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Scelte

Non vi sono luci nel cielo. Né luna né stelle,  solo un piatto manto nero. L'aria pungente della notte mi graffia il volto, mentre getto la sigaretta che ho tra le dita giù dalla finestra. Ne prendo subito un'altra dalla tasca dei pantaloni, la metto in bocca e l'accendo. Il calore del fuoco accarezza come un velo il mio viso che viene poi immediatamente sopraffatto da un alito di vento gelido. Non riesco a dormire, ma ormai non è una novità. Sembra che la notte sia una specie di calamita che attira a sé tutti i pensieri, facendo sì che questi si attacchino alla mia testa come fossero dei  magneti. Nel silenzio delle tenebre, sento tutte le preoccupazioni prendere voce, urlare disperatamente, componendo una sinfonia cacofonica che non mi concede tregua nonostante la stanchezza.
E so perfettamente perché mi accade ciò: una breve e scarna  parola tiene in pugno il mio futuro.
Scelta.
Un atto di volontà, meditato o impulsivo. Una liberà che ho sempre bramato ma che in questo momento mi terrorizza, facendomi addirittura desiderare che qualcuno si appropri di essa per evitarmi questo fardello morale.
Andare o restare?
Due possibilità, due destini. Uno è felicità, l'altro rimpianto.
Tutto dipende da me. Non è una decisione semplice.
Sono combattuta, perplessa, insicura. La voglia di cambiare e di scoprire un nuovo mondo vorrebbero sopraffare il dubbio che insieme alla paura fa vorticare il mio essere nella confusione più totale.
Do un tiro con la sigaretta sperando che la nicotina quieti il mio spirito.
Come sarà il posto in cui andrò? Mi piacerà? Saranno le persone cordiali? Non posso saperlo. Ogni volta che mi pongo queste domande, una morsa mi stringe il petto e sento che mi manca il respiro. Non riesco a capire se sia per l'emozione o per il terrore.
Ho bisogno di altra nicotina.
Se poi tutto andasse male? Cosa mai potrei io fare da sola? Certo, bisogna correre qualche rischio nella vita, ma questo è davvero troppo grande per me. Non saprei mai affrontarne le conseguenze.
Sono troppo debole, troppo vulnerabile. Sempre indecisa.
E poi la mia condanna peggiore: tengo sempre considerazione ciò che si potrebbe pensare di me.
So che è sbagliato, sbagliatissimo. Nella mia testa mi ripeto in continuazione che non deve importarmi, ma sono sempre attenta che le mie scelte siano approvate da esterni per sentirmi tranquilla. Appagata. Sempre  nelle grinfie del giudizio altrui.
Ma cosa posso farci?
Se non fossi così, di sicuro avrei già preso la mia decisione da un bel pezzo. In realtà, se non fossi così, non mi troverei nemmeno in questa situazione.
Ma io sono così. Vorrei non esserlo, ma lo sono.
Non posso fare a meno quindi di pensare ai miei genitori.
Mia madre sarebbe sicuramente contraria: non comprendendo le mie motivazioni, penserebbe che sono completamente matta, che ho perso il senno, e senza ascoltarmi mi fermerebbe con qualsiasi mezzo in suo potere. A mio padre non importerebbe proprio. Non gli è mai importato. Fin da quando ero bambina. Ormai da molto tempo ho imparato a fare a meno di lui. Penso anche ai miei amici, se così si possono davvero definire, e constato che non farebbero altro che giudicare, come ogni amico che si rispetti, d'altronde.
Respiro a fondo permettendo al fumo di radunarsi nei mie polmoni e poi lo butto fuori seccamente.
Troppe persone troppo diverse che pensano troppo diversamente.
Ma io che cosa voglio?
Di sicuro, desidero, almeno in parte, andare, altrimenti non mi troverei in questo stato. Ma c'è anche una parte di me, più di un semplice sussurro, che mi dice di non farlo, che sto facendo la scelta sbagliata. Quindi? Come trarre conclusioni concrete?
Nella mia mente si sta combattendo una battaglia tra due fazioni di pensiero. Una guerra sanguinaria e violenta, che porta la mia anima a squarciarsi in due.
Una cosa è certa: sono io che risentirò delle mie azioni e sono io a doverle controllare. Solo che ho paura di non essere in grado di sostenere questa responsabilità.
Prendo un altro tiro dalla mia sigaretta. Si accorcia sempre di più tra le mie dita. Ormai ha vita breve.
So che devo sbrigarmi, ma i dubbi mi assalgono ogni volta come cani inferociti e affamati della mia ansia.
C'è una cosa però di cui sono fortemente sicura: se me ne vado, abbandono le uniche poche certezze che ho nella mia vita, al contrario, se resto, saranno proprio  tali sicurezze a diventare la mia prigione. Mi schiacceranno e occluderanno sempre di più, fino a quando questa realtà non mi dominerà. Sento che ad ogni mio respiro, disperdo un pezzo della mia anima e ho il terrore che di me prima o poi non rimarrà che una marionetta priva di volontà in balia di un mondo ipocrita ed ottuso.
Non posso lasciare che questo accada.
Finisco la sigaretta e la getto via.
Senza il suo calore non rimane altro che un vento crudo, impassibile, indifferente.
Guardo un'ultima volta il cielo: niente luna, niente stelle. No, non posso restare. Sono stanca di aspettare che le cose cambino e di vivere nell'illusione che possano migliorare.
Qui non c'è speranza per me. Questo non è il mio posto.
Ho preso la mia decisione.
Spalanco la finestra, mi siedo sul davanzale e senza pensarci ancora, mi butto per raggiungere quello che spero saprà essere un mondo migliore.

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