Chapter 10. Vento di primavera.
13 maggio 2016, ore 5.00 am.
Harry si rigirò nel letto per quella che sembrò essere la millesima volta, mentre il costante ticchettio delle gocce di pioggia sulla finestra dai vetri temperati accompagnava la caduta della sua anima verso l'inesorabile e profondo oblio. Louis si era risvegliato e con lui anche il suo cuore, ma la dannazione della memoria lo aveva preso in ostaggio e, insieme alla morte di un amore nato cinque anni prima, era morto anche il suo. Bizzarre le emozioni umane, passavano alla gioia più pura al dolore più oscuro in un battito di ciglia — lo stesso tempo che il suo cuore aveva impiegato per frantumarsi al suolo, disperdendo mille e uno pezzi in ogni dove.
Aprì gli occhi e le sue dolci e perfette labbra rosse s'incurvarono in un sorriso a malapena percettibile, quando le stelle sul soffitto gli illuminarono il viso di speranza — il ricordo di quel piccolo grande amore era contenuto in ciascuna di quelle piccole grandi stelle, Harry si ritrovò a sperare potesse riuscire a vederle anche Louis. In fondo, erano soliti distendersi fra le foglie dell'autunno per contemplare il cielo e dare ad ogni stella un nome, un po' come Louis aveva fatto in un giorno di fine estate quando, disteso sul letto come un angelo, aveva nominato ogni stella dipinta su quel soffitto troppo bianco.
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«Questa potremo chiamarla Alexia» disse, indicando una stella fosforescente dipinta al centro esatto del soffitto. Harry ridacchiò, scosse il capo e andò a baciargli la guancia, perché Louis sembrava un piccolo ed indifeso bambino in quel momento. Louis strofinò la guancia nella sua e poi voltò il viso, rivelando al mondo la sua naturale bellezza — illuminato da quel sole tremendamente bello, poi, sembrava brillare di luce lui stesso. Harry gli accarezzò il viso, poi gli sollevò il mento con due dita e depositò le caldi labbra sulle sue più piccole, in un bacio che disse "amami e fallo per sempre."
«Quella» mormorò nuovamente Louis, una volta che il bacio si concluse, «potremmo chiamarla Emily» decise, indicando la stella accanto ad Alexia. Harry rise di nuovo, si sistemò su un fianco prima di parlare.
«Perché stai dando nomi alle nostre stelle, amore?» gli chiese, curioso. Le guance di Louis s'imporporarono leggermente e nascose il viso nell'incavo del suo collo prima di rispondere, la sincerità evidente nelle sue parole delicate.
«Ogni stella è stata una persona, prima di diventare polvere» la naturalezza con il quale disse tali parole, provocò mille brividi sulla schiena di Harry. Louis si voltò a guardarlo e si allungò solo per poter baciare quelle labbra perfette dalla quale era diventato dipendente troppo presto — se fosse diventato polvere, come avrebbe fatto a rinascere senza quella dolcezza racchiusa in due petali di rosa rossa?
«Credevo diventassimo più di semplice polvere, una volta raggiunto il cielo» ammise Harry, un braccio piegato dietro la testa. Louis scosse il capo, si accoccolò al suo fianco prima di parlare. «Non tutti son destinati a diventare stelle» sussurrò al suo orecchio, le labbra rosate impegnate a depositare soffici carezze su quei zigomi chiari. Per un attimo, fra loro, trovò riparo il silenzio degli innamorati, poi fu nuovamente Louis a parlare.
«Quando diventerò polvere, ti prego, guardami. Ti illuminerò il viso sempre, anche nelle notti più scure» Harry si voltò, lo guardò, sorrise, non servì parlare. Posò due dita sotto il suo mento, dopodiché gli accarezzò dolcemente le guance e gli baciò le labbra come se fosse la prima volta.
«Dovremo dare l'insieme dei nostri nomi, ad una stella» decise Louis, una volta staccatosi dal bacio. Harry lo guardò con un sopracciglio alzato, ridacchiò appena mentre si ritrovò ad annuire — sembrava un bambino in quel momento, quanto era bello illuminato dalla luce della luna che filtrava dolcemente dalle tende bianche della loro stanza da letto.
La dolce creatura si fermò ad osservare le stelle fosforescenti dipinte sul soffitto, poi nelle sue labbra di carta si andò a formare un sorriso divertito. La bellezza dolce e giovane del suo viso sembrò illuminare il cielo. «Quella lì» disse, indicando una stella sopra le loro teste «sarà la stella che porterà l'insieme dei nostri nomi».
«Larry?» domandò Harry, in un sussurro a malapena percettibile. Louis annuì, sorrise di nuovo nell'oscurità della stanza.
«Sì, Larry» mugugnò, mentre si avvicinò al suo amante. Posò la guancia nella sua spalla, dopodiché gli baciò il collo senza alcuna malizia. «Così, se mai dovessimo venire condannati dalla dannazione della memoria, ci basterà guardare Larry per ricordarci della nostra storia d'amore.»
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Harry sospirò pesantemente, mentre decise di allontanarsi dal letto per evitare di continuare ad incappare nei ricordi di un amore condannato all'oblio della dannazione. Uscì dalla stanza quasi di corsa, dopodiché scese le scale per il piano inferiore. Avvolse attorno al corpo il cappotto marrone, poi si passò una mano fra i ricci castani ed uscì di casa.
Il vento della primavera sferzò immediatamente sul suo viso ed arrossò un poco le guance, mentre nascose le mani nelle tasche del cappottino in pelle che aveva deciso di indossare. Sarebbe andato nel parco della città, quella sera — era un luogo dove andava spesso, quando necessitava di stare da solo con i propri pensieri.
Quando arrivò, parve come se il tempo si fosse fermato: solo il vento, di tanto in tanto, muoveva qualche foglia, facendola danzare nel cielo tempestato di nuvole. Si sedette ai piedi di una quercia, posò la schiena sul grosso tronco dell'albero ed infilò una mano nella tasca del giubbotto, alla ricerca di quel diario che negli anni lo aveva sempre accompagnato nelle esperienze della sua vita. Strofinò il pollice nella copertina ruvida e chiuse gli occhi, vivendo il ricordo di Louis attraverso quelle parole scritte in una calligrafia disordinata ed infantile. Ne lesse qualcuna, rise per le sue stesse stupidaggini.
"Oggi ho visto il tuo viso e giuro di essermi innamorato.
Sembri puro come un angelo, sei vento delicato.
Sei dolce come un fiore, sembri incantato. "
- H.
«Che stupido» bofonchiò Harry, alcuni riccioli caddero in modo disordinato sulle sue spalle, quando scosse la testa in modo negativo. Strinse le pagine ingiallite di quel diario con forza, forse nel tentativo di strapparle, ma il coraggio dell'anima si nascose dietro la speranza e rimase immobile, a contemplare quelle parole con le lacrime agli occhi.
Era solito scrivere frasi dedicate a Louis, nel suo diario, Harry. Aveva sempre avuto la passione per la scrittura, ma la mancanza di una musa in grado di donargli ispirazione aveva messo a tacere il dono che gelosamente custodiva dentro di se', finché non era arrivato Louis — Louis, quella dolce creatura priva di memoria, che per lui era stato come l'arrivo di una primavera.
«Vorrei potesse leggere queste parole e ricordarsi di me come io mi ricordo di lui» mormorò al vento, sospirando pesantemente. Scosse il capo poi, mentre con il labbro stretto fra i denti decise di strappare la pagina e di custodirla nella solita borsa che durante quel lungo e insidioso cammino verso il ricordo di Louis lo aveva sempre accompagnato.
Voltò la pagina, c'era stampata una fotografia. Harry la prese, nelle sue labbra fu naturale ed immediato il sorriso che si andò ad increspare. La voltò e «22 giugno 2011, "ti amo"» lesse.
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Harry si sedette comodamente nello sgabello foderato in rosso, quella sera di inizio estate, mentre fuori le luci aranciate dei lampioni rischiarava l'oscurità della notte. Louis era bellissimo, quella notte: portava una maglietta azzurra che faceva risaltare il colore dei suoi occhi e dei pantaloni scuri che fasciavano perfettamente le sue gambe, facendolo sembrare ancora più piccolo e dolce come una creatura appena nata. Lo vide sorridere e, nella luce fioca di quella candela posata dolcemente sul tavolo in legno del locale, gli prese le mani, facendole intrecciare come una corda con un ancora.
«Sai perché ti ho portato qui, stasera?» gli chiese, in un sussurro percettibile solo ad Harry. Il riccio scosse il capo, Louis sorrise — c'era dolcezza in quello sguardo azzurro come il cielo, Harry non si sarebbe mai abituato.
«Stasera ci sarà la caduta delle stelle» iniziò Louis, accarezzando il dorso della mano di Harry, «e, visto che si dice si debba esprimere un desiderio, ho portato te, che sei il mio desiderio più grande» esalò, soffiando aria calda fra quelle labbra rosse come le rose.
«Ma sono qui davanti a te, non posso essere il tuo desiderio» esalò Harry, mentre avvertì mille scosse nel suo cuore intriso d'amore. Louis sembrò brillare quando sorrise.
«Quando ami una persona, la si desidera sempre. Anche quando la si ha a pochi passi di distanza» lo disse con una naturalezza tale che fu naturale il tremolio che Harry avvertì nel cuore, a quelle parole. Sorrise dolcemente e sollevò le sue mani, portandole all'altezza delle labbra solo per poterle baciare.
«Mi ami?» chiese Harry, quasi sconvolto dalla bellezza di quelle parole. Aveva sempre pensato fosse impossibile farsi amare con così poco, ma l'Amore tra loro era sbocciato come primavera ed aveva unito le loro anime, diventando un unico corpo.
Louis lo guardò, i suoi occhi di cielo brillarono di gioia. «Sì, ti amo» mormorò, parole semplici e veritiere che rimasero immediatamente impresse nella pelle chiara di Harry. Lo amava, lo amava davvero ed era bellissimo, meraviglioso e perfetto.
«E tu?» domandò Louis, quasi con timore. «Tu mi ami?»
Harry annuì, i riccioli castani gli caddero sulle spalle e fu sempre Louis, con dolcezza, a riportarglieli indietro, accompagnando il gesto con una carezza. «Sì» fu la risposta di Harry, le dita intrecciate a quelle del ragazzo dinanzi a lui «ti amo, ti amo da impazzire.»
Louis rise, accese l'oscurità della notte. Si allungò soltanto per depositare un bacio sulle sue labbra, poi voltò il capo ed indicò una stella cadente. «È caduta mentre mi dicevi che mi amavi da impazzire» osservò, le piccole dita infilate fra i ricci castani del riccio.
«Significa che ti amerò per sempre» ragionò dunque Harry, depositando un altro bacio in quella pelle bianca come il latte e morbida come seta. Louis rise, i piccoli dentini bianchi spuntarono ed Harry pensò fosse ancora più bello. «Per sempre» disse allora, come una promessa da mantenere a tutti i costi.
Per un paio di secondi sembrò calare il silenzio degli innamorati fra loro, durante il quale Harry approfittò per scattargli una fotografia, poi Louis si alzò dalla sedia e lo raggiunse, accomodandosi fra le sue gambe.
«22 giugno, "ti amo"?» chiese, osservando la polaroid depositata sul tavolo in legno. Harry annuì, strinse Louis al suo petto mentre gli lasciò un bacio all'angolo delle labbra. «Sì» mormorò il riccio, quasi vergognandosi per aver scritto così poco in quella polaroid così bella. «Ti amo.»
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Harry tirò su con il naso, al termine di quel ricordo intriso d'amore. Scosse il capo e decise di voltare la pagina solo per non incappare più in quei ricordi dannati che gli stavano lacerando l'anima.
«Non è giusto» esalò, scrollando l'ennesima pagina ingiallita dal tempo. Non era giusto che quei ricordi dovessero restare fra quelle pagine, non era giusto che il destino avesse scelto proprio il loro amore da prendere come ostaggio. Harry sospirò, poi voltò l'ennesima pagina ma non ci fu nessun ricordo ad accompagnarlo — soltanto una pagina completamente bianca, ancora da riempire. Decise, allora, forse nel tentativo di passare quel tempo che sembrava infinito, di prendere una penna e di provare a scrivere.
13 maggio 2016, ore 6.00 am.
Caro diario, sono Harry. È passato davvero tanto tempo dall'ultima volta che ho scritto con te, spero che almeno tu riesca a ricordarti chi sono.
L'ultima tua pagina ingiallita dal tempo racconta di come Louis, una tra le tante sere passate insieme, mi avesse fatto una sorpresa e di come mi avesse reso felice con poco, perché alla fine a me bastava solo la sua presenza per colorare le mie giornate d'amore. Invece in questo monologo ogni macchia d'inchiostro lasciata da questa penna nera danneggerà per sempre ogni parte di me. Sembrava tutto così bello e così perfetto, sembrava un amore destinato a durare per l'eternità, uno di quelli che di solito viene letto nelle favole che si raccontano ai bambini, ed invece eterno non è stato — spero ancora che lo sia, spero ancora che non sia tutto perduto, ma l'insicurezza che mi appartiene sta ostruendo ogni pensiero ed è come se non stessi nemmeno più vivendo. E vorrei capire perché la dannazione della memoria abbia voluto prendere in ostaggio proprio il mio Louis — perché lui? Ho tentato ogni cosa fosse in mio potere per lasciare almeno un mio ricordo nella sua anima bianca come quella di un angelo, eppure non ha funzionato ed io mi sento un uomo con il cuore a metà. Ogni giorno che vivo, lo vivo tracciando il sentiero di ricordi, affinché lui, passandoci, possa ricordarsi di me e del mio amore giovane ed immortale.
Vorrei portargli una rosa, uno di questi giorni.
Vorrei portargli una rosa ed esalare la frase che anni fa mi dedicò e che scrissi anche in questo diario, ma temo di non avere abbastanza coraggio — ho paura dei suoi occhi, ora, caro diario. Ho paura dei suoi occhi, ora che non mi riconosce più.
Come farò a portargli una rosa e a guardarlo nei cristalli dei suoi occhi, se ogni traccia di ricordo è sparita per sempre dal suo esile corpo?
Vorrei avere più coraggio, in questa vita giovane e mortale.
Ed ora, mentre siedo in questa panchina bianca spettatrice di mille amori nati e alcuni già finiti, vorrei che ci fosse lui al mio fianco — vorrei che mi accarezzasse, vorrei che mi baciasse le labbra con la sua dolcezza di bambino.
Avevamo creato tanti progetti, nel nostro futuro intriso d'amore, sai? Uno di questi già lo avevamo realizzato: quello di comprare una casa e di andare a vivere insieme, affinché potessimo svegliarci ogni giorno l'uno fra le braccia dell'altro.
Un altro ancora era quello di farci un tatuaggio — qualcosa di semplice, non troppo vistoso, qualcosa che fosse in grado di raccontare la nostra storia d'amore anche senza l'uso della parola, poiché quest'ultima non conta, se i gesti d'amore valgono più di qualsiasi altra cosa.
Un giorno gli dissi di volere un bambino, ci pensi?
Una dolce creatura come lui, da proteggere ed amare per sempre. Quando lo resi partecipe di questa mia bizzarra idea, in un primo momento l'espressione del suo viso mi fece ridacchiare, perché quello ad essere protetto per sempre pareva essere lui, poi sorrise e "sì, Harry! Adottiamone uno!" gridò e ti giuro, ti giuro mio caro diario, che mi fece innamorare ancora di più quel suo sorriso dolce e ricco di gioia. E vorrei che potesse leggere tali parole, mio diario, ma se non dovesse ricordarsi di me? Se fosse tutto inutile? Se il nostro amore fosse davvero destinato a finire per opera della dannazione della memoria? Io ho paura, caro diario. Ho paura.
Vorrei solo che Louis ricordasse, non importa se tutto, mi andrebbe bene anche soltanto un frammento di noi.
Vorrei, vorrei un sacco di cose, ma la vita è ingiusta e questo nostro grande amore è stato destinato alla fine.
- Harry.
-
Ciaaaao!
Sì, so che probabilmente vorrete spararmi per l'andamento della storia e, anzi, vi direi di prepararvi perché i prossimi capitoli saranno anche peggio (forse), ma siamo quasi alla fine ed è l'Angst finale prima dell'happy ending, giuro.
Vi informo anche che probabilmente i prossimi capitoli saranno un poco corti, in quanto verranno scritti soltanto dal punto di vista di Harry e dal suo diario, quindi spero che possa continuare a piacervi comunque.
Stranamente non ho null'altro da dire.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
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