Capitolo 15 - Una persona bizzarra (Parte 2 di 2)
Alira aveva dormito fin troppo e non aveva alcuna intenzione di ricominciare.
Ripensò a quello che aveva vissuto e sentì una stretta al cuore quando si rese conto che non avrebbe potuto avvertire suo zio Vigo delle sue vicissitudini e della sua attuale situazione. Era persa in un vortice di pensieri e di discorsi, conversazioni e parole che le erano state dette negli ultimi giorni; improvvisamente le vennero alla mente anche quelle di Antinos: "Rifletti bene su quel che ti ha detto".
Si riferiva a Barnabas, pensò Alira. Cosa mi ha detto Barnabas? "I maghi di terza classe non vengono ammessi, mentre quelli di prima classe e di classe zero sì. Per quanto riguarda la seconda, la storia è diversa: quelli ritenuti più vicini alla prima classe vengono ammessi e i loro progressi vengono monitorati con attenzione; quelli ritenuti più vicini alla terza classe come te, invece, non vengono accettati". Mi aveva detto questo. Perché invogliarmi a rivivere quei momenti? Perché farmi riprovare quella delusione?
Alira scrollò la testa, cercando di recuperare coraggio.
Sono una maga, su questo Antinos ha ragione, ma tutte le volte che userò un incantesimo saprò di essere una maga a metà, qualcosa di incompiuto, qualcosa che non ha avuto modo di definirsi per davvero. Quella di farmi riflettere sul passato è stata una crudeltà. Perché mi hai fatto pensare a una delusione simile?
Venne presa d'assalto dalle lacrime e si girò verso il muro di terra e radici. Lacrima dopo lacrima, pensiero dopo pensiero, vide nella sua mente le facce e le frasi che erano uscite da esse. Antinos le aveva messo in testa Barnabas e lì quel vecchio voleva restare.
Vattene, bastardo! Lasciami in pace, stupido idiota!, sbottò Alira tra sé e sé.
Più lo pensava, più il volto del vecchio mago le fluttuava nella mente ripetendole le frasi che aveva detto.
"Tu, mia cara, appartieni alla seconda classe", le diceva, come un fantasma nella sua testa.
"Quelli come te non vengono accettati", continuava. Più insisteva più lei
piangeva.
"Stai avendo la reazione sbagliata".
"Sì, come no! La reazione sbagliata! E perché starei sbagliando?"
"Non permettere a un rifiuto di farti rinunciare ai tuoi sogni. Tutti i sogni degni di questo nome sono difficili da realizzare e bisogna lottare per trasformarli in realtà. Se ti arrendessi alla prima difficoltà, vorrebbe dire che la tua motivazione non è abbastanza grande. E, allora, avrò fatto bene a non ammetterti. Vuoi davvero darmi ragione? Il mio responso deve essere la molla che ti spinge a impegnarti per dimostrare che ho torto; questa è la reazione giusta, se vuoi diventare una grande maga".
Dimostrare che hai torto? Come?
Alle domande di Alira trovò risposta lo stesso Barnabas.
"Il modo migliore di apprendere la magia è trovare un maestro tutto per te e tenerlo stretto".
Un maestro? Chi potrebbe insegnarmi?
Venne disturbata dal fracasso scatenato dal piccolo golem che tentava di scendere dalla mensola su cui era stato confinato.
Alira si alzò e prese il golem in palmo di mano.
«Antinos potrebbe farmi da maestro! Lui potrebbe insegnarmi. Sembra essere un grande mago.»
Si fermò, quasi attendendosi una risposta dal golem.
«Lo è? Potrebbe insegnarmi; in fondo non so come ritornare a casa.»
Il golem, per sua natura, era muto; quindi non poteva darle la conferma che cercava.
Spalancò la porta e uscì. Per la prima volta poté vedere dove si trovava davvero. Non riconobbe nel paesaggio circostante il luogo dove era svenuta e non riuscì a scorgere Antinos.
«Dove si è cacciato? Tu lo vedi?»
Il golem alzò le braccia indicando in alto dietro di lei.
Alira si accorse solo allora che il mago se ne stava appollaiato, pacifico, gli occhi chiusi e la bocca aperta, sull'albero che sorgeva sopra casa sua.
«Antinos!» lo chiamò, ma il vecchio era troppo preso a russare per darle retta. «Antinos!» insisté senza avere successo.
Alira voleva chiederglielo subito e cercò il modo di raggiungerlo. Il golem continuava a farle segno e lei decise di seguire le sue indicazioni. Girò attorno alla casa e scoprì che l'albero e le sue radici erano tanto tortuose in un punto da permetterle di arrampicarsi. Il golem salì per i fatti propri seguito da Alira che si aggrappava ai nodi dei tronchi. Le dimensioni ridotte del suo corpo permisero ad Antinos di infilarsi in una piccola conca, formata da tronchi, della sua misura.
«Antinos!» lo scrollò dolcemente. Niente a parte il suo russare. «Antinos!» gli urlò nell'orecchio.
«Uah!» saltò in aria il vecchio.
Se Alira non l'avesse afferrato, sarebbe caduto di sotto.
«Ma che diavolo fai? Sei pazza? A momenti finivo spiaccicato! Perché non sei a letto? E come sei salita fin qui?»
Antinos gettò uno sguardo distratto attorno a sé e vide il golem saltellare su un ramo dell'albero.
«Ah, così sei stato tu! Sai che non voglio essere disturbato durante la pennichella!»
«Non prendertela con lui! Ti cercavo perché...»
«Mi cercavi? Vivi a casa mia! Avresti potuto aspettare che tornassi. E perché sei fuori dal letto? E tu perché gliel'hai permesso, stupido ammasso d'argilla?»
Il golem lo ignorava, anzi passeggiava lungo i rami dell'albero facendolo imbestialire.
«Plus!» gridò il vecchio e il golem tornò alle sue normali dimensioni.
Scivolò e, per evitare la caduta, si aggrappò con entrambe le mani al ramo.
«E ringrazia che sono buono!»
«Antinos!»
«Eh?!»
«Mi hai detto di pensare a quello che mi aveva detto il sommo Barnabas...»
«Sommo? Si fanno chiamare ancora così? L'egocentrismo è duro a morire!»
«E credo di aver capito cosa lui cercasse di dirmi.»
«Bene, bene. E mi hai svegliato per questo?»
«Ho capito che non devo arrendermi, che dovrò trovare un maestro che possa insegnarmi e che, come mi ha detto il sommo Barnabas, dovrò tenermelo stretto una volta trovato.»
«Bene, brava. Ora lasciami dormire!»
Antinos si sdraiò di nuovo.
«Pensavo che potresti essere tu quella persona...»
«Cosa?» si rialzò di soprassalto. «Io dovrei accettarti come allieva? No, no, no, assolutamente no!»
Antinos si mise in piedi e scese dall'albero, dimostrando una sorprendente agilità per un anziano che camminava sostenuto da un bastone. Posati i piedi a terra, riprese il bastone e fece per andarsene.
«Fermo!» lo inseguì Alira.
«È inutile che mi vieni dietro! Ho detto no ed è no! E sarà sempre no!»
«Ma perché! Lo hai detto tu che sono e sarò sempre una maga a prescindere da quello che dicono gli altri.»
«E allora?» sbraitò Antinos, affrettando il passo.
«E allora...» gli tagliò la strada Alira, superandolo e parandoglisi davanti, «... tu sei un mago esperto e io sono bloccata qui: cosa ti costa insegnarmi, almeno per un po'?»
«Per prima cosa tu non sei bloccata qui...»
«Ah, no? Sono sola e, appena metterò il piede fuori dalla tua barriera, potrei venire attaccata dai predoni o potrei imbattermi in qualche bestia feroce. Immagino tu sappia che ci sono i licantropi in queste zone.»
«Beh... mica puoi rimanere qui a vita!»
«Potresti accompagnarmi a casa mia. Sono di Mifa.»
«Mifa? Io non posso allontanarmi così tanto e per così tanto tempo. Non se ne parla!»
«Allora dovrò restare.»
«Finché non ti sarai ristabilita, dopodiché...» si interruppe, facendole il gesto di smammare.
«Quindi mi lascerai vagare da sola in queste terre desolate? In balia di ogni possibile pericolo e disgrazia...»
«So cosa stai cercando di fare! Sono abbastanza vecchio da saperlo. Stai facendo leva sul mio senso di colpa. Peccato che io non ne abbia uno!» sbraitò Antinos, prima di andarsene per la sua strada.
«E come pensi di risolvere allora?» gli andò dietro Alira.
«Ti porterò al fiume e ti farò accompagnare ad Amarax da quel coso! Che ora si rotola sull'erba...»
«Ad Amarax? Ma tornerei al punto di partenza!»
«È la città dei maghi: trovati un lavoro, così magari troverai un altro maestro, un vero maestro.»
«Perché non vuoi farmi da insegnante?»
«Per molti buoni motivi.»
«Dimmene uno.»
«Non ho mai insegnato prima!» rispose in fretta Antinos, forse anche troppo.
«Non sai mentire, vero?»
«Certo che lo so fare! È che vivo da solo da tanto tempo e ho perso l'allenamento.»
«Gli altri molti buoni motivi che hai sono più validi di una menzogna?»
«Senti un po', bambina: se proprio la vuoi sapere tutta, modestamente ho già rovinato generazioni di maghi; quindi la mia risposta è no e sarà sempre no!»
Antinos non ne voleva sapere di cedere e puntò i piedi.
«Allora è così, ti rifiuti.»
«Sì, certo! Non sono stato abbastanza chiaro prima, mentre dicevo di no?»
Alira si diresse verso la porta di casa, ma si fermò prima di rientrare.
«Secondo te perché ci siamo incontrati?» gli chiese.
«È stato un caso!»
«Mio zio dice che fortuna e caso sono i nomi che gli imbecilli danno al destino» ribatté Alira, prima di rientrare.
Il golem si alzò e fece per seguirla, quando Antinos attirò la sua attenzione.
«Cos'è che ha detto?»
Il golem non poteva ripetere.
Antinos fu sconcertato da quella frase.
Tra tutto quello che poteva dire, tra tutte le frasi, tra tutte le parole e tra tutte le sillabe doveva pronunciare proprio quelle? Destino, eh? La magia più potente e insondabile mai esistita! Ah, Barnabas, perché l'hai respinta? Dovevi per forza mettermi in questo guaio con la tua severità, maledetto vegliardo? Forse è meglio se non mi esprimo su questo fronte!
Antinos rimase fuori casa fino a tarda sera e, quando rientrò, la trovò che stava già dormendo.
Spazio Autore
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