17. Nuovi inizi
Logan le aprì la porta e subito Cam si accorse del suo nervosismo. Era lieve, non autodistruttivo come al solito, ma lo faceva scattare con poco. Era strano.
«Tutto bene?» Gli domandò mentre depositava la borsa all'attaccapanni. Era bello potersi presentare in pantaloncini, maglietta e infradito, era adatta al periodo e pronta per accomodarsi sul divano senza sembrare una pazza scappata di casa come la prima volta in cui si era presentata lì.
«Certo.» Le sorrise convinto. «Ho già preparato tutto, mettiti comoda.»
E, più rilassato, le indicò la televisione con il lettore DVD pronto all'uso.
«Non direi.» Lo contraddisse. «Mancano le arachidi ricoperte di cioccolato e i popcorn.»
Si diresse sicura in cucina per prendere il necessario, perché Logan non avrebbe mai rinunciato alle sue schifezze americane, dato che si vantava sempre di smaltirle tutte con la solita corsa mattutina.
«Inoltre non mi hai salutata.» Si lamentò con un piccolo broncio che lo fece ridere.
«Hai ragione, ero sovrappensiero.» Logan si avvicinò per prenderle il viso tra le mani e avvicinare le loro labbra. Gli piaceva quella posizione di comando perché gli permetteva di dettare i tempi del contatto, quasi avesse avuto paura che Camille si potesse allontanare prima del dovuto.
«Ciao.» Mormorò dopo un po', con voce roca e profonda, appena in tempo per non far precipitare la situazione. Cam non era soltanto sesso, c'era qualcosa di più in gioco, era la sua completezza a rendere Logan così coinvolto.
«Giochi sporco.» Rispose lei con il fiato corto e le guance rosse, sussurrando appena.
«Perché?» Inclinò la testa incuriosito, un gesto sincero e tenero che la fece sorridere.
«Ti approfitti dell'ascendente che hai su di me.» Lo guardò con gli occhi luminosi e spalancati, come se stesse osservando un miracolo sceso in terra.
«Non è vero.» Era verissimo, ma gli piaceva avere quel potere su di lei. Avrebbe dovuto dire che la cosa era reciproca, ma preferiva trovarsi in vantaggio.
«Certo, ti basta respirare!» Lo rimbeccò. Camille rilassò le spalle per poi accarezzargli i polsi con i pollici, in un gesto così intimo da far attorcigliare lo stomaco a entrambi. «Ciao.»
«Sono felice che tu sia qui.» Le disse dopo averle sistemato una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Avrebbe potuto osservare quel viso per ore senza mai stancarsi, non era da lui.
«Anche io.» Sorrise imbarazzata e contenta. «E mi fermo qui prima di diventare melensa. Ora guardiamo il film?»
Logan, a quelle parole, tornò a innervosirsi un po'.
«Certo, subito.»
Le fece strada fino al divano dove si misero comodi e, infine, schiacciò play. Sullo schermo non apparve il logo di un film, ma di una serie TV amata da entrambi: Game of Thrones.
Camille rimase sorpresa e si girò a fissare il batterista.
«Wow. Questa non me l'aspettavo.» Esordì ammirata. «È sempre più che benaccetta, ma mi aspettavo un film. Come mai una serie TV?»
Logan rispose con un'alzata le spalle e un'espressione indifferente, ma non aggiunse altro. Eppure il suo corpo si irrigidì e d'un tratto non sembrava rilassato come quando si era appena seduto.
Lei non aggiunse altro, aveva capito che c'era qualcosa di strano in lui e lasciò perdere, nella speranza di distendere la situazione. Forse era stanco o stressato e aveva bisogno di qualcosa che gli piaceva per distrarsi, non sarebbe di certo stata lei a impedirgli la cosa.
All'inizio l'atmosfera fu strana, tesa, poi Logan cominciò a fare commenti ironici sui personaggi che durante le altre stagioni avrebbero fatto una brutta fine e si rilassò di nuovo. Era tornato con Camille nella stanza, un braccio attorno alle sue spalle e la testa di lei appoggiata nell'incavo del collo, rendendoli di nuovo complici, mentre le vicende si intrecciavano di minuto in minuto.
Dopo quattro episodi Camille decise che era arrivato il momento di andare a casa, non avevano mai parlato della sua permanenza nello studio e Logan non aveva tentato alcun approccio fisico, quindi era meglio lasciarlo solo affinché si potesse calmare del tutto.
«Aspetta.» La fermò prima che potesse alzarsi. Il suo tono era serio, ma non si girò per guardarla in faccia.
«Prima mi hai fatto una domanda e non ho risposto.» Cominciò, con lo sguardo fisso sui titoli di coda davanti a loro. «Non volevo essere maleducato, ma la risposta è più difficile di quanto non pensi.»
Camille era confusa ed era pronta per dire qualcosa, ma Logan riprese a parlare senza darle il tempo di intromettersi nel suo monologo.
«Un film è una cosa bella che però si conclude dopo un paio d'ore. È un'esperienza fine a se stessa, mettiamola così.» Sembrava a disagio, ma al tempo stesso era convinto delle proprie parole, quasi le avesse ripetute più di una volta a se stesso. «Io volevo che ci fosse della continuità per... tutto questo, che durasse molto di più. Otto stagioni di Game of Thrones mi sembrano un buon inizio.»
E, finalmente, si voltò per incontrare gli occhi di Camille, spalancati per la sorpresa. Era contenta che il cuore non potesse fornire segni visibili del proprio scompenso, perché vederlo galoppare nel petto non sarebbe stato affatto carino.
In quel momento capì che si stava innamorando di Logan, e si spaventò di quanto potesse essere facile. Lui non aveva paura di prendersi le sue responsabilità e mettere in chiaro le cose, anche se i metodi non erano proprio cristallini. Non era abituato a scoprirsi a quel modo, eppure per lei l'aveva fatto, e per esprimersi aveva trovato un modo che fosse comprensibile per entrambi. Aveva preferito i fatti alle parole, ma il concetto non cambiava di una virgola.
Era quella la differenza che correva tra un ragazzino e un uomo, il non aver il timore di esporsi anche se avrebbe potuto ferire. Ed era quello l'uomo di cui lei si era innamorata.
«Io non penso di aver capito.» Sussurrò a malapena, le guance in fiamme.
Tantissime volte si era chiesta dove potesse portare quel rapporto con Logan. Lei era in cerca della scuola di sceneggiatura in grado di accettarla e, per quanto le sue aspirazioni la portassero a Los Angeles, era conscia che le possibilità di arrivare nei pressi di Hollywood fossero più che esigue. Logan era un cittadino del mondo con un rifugio nella città degli angeli, un posto che chiamava casa ma che a volte era più estranea delle camere degli hotel che abitava durante i tour. Camille era cosciente di quanto fosse difficile che tra loro potesse durare più di quella estate, più di Montpellier e delle loro ambizioni, ma non aveva mai esposto i propri dubbi a Logan. Dunque, sapere di non essere l'unica coinvolta in quello che stava succedendo loro era un sollievo, per quanto non desse a entrambi alcuna certezza in più sulla situazione.
«Hai capito benissimo.» Gli occhi già scuri di Logan divennero neri e minacciosi, perentori, a voler sottolineare che non avrebbe aggiunto altro. Sembrava che per lui affrontare il discorso fosse difficile, ma necessario. Una necessità che però aveva il timore di fronteggiare.
«Non ti sto chiedendo nulla.» Non voleva perderlo prima ancora di iniziare qualcosa con lui. Il tono all'apparenza scanzonato e imprevisto di quel rapporto li aiutava a viverlo con più serenità. Cosa che Logan, in quel momento, pareva aver perso.
«Non mi sento costretto in questa situazione.» Ammise un po' più rilassato. «Ci tengo soltanto a metterla in chiaro, farti sapere che ci sono, anche se è un equilibrio nuovo e magari ci metteremo un po' di tempo ad abituarci.»
Non poteva garantirle il per sempre, né stabilità o la sicurezza che filasse tutto liscio, perché la certezza che potesse andare bene non ce l'aveva nemmeno lui. Era consapevole soltanto di non sapere dove portasse quel percorso, ma era curioso di scoprirlo e di farlo insieme a lei.
La attirò a sé e la guidò sulle proprie gambe, a cavalcioni, nel tentativo di chiudere il discorso.
«Sicuro?»
«Lo voglio.» Le accarezzò una guancia mentre la avvicinava alla bocca. «Voglio te. In ogni momento.»
«Non andrò via finché tu mi vorrai qui.» Camille lo promise sulle sue labbra prima di suggellare la parola data con un bacio urgente.
Non gli aveva chiesto nulla, ma Logan le aveva dato tutto quello che voleva, non poteva desiderare di meglio. Voleva soltanto fargli capire che per lei era lo stesso.
• • •
Camille citofonò a Logan di mattina presto. Era certa di trovarlo sveglio, perché da qualche giorno continuava ad arrivare materiale da Los Angeles. Seth l'aveva avvertito che sarebbero atterrati entro due settimane, quindi era tempo di riempire lo studio con tutta la strumentazione adatta. A Logan spettava il compito di sistemare le attrezzature come si era sempre immaginato, poi gli altri del gruppo l'avrebbero aiutato una volta giunti a Montpellier.
«Appena sali vieni in cucina.» Logan interruppe i suoi pensieri con quella breve comunicazione, strana sotto molti punti di vista. Di solito si limitava ad aprirle, dato che aveva il videocitofono tramite cui poteva vedere chi c'era da basso, inoltre aveva usato un tono neutro, così diverso da quello caldo con cui le si rivolgeva negli ultimi tempi.
Probabilmente aveva bisogno di un po' di caffè bollente, e lei era pronta all'evenienza, come molte mattine: aveva con sé due tazze da asporto e qualche muffin per placare la fame di Logan, un'immancabile costante a ogni risveglio.
Camille salì di corsa le scale e si precipitò verso la casa, ma appena entrata si fermò: c'era qualcosa di diverso. Lo studio, in quei mesi, era stato lo specchio di come si era dimostrato Logan: pulito, ordinato e senza fronzoli, ma ora l'aria che lo riempiva era frizzante. Sparsi per le stanze che poteva intravedere c'erano molti oggetti, mentre gli spazi erano saturi di voci concitate e allegre. La TV doveva avere un volume alto e Logan soffrire di solitudine, probabilmente.
Una volta in cucina, però, notò che le sue supposizioni erano sbagliate.
Davanti a lei, in quel momento, c'era parte dello staff dei Destination: Glory. Tecnici, turnisti e ingegneri del suono ma, soprattutto, c'era la band.
Seth, Carter e Oliver si girarono per studiare l'unica persona a loro estranea nella stanza e il silenziò piombò tra loro. Logan, teso per la situazione, aveva irrigidito i muscoli e sembrava avesse smesso di respirare. Camille sapeva bene che nessuno era a conoscenza del rapporto che c'era tra lei e il batterista, ed era d'accordo con lui nel non raccontare la cosa a chiunque. Era convinta che non fosse interesse del gruppo chi frequentava, anche se lui ne faceva parte, ma la verità era che non voleva essere giudicata male da loro. Una fan che se la faceva con un membro della propria band preferita non era il miglior biglietto da visita per farsi benvolere, era difficile non sembrare una groupie in cerca della storia da raccontare o una pazza accecata dall'ammirazione e attrazione verso il proprio idolo, eppure loro non sapevano cosa lei e Logan avevano passato in quei mesi, quanto si fossero conosciuti a fondo e si fossero aperti l'un l'atra.
Un brivido le percorse la schiena. No, non voleva essere fraintesa a priori. Stare accanto a Logan da quando era arrivato a Montpellier le aveva fatto capire quanto fosse sbagliato avere pregiudizi e aspettative riguardo una persona, anche se positivi.
«A saperlo avrei portato una colazione più abbondante.» Disse per rompere il ghiaccio, dopo essersi schiarita la gola e aver fatto ricorso a tutto il proprio coraggio. Fece fatica a parlare, aveva il cuore in gola.
«Tu sei?» Carter sorrise della sua frase, ma era intento a studiarla. Dio, era ancora più bello che in foto. Gli occhi chiari sembravano studiarla a distanza, ma avevano un qualcosa di magnetico che glielo faceva sentire troppo vicino a quello che cercava di tenere per sé.
Oliver aveva un fascino misterioso, più di quanto si fosse sempre aspettata. Seth, invece, era l'unico a osservarla con curiosità e uno spirito meno critico. Sembrava l'unico contento della sua presenza, come se una persona nuova fosse stata per lui uno stimolo inaspettato, ma gradito.
«Camille. La vicina di Logan. Amica e guida del posto.» Mentre si presentò rivolse un saluto accennato della mano, poi decise di far uscire un'altra verità che la riguardava, era sicura che il suo sguardo sbalordito l'avesse tradita. «Nonché fan dei Glory.»
«Già mi piaci.» Oliver le fece un cenno con il mento e le rivolse un sorriso divertito. «Non sapevamo fossi così carina, né tantomeno che portassi la colazione a Logan.»
«Solo il meglio per le rockstar.» Cercò di sembrare disinvolta, ma essere al cospetto di persone che fino al giorno prima le erano sembrate così perfette da essere irreali la metteva in soggezione. Era forse un sogno?
Ognuno di loro era bello da morire, anche se ciascun membro del gruppo aveva un fascino diverso, però agli occhi di Camille Logan era irraggiungibile, aveva una sensibilità e un modo di fare che la sopraffacevano. Avere davanti Carter fu un trauma, e si ricordò perché aveva fantasticato tanto su di lui, ma in quel momento tutto era differente. Non le provocava il brivido di eccitazione che si era aspettata, ma un grande rispetto e un po' di timore per le abilità e l'autorità che riusciva a emanare.
Intanto, intorno a lei le persone sembravano riprendere a muoversi come prima del suo arrivo. La salutarono con un cenno approssimativo, alcuni si presentarono mentre altri tornarono a scherzare come se niente fosse. Soltanto il gruppo aveva mantenuto l'attenzione su di lei, e furono così gentili e disponibili da mostrarsi interessati a scambiare quattro chiacchiere.
«Non ero convinto che Logan potesse socializzare, soprattutto in un posto che ha detestato con tutto il cuore.» Le confidò Seth con fare complice.
Logan, dopo aver visto i rapporti distendersi in dei normali convenevoli, si avvicinò al gruppo per darle supporto e arginare i danni, nel caso se ne fossero presentati.
«Comunque è un piacere conoscerti.» Fu Carter a parlare con la sua voce profonda e posata.
«Ehi.» Si intromise il batterista per riportare la conversazione su un piano più informale e sicuro per Camille. «Con me non hai mai avuto lo sguardo trasognato quando ci siamo conosciuti. Dovrei sentirmi offeso.»
Gli altri mostrarono espressioni scettiche, ma ebbero l'accortezza di rimanere in silenzio. In fondo avrebbero capito più cose osservando i due interagire, piuttosto che riempirli di domande troppo dirette che li avrebbero messi sulla difensiva. Affrontare tante interviste li aveva resi oculati.
«Tu mi hai aggredita verbalmente!» Gli rinfacciò lei. Lui avrebbe potuto dire lo stesso, dato che gli aveva risposto a tono, ma era un dettaglio trascurabile. «E prima ancora mi hai urtata e fatta cadere a terra.»
«Non l'ho fatto apposta!» Si difese lui con le mani alzate in segno di resa.
Carter rilassò le spalle, come se quella confessione gli fosse bastata per definire il loro rapporto. «Sì, tipico tuo.»
«Delicato e affabile come sempre.» Lo canzonò Oliver.
«Smettetela di coalizzarvi contro di me!» Alzò la voce fingendo di essere contrariato. «L'avete appena conosciuta.»
«Ma conosciamo te da molto tempo.» Gli ricordò Seth, pratico, nel fargli l'occhiolino.
«E lei ha portato i muffin» Aggiunse Carter, più predisposto del solito verso una sconosciuta. Poi le si rivolse, indicando il sacchetto dei dolci: «Posso?»
«Fai pure.» Camille allungò una mano verso le tortine. Iniziava a sentirsi a proprio agio. Ora che si era abituata all'idea di avere i Glory al completo davanti a sé, cominciava a rilassarsi.
«Non fare lo stronzo.» Logan gli levò il dolce di mano e ne prese un morso. «Questa è la mia colazione.»
Carter ne prese un altro e ne staccò un pezzo. «Hai intenzione di mangiarli tutti?»
«Secondo te perché ne ha preso uno in più? Uno è suo.» Gli fece notare, ovvio. «Ma gli altri sarebbero miei. Sono grande e ho bisogno di mangiare tanto.»
«Certo, se vuoi metterti all'ingrasso.» Rispose il cugino, poi ne prese un altro morso. «Lo faccio per il tuo bene.»
Si misero a ridere e parlarono un altro po', finché Camille, a corto di argomenti e a causa dei lavori lì attorno, decise di levare le ancore. Aveva pensato di passare la mattinata con Logan prima di fare da baby-sitter, ma era evidente che i piani avessero subito pesanti modifiche.
«Sarà meglio che vada.» Annunciò nel mettersi in piedi e liberare lo sgabello attorno alla penisola della cucina. Era strano pensare a come lì, poco più di una settimana prima, la mattina, si fossero baciati per poi trascinarsi a letto. Le sembrava assurdo.
«Dovevate fare qualcosa tu e Logan?» Chiese Carter con finta indifferenza.
Camille arrossì. Era meglio sorvolare sulla risposta sincera e vietata ai minori che le era passata per la testa, così optò per una versione più diplomatica: «Oh no. Ero soltanto passata per fare colazione in compagnia. Il mio coinquilino non era a casa e so che Logan senza un caffè e qualcosa sotto i denti diventa intrattabile. Avevo semplicemente pensato di avere un po' di compagnia e fare un favore alla comunità.»
Alzò le spalle per sembrare disinvolta e sperò che nessuno avesse notato il suo leggero balbettare.
«Ti vedremo ancora?» La incalzò lui, di nuovo.
«Se mi volete qui in giro, molto volentieri.» Carter che la invitava per rivederla, nemmeno nelle sue fantasie più spinte era arrivata a tanto. «Anzi, se avrete voglia di visitare la città mi offro come guida. Ho fatto pratica con Logan.»
Gli strizzò l'occhio e ridacchiò divertita.
«Già. Un po' noiosa e didattica ma è bilingue, dunque è ottima.» La prese in giro il diretto interessato, molto più contento di quanto non fosse parso nei primi momenti della conoscenza tra Camille e gli altri.
«Scordati la colazione offerta per un bel po'.» Lo indicò con fare accusatorio.
«Penso proprio che ti sfrutterò.» Li interruppe Oliver, interessato a quel tour di Montpellier.
«Mi associo, ho proprio intenzione di approfittare della tua proposta.» Si unì Seth, mentre Carter annuiva convinto.
Logan si alzò per buttare il bicchiere di carta e poi le si avvicinò.
«La accompagno alla porta.» E, senza dare modo agli amici di aggiungere altro, la guidò verso l'uscita.
«Mi dispiace.» Mormorò mesto, una volta raggiunta la loro meta. «Non sapevo dovessero arrivare, mi hanno voluto fare una sorpresa.»
Le accarezzò una guancia con il pollice, certo di non essere visto, dato che Camille era fuori dall'uscio e lui appoggiato allo stipite. Tutto il caos che c'era nello studio era alle sue spalle, come se fosse stato in grado di accantonarlo davvero per un attimo.
«Non c'è problema. È il tuo lavoro, la tua vita. Mi fa piacere che siano qui.» Gli sorrise sincera. «Non ti ho mai visto così felice da quando sei a Montpellier. Mi piace che ti completino.»
Logan sospirò, ma ricambiò il gesto. Essere circondato da tutte le persone a cui teneva gli aveva ridato la spinta giusta. Era come essere tornato a Los Angeles, ma in più al suo fianco aveva Camille, non avrebbe potuto chiedere di più.
«Ci rifaremo presto.» Le promise prima di darle un rapido bacio.
«Non preoccuparti.» Lo rassicurò.
Lo salutò e infine scese le scale, diretta verso casa.
Logan non avrebbe dovuto preoccuparsi di nulla, l'avrebbe fatto lei per entrambi, perché in
quel momento mille domande le affiorarono nella mente, ma non trovò risposta ad alcuna di esse.
Hello you!
Tadaaaaan! Arrivo a sorpresa!
I Glory al gran completo. E ora?
Ora si ritrovano senza una vera dimensione, perché non hanno potuto trovarla, e sotto l'occhio indagatore di Seth, Oliver e, soprattutto, Carter.
Riuscirà Camille a passare l'esame?
Io fossi al suo posto sarei totalmente impanicata e prenderei Logan a padellate in testa per la poca collaborazione. Ma Cam è diversa e si fa forza da sola.
Speriamo che Carter seppellisca l'ascia di guerra. Oddio, non l'ha mai sfoderata, lo ammetto, ma di sicuro è incuriosito dalla nuova figura che si è presentata. È nella sua natura da maniaco del controllo.
Insomma, Carter IS BACK IN TOWN!
A lunedì prossimo,
Cris
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