15. Battito mancato
Logan si era svegliato poco dopo, con le dita di Camille come impronte incandescenti sulla pelle. Il calore della sua vicinanza era qualcosa di nuovo per lui, era la costante che non aveva mai avuto nella vita e di cui non sapeva di aver bisogno. Non era mai stato allergico alle relazioni come Carter, però le sue compagne erano sempre state diverse da Cam. Erano meno attente, più focalizzate su loro stesse che sul voler esserci per lui, l'importante era stare con un batterista di fama mondiale che potesse farle vivere nella sua luce riflessa, non importava che fosse un uomo piacevole, quello era un extra non preventivato, anche se gradito.
Con Camille tutto era diverso. Lei apprezzava davvero la persona che aveva davanti a sé ben prima del personaggio.
Nonostante con le sue ex fosse stato più fisico, Logan non era mai stato così intimo con una persona come con lei: si era confidato su argomenti segreti e importanti e si era lasciato coinvolgere come mai prima gli era successo. Desiderava il tocco della dita di Camille esattamente come le sue labbra. Eppure lei non era solo quello; era pensieri, risate, sospiri, insicurezze e imperfezioni. Era disposta a fare di tutto per renderlo felice, ma non aveva vergogna a dimostrargli di aver bisogno di protezione, mostrargli le sue debolezze la rendeva più donna di tutte le ragazze che aveva avuto in passato, che usavano la femminilità per provare la propria forza, apparendo spesso più ridicole di quanto non credessero.
Si girò sul fianco, verso di lei, per disegnare il contorno delle sue labbra corrucciate mentre si perdeva nei suoi pensieri. Nel rendersi conto dell'assenza di paura nel voler buttarsi a capofitto in quel percorso insieme a lei. Nell'ansia scaturita dalla sua mancanza di panico.
«Sei fastidioso.» Mormorò lei, ancora insonnolita.
«Mi stavo annoiando.» Si giustificò, poi decise di correggerla. «E comunque sono delizioso.»
«Pensare in silenzio era troppo complicato?» Domandò contro il dito di lui che, imperterrito, continuava a disegnare i contorni della sua bocca.
Non poteva certo dirle che i suoi pensieri erano più rumorosi di ogni altra cosa attorno a loro. «Non era divertente come l'idea di disturbarti.»
Camille, per mostrargli il proprio disappunto a riguardo, gli morsicò il dito.
«Cannibale!» La prese in girò dopo averlo ritratto, anche se il gesto gli era parso più seducente di quanto avesse dovuto. «Queste dita sono d'oro, valgono milioni di dollari. Come potrei fare magie alla batteria, senza anche solo la più piccola falange?»
«Sei tu che mi hai svegliato e detto di essere delizioso.» Lo provocò. «Volevo constatare che fosse vero.»
E gli strizzò l'occhio con fare malizioso.
«Soddisfatta?» Era sinceramente curioso.
«In realtà vorrei essere rimborsata.» Le piaceva prendere in giro Logan, non era abituato a non sentirsi irresistibile e quel suo modo di porsi sembrava sempre stuzzicarlo parecchio. «Ora però, siccome sono sveglia, vorrei provare a mettere i piedi in acqua.»
Prima di alzarsi si stiracchiò, infine si mise in piedi e si girò verso il batterista per attendere una sua mossa, la quale non tardò ad arrivare. La imitò e si diresse verso il mare, come se avesse aspettato quel momento da tutta la giornata.
Camille, come Logan, si prese il tempo di godere di quel momento. Le erano sempre piaciute le spiagge nei pressi di Montpellier, le ricordavano i momenti spensierati trascorsi con le amiche. Erano posti che la aiutavano a liberare la mente e a trovare serenità, un fattore che non mancava da quando Logan era entrato nella sua vita.
Mise la punta di un piede in acqua, ma la ritirò subito, era evidente che i giorni di sole non fossero stati sufficienti affinché la temperatura dell'acqua fosse diventata per lei ragionevole.
«Ok forse ritratto quello che ho detto, non pensavo che qualcuno fosse passato mentre eravamo appisolati per buttarci dentro dei cubetti di ghiaccio.»
Fece per ritrarsi e tornare ai loro teli, ma Logan, molto più a suo agio con i piedi in ammollo, la prese per un polso e la fece voltare.
«Non ci provare. Non ti azzardare nemmeno!» Lo mise in guardia senza risultare convincente.
Logan le regalò un sorriso sfrontato e divertito e la attirò verso di sé, di modo che Camille fosse così costretta a raggiungerlo in acqua, per quel poco che poteva essere concesso.
Iniziarono a rincorrersi e a schizzarsi, a giocare e a ridere come la gente attorno a loro. I corpi strusciavano nel tentativo di far cadere l'altro, ma niente era più gratificante per entrambi della loro vicinanza. I momenti in cui le braccia si confondevano il tempo sembrava rallentare, al contrario dei respiri, così persistenti sulla pelle da diventare brividi di piacere e attesa.
Camille si ritrovò la schiena vicina al petto di Logan e le caviglie ormai sott'acqua, così decise di abbandonare ogni belligeranza, inspirando a pieni polmoni l'aria salmastra che si mischiava al profumo di bucato che caratterizzava Logan, una combinazione che riusciva a farle abbassare ogni difesa.
«Era così difficile?» La prese in giro lui, approfittando del momento di calma che si era instaurato tra loro.
«Sì. Sono in shock termico.» Rispose a tono.
«Va meglio così?» La cinse nel proprio abbraccio, desideroso di averla su di sé perché non ne aveva mai abbastanza. Il calore che Camille era riuscita ad accendergli dentro era molto più forte di quello che lui era riuscito a imprimere alle sue braccia. Era come tornare a vivere appieno senza dover eccedere per provare qualcosa. La parte peggiore di ciò che aveva sperimentato nel corso degli anni sembrava vuota e inutile, se paragonato a lei e alla sua purezza.
«Sì.» Si finse imbronciata, ma si sistemò meglio tra le sue braccia, i piedi ancora in acqua. «Ma stavo meglio prima. Anzi, forse stavo meglio a casa.»
Logan sospirò. Quella giornata così diversa dalle precedenti l'aveva fatto riflettere riguardo la sua condizione.
«Sai, a casa – lo studio – sono totalmente libero di essere me stesso, ma è un ossimoro sentirsi liberi quando si è imprigionati tra quattro mura.» Inspirò a fondo per gustarsi quella riacquistata indipendenza. «Eppure sono qui, libero, ma devo stare attento a come mi comporto per non attirare l'attenzione.»
Le sfiorò il collo con punta del naso per farle capire quello di cui parlava. Non si sentiva davvero libero, se doveva contenersi con lei agli occhi degli altri, ma, al tempo stesso, voleva tutelarla e tutelarsi dal gossip facile che poteva crearsi attorno a loro, perché sarebbe bastato un attimo per creare un putiferio. Eppure diventava sempre più difficile resisterle.
«Perché questo non è abbastanza. Tu non lo sei mai.» Aggiunse roco, per farsi sentire soltanto da Camille, che rispose con un brivido là dove le parole si erano infrante sulla clavicola. «Ma non mi è mai piaciuto che la mia vita privata diventasse pubblica. Non sono mai stato il tipo che fornisce ai paparazzi uno spettacolo degno di essere fotografato, salvo qualche rara eccezione, e non voglio iniziare ora a dare loro del materiale.»
Anche se non si erano manifestati in zona, ma preferiva non rischiare. Come avrebbe potuto giustificare l'esistenza di Camille a Carter e agli altri, in quel modo, senza che loro travisassero tutto?
«E cosa preferiresti, ora?» La domanda di Cam arrivò a fatica, la voce sembrava andare di pari passo con il cuore, non voleva rispondere ai suoi comandi per seguire la propria volontà.
«Dipende sempre dalle intenzioni.» Le sussurrò all'orecchio. «Cosa vorresti tu? Come mi vorresti vedere?»
«Io vorrei vederti libero di essere la persona che sei.» Nel dirlo si girò verso di lui, per fargli capire che, in quell'istante, non era l'unico a doversi limitare a causa delle altre persone. Non era mai stata una ragazza in grado di esternare a tutti i propri sentimenti, ma era abile a trasmetterli con gli occhi. «Vorrei fossi solamente te stesso.»
«Allora torniamo a casa.» E, nel pronunciare quelle parole, la guidò verso l'auto.
*
Il viaggio in auto era stato estenuante. L'elettricità riempiva l'abitacolo tanto da rendere difficoltoso ogni tentativo di parlare. Non toccarsi era diventato impossibile, ma i gesti erano controllati per cercare di non perdere il controllo. Sembrava che tutto il contatto avvenuto in spiaggia avesse logorato le loro già basse difese, portandoli a cercarsi sempre di più.
Quando arrivarono sotto casa e Camille parcheggiò l'auto, entrambi tirarono un sospiro di sollievo, quasi avessero potuto tornare a ragionare in modo lucido.
«È stata una bella giornata. Ne avevo bisogno.» Logan si era avvicinato a lei per accompagnarla alla porta, ma l'intenzione di salutarla non era davvero contemplata, diventava sempre più difficile separarsi da lei, la sua presenza diventava ogni momento più importante.
Camille, agitata per i pensieri che aveva in testa e per i modi seducenti di Logan, faticò a rispondere con naturalezza. Annuì appena mentre giocava con le chiavi accanto al portone del proprio palazzo.
«Sono contenta di averti trascinato fino alla spiaggia. Ne è valsa la pena.» Perché non sarebbe mai riuscita a dimenticare il suono della sua risata, o il modo in cui era riuscito più volte a farle tremare le gambe e a renderla felice con piccoli gesti.
«Grazie.» Le disse prima di baciarla, sull'uscio.
Le prese il viso tra le mani e la avvicinò a sé, approfittando del fatto che Cam fosse su un gradino e lui non dovesse abbassarsi. Ma la situazione si fece più intensa del previsto. Il bacio, dapprima delicato, divenne passionale e senza filtro.
Erano bastate le mani di Camille tra i suoi capelli, all'altezza della nuca, per pretendere di più. Aveva abbassato una mano sulla vita dei pantaloncini per infilare un dito in un passante e farla aderire a sé mentre approfondiva il contatto. Avrebbe voluto divorarla come aveva immaginato dalla prima volta in cui le loro labbra si erano toccate, ma non sarebbe riuscito a tirarsi indietro in quel momento perché ogni gesto sembrava sfuggire all'autocontrollo che avevano avuto fino a poco prima.
Camille emise un gemito soddisfatto e si appigliò alle braccia di lui per far combaciare meglio i corpi. Lo voleva da impazzire, così spinse la porta con un piede per cercare di farlo entrare, un invito alquanto esplicito. Non aveva intenzione di attendere oltre.
Furono bruscamente riportati alla realtà dalla suoneria del cellulare di Logan.
«Tempismo perfetto.» Ansimò frustrato nel tentativo di sorridere. «Devo rispondere, è la suoneria di Carter.»
Fece un passo indietro per guardarla negli occhi e riprendere lucidità mentre lei annuiva. Rispose nella speranza di apparire il più neutrale possibile. «Ciao, dimmi tutto.»
Lanciò uno sguardo furtivo a Camille e poi si allontanò ancora di più.
Lei lo osservò in silenzio, ma c'era qualcosa di strano in quella telefonata, perché lo vide prima irrigidirsi, poi abbassare le spalle, imprecare tra sé e tirare un calcio a qualcosa di invisibile. Era diventato pallido.
Quando Logan tornò davanti a lei aveva lo sguardo perso e vuoto, come quando era appena arrivato a Montpellier. Un senso di pesantezza le fece attorcigliare lo stomaco, un brutto presentimento. Era come vederlo nelle foto durante l'ultimo arresto, gli occhi assenti e un'espressione arresa sul viso.
«Ehi, tutto bene?» Gli accarezzò un braccio in segno di conforto, ma lui non sembrò nemmeno notarlo, come se non fosse stato davvero lì. Sembrava infinitamente distante, una lontananza emotiva che non era sicura di riuscire a colmare, e la cosa le fece paura. Non aveva mai pensato di perdere Logan, eppure in quel momento, anche se ce l'aveva davanti, sembrava un'opzione concreta.
«Mi dispiace. Io...» Si interruppe, affranto. «Devo andare.»
Lui, assente, le posò le labbra sulla fronte e, senza aggiungere altro, si diresse verso lo studio.
La sensazione di Camille peggiorò. Quelle parole avevano l'aria di essere un addio.
*
Da quando Logan l'aveva abbandonata il pomeriggio prima all'improvviso, Camille non si era data pace. Non aveva saputo come interpretare il comportamento del batterista, ma c'era qualcosa che lo preoccupava. Erano passate poco meno di ventiquattro ore e, se all'inizio aveva pensato che tutto potesse sistemarsi con una dormita, il buon proposito era svanito quando lui non aveva risposto alle sue chiamate e ai messaggi. Cam aveva controllato tutto il giorno dalla propria camera lo studio, ed era sicura che Logan fosse lì. Aveva pensato di vederlo pronto con i bagagli, ma si era dovuta ricredere quando l'aveva osservato aggirarsi più volte per casa come un animale in agonia. Aveva la visuale sulla sala relax e la cucina, e spesso poteva vederlo mentre ci si recava per bere del caffè. Soltanto una volta l'aveva sorpreso al computer, per il resto del tempo spariva nella zona delle stanze di produzione, dove aveva passato la giornata.
Eppure era preoccupata, non era da lui volatilizzarsi a quel modo, non del Logan che aveva imparato a conoscere a fondo. Sospirò nel momento in cui prese una decisione risolutiva, nella speranza che Logan non si arrabbiasse con lei per quella scelta.
Pochi minuti dopo si ritrovò ad aprire la porta dello studio con le chiavi di emergenza che le erano state date da Logan. Non aveva la certezza che per lui quella situazione potesse essere critica, ma per lei lo era di certo ed era pronta ad accettare le conseguenze delle proprie azioni.
Entrò senza far rumore e cercò di capire dove fosse. Il suono della batteria la condusse nella sala di registrazione, dove lo trovò intento ad attaccare i tamburi con una violenza a lui nuova. Era sempre stato famoso per essere elegante nel trasmettere energia. Non era mai stato un batterista potente, come altri suoi colleghi, ma in quel momento era come se fosse posseduto da un bisogno diverso che l'aveva portato a colpire tutte le parti dello strumento con cattiveria.
Era l'eco della sua disperazione, lo si percepiva da ogni suono emesso e da come essi si susseguivano. Asciutti, rabbiosi e senza l'armonia che di solito li contraddistinguevano. A Camille si strinse lo stomaco, era come se Logan fosse in trance. Era concentrato e assente allo stesso tempo, assorbito in un vortice buio dove sembrava cadere secondo dopo secondo, percussione dopo percussione. Gli occhi erano inespressivi e non pareva accorgersi di ciò che gli stava attorno.
Se non l'avesse conosciuto bene avrebbe giurato che fosse sotto l'effetto di una qualsiasi sostanza stupefacente, eppure era diventata talmente brava a leggerlo che era quasi sicura che l'accanimento verso la batteria fosse stato il suo modo per anestetizzarsi e ridursi in quello stato.
«Ehi...» esordì con un filo di voce per evitare che le sbraitasse contro, ne sembrava capace, ma Logan la guardò con occhi vacui per un secondo e poi tornò a ignorarla come aveva fatto con tutto il resto.
«Logan.» Provò di nuovo, senza ricevere risposta. Continuò imperterrito ad agitare le bacchette sui tamburi e i piatti, come se non ci fosse stata. Sembrava incapace di smettere, come se lo aiutasse a non pensare e ne andasse della sua stessa vita.
Le parole su di lui non avevano effetto, ormai era chiaro, avrebbe dovuto essere più incisiva. Passò in rassegna la stanza e vide l'unica cosa che poteva tornarle utile: uno sgabello. Mentre Logan continuava a suonare nel tentativo di ignorare tutto ciò che non era il rumore prodotto da lui, Camille prese la seduta e la posizionò dietro quella del batterista, poi gli si avvicinò e lo strinse in un abbraccio.
Avvolse le braccia attorno al suo petto e gli posò la guancia sulla schiena. Non sapeva cosa volesse comunicargli con quel gesto, se fargli capire di non essere solo oppure che tutto sarebbe andato bene. Magari entrambe le cose, con un po' di quella preoccupazione che non era solito ricevere.
Funzionò.
Le bacchette si fermarono a mezz'aria e il respiro di Logan si interruppe. Poi il suo corpo iniziò a cedere. Più l'abbraccio si protraeva, più i muscoli iniziavano a rilassarsi, tanto che le spalle si abbassarono e così fecero la testa e le braccia, inermi lungo il fianchi.
Soltanto in un secondo momento riuscì a trovare le mani di Camille e a coprirle con le proprie, in un gesto di tacito ringraziamento.
«Io...» Si interruppe con la voce incrinata, poi riprese con una frase diversa. «Sono in crisi.»
Cam soffrì nel sentirlo così, non avrebbe mai pensato di poterlo vedere nel suo momento peggiore, e non era pronta a tanto.
«Sssshhhhh.» Disse con un nodo in gola che sembrava impedirle di parlare a dovere. «Non devi giustificarti.»
Posò le labbra sotto la nuca di Logan per cercare di infondergli un po' di calma, ma sembrò riportare a galla tutta la tensione che aveva in corpo. Era un fascio di nervi pronto a rompersi, ed essere davanti a un'altra persona in tutta la sua fragilità non sembrava aiutarlo. Non sembrava essere in grado di recuperare lucidità, era meglio assecondarlo per far sì che si sfogasse come meglio credeva.
Camille era in attesa di una sua mossa.
Logan si alzò di scatto e lei seguì il movimento, ma fu meno rapida di lui, che si girò per poi chiuderla con forza contro il muro. Sembrava freddo, tanto che Camille si irrigidì davanti ai suoi gesti quasi prepotenti.
Quella reazione sembrò essere la molla giusta: Logan fece scontrare le proprie labbra con quelle di lei con foga, più Cam cercava di sottrarsi a quel tocco e più lui sembrava imprimere forza al corpo. Voleva provocare, aizzare e farsi odiare, quasi avesse voluto un motivo per pensare ad altro e non a ciò che lo stava logorando all'interno.
Cam cercò di rilassarsi e assecondare i suoi bisogni: doveva sfogarsi e gliel'avrebbe permesso. Aveva iniziato in modo fisico, sulla batteria, e ora stava continuando sulla medesima strada, ma il soggetto era cambiato. Era stata lei stessa a spostare il focus su di sé, non si sarebbe mai tirata indietro in quel momento. Logan aveva bisogno di lei, e lei desiderava con tutto il cuore fargli capire quanto lui fosse importante, a ogni costo.
Lo voleva, anche se avrebbe voluto dire fare sesso per il motivo sbagliato. Farlo sentire al sicuro nel proprio calore, fargli provare quanto un corpo potesse rassicurarlo. Aiutarlo a sfogarsi, magari ad aprirsi. Lei c'era, lui doveva capirlo.
La frustrazione di Logan si trasformò in urgenza. I suoi muscoli si tesero quando i loro corpi entrarono in contatto e le dita scivolarono dalle cosce ai glutei per avvicinare il bacino di Camille al proprio. Lei approfittò della vicinanza per allacciargli le gambe attorno alla vita.
«In camera.» Mormorò all'orecchio del batterista, morsicandone il lobo, che già si era mosso in quella direzione.
Arrivarono al letto con le labbra gonfie e i respiri irregolari per via del percorso accidentato da baci avidi e sospiri appagati e impazienti.
Cam toccò il materasso con malagrazia, ma osservare Logan mentre si toglieva la maglietta aveva ripagato l'impatto poco elegante a cui era stata sottoposta. L'aveva visto spesso senza maglia durante i concerti, ma non avrebbe mai potuto descrivere la sensazione di osservare da vicino i tanti disegni che Logan aveva tatuato sulla pelle. Era un'armonia vivente che faceva male al cuore.
Alzò le braccia per invitarlo a sbarazzarsi del suo indumento come aveva fatto del proprio e, nonostante lo sguardo perso, Logan sembrava rendersi conto di quello che aveva davanti. Camille alzò un angolo della bocca: una volta che quel sovraccarico di emozioni fosse passato, Logan sarebbe tornato in sé e avrebbe di nuovo ragionato con lucidità, o almeno così sperava.
Non ci fu tenerezza nei gesti di entrambi, ma l'impellenza di essere travolti da qualcosa di più grande, qualcosa che smettesse di farli ragionare troppo, come era successo fino a quel momento. I preliminari erano venuti meno per lasciare spazio all'urgenza di appartenersi. Il lento spogliarsi e scoprirsi era stato sostituito dalla frizione della pelle, mentre alle carezze erano subentrati segni più profondi per non perdersi.
Camille lo guardò prendere un preservativo prima di sentirlo dentro di sé e vedere il mondo cambiare prospettiva. Era sopraffatta dalla sensazione che la disperazione di Logan le aveva trasmesso mentre pian piano si tramutava in qualcosa di totalizzante.
Le spinte divennero subito potenti, così come i sentimenti del batterista, tanto che Cam dovette mordergli una spalla per non urlare per la piacevole e dolorosa novità di quel contatto. Le unghie si conficcarono nelle spalle di lui quando riuscì a portarlo all'orgasmo, accompagnate da gemiti soffocati.
Rimasero sul materasso, spezzati e ansanti, mentre tentavano di riprendere fiato e riordinare le idee. Infine Logan, più padrone di se stesso rispetto a prima, si raggomitolò contro la pancia nuda di Camille. Le mise una mano sul fianco per far sì che non si allontanasse, poi sospirò arreso.
«Era Carter al telefono.» Iniziò a raccontare triste, mentre con un dito continuava a disegnare cerchi sulla pelle di Camille. «Zia Jules è in ospedale, non sta bene. I medici non sanno ancora cosa possa essere, la stanno visitando.»
Non alzò lo sguardo, quasi si vergognasse di quello che diceva. «Ho pensato di andarmene. Ero davvero pronto a salire sul primo aereo per Los Angeles, vittima della mia solita ansia per non aver la situazione a portata di mano e sotto controllo, ma Carter mi ha detto che non è grave, che se fosse stato così me l'avrebbe detto e mi avrebbe prenotato lui stesso i biglietti per il ritorno. Mi ha pregato di rimanere.»
Aggiunse a fatica l'ultima frase, sentendosi intrappolato in una situazione più grande di lui.
«Non devi dirmi altro.» Camille gli passò una mano tra i capelli sciolti e sudati, nel tentativo di tranquillizzarlo. Sperava che coccolarlo lo facesse sentire al sicuro, almeno un po'. Le parole e il tono con cui lui raccontava gli eventi le fecero stringere il cuore. Soffriva con lui.
Logan aumentò la pressione della mano sul fianco, aveva bisogno di sfogarsi e confidarsi a riguardo per non impazzire. Non poteva dare di matto come aveva fatto quel giorno. Non era salutare per lui, perché dopo avrebbe potuto fare cazzate, doveva imparare a gestire l'ansia. La vicinanza di Camille sembrava fargli bene, gli ricordava che aveva un cuore e che aveva un motivo per battere. L'averla accanto a sé che si preoccupava per lui lo fece sentire protetto, compreso.
«Mi sono imposto di rimanere per dimostrare a Carter che sto crescendo e che sono in grado di mantenere gli impegni che ho preso. Mi aveva chiesto di venire qua e smetterla con le paranoie, e così ho provato a fare; gliel'avevo promesso. Ma quando succede qualcosa è maledettamente difficile.»
Nascose la faccia vicino al costato di Cam nel tentativo di sparire. Si sentiva inutile e preoccupato, non sapeva come affrontare la cosa.
«Sei stato bravo. Sei rimasto.» Continuò con le proprie carezze. Donargli un po' di sicurezza era il minimo che potesse fare. Se avesse potuto gli avrebbe dato anche l'anima, soprattutto alla luce di simili dichiarazioni. Avrebbe fatto di tutto pur di alleggerire quel dolore.
«Ho dato fuori di matto.» Rispose dopo aver represso uno sbadiglio. Dopo la giornata di panico, la stanchezza iniziava a farsi sentire.
«Nessuno te lo vieta.» Mormorò Camille, comprensiva. Nessuno si aspettava che Logan reagisse bene a una simile notizia, così come la gente sperava che non ricadesse nelle vecchie cattive abitudini, e così era stato. Era stato abbastanza forte da tenersi lontano da qualsiasi tipo di sostanza, stupefacente o alcolica che fosse.
«Sarebbe potuta andare peggio.» Alzò il viso verso di lei, mostrando uno sguardo colpevole e perso. «L'ultima volta sono stato arrestato. Avrei potuto far del male a qualcuno. Avrei potuto farti del male.»
Non se lo sarebbe perdonato. Camille gli aveva ricordato la persona che poteva essere, non voleva deluderla.
«Eppure ti sei saputo controllare.» Con le dita delicate danzò sulle spalle, la voce sempre più roca di lui le fece capire che stava cedendo al sonno. Inoltre Cam era certa che non sarebbe stato in grado di far del male a qualcuno al di fuori di se stesso.
Logan non rispose e lasciò che fosse il silenzio a riempire il vuoto delle parole che gli mancavano, ma non era sicuro che ciò che aveva detto Camille fosse vero.
«Grazie.» Sussurrò alla fine, nel dormiveglia. Se aveva saputo controllarsi era stato anche merito suo, soprattutto suo.
«Andrà tutto bene.» Aggiunse Cam sottovoce. Aveva bisogno di qualcuno che lo rassicurasse. Intanto pregò che Jules potesse rimettersi al più presto.
Logan non aggiunse altro e si addormentò in quella posizione, con le mani di Camille addosso e il suo calore sottopelle che gli regalava un briciolo di speranza.
Ce l'avrebbe fatta, qualunque cosa fosse accaduta.
Eccomi qua. Non sono sparita, ma ho solo sistemato al meglio il capitolo.
Perché, come vedete, è un capitolo intenso, nel bene e nel male.
C'è stato il tanto agognato avvicinamento, ma non è avvenuto come ci si aspettava, suppongo.
Logan, ahimè, ha bisogno di stabilità, ma è già il secondo mattone che arriva a scalfire le fondamenta che sta provando a costruire.
Non è facile, ma sta crescendo.
Cosa ne pensate?
Vi aspetto la prossima settimana,
Cris
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