22. Labyrinth
It only feels this raw right now
Lost in the labyrinth of my mind
Break up, break free, break through, break down
You would break your back to make me break a smile
You know how much I hate that everybody just expects me to bounce back
Just like that
Sua madre non si ricordava chi fosse.
Non si ricordava del suo nome.
Non si ricordava del suo viso, della sua personalità, non si ricordava neppure del legame di parentela che le legava.
E faceva male, Dio se faceva male.
Per quanto Selene fingesse che non le importasse, era pur sempre la sua mamma quella, la persona che le aveva dato la vita, la persona che l'aveva criticata in ogni occasione, ma anche la persona che le aveva insegnato a reagire.
Ed ora era tutto finito.
Era tutto finito prima che lei avesse anche solo l'opportunità di dimostrarle che, in realtà, qualcosa valesse, che ogni singolo sforzo che aveva fatto nel corso del tempo non fosse andato sprecato, prima che potesse provarle di essere degna di essere chiamata figlia.
Era stata una corsa contro il tempo e l'ultimo granello di sabbia aveva attraversato la clessidra prima che le fosse data quell'unica opportunità: aveva perso tempo, aveva permesso al proprio orgoglio di frenarla, ed ora aveva perso sua madre.
Quella donna non l'aveva mai voluta, non le aveva mai rivolto una parola che non fosse colma di odio o di rancore, eppure lei non riusciva a non disperarsi.
Cielo, era proprio patetica: stava piangendo da ore intere, stava piangendo dal momento esatto in cui aveva ricevuto la chiamata, stava piangendo senza potersi fermare.
Stava piangendo per un'anima che non aveva fatto altro che provare a spezzarla. E solo perché le voleva bene, solo perché il suo cuore era talmente grande e buono da provare amore anche per coloro che non lo meritavano.
Era stupida come cosa, no?
Era infinitamente stupida, ma comunque non poteva farne a meno.
La chiamata a cui si riferiva era avvenuta per la precisione due ore, trenta minuti e quaranta secondi prima ed era stata proprio la donna a telefonarle. Non appena aveva risposto, lei subito le aveva chiesto chi fosse, perché si era trovata il contatto in rubrica e non riusciva a ricordare a chi accidenti appartenesse.
Selene non aveva avuto il coraggio sufficiente per fare la spavalda come al solito. Con il tono di voce mortificato, ormai totalmente sconfitto e devastato, aveva sussurrato: «Sono Selene, mamma. Sono tua figlia»
L'altra ne era rimasta confusa, avendo passato probabilmente troppo tempo in compagnia di Emilia, che pur di togliersi la sorella di torno aveva sicuramente mentito spudoratamente, fingendo di essere l'unica erede di famiglia, e non aveva saputo bene cosa dirle.
«Ah» era stato l'unico suono ad uscirne.
«Mamma... ti ricordi di me, vero?»
«Io...»
«Mamma...» la voce le si era spezzata all'istante, incapace di reggere un dolore del genere. «Mamma, sono tua figlia... mamma, ti prego, ti prego, ricordati di me»
«Mi dispiace, io... non avrei dovuto chiamare, e...»
«Mamma...»
Selene non aveva mai sentito un 'mi dispiace' uscire dalla bocca di sua madre, neppure una volta.
«Mamma, per favore... parlami» l'aveva supplicata allora. «Mamma...»
«Io... io non so chi tu sia»
«Mamma... sono tua figlia!»
«Mi dispiace»
Era stata l'ultima cosa che le aveva detto, prima di attaccarle il cellulare in faccia. La corvina aveva provato a richiamarla centinaia di volte ma non c'era stato niente da fare, si era rifiutata di risponderle.
Questo è quello che succederà anche a te, piccola principessa, perché quello di tua madre era un addio.
Che mai avrebbe potuto dire, lei, che era soltanto una ragazzina spaventata? Che avrebbe dovuto dire, se non che le era stato strappato via il cuore dal petto?
Il panico ormai si era impossessato del suo corpo, rendendola una marionetta, e se ne accorse soltanto quando, pur di distrarsi, iniziò a preparare la cena per quella sera. Stava tagliando le verdure a pezzetti ed il coltello le sfuggì di mano, squarciandole la pelle del palmo sinistro in due.
Il sangue prese ad uscire a raffica e Selene rimase lì a fissarlo, le dita che tremolavano, sporche di un rosso vivo ed intenso.
«Accidenti» borbottò, correndo al lavandino ed inondando la ferita d'acqua fredda.
C'è qualcosa che sai fare davvero, oltre a dare fastidio agli altri?
Non sei in grado neppure di prenderti cura di te stessa, come pensi che possano farlo per te?
Ci volle un bel po' prima che la ragazza riuscisse a bendarsi la mano, prima che riuscisse a prendere coscienza di ciò che veramente stava succedendo, prima che riuscisse a capire di dover risparmiare quel dolore ad una delle persone che amava di più in vita sua.
Soltanto pochi giorni prima aveva pensato di lasciare Lewis, a quanto sembrava era arrivato il momento di farlo. Sarebbe stata bene... avrebbe avuto Maggie e Max, gli unici che sapevano, e ne era certa. Si sarebbe ripresa...
Non sarebbe stata in grado di salvarsi se fosse stato lui quello ad andarsene, perciò... doveva essere il contrario. Doveva essere lei a spezzargli il cuore, frantumandolo così tanto da impedirgli di tornare a cercarla - perché lo sapeva, lo sapeva che l'avrebbe fatto. Era una persona troppo nobile per non tentare ancora ed ancora.
Smettendo di piangere, si chiuse in bagno, davanti allo specchio, riuscendo a mascherare con il trucco tutti i segni di quel mental breakdown che stava avendo. Ci volle quasi mezzo tubetto di correttore per coprire le pesanti occhiaie che le marchiavano il viso, Selene sospirò.
«Andrà tutto bene» continuava a ripetersi sommessamente, in una cantilena che stava disperatamente tentando di memorizzare.
«Andrà tutto bene, posso promettermelo»
Uscì di casa cinque minuti dopo, a bordo della propria macchina. Non accese nemmeno la radio, intenta a prepararsi mentalmente un discorso da fargli. Se lo conosceva almeno un po', Lewis, ne era sicura al mille per mille, non l'avrebbe lasciata finire di parlare, l'avrebbe interrotta cercando di convincerla.
E per come il suo cuore batteva per lui, probabilmente ci sarebbe pure riuscito.
Ma Selene non poteva permetterselo.
Parcheggiò sotto l'appartamento dell'inglese con la gola secca, per un attimo temette anche di non essere pronta per pronunciare una singola parola. Dovette respirare a fondo più e più volte prima di suonare il campanello.
Come previsto, Lewis le aprì con il sorriso stampato sul viso. Quando si chinò per lasciarle un bacio, lei fece un passo indietro.
«Lew... ho bisogno di parlarti»
Lo sguardo del pilota si incupì. «È successo qualcosa, principessa? Hey, ma cos'hai fatto alla mano?!»
«Sì e no, se devo essere sincera. In più mi sono tagliata cucinando, però non è questo l'importante. Posso entrare? Sarebbe meglio sederci, quello che devo dirti è piuttosto urgente»
«Sì, certo, scusa! Vieni pure»
Accomodandosi al tavolo della cucina, Lewis si appoggiò con i gomiti sul legno. «Sei strana, principessa, e lo sei da un po' di giorni...» azzardò. «Che succede?»
«Lo so, e... c'è un motivo dietro a tutto ciò»
«Vuoi parlarne? Sai che sono qui per qualsiasi cosa!»
«È... è proprio di me e te che vorrei parlare, Lewis»
«Di noi? Ho fatto qualcosa di sbagliato? Oh no, non dirmi che sono stato scortese nei tuoi confronti, ti prego! No, vero?!»
Gli occhioni del pilota si piantarono nei suoi, a mo' di supplica.
«No, non ti preoccupare» lo rassicurò, abbozzando un sorriso. «Non hai detto niente di male»
«E allora di cosa dobbiamo parlare? Non capisco...»
«Penso che dovremmo smettere di vederci»
E tutto si fermò, una volta sganciata la bomba.
«C-cosa?»
Selene deglutì, sentendo di nuovo dolore alla mano fasciata. «Hai sentito, Lew» mormorò, chinando il capo debolmente. «Credo che questa cosa tra me e te non dovrebbe più andare avanti» ripeté, questa volta con tono sicuro.
Ti guardo, ti guardo e non posso fare a meno di amarti, e mi terrorizza. Mi terrorizza cosa farei per te.
Subito l'inglese scosse la testa. «No...» esclamò. «No... no, no, no»
Quando lo vide alzarsi in piedi per raggiungerla, lei non poté fare a meno di replicare il gesto. Fronteggiandolo, faccia a faccia sembrava una bambina terrorizzata, in confronto alla sua magnificenza.
«Che stai dicendo, principessa? No! Perché?!»
«I-io... ci ho pensato molto, davvero, ma non me la sento di portare avanti... qualcosa di cui non sono sicura»
Le si intorpidì la lingua in quel preciso momento - come se pronunciare quelle parole avesse significato per lei rinunciare al frammento più grande del suo cuore, anzi, del suo intero animo.
Lewis si irrigidì, confuso. «Ieri non eri indecisa, Selene... ieri mi hai baciato»
«Lo so, e... mi dispiace per averti illuso per tutto questo tempo, ma la verità è che cercavo qualcosa che potesse distrarmi e tu... tu eri la soluzione migliore»
«No! No, tu non mi hai usato, lo so, ti conosco! Non sei la persona che stai fingendo di essere! No, io mi fido di te!»
La ragazza dovette ricacciare giù le lacrime. «Hai sbagliato a farlo, a quanto sembra... mi dispiace, sul serio, ma non posso continuare una 'relazione' che non mi fa sentire le farfalle. Per amore ho sofferto fin troppo...»
Stava arrancando scuse su scuse, una dietro l'altra, ma nessuna delle parole che stava dicendo sembrava sortire l'effetto necessario.
Perché era Lewis quello, e Lewis sapeva riconoscere persino quali dei suoi sorrisi fossero falsi e quali no.
«Non ci credo nemmeno un po', Selene! Nemmeno un po'. E se questa cosa deve finire, voglio la verità!»
«È questa la verità!» sbottò esasperata. «È questa! È l'unica teoria esatta!»
«Ascolta questa di teoria, allora!» ribatté l'altro, afferrandole il polso. «La paura di non essere abbastanza e la paura di essere troppo sono esattamente la stessa cosa, sono la paura di essere te stessa. Ma... io non voglio che tu abbia paura, Selene! Io voglio che tu possa fidarti di me! Perché non lo fai? Perché non mi permetti di scoprirti?!»
«Nessuno vuole assistere ad una tragedia mezza rovinata, Lewis!» gli gridò contro.
«Non sei mai stata una tragedia mezza rovinata! Nemmeno una tragedia, se è per questo! È stata la tua famiglia a farti credere di esserlo ma tu sei molto di più! L'amore di tua madre non...»
Se per un secondo era stata quasi tentata di cedere, di rifugiarsi per sempre tra le braccia del pilota e di smettere di preoccuparsi di tutto, alla nomina della donna sembrò svegliarsi, sembrò innalzare di nuovo una barriera intorno a sé stessa.
«Non parlare dell'amore di mia madre, Lewis, non parlarne, perché l'ho cercato in ogni angolo del mondo, in ogni angolo e non sono stata in grado di trovarlo. Quindi, per favore... per favore, sta zitto!»
Perché adesso non potrò trovarlo mai più.
Quando si discuteva dei suoi genitori, le sembrava di sentire il rumore delle sue ossa che si sforzavano sotto il peso di tutte le vite che non stava vivendo. E faceva altrettanto male. Perché per colpa loro aveva iniziato a giocare sicuro, non incominciando mai partite che sapeva con certezza di non poter vincere.
Quindi no...
Non avrebbe sopportato un discorso del genere.
«Principessa...» Lewis le si avvicinò, la mano ancora stretta intorno al suo polso. «Voglio solo la verità da parte tua, non chiedo altro!»
«Te l'ho appena detta la verità!»
«E perché, allora, mi guardi come se ti avessero appena distrutto il cuore?» le domandò, gli occhi che divennero lucidi all'istante. Vederlo così, preoccupato, dilaniato, la fece impazzire: non si meritava niente di tutto ciò.
Non si meritava niente di tutta quella storia.
Non si meritava di avere accanto un'ipocrita come lei.
«Lewis, per favore, capiscimi... tu più di tutti dovresti sapere cosa significa trovarsi in una relazione senza sentimenti! Lo sai che non puoi costringermi ad amarti!»
«Non mi permetterei mai, Selene! Ma se è per questo, tu più di tutti dovresti sapere che non abbocco a queste cazzate! Lo so che i sentimenti ci sono, lo so! Lo sento qui!» si piantò la mano sul petto, all'altezza del cuore. «Lo sento perché batte per te...»
«Non sono la persona giusta per te, Lewis...» bisbigliò, sfilandosi debolmente dalla sua presa. «Fidati»
«Io lo so quello che sento per te...»
«Anche io» si ritrovò a sussurrare. «E quello che sento io non è amore... ormai so riconoscerlo quando lo vedo...»
«Quello per Sam, allora... quello per Sam era amore, dunque?»
No.
Non era neppure lontanamente paragonabile a tutto ciò che Lewis era stato in grado di farle provare in soltanto poche settimane.
«Sì» mentì. «Sì, Lew, io... sono veramente innamorata di lui e non me la sento di iniziare una relazione nuova, non quando il mio intero essere dipende da lui!»
Qualcosa nello sguardo del britannico mutò, perché poi fece un passo indietro, squadrandola come se stesse cercando di esaminarla.
«Io non ti credo... non ti credo neanche un po'»
Selene non sapeva più cosa fare o dire.
Le restavano soltanto poche opzioni, così scelse la più semplice.
«Cosa provi per me?» gli domandò, spiazzandolo. «Dimmi cosa provi per me, scava nel profondo del tuo cuore, indaga, e sappi che tutto ciò che dirai... per me sarà il contrario»
«I-io...»
Finalmente anche Lewis esitò e Selene sapeva che quello fosse il momento giusto. Rivolgendosi verso la porta, si fermò all'uscio. «Lew?»
«I-io...» ripeteva l'altro nel frattempo.
«Mi dispiace, ma non posso stare con te se non ti amo»
Che grande bugia, quella.
Perché lo amava.
Eccome se lo amava.
Scese per le scale e non si voltò neppure una volta.
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