2. Hotel room
Il momento in cui Sir Lewis Hamilton raggiunse la propria camera d'hotel Selene se lo sarebbe ricordato a vita come uno dei più imbarazzanti dei suoi interi venticinque anni.
Ancora con le guance rosse per la vergogna, la giovane spagnola si sentì sprofondare quando lo sguardo intenso e penetrante del pilota la percorse in tutta la sua interezza.
Sempre quello strano calore all'interno dello stomaco.
Sempre quella stessa sensazione nel petto.
Rivolgendole soltanto una specie di sorriso, l'inglese si tolse il giubbotto, cercando di inondare il meno possibile il pavimento.
«Ti sei cambiata» decretò, soffermandosi sui vestiti per i quali Selene aveva optato.
«Sì, ma se... se ho scelto qualcosa che non...»
«No, non ti preoccupare» la rassicurò. «È solo che...»
«Solo che cosa?»
«Che Verstappen dice tante cazzate, ma su una cosa soltanto ha sempre avuto ragione»
«Ossia?»
«Che sei bella»
Il cuore prese a martellarle nel petto, minacciando di esplodere. Avrebbe tanto voluto rispondergli, ringraziarlo, ma non riuscì ad emettere neppure un suono, tanto era commossa.
Era passato veramente tanto tempo dall'ultima volta in cui qualcuno le aveva detto che fosse bella, ma intendendolo sul serio.
E qualcosa negli occhi di Lewis le fece capire che stesse dicendo la verità.
Lo pensava davvero.
Quando si rese conto di avere ancora indosso i vestiti bagnati, il pilota si precipitò verso l'enorme bagno della suite, dove depositò tutti gli indumenti della parte superiore del corpo. Appese tutti quei meravigliosi pezzi di stoffa fradici vicino a quelli grondanti della ragazza e si avvolse le spalle con un asciugamano.
Quella volta fu Selene, quando tornò da lei, a guardarlo a bocca aperta.
Quasi a bocca aperta.
Ebbe almeno la decenza di tenerla chiusa, onde evitare di cominciare a sbavare.
Gli addominali scolpiti scomparivano, come tagliati nettamente, nei pantaloni della tuta e la spagnola fece il possibile per distogliere l'attenzione.
Fintantoché Sir Lewis finiva di cambiarsi, afferrò il proprio telefono, notando un unico messaggio presente, quello di sua sorella Emilia.
"Ho saputo che ti hanno lasciata ancora", recitava, "A quanto pare sei destinata a stare da sola"
Non si sorprese nemmeno nel leggere quelle parole, dopotutto lo sapeva... lo sapeva che cosa la gente pensasse di lei. Quella ferita aveva fatto male le prime cinquecento volte, poi era diventato un minuscolo taglietto: si era abituata alla cattiveria del suo stesso sangue, non le faceva più effetto ormai.
«Tutto bene?» domandò Lewis, fermo sull'uscio della porta del bagno a fissarla.
«È la seconda volta che me lo chiedi»
«Hai un'espressione strana»
«Niente di grave, è solo un commento insignificante di mia sorella. Non ne vale neppure la pena. Mi odia, non vedo perché dovrei anche solo sprecare tempo a trovare il modo di risponderle»
«Onesto»
«Sì?»
Lewis le si sedette accanto, sull'altro lato del letto, e sospirò. «Ti fa male, non è così?»
«No, io ormai ci ho fatto l'ab...»
«Abituarsi al dolore non dovrebbe essere una cosa positiva» la interruppe, con il tono più delicato che Selene avesse mai ascoltato in vita sua. «Perché sei triste?»
«Il mio ragazzo mi ha lasciata» confessò, abbozzando un piccolo sorriso e lasciando cadere gli occhi sulle proprie mani, intrecciate in grembo. «E mi sento come se mi avessero inferto milioni di coltellate, come se mi stessero continuando a trafiggere il cuore con degli spilli»
Lewis allungò la mano, poggiandogliela sulla spalla. «Mi spiace»
«Non ti preoccupare. Sul serio, ci sono abituata. Non è la prima volta che qualcuno rompe con me»
Era vero, dopotutto.
Ne sarebbe uscita anche quella volta. Solo...
Avrebbe fatto veramente tanta fatica.
Quasi sussurrando, Lewis alzò lievemente le spalle. «Non ne vedo il motivo»
«Mh? Motivo di cosa?»
«Lasciarti»
La ragazza deglutì nervosamente, costringendo una risatina isterica a morirle in gola. «Non ci conosciamo nemmeno, come fai a dire una cosa del genere?»
«Si vede nei tuoi occhi» fu l'unica risposta che ricevette, espressa in un modo che sembrava così ovvio che in qualche modo riuscì a scombussolarle lo stomaco.
«Che vuoi dire?»
«Intendo che se persino Verstappen parla di te come una delle persone migliori che conosca, e sappiamo che lui non tiene mai la bocca chiusa quando pensa qualcosa di negativo, allora è la verità. In più, non hai l'aria di qualcuno che farebbe mai qualcosa di male!»
Le scappò un sorriso istintivo. «Ma come? Non lo sai?» scherzò. «In realtà sono un membro fondamentale dell'FBI corrotto, a cui piace ammazzare la gente»
Lewis scosse il capo, rifilandole un leggero pugnetto sul braccio. «Sul serio, Selene»
«Non è facile... sono veramente innamorata»
«Lo so, ma un giorno smetterà di piovere e il sole tornerà a splendere. Il dolore che stai provando adesso... vedilo come acqua, come acqua temporanea. Prima o poi finirà!» la rincuorò, rivolgendole uno dei sorrisi più belli che lei avesse mai visto. «Te lo posso promettere»
«Ed io ci credo, ma... è adesso che fa male»
Il pilota non fece in tempo a risponderle che uno dei camerieri bussò alla porta della sua stanza, annunciandosi come il portatore del cibo che avevano ordinato poco prima. Ne approfittò, allora, per alzarsi in piedi. «Mangiare ti farà bene, ne sono certo. Ho specificato senza olive, rigorosamente, ho proprio insistito!»
«Grazie, davvero»
«Te l'ho detto, di niente»
Una volta recuperato il cibo, l'inglese si rimise nuovamente a sedere sul letto, quella volta ai piedi del lato in cui lei si trovava, in modo tale da poterla fronteggiare. Le porse il suo vassoio e poi prese il proprio, il tutto ancora sorridendole.
Qualcosa fece click nel cuore della ragazza.
«Lewis?» chiamò.
Subito, lui alzò la testa dal proprio piatto, per prestarle tutta l'attenzione possibile.
Sam non l'aveva mai davvero fatto.
«Sì?»
«Ti hanno mai spezzato il cuore?»
Nel vedere l'espressione del suo interlocutore, per un solo istante Selene temette di aver fatto la domanda sbagliata. Come se in lui si fosse risvegliato un dolore antico, un dolore che non se n'era mai davvero andato e che, forse nei giorni più bui, continuava a tormentarlo.
Anche a lei sarebbe successa la stessa cosa?
«Mi spiace, se ho fatto una domanda inopportuna, non devi...»
«No, tranquilla» Lewis le fece un occhiolino, che riuscì a farle sentire molle ogni singola parte del corpo. «È che, effettivamente, in ognuno di noi c'è sempre quella traccia di un amore che speravamo fosse per sempre e che poi in realtà è svanito. Anche per me è così»
Selene sapeva già di chi stesse parlando. La sua relazione con Nicole Scherzinger era piuttosto nota, dopotutto. In più, da quando Max aveva iniziato ad uscire con la sua migliore amica e Maggie l'aveva inondata di TikTok relativi alla Formula 1, anche i suoi per te erano pieni di edit su quello sport. Non erano mancati quelli su un Lewis Hamilton alle prime armi, seppur la maggioranza dei video riguardasse l'olandese volante.
«Penso che tu conosca Nicole Scherzinger, no?»
«Mh mh»
«Beh... ero seriamente convinto che fosse la mia persona»
«Perché vi siete lasciati, allora?»
«Perché, a volte, se ami qualcuno devi fare la cosa giusta, anche se fa male, anche se ti si spezzerà il cuore, e... per noi la cosa giusta era rompere definitivamente. Per quanto ci amassimo, non eravamo fatti per stare insieme»
Selene annuì piano. «La amavi»
«Molto. Troppo»
Per un attimo, la ragazza credette che fosse calato un silenzio pesante, uno di quelli in cui anche il più piccolo dei rumori diventava un suono assordante, ma non fu così, perché Lewis, percependo forse tutta la tensione, riprese a parlare.
«E tu?» le domandò.
«Io cosa?»
«Perché hai rotto con il tuo ragazzo?»
«Voleva chiedermi di sposarlo... ed io ho detto di no»
A quelle parole, l'espressione dell'inglese divenne estremamente esterrefatta. «Davvero?»
«Già» sospirò lei, deglutendo e portandosi una mollica di pane alla bocca. «Non ero pronta, semplicemente non lo ero, e a lui questo non andava bene. Ma... cielo, siamo stati insieme per cinque mesi. Sposarsi... è un passo troppo grande»
«Lo capisco, lo capisco davvero»
«Avrei voluto... avrei voluto costruire un futuro insieme a lui, sì, ma non se l'unica condizione era sposarci così presto»
«Non puoi farti una colpa per non aver accettato un ultimatum» esclamò subito Lewis, lo sguardo piantato nel suo per accentuare ancora di più la propria frase.
«Gli ho chiesto di... non so, prendere tempo, di riprovarci tra qualche mese, ma... è stato tutto inutile. Voleva tutto subito o niente» mormorò, la voce che le moriva in gola al ricordo di quanto straziante fosse stato dover dire "no".
«Non dovresti volergli chiedere di aspettare, Selene, se lui non ti ha chiesto di restare. Non è giusto»
Gli occhi della spagnola si riempirono immediatamente di lacrime.
Sapeva che Lewis avesse ragione, sapeva di non meritare l'imposizione di una scelta, ma non riusciva a non sentirsi in colpa, non riusciva a smettere di pensare che, forse, se avesse detto "si" le cose sarebbero andate diversamente.
Sam l'aveva pregata di sposarlo, l'aveva supplicata. E lei aveva dovuto rifiutarlo, aveva dovuto trovare il coraggio di dirgli che non era pronta, distruggendo entrambi i loro cuori.
Sometimes you just don't know the answer, til someone's on their knees and ask you - cantava Taylor Swift in 'Champagne Problems'. Ed era vero. Fino al giorno in cui Sam non le si era messo in ginocchio davanti, Selene non sapeva quale sarebbe ipoteticamente stata la sua risposta.
Ma ora la conosceva.
Ora sapeva di aver ferito una delle persone che amava più di sé stessa.
Subito, Lewis balzò in avanti, spostandosi il vassoio da sopra le gambe e rilegandolo vuoto sul lato del letto, trascinandola in un abbraccio.
Quando la avvolse, entrambi reggendosi soltanto sulle ginocchia, tenendola stretta contro di sé, Selene si sentì strana. Come se avesse cercato per tutta la vita una presa adatta per la sua persona e finalmente l'avesse trovata, come se l'unico modo per riparare le crepe del suo cuore fossero state quelle braccia, che andavano via via disegnando delle bende per fermarle le ferite.
Come un'impalcatura per ricostruire da quelle macerie.
«Hai fatto la cosa giusta» le sussurrò all'orecchio, riempiendole la schiena di brividi. «Qualcuno che ti impone una scelta non ti ama come dice, non dovresti mai essere costretta ad una cosa del genere, né dopo due mesi, né dopo sette anni»
«Grazie» bisbigliò lei, tra le lacrime. «Grazie»
Schioccandole un bacio in fronte, Lewis si tirò leggermente indietro, per riuscire ad osservarla. «Non lasciare mai più che qualcuno ti obblighi a fare qualcosa che non vuoi, non importa se si tratti di dare una risposta o semplicemente anche di un gesto. Sei tu la padrona di te stessa»
La spagnola si tirò su, deglutendo. Il viso del pilota distava pochi centimetri dal suo e riusciva a sentire i battiti del proprio cuore aumentare a dismisura. Che cosa le stava succedendo?
«Non avere paura delle conseguenze» la incoraggiò. «Fa sempre quello che ti senti di fare, va bene?»
Selene però non rispose.
«Hey? Ci sei?»
Ancora nessuna risposta.
«S-Selene?»
«Nessuna paura delle conseguenze» fu l'unica cosa che la ragazza disse, prima di gettarsi in avanti.
Le sue labbra si scontrarono in fretta con quelle di Lewis, che inizialmente si schiusero per la sorpresa e poi la accolsero, in una danza tanto perfetta quanto letale.
Un tango che già in partenza era destinato a terminare in maniera brutale.
Sorreggendola per i fianchi, il pilota sentì le mani di lei infilarglisi tra i capelli, giocherellando con le treccine, mentre il bacio si faceva più rude, sempre meno delicato e sempre meno casto.
Mordendogli lievemente il labbro, Selene lo fece impazzire. Così tanto che, se solo il cellulare della ragazza non avesse preso a squillare, probabilmente nessuno dei due si sarebbe fermato.
Il nome di Max trillava al centro dello schermo illuminato, segnato da una crepa diagonale sul vetrino protettivo, e quando riconobbe la propria suoneria la corvina si tirò indietro, con il fiato corto e le labbra gonfie di baci.
«Che c'è, Max?»
Era probabilmente la prima volta, quella, da quando si conoscevano in cui lo chiamava per nome.
«Niente insulti stasera, zusje? Stiamo migliorando?»
Ma Selene quella sera non era più in vena di scherzare, perché il suo sguardo era fermo su quella specie di divinità che aveva davanti, ancora sorpreso per via di ciò che era appena accaduto.
«Dimmi che vuoi, così posso attaccarti il telefono in faccia»
«Maggie si è appena resa conto di non trovare più la sua scheda per entrare in stanza, puoi vedere se l'ha lasciata lì? Tanto sei dentro, giusto?»
Sì, era palesemente nella sua stanza.
«Ehm... sono andata a fare un giro per l'hotel in realtà» mentì. «Voi tra quanto tornate? Perché nel caso vi do la mia»
Se solo l'avesse trovata, certo.
«Abbiamo iniziato circa un'oretta fa, non penso prima di un'altra mezz'ora»
«Va bene, ci vediamo tra poco allora»
«Sei felice di vedermi?» il tono sorpreso e retorico di Max la fece quasi sorridere. «No perché di solito avresti fatto un commento»
«Mi sento stranamente gentile nei tuoi confronti» replicò, riuscendo a percepire uno sghignazzo dall'altro capo del telefono. «Piuttosto che perdere tempo a telefonarmi, chiacchiera con Mags e raccontale di quella volta che sei inciampato sulle scale»
«È STATO UN INCID-»
«Sì sì, Maxiebon, ciao» e prima ancora di farlo finire di parlare, gli attaccò il telefono in faccia.
La realizzazione la colpì come un pugno in faccia, quando si rese conto di ciò che aveva fatto.
Aveva baciato Lewis Dio Hamilton!
E accidenti se le era piaciuto!
Scivolando giù dal letto, ancora sotto lo sguardo attento del pilota, recuperò i propri vestiti bagnati dal bagno. Rivolse una sola occhiata a quello che era stato il suo compagno di avventure per quelle ore e fece per uscire di corsa, per cercare di ritrovare almeno la sua scheda.
Venne interrotta dalla mano di Lewis, che si avvolse intorno al suo polso.
«Non credi sarebbe necessario parlarne?»
«No» ebbe il coraggio di rispondere. «L-l'hai detto tu, nessuna paura delle conseguenze» ripeté. «A-adesso devo a-andare, devo cercare la...»
Quella volta fu lui a sorprenderla, quando, sollevatale la mano destra, depositò nel suo palmo la famosa tessera.
«Ma come...»
«L'ho trovata prima, mentre tu sei corsa qui, ti era caduta quasi vicino all'ingresso dell'hotel» le spiegò.
«Allora perché non me l'hai...»
La voce di Lewis si fece roca, mentre andava a sfiorarle le labbra con le proprie e la rendeva un pupazzetto di gomma deforme. «Perché, chiedi?»
«Sì»
«È semplice» si interruppe.
Poi riprese.
«Volevo passare del tempo con te»
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