1. In remissione dei peccati, forse
I Destination: Glory erano radunati tutti nel loro studio a Los Angeles, tesi dopo la riunione con la nuova casa discografica.
«Vorrei giungere a una conclusione entro un orario umanamente accettabile, grazie.» Carter, leader nonché voce del gruppo, appoggiò le mani sullo schienale del grande divano bianco che campeggiava nella sala relax, dove – grazie a un permesso concesso a gran parte dello staff – regnava più silenzio del solito. Quella posizione era il suo modo per rimarcare autorità, dato che era lui, nel gruppo, a prendersi le responsabilità maggiori.
«Beh, siccome all'incontro con i produttori eravamo tutti d'accordo con la loro idea, non ci resta che scegliere chi di noi seguirà il progetto fin dall'inizio.» Convenne Seth per fare il punto della situazione e girare attorno alla questione scottante dell'intero progetto. In quel momento avrebbe desiderato il suo basso per evitare il rumore prodotto dalle loro voci irrequiete, ma era cosciente che quella discussione fosse inevitabile.
«Io ho sempre sostenuto che fosse una stronzata.» Logan, il più irrequieto dei Destination: Glory, mostrò il proprio disappunto incrociando i piedi sul tavolino davanti a sé. Si sentì libero di guardare male i propri compagni, i suoi amici, perché sentiva che stavano tramando qualcosa; le occhiate che si scambiavano non promettevano nulla di buono. «Andiamo, perché finire in un buco di culo di città francese per continuare a incidere un album? Abbiamo lo studio qui, a LA, basta e avanza.»
«Bravo, fai la voce grossa ora che non ci sono quelli dell'etichetta.» Oliver, il chitarrista, si piegò verso l'altro, seduto di fianco a lui, per essere più incisivo. «Hai avuto modo di dire la tua un paio d'ore fa, eppure non mi sei sembrato così loquace.»
Non riusciva a sopportare l'atteggiamento distruttivo di Logan, non quando si trovavano con un'immagine da ripulire proprio a causa sua. Si era aspettato più collaborazione e umiltà, non di certo la rabbia repressa e l'aperta ostilità che l'altro aveva dimostrato fino a quel momento. Lo conosceva da tanti anni per poter dire con certezza come si sentiva, sapeva che aveva capito quale sarebbe stato il costo della sua ultima bravata, eppure non si aspettava che il batterista fosse pronto a dare battaglia, non dopo i guai in cui si erano trovati.
Logan, sul punto di rispondere alle accuse dell'amico, non appena avesse smesso di ringhiare, fu battuto sul tempo da Carter. Questi si chinò vicino all'orecchio del cugino per rendere chiari alcuni concetti che sembravano essergli sfuggiti: «Forse non hai ben capito una cosa. La Drydrops Records sta prendendo piede nell'ambiente, mentre noi ormai siamo abbastanza famosi per darle l'ultima spinta di cui ha bisogno. Non è un accordo il nostro, ma un mutuo soccorso. Se loro vogliono aprire uno studio a Montpellier e vogliono che lavoriamo là, beh, lo facciamo. E se vogliono che a prendersi cura degli spazi del nuovo ambiente siamo noi, facciamo anche questo. E con il sorriso.» Il suo tono non ammetteva repliche.
«Solo io trovo assurda la cosa?» Logan non si sarebbe arreso per nulla al mondo, non era nel suo carattere.
«Sì, soprattutto se questa clausola ci permette di avere meno debiti nei confronti dell'etichetta che ci produce e più libertà per gestire la nostra musica. È una grossa opportunità.» Intervenne Oliver, il più razionale tra i quattro, senza mostrare il rancore usato nei suoi confronti poco prima. Era vitale per lui che l'amico comprendesse il motivo di quelle scelte e che, per una volta, se ne facesse pure carico.
«Hai sentito il boss supremo.» Seth incrociò le mani dietro la nuca con fare rilassato. Tra tutti era quello che riusciva a vivere le situazioni con meno stress, era lui a riportare la calma all'interno del gruppo. «Il nostro nome ha un certo appeal per le altre band. Sapere che collaboriamo con la Drydrops Records farà salire alle stelle la loro richiesta, il fatto che ci facciano sistemare lo studio come più ci piace è un incentivo per l'etichetta a dettare le regole come meglio preferiscono sugli altri gruppi. Subdolo, certo, ma maledettamente geniale. E Montpellier è stata scelta perché hanno assorbito una piccola casa discografica di là, devono sfruttare gli ampi spazi acquisiti.»
Ai suoi occhi quel mezzo era ridicolo. Un po' come trovare cimeli di vecchie glorie nei vari Hard Rock Café del mondo per attrarci più gente possibile. Era un modo della casa discografica di sfruttare il loro nome per aumentare la posta in gioco nei confronti di altri gruppi, non lo trovava giusto. Eppure tutto quello riusciva a far sì che l'etichetta stesse con meno fiato sul collo ai Destination: Glory, un vantaggio che non poteva sottovalutare.
«Sistemare lo studio vuol dire arredarlo, e noi non siamo dei fottuti designer d'interni, ma musicisti. Lo ribadisco nel caso vi fosse sfuggito.» Logan stava per cedere. Non c'erano più obiezioni plausibili dopo aver sentito le risposte sensate degli altri. Il suo era un modo per tutelarsi, perché aveva intuito quali fossero i veri pensieri di Carter e dei suoi amici. Soltanto in un secondo momento si rese conto di quello che aveva detto, firmando così la sua condanna.
«Davvero?» Continuò Seth con un ghigno soddisfatto. «Non sei tu quello che ha collaborato con alcuni designer di arredamenti?!»
«Erano perlopiù suppellettili.» Il fatto che fosse un batterista non precludeva che fosse un minimo acculturato. Nel tempo libero gli piaceva leggere, non capiva le facce sconvolte dei tre ogni volta che si azzardava a usare una parola un po' più ricercata, per quanto accurata potesse essere nel contesto.
«E Carter, allora? Non è per caso uno stilista oltre che un musicista?» Oliver si divertiva un mondo, glielo si poteva leggere in faccia. Al posto di Logan rispose il suo silenzio, tanto che il primo continuò: «Nonostante non abbiamo delle vere competenze per arredare un intero studio, direi che il buongusto non ci manca, né l'esperienza per dire cosa possa servire.»
Carter e Seth annuirono con lui, quasi a voler sottolineare che ogni argomento contro quella scelta non avrebbe attaccato, con loro.
«Ok, ho capito. La cosa si farà.» Logan alzò le mani in segno di resa, scocciato. Era solo contro il mondo, una sensazione che nell'ultimo periodo lo accompagnava spesso. «Andiamo a Montpellier per continuare a registrare il nuovo album.»
Il resto del gruppo si sperticò in gesti di esultanza senza esternare a voce la propria soddisfazione, non volevano infierire su di lui. Tentativo inutile, considerato che si sentiva già bistrattato per l'inutilità della decisione.
«Resta solo da capire chi andrà.» Aggiunse Carter pratico.
«Tutti?» Fu la risposta incerta e retorica di Logan.
«Non essere idiota.» Lo riprese il cantante. «Alcuni dovranno stare qui per curarsi degli altri affari. Non ha senso che ci si presenti in quattro per sistemare un ambiente di lavoro, quando basta una persona. Hai presente che caos ci sarebbe?»
«Bene, allora come facciamo a scegliere?»
«Non contate su di me.» Carter si mise ritto in piedi, nel tentativo di sembrare più autoritario. «Devo finire entro aprile la linea invernale, inoltre ho iniziato a prestare la voce a quei famosi audiolibri, non posso interrompere il lavoro. Raggiungerei Montpellier appena conclusi questi impegni, verso maggio.»
«Ehi, io sto organizzando un matrimonio.» Si giustificò Oliver. «Non posso lasciare Amber sola più del previsto. Sarebbe una vigliaccata da parte mia sottrarmi ai miei doveri di futuro marito.»
«Sì, certo, aspetta che ci credo.» Logan non si era lasciato impietosire dal suo pensiero altruista.
«Se la mettete così devo adempiere anche io ai miei doveri di marito, Cody potrebbe lasciarmi se sapesse quanto tempo dovremmo rimanere separati. Già non ama i periodi in cui siamo in tour, quindi capite che dovrò introdurre la questione di Montpellier con un certo tatto e ridurre la lontananza al minimo. Non so se mi spiego.» Quello di Seth era un colpo basso, non era affatto corretto ricorrere alla sua omosessualità per evitare che gli altri lo attaccassero, facendolo passare per la vittima che tra loro non era.
«Giusto, io ho Jade a cui fare riferimento ora, e il nostro rapporto è ancora agli inizi.»
Ci mancava solo Carter ad addurre alla scusa della propria compagna. Da quando aveva partecipato a quel reality game, Jade e lui erano inseparabili. Stavano insieme da poco più di un anno, eppure sembravano una vecchia coppia sposata, per quanto la loro resistenza dovesse essere messa alla prova dai suoi ritmi da rockstar. Si erano conosciuti nel momento di pausa della band, durante la fase embrionale del nuovo disco, quindi non avevano sperimentato la lontananza, il jet-lag e tutta la frenesia che derivava da una vita in giro per il mondo.
Soltanto in un secondo momento Logan si rese conto delle giustificazioni degli amici, cosa che lo portò a tentare di difendersi.
«Cos...» Iniziò, rosso in faccia per la rabbia. «No! Allora io ho Kat. Perché non la considerate?»
«Perché siete in pausa di riflessione.» Osservò serafico Seth.
Tutti, inoltre, sapevano quanto le loro frequenti pause fossero delle vere e proprie rotture in cui si palesavano altre persone nel loro rapporto.
«Per la quarta o quinta volta.» Concluse Oliver con la mascella contratta. Non era proprio un fan di Katherine, la considerava un'arrivista. Non che la considerazione stupisse qualcuno, era la verità, ma c'erano cose che solo lei era in grado di fare, ed erano tutte abilità fisiche che poche donne possedevano. Logan ne sapeva qualcosa, perché da quando avevano fondato il gruppo aveva avuto parecchie esperienze.
A destare più sospetto, però, fu il silenzio di Carter, che considerava la ragazza di Logan l'origine di ogni male. A discolpa di Kat, Logan poteva dire che era arrivata in un periodo delicato della propria esistenza, e lei era un po' borderline. Le piaceva mostrare quanto potere avesse a disposizione nella sua posizione privilegiata di fidanzata di una persona famosa, quindi si concedeva il meglio: tavoli in discoteca, alcool, qualche droga. Non che Logan ci facesse caso, era uscito una decina d'anni prima da quel giro, però Kat era brava a manipolarlo e portarlo al limite; le preoccupazioni di Carter erano dunque più che legittime, soprattutto se si consideravano tutti gli sforzi fatti per far entrare Logan in riabilitazione in passato e tenerlo pulito negli anni.
«Sai anche tu di essere la persona adatta! Hai gusto, ti piace curare i dettagli di ogni ambiente.» E, per sottolineare la cosa, Carter si indicò attorno, dove l'intervento di Logan era stato massivo per evitare che quel posto fosse un ammasso di scartoffie e scatole accatastate a casaccio. «Sai cosa può servire in un posto simile e non hai nulla che ti trattenga qui.»
"La mia vita", pensò Logan, amareggiato, ma aveva intuito quanto quel discorso, in realtà, non fosse finito. C'era una parte sospesa tra loro, per convincerlo, che aleggiava sulla band come un fantasma. Tempo addietro era stato denunciato per aggressione, mentre pochi mesi prima era stato arrestato per DUI, driving under the influence. Di cosa fosse sotto l'influenza non era stato divulgato, ma l'episodio valse comunque la gogna mediatica all'intero gruppo, mentre a lui spettò una multa astronomica e delle ore da scontare nei servizi socialmente utili, una pena già saldata per dimostrare quanto fosse pentito per ciò che era successo.
Evidentemente, però, non era bastato. Carter era bravo a persuadere le persone, sia Oliver che Seth in quel momento ne erano la prova. Era chiaro l'intento di suo cugino di allontanarlo dal mondo e dalle persone che riteneva responsabili della sua deviazione, e aveva convinto gli altri due della stessa cosa. Non poteva scappare dalla decisione che avevano già preso.
Lo trattavano da immaturo, esiliandolo al posto di costringerlo a un'altra riabilitazione, ma forse se lo meritava, se a trentadue anni si era avvicinato a cedere a ogni vizio possibile dopo aver giurato di smettere. Dopo essere rimasto pulito per dieci anni.
Guardò ognuno degli amici in faccia, il senso di colpa a logorarlo dentro, e si rese conto di non poter scappare dalla propria espiazione. In fondo lo doveva a tutti loro.
«Va bene.» Ammise a malincuore. «Partirò io per sistemare la faccenda.»
Si girò verso Carter per fargli capire che la vicenda non era conclusa, perché avrebbero dovuto parlare di alcune questioni private, poi si dedicò agli amici e alla prima dimostrazione di fiducia degli ultimi mesi. Forse poteva rimediare agli errori commessi.
• • •
Logan era appoggiato al parapetto di un balcone a Montpellier. Aveva appena finito di fumare una sigaretta, stagliato al tramonto infuocato di quella strana città. Non che avesse ripreso davvero a fumare, ma sapeva quanto potesse dare fastidio a Carter, il quale era stato testimone dell'atto poco prima tramite una videochiamata. Il cugino, spostando una ciocca di capelli biondi dal viso con fare stizzito, l'aveva ringraziato per aver avuto almeno l'accortezza di non farlo all'interno dello studio, così il batterista gli ricordò che nemmeno a casa amava fumare dentro quattro mura.
Appoggiò le mani al bordo della balaustra e sospirò arreso a quella situazione. Si trovava in Francia da un paio di giorni e, oltre a non essersi ancora abituato al fuso orario, non riusciva a rassegnarsi all'idea di doversi fermare lì, da solo, per un periodo di tempo che non poteva definirsi del tutto temporaneo. La città era bella e brulicava di vita, ma in maniera diversa rispetto a Los Angeles. Logan sovrastava la strada periferica di una via più grande dal primo piano di un palazzo in stile Haussmann. Dal gusto elegante e la facciata bianca e pulita, Logan guardava la vita al di sotto di lui scorrere nella sua quotidianità. Le persone uscivano ed entravano dal piccolo supermercato accanto all'edificio in cui si trovava, altre si rifugiavano nel café sull'angolo, proprio sotto lo studio. Sembrava che Montpellier si svegliasse dopo le cinque e mezza, momento in cui i primi uffici chiudevano i battenti, per permettere alla gente di concedersi un po' di tempo per sé. A LA quel clima febbrile lo si percepiva sempre, quindi, i momenti di calma precedenti al tardo pomeriggio, lui non riusciva proprio a concepirli.
Era abituato a visitare altre città. Uno dei tanti pregi del suo lavoro era quello di poter vedere il mondo, anche se in modo alquanto superficiale, considerato il poco tempo a disposizione per fare il turista, ma ora capiva la differenza abissale che passava tra sistemarsi in pianta stabile e muoversi per diverse città ogni giorno. In tour era ospite del paese di turno. Parigi, Londra, Tokyo e Rio erano solo gli sfondi – seppur maestosi – dei loro show, il meglio che potevano offrire a lui e al gruppo erano ristoranti, hotel, locali e qualche escort del posto. Non si era mai lamentato perché non era altro che ciò di cui aveva bisogno in quei momenti. Ora, invece, si sentiva un estraneo. Era uno dei tanti tra la folla che animava le vie sottostanti, ma non sapeva dove andare, perché non conosceva niente del posto, né avrebbe voluto farlo. Era impossibile interagire a causa della lingua diversa. Era una vita a cui non era abituato.
«Goditi la pace finché non siamo lì.» Gli aveva detto Carter nella chiamata ricevuta poco prima.
Maledetto stronzo, l'aveva pensata bene.
Non era il tipo da lasciare qualcosa al caso e, dopo aver visto la situazione in cui l'aveva cacciato, si era convinto che la cosa fosse premeditata, studiata in ogni piccolo particolare.
Logan non sapeva niente di francese, eccezion fatta per un paio di saluti, ma conosceva lo spagnolo, imparato alle superiori e affinato nel parlare con la domestica, Maria. La lingua era dunque un impedimento. Come avrebbe potuto ordinare un cocktail in un club la sera? C'erano dei club in quella città?
Certo, avrebbe potuto farsi capire con il linguaggio dei soldi, aveva imparato che apriva ogni porta, ma che senso aveva uscire e bere da solo? Era squallido. Inoltre non avrebbe giovato né a lui, né alla sua immagine. Se fosse stato nella città degli angeli sarebbe stato diverso, avrebbe potuto andarsene in giro, incontrare qualche conoscente e improvvisare una serata su due piedi, ma a Montpellier sarebbe stato visto come la star che girovagava solo come un cane per ubriacarsi e passare il tempo, anche se non sarebbe stato vero. E non era da lui cadere così in basso.
I suoi amici l'avevano isolato per responsabilizzarlo, lo capiva, era il loro modo per dargli una seconda possibilità, lontano dalle persone che l'avevano portato a quel punto critico, senza che finisse di nuovo in riabilitazione e che la cosa, poi, si ripercuotesse sul gruppo. Eppure riusciva a sentirsi soltanto perso, senza alcun punto di riferimento. Lontano da quelli a cui teneva davvero, impotente e incastrato in un mondo che non sentiva suo.
Carter l'aveva fatto per il suo bene, ma in realtà l'aveva mandato alla deriva, e Logan non si sentiva in grado di salvarsi da solo.
Attese che il tramonto scomparisse oltre i profili dei palazzi di fronte a lui, poi rientrò e prese un blocco dove annotare le idee per ogni ambiente, di modo da riempire le piantine che aveva disegnato in precedenza. Tutto, pur di non pensare a quello che si era lasciato alle spalle.
• • •
Non ce la faceva più. Aveva pianificato di sistemare lo studio al meglio, era riuscito a "parlare" con gli addetti ai lavori e a spiegare cosa voleva e come desiderava che il lavoro fosse svolto, il tutto dopo essersi avvalso di un traduttore, aveva montato la sua batteria alla perfezione, ma non gli bastava. Logan l'aveva suonata più volte in quella settimana che nella sua intera carriera, tuttavia era conscio di non poter infierire oltre su ciò a cui teneva di più.
Riteneva una sconfitta personale aspettare con grande attesa la chiamata di Carter. Non lo odiava, ma ancora non era riuscito a digerire il tiro mancino che gli aveva giocato con quel trasferimento.
«Come sta zia Jules?» Logan sentì in modo distinto un tonfo in fondo al petto, quasi avesse mancato lui stesso un battito alla batteria.
«Mamma sta bene. È sempre indaffarata, non sta ferma un attimo.» Rispose con calore Carter, nella speranza di tranquillizzarlo. Era più grande di un paio di anni e questo lo metteva nella condizione di preoccuparsi sempre per l'altro.
Jules, la madre di Carter, era come una seconda mamma per Logan, il quale non riusciva a godersi quel rapporto con la giusta serenità. Viveva nell'angoscia di un imminente abbandono, memore degli eventi di anni prima, quando i suoi genitori morirono in un incidente e lo lasciarono orfano.
La storia di come i due cugini fossero uniti come fratelli non era certo un mistero per il mondo, ma nessuno si era mai domandato come quello avesse influito sul loro modo di essere. La gente si era fermata dove tutto, invece, aveva avuto inizio.
Carter era a conoscenza che l'astio che Logan gli rivolgeva era a causa della sua lontananza dalla zia, ma non era salutare farsi intossicare da paure inutili. Un giorno gliene sarebbe stato grato. «Ora mostrami un po' i lavori.»
Un buon modo per distrarre quello che per lui era quasi un fratello, il suo migliore amico.
Logan accettò di buon grado, così si spostò per l'intero stabile, negli unici due piani sopra alcune attività commerciali tranquille, per mostrargli come aveva immaginato di sistemare gli interni. Al primo piano aveva lasciato le varie stanze di registrazione: quella di ripresa e quelle di regia, vicino c'era un bagno, una camera provvisoria per il relax, una cucina per le pause e una sala ristoro con un divano e una televisione, mentre al secondo piano c'era lo spazio per gli uffici e qualche stanza, nel caso gli artisti avessero fatto tardi e avessero desiderato fermarsi.
Non c'era bisogno di dirlo perché traspariva dai suoi discorsi lunghi e dettagliati, ma a Logan occuparsi della cosa piaceva, anche se non avrebbe dato a Carter la soddisfazione di ammetterlo. La collaborazione, momentanea, con un'azienda di oggetti di design era avvenuta quando, anni prima, la ex l'aveva coinvolto nei suoi progetti quasi per caso, scoprendo quanto fosse portato per il disegno e allenato al buon gusto. La collezione aveva avuto un buon riscontro, ma l'idillio si era concluso quando la storia tra lui e Kylie era arrivata al capolinea, eppure non aveva perso la passione per l'arredamento e tutto ciò che ne derivava. Inoltre era un modo per tenerlo occupato e, considerati i risultati appena visti, sembrava che i fatti stessero dando ragione al maggiore tra i due.
«Tu suoni la batteria senza che le pareti siano insonorizzate?» Carter non era stupito dalla sua irriverenza, ma sperava che con quel suo atteggiamento controproducente non si facesse nemico tutto il quartiere, o almeno la parte che non necessitava di protesi acustiche.
«Beh, la palazzina è occupata solo dallo studio, inoltre l'ho sistemata dove non può dare fastidio alla gente.» Se la sala ristoro, vicinissima al supermercato, poteva essere considerata come zona adatta. Logan appoggiò il tablet sulla piccola isola della cucina così da poter avere le mani libere e raccogliere i capelli in una piccola coda a sulla nuca. «E poi non c'è molto da fare qui, devo ricordartelo?»
«Non sei uscito per familiarizzare con il posto o con la gente?»
Il batterista roteò gli occhi, insofferente.
L'ambiente gli era ostile, o forse era lui a essere ostile all'ambiente.
«No, non ho ancora avuto modo di garantirmi questo onore.» Gente che, per quanto si sforzasse, parlava inglese come lui biascicava il cinese mandarino. «Ma non ho visto nessuna sagra cittadina interessante a cui partecipare.»
Poter sfoggiare il proprio amatissimo sarcasmo e la lingua madre lo fece sentire molto meglio, ma non c'era bisogno che Carter ne fosse a conoscenza.
«Guarda che sei in una cittadina francese di media grandezza, e pure vicina al mare, non in un paesino sperduto dell'Arkansas, dove le gare a bordo di tosaerba sono l'evento dell'anno.» Cosa aveva contro la Francia? Ok, non era l'Inghilterra e più nello specifico Londra, per la quale entrambi nutrivano un amore particolare, ma era affascinante allo stesso modo.
«Come se non fossero la stessa cosa. Vedrai quando arriverai.» Evitò di ricordagli che, per quanto si affacciasse sul Mediterraneo, era metà febbraio e il clima non era certo quello californiano.
«Sono sicuro che quando ti farai passare il ciclo mestruale ti sembrerà un posto completamente diverso.» Carter lo reputava troppo intelligente perché si facesse offuscare dai propri pregiudizi, ma era anche cosciente che gli ci sarebbe voluto del tempo affinché venisse a patti con se stesso. «E ho la certezza che qualcosa di buono ci sia e che mi piacerà molto.»
«Sì, nemmeno io ho dubbi sulla cosa. Sei tu quello positivo tra i due.» Ammise Logan contrariato. «E sai, comunque, dove ti ficcherei i miei tamponi?»
No, la battuta non gliel'aveva affatto perdonata.
«Bene, ora devo andare, ho il volo per Los Angeles tra un paio d'ore. Ci sentiamo presto.»
«Non disturbarti, non ci tengo a passare ogni volta un terzo grado su questa fantasmagorica esperienza.» Rispose con ironia. Lo sentì parlare con Caleb, l'assistente personale che non poteva avere una vita propria. «Sono grande e vaccinato, non ho bisogno della balia.»
«Ed è proprio grazie alla tua maturità che sei finito in carcere l'ultima volta.» Carter trattenne il respiro, conscio di essersi spinto oltre il limite che, con fatica, cercava sempre di rispettare, difatti si era già pentito di averlo detto.
«Vai o perderai il volo. Ciao.» Riattaccò prima di aggiungere altro e rovinarsi la giornata.
Era giunta l'ora di fare un giro per conoscere meglio il quartiere per poi fare la spesa al supermercato, ci doveva essere di sicuro un commesso pronto a non comprenderlo tanto quanto lui non era pronto a capirlo.
Comprese presto che sopravvivere a quel primo giro per la città non era stato difficile. Non si era allontanato molto per non perdersi tra le strade ma, complice una bella giornata, doveva ammettere che ciò che aveva visto gli era piaciuto. Con un berretto di lana e un paio di occhiali da sole a mascherarlo da sguardi indiscreti, Logan aveva potuto osservare come la gente rendesse le strade vivaci. C'erano tanti café sparsi per le vie e altrettante fontane non appena ci fosse spazio abbastanza per ospitarle. All'aspetto era una città ordinata e pulita e, con sua sorpresa, giovane. Aveva cercato su internet ed era un importante polo universitario, non c'era dunque da stupirsi che offrisse un buon panorama musicale per le band emergenti e per le case discografiche che sapevano intravedere in un simile scenario un'ottima occasione.
Erano passate da poco le quattro e si ritrovò a guardare il palazzo in cui si era rinchiuso per giorni interi e gli sembrò di vedere una prigione. Espirò sconfortato per essersi reso conto che la situazione di reclusione a cui era sottoposto se l'era creata da solo, a partire dal proprio arresto. Scacciò i cattivi pensieri prima di esserne sopraffatto e si diresse verso il piccolo supermercato vicino a casa, non avrebbe potuto vivere per sempre con i sandwich del bistrot lì accanto o con le pizze surgelate. Uscì poco dopo, soddisfatto dei propri acquisti: c'era una quantità non indifferente di cibi salutari, una scorta che nemmeno nella sua cucina a Los Angeles si vedeva durante un anno intero.
Distratto da un messaggio ricevuto, si concentrò sul proprio telefono e non si rese conto di cosa, o chi, lo circondava. Mentre si dirigeva verso casa andò a sbattere violentemente contro un'altra persona. Subito alzò lo sguardo e mise in tasca il cellulare, allarmato, per controllare l'entità del danno. Seduta a terra, alquanto sconvolta, c'era una ragazza dall'aria ordinaria. Aveva i capelli di un biondo caldo e lunghi fino al seno, gli occhi sembravano essere grigi, il naso era grazioso e gli zigomi alti. Nel complesso era una ragazza carina, ma ciò che lo colpì era il suo aspetto così ingenuo, così diverso dalle ragazze che era solito frequentare, almeno all'apparenza sicure di loro stesse. Sembrava fragile ed ebbe paura di averle fatto davvero male.
«Scusami, ero distratto, non volevo travolgerti.» disse d'istinto senza preoccuparsi dell'ostacolo della lingua. Scostò dal viso i ciuffi che sfuggivano al laccio che li legava con fare teatrale e le regalò un sorriso abbagliante. Forse non era corretto, ma sapeva di dover sfruttare ogni arma a suo vantaggio per evitare una scenata in pieno giorno e in mezzo alla gente, centinaia di persone che avrebbero potuto riconoscerlo da un momento all'altro e scatenare il finimondo.
• • •
Logan Wegger. Carter Madden. Oliver Fleming. Seth Benson. Destination: Glory.
Camille era convinta di essere atterrata sul proprio fondoschiena e non sulla testa, ma dovette ripetere il nome di ogni componente della band come un mantra per essere sicura di non aver subìto una commozione cerebrale. Forse era caduta e un tir l'aveva travolta, non avrebbe potuto dirlo con certezza, ma il fatto che Logan, il batterista della sua band preferita, fosse lì davanti a lei le faceva capire che qualcosa doveva esserle successo, perché non poteva essere vero. Non era la classica persona soggetta a colpi di fortuna.
A dire il vero era colui che l'aveva atterrata, sparpagliando in ogni dove il contenuto della sua borsa, lo stesso uomo che le stava offrendo una mano per rialzarsi. No, non poteva essere vero.
Cercò di ragionare: Montpellier non era Parigi o Londra, una città dove la gente decideva di fare un salto per cambiare aria. Era bella, certo, ma era sconosciuta ai più. Soprattutto a uno nato in Arizona, ma trapiantato in California, che poteva avere ciò che voleva e la gente era disposta a portargli, pure se fosse stato un pianeta. Doveva esserci sotto qualcosa. Magari frequentava una modella del posto, ma lei non ne era a conoscenza. Certo, non era molto documentata sull'ambiente, non ne faceva parte. Era carina ma, no, non l'avrebbero mai chiamata per sfilare per Victoria's Secret.
«Stai bene?» Domandò preoccupato Logan, il quale aspettava una sua risposta. Nel frattempo si tolse berretto e occhiali da sole, forse nel tentativo di mostrarsi meno intimidatorio.
Doveva averla scambiata per una svampita sottoposta a lobotomia, non era di certo un inizio brillante.
«Sì, è tutto ok. Tolto il livido che si formerà in questi giorni, suppongo.» Continuò a fissare la mano, indecisa sul da farsi. «Grazie.»
Approfittò di quell'attesa per studiarlo meglio. Era sempre stata convinta di subire il fascino di Carter. Non che avesse una predilezione per i biondi, ma era elegante e misterioso, stimolava un'attrazione mentale molto forte. Aveva considerato Logan sempre più fisico, ma non pensava che l'impatto potesse essere così sconvolgente. Era più alto di quanto si fosse aspettata, perché vederlo da lontano ai concerti, dietro la sua batteria, non era un metro di paragone attendibile. Aveva il corpo di un giocatore di basket, ma era grande senza essere esagerato. Sul viso c'era l'immancabile barba di qualche giorno a circondare una bocca non proprio sottile e definita. Era strano come la sua presenza desse un senso di protezione così immediato, che strideva con ciò che gli occhi comunicavano. Quelli, di un marrone così scuro da sembrare nero, nascondevano ben più di un segreto. In essi era contenuta la vera minaccia che Logan portava con sé, perché un uomo simile non poteva camminare sulla terra senza avere qualche demone da tenere nascosto nell'ombra. Camille rimase stupefatta dall'intensità di quello sguardo, le sembrava di potercisi perdere.
Sospirò, conscia di aver fatto il pieno di quel momento per raccontarlo anche ai suoi futuri nipoti, era consapevole che non le sarebbe capitato mai più nella vita di incontrare uno dei propri idoli. Soprattutto senza dover prendere un volo diretto per Hollywood.
«Sei sicura di stare bene? Sembri un po' scossa.» Non voleva avere problemi in futuro, era chiaro a entrambi, ma lei aveva apprezzato il fatto che non se ne fosse fregato e, anzi, sembrasse sincero nella sua preoccupazione.
Si decise ad accettare il suo aiuto e si rimise in piedi.
«No, è che sono spaesata.» Camille si morsicò la lingua per non aggiungere che la cosa era dovuta alla sua aria familiare. «Piuttosto, sei tu tra i due quello che sembra smarrito. Sei nuovo di qui?»
Sì, quella era la parvenza di una faccia tosta che in realtà non aveva mai avuto, ma aveva la minuscola opportunità di approfondire la conoscenza di una persona per lei importante, non poteva lasciarsela scappare.
Lo vide annuire e poi fare una smorfia, infastidito per essere stato colto in flagrante.
«Se ti serve una mano per orientarti fammi un fischio.» Era stata impudente rispetto al suo solito, ma non le dispiacque affatto. Iniziò a chinarsi a terra per raccogliere le proprie cose e si gelò sul posto. Dalla borsa era uscito il telefono. Non ci sarebbe stato alcun problema, se la cover non avesse mostrato ai quattro venti il simbolo dei Glory. Doveva agire con cautela.
«Volentieri, grazie.» Logan, più tranquillo, si rannicchiò accanto a lei per aiutarla con la spesa e tutti gli oggetti usciti dalla borsa. «Però è meglio che ora sia io ad aiutare te a raccogliere le tue cose.»
«No! Davvero. Non ce n'è bisogno!» Allungò una mano verso il proprio telefono, ma questo, complice un perfido tempismo, si mise a squillare sulle note di Chemistry, uno dei brani più apprezzati del loro ultimo album.
Gli occhi di Logan si spalancarono per la sorpresa mentre si immobilizzò sul posto. Oltre a sentire una propria canzone si focalizzò sulle due frecce incrociate tra loro che al centro ospitavano i due punti. Quando tornò a osservarla, Camille cercò di sostenere il suo sguardo, inutilmente, perché era diventato così glaciale da farle male dentro.
Lui si alzò di scatto con i pugni serrati lungo i fianchi, una posizione rigida che incuteva timore.
«Sai, forse è meglio se mi oriento da solo. Grazie lo stesso per l'offerta.» Non gli piaceva essere preso in giro. Era una loro fan, sapeva benissimo chi lui fosse, eppure aveva finto di non averlo riconosciuto per cercare di avvicinarlo. Era sempre stato disponibile, era consapevole che senza il pubblico non sarebbero andati da nessuna parte, ma essere preda di una ragazza qualsiasi non gli andava giù. Probabilmente gli era andata addosso apposta per attaccare bottone.
Fece un passo indietro per recuperare la propria spesa e, con lo stesso sguardo d'odio, cercò di allontanarsi senza rivolgerle un altro sguardo.
Camille, in circostanze normali, avrebbe lasciato perdere. Ma quel giorno no. Era stato pessimo, aveva incontrato il docente che le faceva da relatore per la tesi e le aveva detto di riscrivere l'intero primo atto del proprio script, documentandosi su alcuni libri introvabili. Così era passata dalla biblioteca per prenderli in prestito, ma non erano presenti. Alcuni, addirittura, dovevano arrivare dalla Germania e la data di consegna era incerta, quindi – ancora una volta – la conclusione della prima parte della tesi sarebbe slittata. Poi aveva incontrato lui, Logan in persona, il batterista della sua band preferita, e la giornata era migliorata. Poteva essere annoverata tra le dieci più epiche della propria vita, ma lui arrivava con la sua stizza malcelata a rovinare tutto. No, non gliel'avrebbe permesso.
Rifiutò la chiamata di Serge, tanto l'avrebbe visto non appena fosse arrivata a casa, a pochi metri da lì.
«Bene, allora.» Urlò, di modo da attirare l'attenzione di lui e farlo girare. «Fatti aiutare da delle modelle, o aspiranti tali, che puntano ai tuoi soldi, alla tua fama e non al fatto che tu sia pieno di talento e sia interessante.» Prima di quel momento avrebbe giurato di poterlo dire con assoluta certezza, aveva alle spalle dieci anni di interviste come prove da allegare, ma non ne era più così certa, dopo quell'incontro. «Poi però non ti lamentare se nessuna è disposta a farti da guida turistica e rimani solo in una città che non conosci!»
Aveva abbastanza amor proprio da preferire una simile scenata piuttosto che subire il comportamento altezzoso di lui senza batter ciglio. Prese la borsa e se la mise sulla spalla senza attendere risposta, il discorso era chiuso.
Ciao a tutt*!
So che aspettavate da anni questa storia, so che l'avevo promessa in self, ma... le cose cambiano. Il fatto che fosse la seconda storia di una serie mi ha frenata, poi ho firmato con una Casa Editrice per Loverdose e lì mi sono detta: "È inutile avere una storia completa sul computer e lasciarla lì, a fare la muffa, quindi pubblicala!"
E così ho fatto.
A chi la aspettava dico "Bentornat*", mentre i nuovi arrivati li accolgo con un "Benvenut*, non sapete in cosa vi siete cacciat*!"
È GIUSTO RICORDARE CHE "L O S T" è lo spin off di Matched, dove viene presentata la storia di Carter e introdotti gli altri Glory, ma PER LEGGERE LOST NON SERVE AVER LETTO MATCHED IN PRECEDENZA, POTETE CAPIRE TUTTO TRAMITE QUESTA STORIA. Anzi, tutti gli aneddoti sull'origine dei Glory li troverete qui per la prima volta.
Il giorno di pubblicazione che ho scelto è il lunedì e sarò costante negli aggiornamenti perché LA STORIA È GIÀ COMPLETA, al sicuro NEL MIO COMPUTER 😈.
Penso detto tutto, quindi...
A lunedì prossimo,
Cris
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