La stanza del motel
Nota autrice
Attenzione! In questo racconto sono presenti contenuti per adulti, in linea con lo svolgimento della traccia assegnata.
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L'uomo si bloccò prima di infilare la chiave nella toppa e decise di bussare; una voce femminile, sommessa, dall'interno lo invitò a entrare.
Era sulla soglia del bagno, la stanza era in penombra e l'unica luce arrivava dalle sue spalle e da quelle di lei.
Nonostante questo riuscì a osservarla: tra i quaranta e i quarantacinque anni, magra, ma formosa; i capelli scuri raccolti sulla nuca e alcune ciocche sciolte ad accarezzare gli zigomi alti.
Era una donna, eppure a lui, che aveva almeno dieci anni più di lei, sembrò quasi una ragazzina; la cosa lo turbava, perché non ne capiva il senso, poi vide i suoi occhi e capì che erano quelli a renderla matura, vissuta, stanca.
«Buona sera» lo accolse.
«Buona sera.» Si passò una mano sui capelli brizzolati, in un gesto di frustrazione, e sospirò.
Entrò nella stanza senza nemmeno provare ad accendere la luce, mentre la donna rimaneva immobile nella sua posizione, ritta davanti a lui, a osservarlo levarsi la giacca e posarla su una poltrona.
«Mi chiamo...»
«No!» lo bloccò con il gesto di una mano: «Niente nomi, per favore» aggiunse poi.
L'uomo scosse la testa, accettando quella condizione, che in fondo, riflettendoci, stava bene anche a lui.
Si avvicinò al comò per abbandonarvi pistola e distintivo. La donna trasalì.
«Non si preoccupi, non ho intenzione di usare nessuno dei due questa notte» provò a tranquillizzarla.
Un poliziotto, dunque. Fu naturale per lei chiedersi il motivo che lo aveva condotto lì, quella notte, in quella stanza, in quella circostanza.
Un ghigno leggero le curvò le labbra, pensando al suo, di motivo. "Ognuno ha i propri scheletri nell'armadio" pensò.
L'uomo si sedette ai piedi del letto, sul bordo del materasso, continuando a guardare davanti a sé.
La donna si sentiva come se non esistesse, come se fosse un fantasma e che si trovasse lì a spiare quel momento di intimità che lui stava vivendo, solo, coi suoi tormenti.
Perché era chiaro che il suo animo fosse agitato: nonostante la luce fioca, che non era in grado di dissipare le ombre da quel viso a tratti rugoso, riusciva a distinguere un ché di acquoso in quegli occhi scuri.
Spense la luce del piccolo bagno e si avvicinò al comò, sfilò la fede dall'anulare sinistro e la depositò sul ripiano dal legno economico.
Era sposata, dunque. Non aveva l'aria di una fedifraga, anzi, se l'avesse incontrata per strada, l'avrebbe catalogata come la moglie perfetta, intenta a fare la spesa per il marito, dedita ad accudire i figli e rassettare la casa. Fu un altro tassello di lei che non combaciava con quello che si ritrovava davanti.
Eppure erano lì, tutti e due, completamente sconosciuti, pronti a dividere lo stesso letto.
La moglie andò a sedersi accanto al poliziotto, sfiorandogli quasi il braccio con il suo e la gamba con la sua. Fissava il suo anello, simbolo di un matrimonio che si trascinava stancamente, giorno dopo giorno, all'insegna dell'indifferenza, della mancanza, di un desiderio che non veniva esaudito.
Era sola. Nessun figlio con cui compensare il bisogno di affetto, nemmeno un cane da portare a spasso per svagare quel cervello che si ostinava a cercare le ragioni di una vita da trascorrere insieme a un uomo che non la toccava... da troppo tempo ormai...
Aveva lasciato il suo appartamento, rifugiandosi in quel posto ambiguo, accettando una proposta ancora più ambigua. Eppure ora, seduta vicino a un poliziotto, si sentiva al sicuro.
Servire e proteggere. Era quello il loro motto.
Eppure lui non era stato in grado di proteggere il suo partner, colui che, da anni ormai, rappresentava la sua unica famiglia. Una retata. Un'imboscata. Spari. Tanti spari. E poi il silenzio. Quello tipico della solitudine. Era rimasto solo, senza il suo migliore amico, senza l'uomo che chiamava "fratello".
L'avevano allontanato dalla scena. Gli avevano ordinato di prendersi qualche giorno, finché le acque non si fossero calmate, finché gli affari interni non avessero avuto bisogno di lui.
Li aveva mandati tutti al diavolo. Voleva rimanere solo. E invece adesso era lì, seduto su un letto accanto a una sconosciuta che, con ogni probabilità, si era messa in testa di tradire suo marito per chissà quale motivo.
Si voltò a guardarla, portandola involontariamente a fare lo stesso. Si fissarono negli occhi e si riconobbero come anime in pena, tormentate dalla vita. Una vita che avevano progettato diversamente e che invece li aveva masticati, ingoiati e risputati come vermi, esposti nudi alle intemperie del tempo.
I loro volti si avvicinarono, in cerca di qualcosa che forse l'altro poteva avere: consolazione... attenzione...
Lui la guardava.
Lei lo comprendeva.
«È questo?» chiese la donna in un sussurro: «È questo che vogliono?»
«No, se non vogliamo noi» le confermò l'uomo.
Era sbagliato? Era folle? Era disperato? Loro stessi erano così: erano inadeguati alle loro esistenze; erano stati pazzi ad accettare di occupare quella camera; erano disperati perché non trovavano una via d'uscita alle loro frustrazioni.
Capirono quindi che loro lo volevano. Lo avevano voluto immediatamente, già nel momento in cui avevano preso quella chiave. E forse ancor prima, quando si erano diretti in quel luogo.
Il poliziotto sollevò una mano per accarezzarle una guancia; la moglie quasi pianse sotto quel tocco delicato.
Pochi centimetri ancora e le loro labbra si unirono, leggere, quasi ad assaggiare quel nuovo sapore, che ricordava vagamente la speranza.
Poi fu il turno delle lingue, scoperte, vulnerabili, avvolte, umide.
Una miccia accesa che si consuma lentamente. Questo erano quell'uomo e quella donna mentre si toccavano, si spogliavano.
Lui le sbottonò la camicetta, rivelando la biancheria ordinaria che le copriva il seno, e la sfilò dalla stretta gonna.
Lei gli slacciò la cintura e poi i pantaloni, mentre sentiva il suo respiro accrescere insieme a quello del suo sconosciuto compagno.
Era maturo, era un uomo, e la stava toccando: era sceso con le labbra sull'incavo della clavicola, facendole incurvare la schiena.
La donna si distese, infilando le dita sotto la camicia, per attirarlo a sé e accarezzargli la peluria sul petto.
La lasciò fare, così come lasciò vagare le sue mani lungo le cosce di lei, sollevandole la gonna, finché tutto quello che stavano facendo non diventò troppo. Troppo intenso, troppo urgente, troppo esigente.
Allora decisero che non stavano più giocando, che non stavano seguendo più le regole di una strana proposta indecente, ma che stavano decidendo le sorti della partita con la vita stessa.
Si liberarono degli indumenti, si mostrarono l'uno all'altra, con tutti i loro difetti, la loro pelle chiara, i seni non più sodi ma grandi, i peli non più neri ma folti.
L'uomo era eccitato. La donna era smaniosa.
Lei si scostò più in alto su quel letto che li stava ospitando, allargò le gambe, rivelando la sua femminilità a un uomo che nulla aveva di suo marito.
Lui si avvicinò, inginocchiandosi tra le sue gambe snelle, in una muta richiesta di perdono che il suo compagno non avrebbe mai potuto ascoltare; chinò la testa e cominciò a baciare quell'incavo stretto, andando a bagnare ciò che era già umido.
Mugugni di piacere sfuggivano dalle labbra della donna, insieme a qualcosa che aveva rincorso per così tanto tempo, tanto che ora le sembrava impossibile che lo stesse davvero provando; allungò le mani per prendergli la testa e sollevarlo verso il suo viso e baciarlo: sentiva l'odore del suo sesso, il sapore delle sue voglie.
Il poliziotto raccolse un seno nella coppa di una mano, stringendo e palpando e succhiando la vita da quella sconosciuta, che nel frattempo gli afferrava il membro e lo avvolgeva e ne accarezzava l'estremità, rendendolo - e rendendosi - folle di desiderio.
Il desiderio di accogliersi, accettarsi, penetrarsi, sfidare la vita, urlandole in faccia la propria esistenza. Qualcosa che solo in quella notte sarebbero stati in grado di fare, l'uno tra le braccia dell'altra, l'uno tra le gambe dell'altra, spingendo, un colpo e un altro ancora, abbandonandosi a una solitudine che solo in due avrebbero potuto annientare.
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Il prompt era questo:
https://www.wattpad.com/715026203-il-rubacuori-concorsi-challenge-giochi-la-stanza
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Questo racconto partecipa al "sPiegàmi una storia - Concorso" di @animedicarta- nella categoria Aquiloni.
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