che Logan non avesse cattive intenzioni e sono sicuro che voglia sistemare la situazione.» Si alzò anche lui ma non si mosse, non era pronto ad andarsene senza aver avuto il perdono di Camille.
«Il fatto che non sia qui penso la dica lunga riguardo la sua decisione.» Gli rispose con una voce vicina al pianto. «Ora vattene, non voglio dire cose di cui potrei pentirmi o umiliarmi ulteriormente. Sono andata via per non piangere davanti a tutti, vorrei evitare di nuovo la cosa.»
«Non dare Logan per scontato, non fare il mio stesso errore.» Carter iniziò ad avviarsi verso la porta, conscio del male che le aveva afflitto, ma continuò a parlare, sperava che capisse la gravità della situazione di Logan dopo quel litigio, perché sarebbe soltanto peggiorata. «Volevo soltanto dirti la verità perché da come gli hai parlato ho capito che tieni veramente a lui e meriti di sapere le cose come stanno. Voglio che tu sappia che ora lo dirò anche a lui, ho tanti difetti ma non sono vigliacco. Mi piacerebbe uscire di qui con la certezza che non gli volterai le spalle, perché il nostro confronto sarà duro e potrebbe avere delle conseguenze sulle dinamiche dei Glory. Vorrei soltanto che non perdesse anche te per rimanere solo, alla deriva.»
Camille lasciò scivolare una lacrima lungo la guancia. Non riusciva a preoccuparsi di quello che voleva Carter per lei e suo cugino, non quando era stato il primo a distruggerlo e a lei erano rimasti solo dei cocci da sistemare. Pensare alla situazione che aspettava Logan le faceva male, perché certe rivelazioni non l'avrebbero lasciato indifferente, ma non poteva esserci per una persona che in lei aveva lasciato un vuoto che non sarebbe mai stato riempito.
«Non sono stata io quella che ha voltato le spalle per prima. Non so se sarò mai in grado di esserci per una persona che alla prima difficoltà cede e mi mette in discussione.»
«Non l'ha fatto.» Le disse Carter, affranto, ormai alla porta.
«Se anche fosse non l'ha dimostrato.» Si passò il dorso di una mano sulle guance, ma non perse mai la fierezza nello sguardo. «Ora vai. Grazie, ma non ho più le forze per continuare e ho molte cose su cui pensare.»
Hello peeps!
Scusate il ritardo, ma il mal di testa mi ha abbandonata da poco e ho recuperato solo ora il capitolo da pubblicare.
Come vedete Logan al momento non è pervenuto, ma ricomparirà nel prossimo capitolo.
Ho preferito lasciare spazio a Camille, a come Carter sia voluto entrare nel suo mondo troppo tardi, perché in tutte le uscite in cui si sono visti non si è mai interessato davvero a lei. Ho voluto che fosse Camille a sapere tutta la verità, perché forse, tra i due, è quella più pronta a sentirla, anche se non a metabolizzarla.
Quali sono i vostri commenti?
E cosa vi aspettate dal prossimo capitolo?
A lunedì,
Cris
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro