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24. When Sam met Selly

Quando Maggie e Max tornarono dalla loro lunga, veramente tanto tanto lunga, passeggiata, Selene non c'era più. A dire il vero, non c'era nemmeno gran parte delle sue cose: sembrava quasi che avesse portato con sé il minimo sindacale e che se ne fosse andata, forse troppo distrutta per poter fare altro.

L'olandese si guardò intorno. Soltanto in quel momento realizzò l'entità di quanto successo, quando, voltandosi per cercare la sua migliore amica, non trovò nessuno, quando le stanze divennero improvvisamente troppo vuote senza di lei, senza la sua voce acuta e divertita.

«Abbiamo sbagliato» mormorò.

Maggie rimase ferma sull'uscio della camera della corvina, intenta ad osservarne l'interno. Il letto disfatto giaceva ancora lì, come diverse ore prima, con tutti i vestiti sparpagliati sui mobili, con l'unica differenza che, in quel caso, Selene non era lì a difendere il proprio disordine. 

«Nos mintió... pero ¿y si somos los malos de su historia?» (Ci ha mentito... però, e se fossimo noi i cattivi della sua storia?)

Max si appoggiò al bordo del divano, lo sguardo basso. «L'ha pensato davvero?» chiese retoricamente, salvo poi rivolgersi alla sua ragazza. «Meisje, è colpa mia, non è vero?»

«Max... no, non c'entri nulla, non... non è colpa tua! Non pensarlo neanche»

«Eppure quello che ha detto Selene l'hai sentito! Non ci ha detto la verità riguardo lei e... Lewis perché sapeva che non avrei reagito bene! Mi crede davvero così bastardo? Pensa sul serio che avrei potuto anche solo tentare di tenerli separati?!»

«Le serviva una scusa, querido» lo confortò l'altra, avvicinandoglisi e carezzandogli la guancia. «Amore, davvero... non è colpa tua»

È solo mia.

Perché Maggie lo sapeva. Lo sapeva che era colpa sua, dopotutto. L'aveva abbandonata... era vero. Aveva preferito godersi quella nuova vita ritrovata piuttosto che sostenere la persona che le era stata accanto per tutto il tempo.

Selene le aveva dato tutta sé stessa e lei non le aveva nemmeno porto la mano.

«Meisje...»

«Mh?»

«Che dobbiamo fare? Tu... tu la conosci meglio di me»

Eppure non sono riuscita a capire che stesse soffrendo.

«Se adesso se n'è andata... dobbiamo lasciarla stare per un po', o penserà che l'abbiamo cercata soltanto per pietà» la rossa deglutì, i ricordi di quando lei stessa, soltanto pochi mesi prima, aveva fatto la medesima cosa.

Solo che Selene era corsa in suo soccorso.

All'istante.

«Ne sei sicura? Non so, non voglio che...»

Maggie però annuì. «Sì, ne sono sicura. E so che è sana e salva, lo so, non se ne sarebbe mai andata sapendo di non avere un posto in cui stare» rispose, il suo sguardo si schiantò al suolo. «Non voglio che sia così, però...»

Max si affrettò ad avvolgerla in un abbraccio. «Ti prometto che si risolverà tutto, mijn leven» (vita mia). «Fidati di me»





Selene si separò dalla stretta di Charles singhiozzando.

«Mi spiace di averti rovinato la serata» sussurrò, tentando di asciugarsi le lacrime per quanto possibile. «Avresti sicuramente preferito fare altro che stare qui a sentirmi lagnare»

«Hey, non ti preoccupare» la rassicurò lui, abbozzando un sorriso. «Veramente, Selly, sono contento di passare del tempo con te, anche se non in situazioni come questa, purtroppo»

«Selly?»

«Bello eh? Sì, ho deciso, ti chiamerò così! Con la e, attenzione, non Sally, Selly!»

Quel commento riuscì a strapparle una risata, così tanto agognata da Charles che il monegasco quasi si sentì il cuore più leggero. Sospirò, stazionando le iridi verdi in quelle meravigliose dell'amico.

«Pensi che mi odino?» sussurrò, con la voce talmente minuta e rotta da apparire lieve come quella di una bambina. «Max e Maggie...»

«No, nemmeno un po'»

«Io... e se invece fosse veramente arrabbiati? Quando litighiamo Maggie mi chiama sempre! Perché... perché stavolta non lo fa?»

«Forse pensa che tu sia arrabbiata con lei, Selly»

In un modo o nell'altro è sempre colpa mia.

A volte si sentiva la Notte Stellata di Van Gogh, altre soltanto la sua lettera d'addio. Non c'era mai una via di mezzo.

«Ma...»

«O forse, pensa che tu abbia bisogno di spazio, canari» (canarino) aggiunse Charles, passandole delicatamente la mano sulla schiena. «E secondo me un po' ti farebbe bene, hai bisogno di staccare la spina da tutto quanto»

«Tu credi?»

«Sì, anche perché... è stato un periodo molto lungo per te, non dovresti neppure pensare che sia colpa tua!»

«Ho nascosto la verità a chiunque, persino a Maggie. E forse non sono la brava persona che descrivete tutti»

«Non sei una brava persona o... sei solo una persona che soffre?»

Lo sguardo del pilota Ferrari era talmente fermo che Selene quasi ci credette, che quasi si convinse che fosse la verità.

Il monegasco le sorrise. «Selly, davvero, non è colpa tua. Sei un essere umano e come tutti fai degli errori. Ciò non significa che sbagliare sempre sia l'opzione migliore, eh, a volte bisogna prendere coscienza di quali siano le azioni migliori, ma tu... tu sei talmente dolce come persona che nessuno potrebbe rimanere arrabbiato con te! Fidati quando ti dico che avete tutti bisogno di tempo, loro per metabolizzare quanto successo, Lewis per assimilare la verità sul tuo possibile Alzheimer e tu per riprenderti!»

«Grazie...» sussurrò, abbracciandolo nuovamente. Rischiò di stritolarlo, cercando di mostrargli tutto il bene che provava nei suoi confronti. «Grazie Carletto»

«Di niente, Selly»

«Ti voglio bene»

«Anch'io, canari» le rispose, schioccandole un bacio sulla guancia. «E adesso... tequila!»

«Charles, sono le sette di sera...»

«Acqua minerale!»





La spagnola buttò giù il suo shottino in un sorso, sentendo la gola bruciarle subito dopo.

Alla fine, la tequila l'aveva presa davvero.

Erano anni ed anni che non si prendeva una sbornia completa, una di quelle che poi non riusciva a ricordarsi nulla, non era più abituata. Peccato.

L'indomani sarebbe stata da schifo ma ne sarebbe valsa la pena, ne sarebbe valsa la pena perché almeno per qualche ora avrebbe potuto distogliere l'attenzione dal dolore persistente che provava.

Charles non aveva idea di dove fosse andata, né tantomeno di cosa stesse facendo, e Selene sapeva perfettamente che si sarebbe preoccupato da morire. Avrebbe potuto lasciargli un biglietto? Sì. L'aveva fatto? No.

Sei una stronza, piccola miss.

Non ti importa degli altri, solo ed unicamente di te stessa.

Non ti importa neppure di chi ti ha ospitato nelle ultime ventiquattro ore, sei una maledetta egoista.

Sì. Forse egoista lo era sul serio.

O forse sperava solo che un giorno il nome di Lewis smettesse di farla sorridere, che smettesse di farle battere il cuore, che smettesse di farle pensare di meritarsi di più di tutto ciò che era avvenuto nel corso della sua vita.

Le mancava già, doveva ammetterlo, ma aveva la consapevolezza di star osservando il suo stesso cielo, la sua stessa luna, ed in qualche modo quello le bastava.

La rivelazione del suo segreto era stata penosa, se ne rendeva conto, sapeva di avergli buttato addosso la verità nel peggior modo possibile, ma... che senso aveva provare a spiegare? Che senso aveva, se tanto sapeva già che l'avrebbe perso?

Tanto valeva risparmiare un po' di dolore ad entrambi.

Lewis l'avrebbe odiata in ogni caso, sarebbe stato impossibile il contrario. Alla fine dei conti, tutti l'avevano lasciata prima o poi, aveva solo anticipato il momento in cui anche lui l'avrebbe fatto.

Così come i suoi genitori avevano smesso di lottare per lei, lei aveva smesso di lottare per coloro che amava. Era solo che equa come cosa, no?

Stava ordinando un altro shottino di tequila quando una figura le si gettò accanto, salutandola. Ma Selene era talmente ubriaca che non riusciva neppure a riconoscere i volti: la conosceva, questa persona? La conosceva o stava per approfittarsi di lei?

Maggie le aveva sempre detto di stare attenta. Si era sempre raccomandata, talmente tanto da sembrare a volte persino petulante, ma alla prima occasione tutte le sue paure si stavano rivelando vere.

Nessuno accorrerà in tuo soccorso, principessa.

Non hai più nessuno.

«Len, che ti è successo?»

Eppure... eppure quella voce le sembrava piuttosto familiare.

«C-chi sei?»

«Sono Sam, non mi riconosci? Cielo, ma quanto hai bevuto?»

«Sam! Ciao!» fece, barcollando. Si alzò in piedi per salutarlo ma precipitò tra le sue braccia, talmente andata da non riuscire nemmeno a reggersi in piedi.

«Selene...»

«St-sto bene!» esclamò. «Ay, tío, ¿cómo estás?»

«Perché stai bevendo? Che diamine è successo? Dov'è Margaret? E Max?»

«Ma come!» Selene rise, incapace di fare altro. «Non lo sai?»

«Sapere cosa? Len? Che stai dicendo?»

«Ho mentito loro ed ora mi hanno abbandonata, sono da sola»

No, no, no, non mi hanno abbandonata.

Non so perché lo sto dicendo.

No.

No.

Per favore, no.

«Ci sono io, Len, coraggio, dai, vieni a casa con me»

È l'opzione migliore, Selene.

Dagli ascolto, fai una cosa buona, per una volta nella tua vita.

Agguantandolo per il colletto della sua camicia, gli stampò un bacio sulle labbra, mentre si portava le sue mani ai fianchi. «Va bene» sussurrò, lo sguardo ora perso nel vuoto. «Tu però non lasciarmi da sola»

«Non ho intenzione di farlo, sta tranquilla»

«Mi fido di te»





Quando la mattina dopo aprì gli occhi, la prima cosa di cui Selene si rese conto era di non avere nessun indumento indosso; la seconda, Sam - come in Samuel "il suo maledetto ex" Fernando - giaceva addormentato accanto a lei, a sua volta completamente nudo.

Non cacciò un urlo soltanto perché la testa le scoppiava per quanto le faceva male. Ed in parte anche perché era convinta che se avesse aperto la bocca, effettivamente, avrebbe vomitato anche i bulbi oculari.

Che cazzo era successo la notte precedente? Come ci era finita lì?

Come l'aveva incontrato Sam?

Non riusciva a ricordare assolutamente nulla ed il solo pensiero di aver fatto una cosa del genere, talmente disgustosa, a Lewis la uccideva. Then again, si rese conto che, lei e Lewis, non erano più nulla effettivamente.

Non c'era più motivo di sentirsi in colpa.

CHARLES!

Il nome del pilota le comparve in mente dal nulla, obbligandola a cercare immediatamente il proprio cellulare. Sparsi per terra c'erano tutti i suoi vestiti ma del suo telefono non v'era traccia.

Chissà dove lo aveva lanciato...

Le restava una sola cosa da fare, allora, svegliare Sam. Non poteva non avvertire il monegasco, non dopo che l'aveva accolta in casa sua almeno!

Piano, quasi titubante, riuscendo a non vomitargli addosso, gli poggiò la mano sulla spalla scoperta. «Sam...» chiamò, fino a quando non lo vide muoversi.

Almeno non era morto.

Almeno quello.

Avrebbe avuto una cosa in meno con i cui fare i conti, a quanto sembrava. Meglio.

«Buongiorno...» la salutò l'altro, la voce impastata.

«Che cos'è successo ieri sera?» lo seccò subito, non riuscendo a mantenere la calma. Era già in panico di suo, non le serviva una delle risposte rigirate di Sam.

«Non ti ricordi? Niente di niente?»

«Ho sempre pensato che uno dei tuoi neuroni funzionasse più lento degli altri, Sam, sai? Secondo te, se ti sto chiedendo cos'è successo ieri sera cosa intendo?» replicò, coprendosi il seno con il lenzuolo, avvolgendosi completamente.

«Magari avevi qualche flash!»

«No! Voglio sapere per quale cazzo di motivo mi hai portata a casa tua e soprattutto come ci siamo finiti a letto insieme!»

«Me l'hai chiesto tu» le rispose, in un sussurro. «Me l'hai chiesto tu, Len»

«Io? Non avresti nemmeno dovuto darmi ascolto, ero ubr...»

Lui però la interruppe, addolcendo di molto lo sguardo. «Mi hai chiesto di portarti qui perché non avevi nessun altro posto in cui andare. E quando ti ho chiesto di Maggie e Max, ti sei messa a piangere. Anzi, dire così è poco. Sei scoppiata in lacrime ed hai preteso che ti abbracciassi, che non sciogliessi la presa. Mi hai spiegato tutta la storia...»

«E non te ne sei andato?»

«No, non potrei mai»

«L'hai fatto»

«Non per davvero» Sam scattò in avanti, afferrandole la mano. «Len, siamo sempre stati io e te, te lo ricordi, no? Ti ho raccontato cose di me veramente intime e tu hai fatto lo stesso, perché ci fidiamo l'uno dell'altra!»

«Mi hai lasciato andare» bisbigliò lei, sentendo gli occhi farsi lucidi. «Mi hai lasciata perché non ho accettato la tua proposta»

«Ti ho lasciata perché sapevo saresti stata bene, Len, avevi loro...» si interruppe scuotendo il capo, quasi come a voler rimarcare che, ora, né Maggie né Max fossero al suo fianco. «Ma adesso... adesso siamo solo io e te e possiamo stare insieme!»

«Io...»

«Tu non vuoi stare da sola, vero?»

«N-no»

«Allora che problema c'è? Non ti lascerò mai più in disparte!»

«D-davvero?» le sue iridi erano talmente spente che quelle parole furono per lei diamanti scintillanti. «Non mi... non mi lascerai?»

«No, non ti lascerò, ma ad una sola condizione, piccola»

Per Selene ormai non c'era più una via d'uscita, la direzione da prendere era una sola. Era come se tutto intorno a lei fosse improvvisamente diventato invisibile e quella fosse l'unica strada percorribile.

«Quale?»

«Accetta la mia proposta, Len, sposami, e ti prometto che non sarai mai più da sola»

Accetta.

È l'unica possibilità che hai, Selene. Non sprecarla sperando di poter recuperare i rapporti che avevi prima. 

Sam non ti abbandonerà stavolta, devi solo sposarlo.

«Allora? Che mi dici, Len? Vuoi davvero rifiutare? Voglio dire... sono l'unica persona che ti è rimasta»

La ragazza esitò.

Quello fu il momento in cui l'ultimo bagliore nei suoi occhi si spense.

«Sì» mormorò.

«Sì?»

«Sì, ti sposerò»

Addio passato.

Addio presente.

Non mi resta che il futuro.

«Hai fatto la scelta giusta, Selene... se non tenessi a te non sarei qui a prendermi cura di te. Gli altri ti hanno lasciata come al solito, io invece ci sono. Devi fidarti di me»

«V-va bene... solo, dov'è il mio telefono? Ho bisogno di chiamare Charles»

«Nah non preoccuparti» le disse, baciandola e carezzandole la pelle nuda. «Il tuo telefono è di là ma adesso puoi dimenticarti di loro, con te ci sono io»

«Sì, ma...»

Non la lasciò finire, la zittì con un altro bacio. «Ascolta, Len, se gli fosse importato veramente ti sarebbe venuto a cercare stanotte, invece se n'è rimasto a casa sua! Veramente, non ti deve più sfiorare il loro pensiero, non ti hanno mai meritata!»

«Tu... tu dici?»

«Certo che dico, ti fidi di me, non è così?»

«Io...»

«Ti fidi di me, Selene, no? Io che ti amo»

«S-sì... sì, mi fido di te»

«Brava bambina»

Le fece scorrere la mano lungo la coscia, scivolando sempre più verso l'interno. Le sfiorò con l'unghia dell'indice il punto più sensibile, facendola gemere.

«Lo capisci, vero, Len, che sto facendo tutto questo per te, no? Perché ti amo»

«Sì, lo capisco»

«Dimmi che mi ami anche tu, piccola, o di tutto questo non se ne farà niente...»

No, non lasciarmi da sola.

No, per favore.

«Io ti amo»

«Brava, piccola, brava... ed ora, chinati, penso di meritarmi un ringraziamento da parte tua»

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