Capitolo 3
Ci fermammo a mangiare nel primo diner stile anni settanta che trovammo lungo la strada. Era un posto umidiccio e sporco, ma stavamo tutti e tre morendo di fame. Ci sedemmo nei primi posti liberi che trovammo, vicino a delle grandi finestre per controllare anche la nostra macchina.
Neanche il tempo di guardare il menù e un'anziana signora con il grembiule sporco ci venne subito incontro per prendere gli ordini. L'odore di olio fritto mi stava facendo venire il voltastomaco e il mal di testa non voleva saperne proprio di passare. Di solito portavo sempre con me qualche medicina; ma in quel periodo avevo completamente la testa sulle nuvole.
"Robert sei sposato?", gli chiese Fred prima di addentare il suo hamburger. La maionese colava da tutto il panino.
"No. Sono ancora in cerca del grande amore della mia vita. Spero che un giorno arrivi. Ho sempre e solo incontrato donne che prima di chiederti il tuo nome, ti chiedevano quanto potevi guadagnare al mese. La società di occhi fa veramente schifo. Siamo ottomiliardi di persone sulla terra e io all'età di trent'anni non ho ancora trovato quella giusta. È incredibile. Veramente incredibile ", rispose. Sembrava arrabbiato. Forse frustrato dal fatto di vivere ancora con sua madre
"Beato te. Fidati, rimani single. Il matrimonio è un inferno. Ogni volta che torno a casa c'è da litigare. Per qualsiasi cosa".
"E tu Freya, sei sposata?", mi chiese il novellino, mentre Fred stava quasi per soffocarsi con un pezzo di patatina. È proprio una persona golosa. Lo è sempre stato; sin dal liceo.
Mi girai verso Robert e lo guardai dritto negli occhi.
"Vedova", risposi semplicemente. Lui abbassò subito lo sguardo e si sentì a disagio. Era questa la mia intenzione. A volte sapevo di esagerare, ma il novellino mi sembrava sempre troppo tranquillo. In qualche modo dovevo mettere un po' di pepe in quella situazione, e semplicemente, volevo solo farlo agitare un pochetto.
"Mio marito è morto sei anni fa. Incidente d'auto. Non ti preoccupare. È una storia passata", mento. Non è una storia passata. Dopo sei lunghi anni ho ancora gli incubi di notte. Dormo dalla sua parte del letto e uso il suo spazzolino per lavarmi i denti.
"Mi dispiace". "Non ti dispiacere. Mica è colpa tua", rispondo. Presi un grande pezzo di hamburger per evitare di far cadere le lacrime. Non volevo farmi vedere come una persona fragile. Il novellino aveva tanto da imparare ed una di queste cose era la più importante. Mai farsi vedere deboli.
Quando arrivammo davanti al portone d'ingresso della casa di Rose Carter, capimmo subito il tipo di famiglia. Ricchi. C'era ricchezza ovunque. Il capo, in fondo, ce l'aveva detto. Bisognava fare attenzione con questo tipo di famiglie. In giro si diceva che tutti nascondevano qualcosa. Ogni famiglia aveva il proprio segreto.
Pomelli in oro, un giardiniere, una fontana con alcuni pesciolini rossi e delle colonne che sembravano arrivate direttamente dall'antica Grecia.
Fred bussò alla porta; una donna bionda, vestita con un abito elegante e tacchi a spillo ci venne ad aprire.
"È lei la signora Carter?", chiesi con gentilezza.
Si mise una mano sul petto, sfiorando con le dita sottili la collana di perle che portava al collo, e rispose "si, sono io. Qualche problema agente?"
"Sono Freya Collins, detective". Le mostrai come al solito il mio distintivo.
"Dovremmo fare delle domande a sua figlia, se fosse possibile. È in casa?", chiesi.
"Si tratta di Amanda Wilson, vero?". La signora Carter sembrava per avere uno svenimento. Si mise una mano sul petto cercando di trattenere il dolore che portava dentro.
"Mia figlia è in camera sua; la vado subito a chiamare. Voi accomodatevi pure, io intanto posso prepararvi anche un thè caldo".
La casa era davvero enorme. Una grande scalinata bianca occupava entrambi i lati dell'ingresso. Dopo pochi minuti, vedemmo scendere Rose per poi sederci sul divano insieme a noi. Aveva gli occhi gonfi. Amanda era la sua migliore amica. Ed era morta.
"Ciao Rose", salutò il novellino.
Rose sospirò.
"So perché siete qui. Per Amanda. Vi dirò tutto ciò che volete. Basta che arriviate a scoprire la verità", ci disse, tra un singhiozzo e l'altro.
"Signora Carter, posso solo un attimo usare il bagno?", chiesi a voce un po' più alta, visto che lei si trovava in cucina.
"Certo! Salga le scale, è la prima porta che si trova sulla destra".
Prima di andare a cercare il bagno avvisai Robert e Fred di utilizzare le solite domande di routine.
Mentre salivo le scale, osservavo anche l'ambiente. Tutto pulito e l'arredamento era decisamente moderno. Delle grandi finestre ben lucidate ti permettevano di vedere il grande cortile sul retro. Rose rosse, tulipani, alberi di ciliegio; era un luogo molto pacifico.
Continuai a salire le scale; sulla parete, c'erano un sacco di fotografie appese al muro, Rose era veramente una bambina adorabile. Faceva danza classica, ma l'avevo già capito da quando l'avevo vista. Il modo in cui camminava; il suo portamento. C'era anche una foto che ritraeva Amanda insieme a tutta la famiglia Carter; ma solo una fotografia in particolare ricevette la mia attenzione. Era una foto del 1975, i diplomati di quell'anno. Quando visualizzai tutti i personaggi dell'immagine, il mio cuore perse un battito. Presi subito il cellulare che avevo infilato nella tasca dei jeans e feci una foto. Non potevo credere ai miei occhi.
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