5. Not out of spite
Il vento notturno della costa francese filtrava dai finestrini, facendo svolazzare di qua e di là i capelli della corvina, in una danza scomposta e confusa. La luna splendeva sopra la Mercedes nera di Lewis Hamilton, riflettendo sul cruscotto lucido, ed un dolce aroma di mare proveniva dall'esterno.
Non sapendo bene dove andare, quasi come due furfanti che avevano appena commesso una rapina, avevano scelto di non scegliere. Sarebbero andati dove la brezza li avrebbe portati, più semplice di così non poteva essere.
Selene se ne stava ferma, la testa sorretta dal pugno chiuso e lo sguardo perso sul mare scintillante. Non riusciva a non trovarlo bello: come facevano le persone a preferire la montagna? Come si poteva preferire una vetta nevosa e fredda ad un luogo tanto infinito quanto spettacolare?
«A che pensi?»
«Alla vastità del mare» fece, in un sussurro, ottenendo in risposta un sorriso. «Sapevi che il filosofo Kant descriveva il paese della verità come un'isola circondata da un vasto e tumultuoso oceano?»
«No, non lo sapevo» Lewis si zittì per un secondo, poi voltò la testa verso di lei, perdendosi nei suoi meravigliosi occhi verdi. «Grazie»
«Mh? Per cosa?»
«Per avermi insegnato una cosa nuova»
«Di niente» mormorò, le guance leggermente colorate per l'imbarazzo. «Sono laureata in filosofia, sai?»
«Davvero?!»
«Sì»
«Non pensavo»
«Che vibes ti do, sentiamo?» ridacchiò, cambiando postura e concedendosi di osservare l'inglese alla guida. «Sono proprio curiosa»
«Non pensavo filosofia nello specifico, però ero convinto si trattasse di un qualcosa di umanistico»
«Come facevi a dirlo?»
«Perché sei troppo acculturata su questo genere di cose per qualcuno che ha studiato altro»
«In pratica mi stai dicendo che so più cose di te?» scherzò, con tanto di occhiolino.
Lewis staccò la mano dal volante, per pizzicarle la guancia. «Quello? Quello pensavo fosse evidente»
«Guarda che anche tu hai il tuo bagaglio di cultura!»
Ignorando quell'ultima affermazione ma sorridendo, il pilota tornò a prestare attenzione alla strada, volendo evitare di finire addosso a qualcun altro. «Parla quando vuoi»
«Mh?»
«Mi piace sentirti raccontare delle cose»
«Mi prendi in giro?»
Lewis alzò un sopracciglio. «Perché dovrei prenderti in giro?» domandò, confuso. «Certo che no. Mi piace davvero quando parli, perché non hai dei limiti o dei tabù, ti esprimi come meglio credi e sei... naturale, sei spontanea»
Selene abbassò lo sguardo, portandolo sulla mano sinistra, ferma sul suo grembo a giocherellare con il tessuto dei vestiti. «Di solito si preferisce che stia zitta. Sei la prima persona, oltre a Max e Maggie, che me lo dice»
«Non vedo perché dovresti tacere quando sei letteralmente il sole»
«La luna» lo corresse giocosamente.
«Il concetto è lo stesso. Sei talmente geniale e talmente intelligente che... andiamo, è uno spreco non farti parlare!»
«Il 90% del tempo sparo idiozie su idiozie»
«Ha comunque più significato che vederti stare in silenzio. Lasciatelo dire, hurricane, sei più bella quando parli che quando stai zitta!»
Il sangue le fluì alle guance nuovamente, rendendola la sorella minore di un pomodoro. «Mi hanno sempre detto il contrario»
«E tu questo contrario non ascoltarlo, allora»
«Non è semplice»
«Lo dici a me? Sai quanti insulti mi sono preso in tutta la carriera?»
«Ne ho una vaga idea. E vedo sempre i commenti della gente su Max...» mormorò, sospirando. «Come fate a scrollarveli di dosso? Vedo quell'idiota fare finta di niente, scherzarci sopra, spesso e volentieri peggiora le parole e se le rivolge da solo, e non è cattivo nemmeno un quindicesimo di quello che dicono gli altri. Come potete ignorarli?»
«Dopo un po' ci fai l'abitudine... e poi, sto facendo quello che amo. Niente e nessuno potrà mai portarmi via l'amore per la Formula 1, qualsiasi cosa accada. E così dovresti fare anche tu»
«I commenti che ricevo io sono diversi dai tuoi, fidati»
«Perché?» Lewis aggrottò le sopracciglia. Era veramente interessato a quell'argomento, ci teneva davvero a conoscere i dettagli dietro a quella maschera che Selene García Fernandez amava tenere sollevata. Voleva scavarsi un condotto fino al suo cuore, per poi trovarvi un posticino caldo e accogliente, e capire... capire era il primo passo.
Tuttavia, la ragazza era titubante.
L'ultima volta che si era confidata su quell'argomento era stata mesi prima, quando aveva conosciuto Sam. Aveva aperto le porte del suo cuore e non era finita bene, come poteva pretendere di farlo una seconda volta senza soffrirne?
Quando la vide esitare, il pilota scosse il capo. «Sai cosa? Non parliamo di questo, sono sicuro che ci siano argomenti molto più interessanti di cui discutere! Non so... eri mai stata ad un Gran Premio prima di conoscere Verstappen?»
Ringraziandolo mentalmente, Selene fece di no con la testa. «Mai, anzi... devo essere onesta, prima di diventare amica di Max non avevo neppure idea di che cosa fosse»
«Ed ora ti piace?»
«Insomma... cioè è entusiasmante, non posso negarlo, ma... Max mi ha raccontato di cos'è successo a Jules Bianchi e Anthoine Hubert. Da quel momento, ogni volta che ho visto una gara, ho continuato a pensare alle sue parole e... mi spaventa»
«Temi che possa succedergli qualcosa...»
«Temo di non rivederlo mai più» sentenziò. «E seppur non glielo dica spesso... non sopporterei di perderlo, Lewis. Non quando è stato una delle prime persone a credere in me incondizionatamente. Ci prendiamo in giro, ci insultiamo, litighiamo ogni secondo, ma senza di lui al mio fianco non saprei come fare. È un idiota, ma è anche un grande consigliere, e soprattutto rende la mia migliore amica felice»
«È pericoloso, sì»
«Perché correte? Perché rischiate la vita?»
«Perché amiamo l'adrenalina. Perché la velocità ci fa sentire vivi. Perché siamo solo miseri esseri umani che hanno bisogno di oltrepassare ogni limite per sentirsi finalmente a proprio agio»
La risposta di Lewis le fece riempire le braccia di brividi.
«Hai mai paura?»
«Il giorno in cui sentirò di aver paura di salire nella mia monoposto sarà quello in cui smetterò di guidare una volta per tutte» le spiegò, abbozzando un sorriso. «Tu che mi dici, invece? C'è qualche sport che ami fare?»
«Ho giocato per un bel po' di anni a pallavolo, ho smesso quando io e Mags ci siamo trasferite a Monaco» con gli occhi chiusi, riuscì a rivivere in un solo istante tutti i momenti più belli della sua carriera. Aveva giocato fin dall'inizio come palleggiatrice, aveva una precisione nei tocchi da far spavento, ma poi aveva dovuto prendere una decisione e, pur di salvare Maggie, aveva rinunciato a quella passione.
Aveva lasciato andare la pallavolo.
Aveva rinunciato alla sua amata Madrid.
Aveva abbandonato ogni sogno ancorato alla Spagna.
E solo per la sua sorellina, perché per lei avrebbe fatto di tutto.
«Ti penti mai di aver lasciato la tua città?»
«Mai» rispose all'istante, più sicura di quanto non fosse mai stata. «Ho fatto una scelta, non mi hanno obbligata. Tutto ciò che volevo era portare Maggie via da Madrid e così ho fatto. Ho cercato di allietarle le giornate quando la sua osteonecrosi peggiorava notevolmente, ho fatto tutto ciò che era in mio potere, non potrei mai pentirmi di lei»
«Le vuoi davvero bene» osservò l'inglese, addolcito di fronte a quelle parole così pure e vere.
«È la sola persona che non mi ha mai abbandonata, quella che c'è stata fin da quando eravamo bambine. Non è un'amica, è una sorella»
«È bellissimo vedere il vostro rapporto, già solo da come lo descrivi»
«Grazie» bisbigliò, distraendosi subito dopo a leggere il messaggio che le era comparso sul cellulare. Della serie, parli del diavolo e spuntano le corna.
La sua amata spagnola le aveva scritto per informarsi che stesse bene. Subito, per non farla preoccupare, le inviò un selfie, aggiungendo una didascalia in cui spiegava che, non sentendosi troppo bene, aveva scelto di prendere un taxi e di raggiungere un hotel a Nizza all'ultimo minuto.
Seppur ancora spaventata, Maggie poté tranquillizzarsi leggermente e le augurò una buonanotte, aggiungendo che, se avesse avuto bisogno o semplicemente voglia di parlare, sapeva dove trovarla.
«Siamo quasi arrivati alla Promenade des Anglais, pensavo... visto che è piuttosto tardi, che te ne pare se ce ne andiamo un po' in spiaggia? C'è un posto un po' più in là dell'enorme sedia blu in cui di solito non c'è mai nessuno, possiamo andare lì» le propose Lewis, interrompendo quello strano silenzio che si era venuto a creare. «Che te ne pare?»
«Mi sembra una grande idea!»
«Sì?»
«Sì, anche se la Baia degli Angeli mi sta un po' antipatica»
«Perché?»
«Ci sono i sassi!» affermò, come se da quelle parole dipendesse tutta la sua esistenza. «L'ultima volta che ci sono andata mi sono messa seduta un po' troppo velocemente, credo di essermi spezzata l'osso sacro in centonovanta maniere diverse!»
L'inglese sorrise divertito. «Chissà perché non faccio fatica ad immaginare la scena!»
«Ah ah, divertente»
La spiaggia era molto più fredda di quanto Selene si aspettasse, le famose pietre di cui aveva parlato poco prima le avevano gelato il sedere all'istante ed il vento non era stato da meno. Lewis era stato così gentile da donarle la giacca, che le aveva posato sulle spalle l'esatto secondo in cui l'aveva vista tremare.
Si erano seduti vicini, ad osservare l'immensità del mare e non potendo non pensare a quanto fosse sublime la visione del riflesso della luna sull'acqua.
«Cos'altro dicono i tuoi filosofi sul mare?»
«Baudelaire diceva: "Uomo libero, amerai sempre il mare! Il mare è il tuo specchio: contempli la tua anima nel volgersi infinito dell'onda che rotola", non è stupenda?»
«Sì, è veramente bella» Lewis annuì debolmente. «Qual è il tuo filosofo preferito?»
«Uhh, è difficile. Ne amo così tanti! Ma tra le donne posso dirtelo sicuramente, è un pareggio tra Ipazia e Simone De Beauvoir. Ipazia è ritenuta la prima vittima donna di fanatismo religioso, sapevi? La amo perché diceva di difendere il proprio diritto di pensiero perché anche pensare erroneamente è meglio di non pensare affatto. Non era veramente molto avanti?»
«Sì! E Simone De Beauvoir invece?»
«Beh, lei era una femminista pura! È stata un'eroina, una persona splendida. La mia frase preferita recita testualmente: "Sono incapace di concepire l'infinito, eppure non accetto il finito. Vorrei solo che questa avventura, che è il contesto della mia vita, possa andare avanti senza fine"»
«Wow...»
«Non hai idea di quanto stessi sognando la prima volta che ho letto i suoi libri. Ho fatto la tesi di laurea sul femminismo visto nella filosofia!»
«Davvero?»
«Mh mh, 110 e lode, modestamente»
Lewis sorrise, andandole a fare pat pat sulla testa. «Bravissima» poi si morse il labbro. «Sei piena di sorprese, hurricane, non finisci mai di stupirmi»
«È una buona cosa, no?»
«Incredibile»
La spagnola tornò a rivolgersi verso il mare, gli occhi scintillanti. «Grazie...»
«Per stasera? Oh ma non...»
«No» lo interruppe piano, un lieve cenno della mano. «Grazie per avermi parlato quel giorno in Belgio, per avermi aiutata»
«Sono contento di averlo fatto» le rispose, il solito tono gentile. «Vale la pena conoscerti, hurricane»
Come costretta da un magnetismo potente, scivolò più vicino al pilota, piantando le proprie iridi verdi in quelle scure di lui. Lewis sembrava incantato, il pomo d'Adamo che continuava ad alzarsi ed abbassarsi.
Solo per un istante, l'attenzione dell'inglese si spostò dai suoi occhi alle sue labbra, che strinse pur di non mostrarne il tremore.
«Ho un'improvvisa voglia di baciarti, hurricane»
Selene trattenne il fiato, l'eccitazione del momento che le arrossava il viso. «Perché non lo fai, allora?»
La mano di Lewis prese a carezzarle la guancia, spostandole i capelli dal viso e agganciandoglieli dietro all'orecchio. Un leggero sorriso gli addolcì l'espressione. «Perché...» si interruppe. «Quando mi bacerai, voglio che sia per tua scelta, non per ripicca nei confronti di un altro»
Il cuore della ragazza fece una capriola, lo stomaco le si strinse. «Lewis...»
«Non ti preoccupare, hurricane, è la cosa migliore»
«No, io non... non intendevo veramente quello che ti ho detto quella sera al bar» confessò. «Non ti ho baciato, quel giorno, perché mi serviva una distrazione, l'ho fatto perché era quello che volevo. Sì, forse soprattutto per il mio cuore spezzato, ma non volevo pensarci»
«Ed ora?»
«Ora cosa?»
«Ora vuoi pensarci?»
Selene ci mise un attimo a rispondere, a metabolizzare quelle parole, a cercare la verità nel suo cuore. «No»
Qualcosa nello sguardo del pilota cambiò, le pupille che si allargavano leggermente. «Voglio essere onesto, hurricane»
«Su cosa?»
«Non mi sei indifferente» mormorò. «Ma so che stai soffrendo, che non sei ancora pronta per aprire le porte del tuo cuore, e lo capisco, lo accetto. Mi sta bene così, perché non ho fretta, Selene»
«Non vuoi aspettarmi, Lewis... lo sai anche tu che non vuoi»
«Te l'ho detto, hurricane, ne vale la pena»
«Finirai per stancarti»
«E se non lo facessi? Se fosse quello che voglio?»
«Saresti un folle»
Una leggera risata soffocata sfuggì al pilota, che curvò le labbra in un sorrisetto. Le sfiorò il naso con il proprio, costringendola a smettere di respirare. «Forse non lo sai, hermosa... ma a me le sfide piacciono eccome»
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