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2. Accordo

Camille salì di corsa le due rampe di scale che la separavano dal primo piano, desiderosa di mettere più spazio possibile tra lei e la strada che l'aveva vista fare la più grande figuraccia della sua vita. Infilò le chiavi nella toppa a colpo sicuro e si precipitò in casa come una furia. Una volta chiusa la porta lasciò cadere la borsa della spesa e si addossò al pannello dietro di lei con malagrazia, gli occhi spalancati che fissavano il vuoto.

«Sei stata rapinata?» Serge, spuntato dalla cucina vicino all'entrata, si fermò per osservare la propria coinquilina, immobile e scioccata, davanti alla porta. O l'aveva sorpresa durante un'interpretazione di Han Solo congelato nel blocco di carbonite, oppure qualcosa non andava.

Camille scosse la testa per poi domandargli: «Sono per caso pazza?»

«Di solito no, ma se continui a guardare verso l'infinito e oltre come Buzz Lightyear potresti sembrarlo.» Ammise mentre mangiava delle patatine dal sacchetto.

«Se non sono pazza pensi che io sia bipolare?»

«Beh.» Alzò le spalle, come se quello che stesse per dire fosse ovvio. «Non più di qualsiasi donna.»

Non era proprio un complimento, ma sapeva che con la lingua tagliente che si trovava Serge non avrebbe potuto aspettarsi niente di meglio. In realtà quello che lui aveva appena detto era il pensiero più carino che le avesse rivolto negli ultimi sette anni. Non la considerava pazza né particolarmente bipolare. Dunque, quando di lì a poco gli avrebbe raccontato ciò che era appena successo, l'avrebbe presa in giro a vita.

«Allora perché ho appena preso a male parole un perfetto sconosciuto?!» Circa. Beh, sapeva chi fosse, anche se non lo conosceva come una persona che frequentava. Non era il caso di approfondire, si disse.

«Hai il ciclo?»

«No!» Come se non lo sapesse. Se lo avesse avuto a quell'ora il sacchetto di patatine sarebbe già stato in mano sua. Per quanto Serge fosse sveglio, su certe cose non riusciva a guardare oltre il proprio naso.

«Vedila così: magari questi tuoi modi l'hanno colpito di sicuro.» Serge cercò di tirarle su il morale, era da tempo che non la vedeva così a terra, eppure il suo relatore l'aveva fatta imbestialire parecchie volte. La seguì fino all'appendiabiti per non perdere alcuna reazione, in fondo era una delle poche amiche che avesse, ci teneva davvero a lei, per quanto le donne rappresentassero un universo a lui sconosciuto e alquanto ostico. «Vuoi vedere che sei riuscita a trovarti il ragazzo? Certo, per sbaglio, ma è un buon inizio.»

«Forse non ti rendi conto della gravità della cosa...» Quella era utopia. Se solo Serge avesse saputo di chi stavano parlando, si sarebbe reso conto che non c'era la benché minima possibilità che una cosa simile potesse accadere. Non in quella vita, nel mondo contemporaneo, in un'altra epoca o galassia. A pensarci, nemmeno in una realtà qualsiasi, parallela o virtuale che fosse. La sua massima opportunità l'aveva avuta poco prima, ma al posto di essere un dialogo pacifico e costruttivo, aveva assunto le sfumature di una vera e propria aggressione verbale.

«Hai ragione! Non ti ho chiesto la cosa fondamentale: com'era? Carino?» Serge arrivava sempre dritto al punto che più gli premeva, non riusciva proprio a tralasciare l'aspetto fisico di una persona. Lui stesso era un bel ragazzo. Era castano, con occhi scuri assassini, purtroppo peccava un po' in altezza, ma compensava con una personalità strabordante. Era esile – nonostante mangiasse quantità imbarazzanti di cibo spazzatura – ma ciò non gli impediva di avere un cuore immenso.

Per Camille era arrivato il momento della verità. Estrasse il cellulare incriminato e fece scorrere la propria galleria di immagini per trovare quella giusta, infine la mostrò all'amico. «Così.»

«Aspetta, hai trovato il sosia del batterista del tuo gruppo preferito?! Questo sì che è culo!» Serge sapeva della sua fissazione per i Destination: Glory e, al posto di prenderla in giro, non l'aveva mai giudicata. Anzi, a dire il vero, l'aveva accompagnata a un paio di concerti. La giustificazione ufficiale era stata che in simili occasioni si poteva flirtare un sacco, ma sapeva che nemmeno a lui dispiaceva la loro musica.

«No, ho trovato lui.» Precisò scuotendogli il telefono davanti alla faccia per sottolineare la cosa, mentre abbassava la voce sul finale, ormai in imbarazzo.

«Cosa? Hai urlato in faccia a Morgan Wiggler?» Chiese sconvolto.

«Logan Wegger.» I nomi erano secondari, l'importante per lui era che assomigliassero a Dei mezzi nudi, il resto era superficiale.

«Fa' lo stesso, hai capito.» Scacciò la correzione con una mano, come se fosse una mosca fastidiosa che gli ronzava attorno. «Sei per caso impazzita? Hai la tua unica opportunità di parlarci e la sprechi così? Dimmi almeno che non sei stata stronza come vuoi farmi pensare.»

Prese a seguirla in tutta la casa fino in camera sua, dove si mise la tuta davanti a lui senza alcun problema, niente che Serge non avesse già visto. Una volta indossato un abbigliamento più comodo si diresse verso il salotto per buttarsi sul divano prima di cena, mentre lui la imitava.

«In pratica gli ho detto, in modo per nulla volgare, di continuare a farsi tutte le modelle che gli pareva, che tanto sarebbe rimasto per sempre solo.» Non avrebbe voluto eccedere, non era da lei, inoltre non riteneva affatto giusto giudicare una persona per un comportamento sbagliato, ma l'eccessivo allarmismo che lo aveva scosso era stato uno schiaffo in piena faccia. Voleva aiutarlo, non pensava che per farlo dovesse essere una modella. Sì, l'atteggiamento di Logan l'aveva ferita.

«Più perfida di Regina in Mean girls.» Concluse Serge, soddisfatto.

«È così grave?» Chiese Camille da dietro al cuscino nel quale si era rifugiata.

«Diciamo che se ti incontrasse per strada e cambiasse marciapiede, lo capirei.» Le allungò il sacchetto. Era pronto a offrirglielo, non come premio di consolazione, bensì per evitare di ingrassare. Non che corresse il rischio, il suo metabolismo gli voleva bene, ma era meglio prevenire. «Tieni, queste servono più a te che a me.»

Camille non se lo fece ripetere due volte, agguantò la confezione e si mise in bocca una generosa manciata. Erano quelle piccanti, le sue preferite. Avrebbe dovuto correre di più il giorno dopo, se solo avesse corso per tenersi in forma.

«È tutta colpa tua! Io mi ero offerta di fargli da guida, poi però è squillato il cellulare con la loro canzone ed è come impazzito. Ha rifiutato il mio aiuto e mi ha liquidata senza tante cerimonie, sono sbottata! Anche perché con il professore non è andata benissimo...» Lasciò cadere il discorso, non aveva voglia di parlarne. Era stata una giornata emotivamente impegnativa e l'euforia di ritrovarsi davanti a uno dei propri idoli era presto diventata motivo di tristezza. Non era stato corretto riversare su Logan la propria frustrazione, ma le sembrava che anche lui, con il suo brusco diniego, avesse fatto lo stesso.

«Ecco, il professor Court è il vero bipolare della storia.» Su quello non c'erano dubbi. La stava facendo impazzire con la tesi. Se non fosse stato troppo tardi e non le avesse fatto slittare la laurea da luglio a novembre, avrebbe cambiato relatore. Peccato che non ci fosse più tempo e nessuno le avesse detto prima quanto fosse scriteriato quell'uomo.

«Dai, non essere triste.» Serge, comprendendo il suo stato d'animo, allungò il braccio sullo schienale e le fece cenno di avvicinarsi per poterla coccolare un po'. Camille ne approfittò per rannicchiarsi contro al suo petto. Erano rari momenti simili tra loro, ma sinceri in modo disarmante. «Pensa ai lati positivi.»

«Perché, ce ne sono?» Finse una voce lacrimevole, in realtà ristorata dall'abbraccio di lui.

«Non si scorderà mai della fan che non è caduta ai suoi piedi ma, anzi, gliene ha dette quattro.»

Camille gli regalò una smorfia, per nulla deliziata dalla considerazione. «Bel modo di essere ricordata.»

«Beh, meglio così che con il vestito che avevi addosso alla festa del liceo dell'ultimo anno.» Un colpo basso, ne era ben consapevole, ma l'avrebbe distratta a sufficienza.

«Sapevo che non avrei mai dovuto mostrarti quella foto.» Gli pizzicò un fianco come punizione.

«Vuoi parlarmi del ricevimento con il professore?» Serge si fece serio, conosceva Camille da troppi anni, sapeva che il comportamento verso il batterista di quella band era in realtà il riflesso della sua preoccupazione maggiore, ovvero la tesi che il docente stava ostracizzando per motivi di cui nemmeno lui era a conoscenza.

«No, preferisco ascoltare te che mi racconti cosa hai cucinato per cena, per poi decidere quale telefilm recuperare insieme nel corso della serata.»

• • •

Logan, dal momento di quello strano incontro, era diventato più scostante del solito. Aveva parlato tramite Skype con gli altri del gruppo e si era sentito legittimato a rispondere con grugniti scocciati e monosillabi insofferenti. L'incontro con quella fan lo aveva destabilizzato e non riusciva a capirne il perché, eppure più ci pensava più emergevano elementi interessanti.

Si vergognava di aver reagito così male davanti a una fan, ma si era sentito preso in giro. Dopo quasi due giorni aveva capito di poterle dare il beneficio del dubbio riguardo il loro scontro, ma nel momento in cui lei gli aveva offerto aiuto sapeva benissimo chi lui fosse, però non aveva fatto niente per farglielo capire. "So chi sei" oppure "Ti ho riconosciuto", non chiedeva molto, soltanto chiarezza. La sconosciuta l'aveva deliberatamente deriso e aveva cercato di farla franca, e a Logan non andava giù, non in simile periodo dove tutti tentavano di manovrarlo per i propri interessi.

«Fanculo.» Mormorò tra sé mentre sistemava le proprie cose nella piccola stanza da letto che aveva adibito al piano inferiore, tra una sala di registrazione e l'altra. Quando lo studio fosse stato operativo, lì dentro ci sarebbe stato un divano o una branda per chi avesse voluto rilassarsi senza essere disturbato dai rumori della zona ristoro, ma in quel momento era la sua base. L'idea di sistemarsi lontano dagli unici spazi che in quel posto erano vissuti, seppur a causa dei lavori di ristrutturazione, lo faceva sentire perso.

Continuò a ripensare alla ragazza che aveva avuto il coraggio di dirgli la verità, e faceva male. Non l'aveva allontanata per un fattore estetico come lei aveva pensato, ma doveva ammettere che la tipologia di donna che l'aveva sempre attratto non era certo quella più affidabile per una relazione, né come supporto in una simile condizione. A dimostrare ciò c'era il fatto che lui fosse lì, solo, e senza nessuna ad aspettarlo a Los Angeles. Quando aveva detto a Kat che sarebbe partito, si erano incontrati a casa di lei per un saluto. Del sesso per congedarsi, degli arrivederci accennati e la promessa di sentirsi. Tutte bugie, dato che era sparita da quando era arrivato a Montpellier.

Quindi, oltre ad avergli detto le cose come stavano, la sconosciuta aveva pure ragione. Questo era pure peggio. Non era mai stato un libro aperto, anche se – doveva ammetterlo – essere un personaggio pubblico lo aveva portato a essere conosciuto. Nelle interviste non diceva sempre la verità, ma non mentiva nemmeno. Piuttosto trovava un modo complicato per rispondere e ovviare una determinata domanda, però il suo modo di essere emergeva. Il fatto che una ragazzina pensasse di conoscerlo e si permettesse di sparare giudizi solo per quello che lei aveva idealizzato, tuttavia, lo irritava.

Nonostante il fastidio provocato, doveva ammettere che aveva del coraggio per rivolgersi così a una persona a cui lei teneva, perché se no non se ne sarebbe andata in giro con il simbolo della sua band addosso.

Inoltre l'aveva considerato interessante, una cosa che non gli ribadivano spesso, e questo lo lusingava.

«Cazzo.»

C'era una cosa di tutta la questione che però non gli tornava. Più pensava al loro incontro e più le cose si facevano nitide, finché non si rese conto di una questione fondamentale.

Lei lo aveva compreso anche con delle semplici scuse. Anzi, aveva fatto molto di più: aveva interagito con lui in un inglese fluente e, cosa non da sottovalutare, l'aveva insultato con una certa scioltezza. Lei lo sapeva parlare, e pure bene.

«Sono un coglione.»

D'improvviso sentì il bisogno di rivederla e scoprirne il nome, la lei in questione non era più una possibile seccatura, ma un'alleata. L'aiuto che gli aveva offerto era più prezioso di quanto Logan pensasse.

Quella ragazza era la chiave della sua permanenza.

Doveva avvicinarla di nuovo a ogni costo.

• • •

C'era un problema nella sua strategia: non sarebbe stato facile rintracciarla, soprattutto se non fosse stata della zona. Poteva essere capitata lì per caso o, peggio, per un'eccezione.

Quella mattina c'erano degli addetti ai lavori pronti a rendere le stanze insonorizzate, così lui prese possesso della zona ristoro e si mise dietro alla batteria, un po' per tenersi in allenamento e migliorarsi, un po' per cercare qualche nuova melodia e provare a buttare giù qualcosa per l'album. Peccato che il continuo viavai dei tecnici non fosse d'aiuto. Bevve più caffè del previsto, si concesse un pranzo veloce quando gli operai fecero una pausa, ma la loro presenza lo indispettiva più del necessario, così uscì sul balcone lì accanto per prendere una boccata d'aria fresca. Nonostante non fosse molto caloroso decise di sfidare le temperature di quell'inverno mite.

Guardare la gente che animava il quartiere diventava quasi confortante, rispetto al caos che regnava nello studio. Vedere persone sedute ai café che scherzavano, leggevano o stilavano la lista della spesa era passato dall'essere soffocante all'essere rassicurante, come se fossero diventate parte di una routine che non era così male.

Poi fece caso a qualcosa di diverso. Sentì della musica, e all'inizio pensò a qualche artista di strada, ma poi si accorse di riconoscere quella canzone. Non certo dalle parole, incomprensibili da quella distanza e coperte dal traffico, ma dalle note. Percepiva chiaramente le sequenze degli accordi della chitarra, per poi passare con facilità all'arrangiamento della batteria. Era Thunderstruck degli AC/DC e, per quanto a Logan arrivasse distorta e ovattata, qualcuno la stava ascoltando a tutto volume. Cercò di carpire la fonte del suono, con non poca difficoltà. Prima si focalizzò sul parco di quartiere in fondo alla strada, poi si girò verso destra, dove c'era l'incrocio con la via principale, ma anche lì non c'erano segni di qualcuno dedito a della buona musica. La canzone cambiò e lui riconobbe subito il riff iniziale di Sweet child o' mine.

Si sentiva emozionato, quasi commosso, dal fatto che ci fosse qualcuno con tanto gusto. Strinse gli occhi alla ricerca del dettaglio che stava cercando e si diede dello stupido quando, proprio nel condominio davanti a lui, vide una portafinestra spalancata. Era il primo piano, sul suo stesso livello, e non distava più di quindici metri. All'interno non vide nulla, poi comparì una figura di donna che si agitava scatenata a tempo con la canzone, mentre sembrava fosse intenta a pulire la stanza. Assunse tutte le tipiche movenze da rockstar ricordando Freddie Mercury, eccezion fatta per la tuta indossata e una coda ormai sfatta dai movimenti energici.

Logan, coinvolto dalle canzoni appena ascoltate, si appuntò mentalmente di creare una nuova playlist per andare a correre, l'avrebbe aiutato a sfogare il suo umore variabile. Soltanto alla fine del pezzo dei Gun's and Roses, dopo averla fissata con insistenza, si accorse che la pazza sfrenata era, in realtà, la stessa psicopatica che parlava inglese e l'aveva insultato in modo così naturale. Beh, avrebbe dovuto capirlo, in fondo ascoltava i Destination: Glory, era ovvio che avesse ottimi gusti musicali.

Avrebbe voluto sbracciarsi come un naufrago in mezzo al mare nel tentativo di farsi vedere da una nave di passaggio, ma aveva pensato subito che la ragazza potesse fraintendere il gesto e interpretarlo come un rimprovero per l'inquinamento acustico. Niente di più sbagliato, dato che era lui a tenere sveglio il vicinato con la batteria fino a sera inoltrata.

Ragionò sul da farsi. Abitavano a pochissima distanza, era questione di tempo e si sarebbero rivisti per caso, un po' come la prima volta. Il supermercato poteva essere il posto ideale, perché entrambi, presto o tardi, avrebbero avuto bisogno di riempire il frigorifero e le dispense della cucina. Forse Logan avrebbe potuto accelerare un po' le cose e mettere mano al destino. Quel balcone sarebbe stato il suo nuovo punto di osservazione del mondo.

Per la prima volta dopo giorni sorrise contento.

• • •

Il piano d'attacco era semplice: passare più tempo possibile alla finestra per individuarla mentre passava nei dintorni, poi precipitarsi fuori di casa e raggiungerla nel minor tempo possibile. Non che fosse un centometrista, ma aveva le gambe abbastanza lunghe e allenate per coprire una breve distanza in poco tempo.

Logan sapeva che come tattica lasciava alquanto a desiderare, ma era convinto che minori fossero stati i passaggi, minori sarebbero state le possibilità di fallire. Sì, ci voleva una logica semplice ed efficace.

Sapeva di sembrare disperato. In realtà era consapevole che non fosse solo apparenza. Quell'obiettivo gli aveva donato un po' di speranza, o forse un diversivo per ammazzare il tempo, ma era diventato di primaria importanza.

L'opportunità si presentò verso il tardo pomeriggio, quando la vide dirigersi verso il parco. Era pronto a scattare verso la strada, ma ciò che vide lo fece desistere: non era sola. Accanto a lei c'era un tipo dall'aspetto ordinato, i capelli castani e un corpo molto asciutto. Era carino, niente di cui Logan avrebbe dovuto preoccuparsi, ma da come si parlavano e stavano vicini si percepiva una forte complicità. Non gli sembrava il caso di fare una figura patetica davanti al suo ragazzo o alla persona con cui poteva uscire, non poteva rischiare di alzare un polverone, fatto di gossip e giornalisti, per avere un appoggio in città.

Avrebbe aspettato di trovarla sola.

• • •

Lasciare gli operai nello studio per sedersi al tavolino del café sotto quella che ormai considerava casa era stata la scelta migliore. Con la scusa di consumare la colazione all'aperto, perdere tempo con un libro e i testi di nuove potenziali canzoni aveva fatto volare la mattina, fino al momento in cui la vide arrivare dalla palazzina in cui risiedeva, quasi accanto all'angolo a cui era seduto da ore.

Richiamò al volo l'attenzione del barista e gli fece capire che avrebbe lasciato i soldi del conto sotto la tazza di caffè, un chiaro invito a non farseli fregare dal primo passante, dato che la mancia era generosa. Un piccolo extra per premiare la loro pazienza nell'averlo ospitato una mattina intera.

Poi le corse appresso, perché lei non si era accorta di niente. «Ehi.»

Non era proprio un esordio spettacolare, ma non conoscendo il nome della sconosciuta preferì annunciare la propria presenza, un modo per evitare qualche calcio involontario nelle zone a lui più care a causa di qualche spavento indesiderato.

Camille si girò per vedere chi richiamava la sua attenzione, ma quando si ritrovò davanti Logan fu solo in grado di spalancare gli occhi, girarsi di nuovo e accelerare il passo. Non aveva voglia di sentirsi più brutta di quel che già credeva a causa degli standard ultraterreni che un vip qualunque poteva avere, non il secondo giorno di mestruazioni. «Oh, no.»

Logan, che non si era certo aspettato quella reazione, non demorse e la raggiunse, per poi affiancarsi a lei e adattarsi alla sua andatura. «Perché scappi?»

«Perché lo sdegno che ti ho letto in faccia la prima volta in cui ci siamo parlati mi è bastato.» Rispose con una certa riluttanza, senza rallentare né guardarlo in faccia, forse nella speranza che il batterista potesse scomparire da un momento all'altro. «Sto cercando di evitare a me stessa, ma anche a te, di fare un'ulteriore figura di merda.»

Lui, invece, non riusciva a smettere di fissarla. Trovava quel suo atteggiamento divertente, era convinto che non fosse una tipa che diceva molte parolacce. Inoltre l'averla indisposta lusingava il suo ego, perché la sua presenza le faceva più effetto di quanto lei volesse dare a vedere.

«Siamo pari, allora.» Si fermò e allargò le braccia, un gesto melodrammatico per attirare l'attenzione della ragazza. «Perché io sono stato un vero stronzo.»

Ottenne la reazione desiderata. Lei si interruppe e lo guardò con un sopracciglio alzato. Era già qualcosa. Bene, ora lei avrebbe potuto continuare dicendo che lo capiva, oppure che non era stato stronzo, o ancora che avevano esagerato entrambi.

«Già.» Convenne laconica e con uno sguardo per nulla tenero.

Beh, non proprio una resa incondizionata, ma almeno non aveva ripreso la sua fuga.

«Come ti chiami?» Era impaziente di poterle dare un nome.

La vide attendere, ma poi cedette. «Camille.»

Non aggiunse altro, dunque ci avrebbe pensato lui.

«Io sono Logan.» Alzò le spalle per scrollarsi di dosso la sensazione di disagio dovuta all'espressione di lei. Non trovava giusto che le situazioni fossero invertite, in fondo era lui la star che Camille adorava, doveva essere il contrario. Avrebbe fatto di tutto per ristabilire l'ordine, non esisteva che si facesse mettere i piedi in testa da una ragazza dall'aria innocente.

«Mi prendi in giro?! Non sono dell'umore.» Riprese a camminare, ma piano, dandogli l'opportunità di accompagnarla e non seguirla. Invito che Logan colse al volo.

«Non sembri mai dell'umore, ma penso sorvolerò sulla faccenda.» Poter scatenare la propria ironia su di lei era liberatorio. Non solo perché non rispondeva con risatine giulive anzi, al contrario, con espressioni scocciate o battute a tono, ma perché poteva sfogarsi. E minare un po' Camille nelle sue certezze era il modo ideale di recuperare terreno. «Comunque più che prendere in giro, preferisco pensare di essere educato.»

«Ok, Mister Educazione, le presentazioni sono state fatte. Ora possiamo andare oltre e risparmiarci l'imbarazzo?» Era proprio per quello che reagiva così, per il disagio che provava in sua presenza. Con il pollice indicò la direzione da cui erano venuti, nella speranza che Logan ritornasse sui suoi passi.

«Nemmeno per idea.» Le rispose con un sorriso canzonatorio. «Ho intenzione di accettare la tua offerta. Come, in realtà, avevo già fatto.»

«Salvo poi rifiutarla.» Camille fece una smorfia insofferente, non le piaceva rivangare un rifiuto, soprattutto il più cocente, plateale e umiliante di tutti. «Pensavo avessi smesso di drogarti.»

Si morse la lingua subito dopo averlo detto, ma non dimostrò alcun pentimento, non voleva sembrare debole o insicura. Il batterista si era mostrato bravo ad approfittare di ogni piccola crepa nel muro che aveva cercato di mettere tra loro.

«Infatti è così, anche se le tentazioni sono state tante.» Cercò di sminuire la cosa. Non ce l'aveva con lei per la battuta, la sicurezza non gli mancava. Inoltre constatare quanto Camille stesse iniziando ad attaccarlo per difendersi gli fece piacere, era un sintomo favorevole per lui, voleva dire che aveva ancora poche armi a disposizione per tutelarsi. Le persone che non sapevano gestire un po' di pressione psicologica si riconoscevano al volo. «Vorrei scusarmi per l'altra volta, ma mi sono sentito preso in giro. So di aver reagito in modo eccessivo, sono qui per chiederti perdono.»

Sfoderò il suo sorriso migliore, quello aperto e genuino che sfoggiava solo quando era divertito o voleva colpire, e sperò che funzionasse.

Camille vacillò. Era il sorriso di quando finiva un concerto, o di quando rideva di una battuta divertente, oppure voleva essere carino con il proprio interlocutore. Per la prima volta riconobbe la persona che aveva imparato a seguire negli anni e il cuore mancò un battito. Non avrebbe potuto cedere però, non subito almeno, aveva una dignità da difendere.

«O forse perché ti serve una mano per orientarti in città?!» Lo guardò compiaciuta e così si ritrovò ad abbandonare l'espressione scettica che aveva assunto fino a poco prima.

Astuta. Logan dovette ammetterlo almeno a se stesso. Un lato di lei che gli piaceva, nonostante in quel momento non andasse a proprio favore. Ma non era facile trovare qualcuna che non avesse paura di usare il cervello. Era una scoperta interessante.

«Più che altro mi farebbe piacere avere qualcuno con cui parlare.» Non stava mentendo, aveva omesso una parte di verità che lei stessa aveva detto. Non l'aveva certo contraddetta, quindi aveva la coscienza pulita. «E, perché no, che conosca Montpellier e sappia aiutarmi nello scoprirla.»

Camille sospirò per poi alzare occhi al cielo con fare esasperato. «So già che me ne pentirò.»

«Non te ne pentirai.» Le regalò un sorriso scaltro con un angolo della bocca alzato. Era divertito e se ne stupì, perché non ricordava l'ultima volta in cui una persona l'avesse portato a dimenticare tutti i propri malumori con uno scambio alla pari di insolenza celata con del finto fastidio. Erano più simili di quanto lei volesse vedere.

«E perché?» Temeva la risposta, davvero. Sperava non fosse entrato in modalità "flirt" come in alcune interviste perché, nonostante sapesse di non avere alcuna possibilità, sarebbe stato difficile resistergli. Diventava una specie di enorme gatto tutto fusa e sguardi languidi. L'averlo notato quando aveva occhi solo per il cugino avrebbe dovuto far capire alla gente quanto fosse irresistibile.

«Perché io sono il batterista della tua band preferita.» Le rispose compiaciuto e allegro, mentre le dava una leggera spinta con la spalla. Non che ci fosse tutta quella confidenza, affatto, ma sembrava la cosa giusta da fare in quel momento.

Si divertiva a prenderla in giro. La cosa avrebbe potuto far piacere a Carter, perché così Logan non sfogava la sua frustrazione su di lui nelle chiamate che si facevano. Anche Seth e Oliver sarebbero stati felici di non dover sopportare i suoi musi lunghi. L'unica domanda che gli ronzava in testa era sapere quanto tutto ciò sarebbe durato. Camille era la novità, un mezzo per uscire dal suo umore pessimo, ma l'effetto non si sarebbe protratto per sempre.

«Un'altra parola e salta tutto.» Lo minacciò con un indice rivolto verso la sua faccia, indispettita dalla sua impudenza. Sarebbe stata anche convincente, se non gli fosse arrivata a malapena alle spalle. Per quanto non fosse bassa, Logan era davvero alto.

«Vuol dire che accetti?» Era bravo a leggere tra le righe, era una dote che lui stesso aveva affinato nel tempo, quindi sapeva cogliere le varie sfumature comprese in una frase. Si sentì trionfante.

«Mi piace pensare di non aver avuto altra scelta a causa del mio altruismo.» Camille raddrizzò le spalle in un gesto di estrema dignità, come se, nonostante il peso della decisione, fosse stata pronta ad assumersi ogni conseguenza.

«Ok, grazie.» Le disse gentile.

«Niente grazie, mi offri come minimo il pranzo.» E se fossero entrati in qualche museo o palazzo le avrebbe pagato il biglietto, poco ma sicuro. «Facciamo domani, dato che sono libera. Alle dieci dove ci siamo incontrati.»

Si sentì potente. Era stato fantastico imporsi su una rockstar di fama mondiale senza darle possibilità di scelta. Se avesse avuto un impegno l'avrebbe rimandato.

«Perfetto.» Logan sorrise senza farsi scoraggiare. Doveva sistemare la faccenda con i tecnici e poi sarebbe stato libero di seguirla nel giro turistico della città. Non che l'idea lo elettrizzasse, ma almeno avrebbe fatto qualcosa di nuovo, e avrebbe preso confidenza con quella città in cui sarebbe rimasto mesi. «Tanto io abito sopra quel café.»

Camille lo guardò a bocca aperta.

«Altre notizie pronte a rovinarmi ulteriormente la giornata?» Non era possibile. Abitare? A Montpellier? L'indomani avrebbe dovuto indagare.

«No, per oggi penso di aver fatto abbastanza. Ora vado, prima che tu possa cambiare idea.» Conosceva la volubilità delle donne, era meglio non metterla alla prova. «A domani.»

Lei lo guardò allontanarsi senza potergli dire che si era già pentita.

Si era cacciata in un enorme guaio.

Bene, eccoci qui con il secondo capitolo e uno "stalking Logan at his finest" 😂

Vorrei dire una cosa su di lui: so che lo avete conosciuto sotto una luce diversa in Matched, più spensierato, ma era una sola parte del suo carattere, che rispecchiava un periodo più tranquillo.

La vita di Logan è sempre stata contraddistinta da alti e bassi, che in questa storia conosceremo meglio. Qui, in Lost, partiamo da uno dei punti bassi avvenuti nel presente, e siamo a poco più di un anno dopo il programma a cui ha partecipato Carter.

Vi chiedo solo di avere pazienza con lui, è una persona che ha un immenso bisogno di equilibrio e io – volontariamente – gliel'ho tolto in modo brutale. Il suo sarà un percorso per ritrovare quella spensieratezza che avete conosciuto nella storia precedente, ma vedrete che è uno bravo a rialzarsi 😎

Ora la domanda che tutti* si pongono: chi è SERGE?

Infine, prima di salutarvi, vorrei ringraziarvi per il fantastico benvenuto che avete riservato a questa storia! Siete dei cuori! 

A lunedì prossimo,

Cris


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