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Capitolo 12 - Ritorno a casa (Parte 2 di 2)

«Ci siamo persi, non c'è dubbio!» osservò Cyrus.

«Porca vacca!» imprecò Drev. «Aspetta! Come fai a dirlo?»

«Guarda qua!» Cyrus colpì la mappa con il dorso della mano. «Questo è l'unico punto dove il fiume curva e noi siamo qui!»

«Ah, baggianate!»

«Ma sei tonto?» intervenne Paula. «Anni fa qui sorgeva un regno degli uomini, poi caduto e distrutto per l'invasione dei golgothiani e le guerre tra dinastie.»

«Tutti lo sanno! Non ci si può sbagliare!» stabilì Cyrus.

«Quindi abbiamo deviato verso nord.»

«Ma il nord non è pieno zeppo di licantropi?» domandò Alira.

«Sì, ma niente paura! Abbiamo solo allungato un po'. Dobbiamo procedere verso est e arrivare a Onar.»

«Cosa facciamo allora?» domandò Paula.

«Aspettiamo che la pioggia passi, poi ci rimetteremo in marcia.»

«Chissà quando passerà questo maledetto acquazzone! Porca vacca!» imprecò di nuovo Drev.

«Queste terre erano abitate un tempo, giusto? Non c'è qualche vecchio rudere da qualche parte dove trovare riparo?» chiese Alira.

«Ecco, questa sì che è un'idea!» esclamò Drev.

«Purtroppo questa non è una mappa così vecchia da riportare i luoghi dei regni estinti; in più la natura ha avuto modo di crescere incontrollata e di riappropriarsi di ciò che le apparteneva prima che si insediassero gli uomini» spiegò Cyrus.

«Devono essere trascorsi parecchi anni dalla caduta di questi domini degli uomini» disse Alira.

«Decenni!» le diede corda Cyrus.

«Noi due non eravamo neanche nate, piccola mia!» esclamò Paula.

«Voi due?» domandò sarcastico Drev.

Paula lo fulminò con un'occhiataccia e gli mollò un sonoro ceffone.

«Io ero bambino quando caddero gli ultimi e neanche mi ricordo più quei tempi» disse Cyrus.

«Quindi in sostanza andiamo alla cieca?» chiese Alira.

«Abbiamo qualche piccolo punto di riferimento qui e là, ma le terre senza controllo sono vaste quanto l'intero impero di Osling.»

«Quali riferimenti abbiamo?»

«Il fiume e i suoi affluenti più a nord; la pianura di Golgoth a sud; la catena montuosa che taglia da nord a sud attraversando Onar, Atla e Osling; le foreste di nord-ovest; gli altopiani di Goria e le rovine di Degor.»

«Avete sentito?» chiese Paula. «Ha smesso di piovere!»

«Bene, possiamo ripartire!» esclamò Drev.

Lui e Cyrus uscirono e trovarono gli uomini della scorta fradici mentre si lasciavano andare a una sequela di bestemmie.

Si rifiutarono di proseguire, non prima di essersi cambiati e aver asciugato il manto dei cavalli. Ci vollero parecchi minuti e nel frattempo si accorsero di essere impantanati nel fango e che sarebbe stato difficile proseguire.

«Ehi, maga! Ehi, maga!» urlò Drev.

«Sì?» mise fuori la testa Alira.

«Ci serve un incantesimo!»

«Quale incantesimo?»

Alira scese dalla carovana, le scarpe nel fango.

«E io che ne so?»

«È tutto un pantano. Conosci un incantesimo per questo genere di situazioni?» chiese Cyrus.

«Mmm... fammi pensare!»

Alira si spremette le meningi, ma al momento non gliene veniva in mente nessuno. I libri di magia che aveva letto non parlavano di incantesimi tanto avanzati da trasformare una palude in un terreno asciutto. Le venne l'idea di sollevare la carovana, ma non si era mai allenata con un oggetto tanto grande, a parte il fatto che anche con quelli piccoli aveva trovato grosse difficoltà.

«Mi spiace, ma è troppo per le mie forze!»

«Conosci un incantesimo e non lo sai fare?» chiese Drev.

«Non sono così brava.»

«Fantastico! Una maga che non sa eseguire gli incantesimi!»

«Smettila di torturarla, vecchio caprone!» la difese Paula. «Nemmeno

tu sai farlo!»

«E che c'entra? Io mica sono un mago!»

Cyrus e Drev afferrarono i cavalli per la capezza e tirarono, mentre Paula si mise al posto del cocchiere e menò frustate a destra e a manca. Alira diede loro una mano tirando a sua volta i cavalli. Gli uomini di scorta si divisero in due gruppi, uno prese in consegna i cavalli e l'altro spinse la carovana. A fatica procedettero tra schizzi di fango, scivoloni e improperi.

Mancava poco alla notte e per procedere nella giusta direzione bastava lasciarsi il sole alle spalle; così fecero, fino alla sua scomparsa sotto alla linea dell'orizzonte. Si stupirono di aver fatto un viaggio tanto tranquillo, al di là dell'acquazzone e della strada persa.

Il giorno successivo, la loro scorta uccise un leone di montagna. Per fortuna uno degli uomini in avanscoperta lo aveva visto nell'erba alta, pronto a saltare sulla preda. Riuscì a scoccare una freccia e a ferirlo. Ciò fece desistere la bestia, esponendola ad altre frecce scoccate dai compagni dell'uomo.

La sera stessa, gli uomini della scorta scuoiarono l'animale e ne presero il manto come trofeo. Oltre alla paga per il lavoro, sarebbero potuti tornare a casa con una pelle rara da vendere.

«Ehi, mercanti!» li apostrofò uno di loro. «Quanto ci offrireste per il manto di questa splendida bestia?»

«Ah, vuoi trattare!» esclamò Paula.

«Quanto vorresti?» domandò Cyrus.

«Cinque corone d'oro!»

Drev scoppiò in una risata derisoria.

«Vuoi scherzare, vero?»

«Ci sono volute sette frecce per abbatterla!»

«Appunto! Ci sono sette buchi nel manto, uno per ogni freccia.»

«Senza contare i tagli che le avete procurato quando l'avete scuoiata!» intervenne Paula.

«Potete farla riparare.»

«Non credi di doverci uno sconto?» chiese Cyrus.

«Cosa?»

«Non dargli retta: vuole fregarti!» intervenne un altro uomo della scorta.

«Perché dovremmo?» domandò Paula. «Gli animali cacciati si portano dai conciatori di pelli per evitare che il manto si rovini. Comprare un manto non lavorato come si deve è un investimento perdente.»

«Un investimento perdente?»

«Vuol dire che sono soldi buttati» si intromise Alira in punta di piedi.

«Soldi buttati? Tu non compreresti un manto di leone di montagna?»

«Io?» chiese Alira.

«Sì, mettiamoci d'accordo tra di noi. Quattro corone d'oro e sette d'argento!»

«E chi le ha!»

«Ti sembra che una ragazza della sua età ed estrazione sociale possa avere tutti quei soldi?» intervenne Paula.

«Il manto di un leone di montagna è raro e quello di uno ucciso in queste terre lo è ancora di più» spiegò Cyrus.

«Vale due corone d'oro e otto d'argento» disse Drev. «Il vostro è da conciare e dobbiamo guadagnarci; inoltre non è facile trovare un compratore per quel genere di merci.»

«Devi essere fortunato e incontrare qualche ricco mago o qualche nobile che sappia apprezzarlo» spiegò Paula.

«Esatto! Per cui, tolte le spese per farlo conciare, ti posso offrire una corona d'oro e quattro d'argento. Un'ottima offerta per voi e un buon profitto per me» disse Drev.

«Sul serio?»

«Ti sembra che scherzi?»

«Dacci un minuto per decidere.»

Gli uomini della scorta parlottarono tra loro e molti erano indignati dall'offerta. Prese corpo una discussione animata al termine della quale votarono e finirono con l'accettare la proposta di Drev.

Trascorsero la notte nella carovana, mentre i loro protettori alimentavano a turno il fuoco e sorvegliavano la zona.

Il malcontento per quello che ritenevano un cattivo affare li fece questionare tra loro a intervalli regolari: c'era sempre qualcuno che si lasciava scappare una lamentela che dava di nuovo fuoco alle polveri.

I versi degli animali davano vita a un lugubre sottofondo: chissà cosa strisciava lì intorno.

L'alba li salutò e i mercanti si rimisero in marcia.

Alira si stava riprendendo pian piano dopo la delusione avuta ad Amarax. Quando era partita, pensava che sarebbe stata in preda allo sconforto per sempre, mentre ora stava pensando a godersi il ritorno a casa. I suoi compagni di viaggio non le dispiacevano, anzi ci andava d'accordo e un po' già si sentiva triste al pensiero di doversene separare.

La giornata non fu affatto semplice, tra i rovi che bloccavano la strada, una vipera che aveva morso un cavallo uccidendolo e una ruota della carovana che si ruppe.

«Accidenti, che giornata!» imprecò Drev. «Prima quella vipera e ora il raggio della ruota che si spezza!»

«Come avete fatto a romperla?» chiese Paula.

«Un sasso! Abbiamo sbattuto e fatto un salto, così il raggio si è spezzato» spiegò Cyrus.

«Abbiamo un'altra ruota?»

«Sì, la vado a prendere» disse Drev, tra uno sbuffo e l'altro.

«Aspetta! Ci penso io!» intervenne Alira.

Puntò il dito sul raggio e ne uscì un laccio trasparente che avvolse i due pezzi come un boa rimettendoli insieme.

«Visto che non sono male come maga?»

I tre mercanti le fecero i complimenti, ma la frase che le era uscita dalla bocca la riempì d'amarezza e la riportò alla realtà di un sogno infranto.

«La ruota reggerà per tutto il giorno. Quando l'effetto dell'incantesimo sarà terminato, lo rilancerò.»

Alira non ebbe bisogno di risistemare la ruota.

Si stava avvicinando l'ora del tramonto quando una freccia colpì uno degli uomini di scorta in pieno petto. Il poveretto cadde a peso morto da cavallo, mentre altre frecce alla coda delle quali erano legate delle corde piovvero e bloccarono i cavalli.

«Merda!» urlò Drev.

«Ci attaccano!» urlò Cyrus.

I membri della scorta sfoderarono le spade e tranciarono le corde. Dall'erba e dagli alberi sbucarono i predoni, uomini in agguato pronti a derubare i mercanti di passaggio nelle terre senza controllo.

Tra frecce e fionde molti vennero feriti, se non uccisi. Anche tra gli assalitori ci furono le prime vittime, ma i numeri erano dalla loro parte.

Cyrus e Drev impugnarono le spade. Il primo si batté con un piccoletto che gli corse incontro agitando la spada e lo trafisse, mentre il secondo ne infilzò un altro che voleva prendere possesso delle redini; ormai li circondavano, continuando a spuntare come funghi.

Uno mise la testa nella carovana e trovò il pugnale di Paula, mentre altri ancora stavano arrivando.

Alira ne legò uno con lo stesso incantesimo che aveva usato per aggiustare la ruota e un lampo di fuoco ne fece stramazzare a terra un secondo.

Gli uomini della scorta stavano vendendo cara la pelle e ormai ne rimanevano pochi.

Una freccia tagliò l'aria puntando su Alira e Paula, ma la maga sollevò una barriera protettiva e la freccia si infranse.

«Attenti! La ragazzina è una maga!» urlò uno degli assalitori.

Un fendente sfiorò Paula e un altro l'avrebbe trafitta se Alira non avesse eretto un'altra barriera.

Drev corse ad aiutarle, mentre Cyrus fu ferito e rimase accanto agli uomini in sua difesa.

«Presto, correte!» urlò Drev.

Aveva un taglio profondo sulla fronte, merito di un sasso lanciato con la fionda, e stava sudando da capo a piedi.

«Vogliono solo il carico. Voi scappate, vi copro io la fuga!» esclamò Drev, mentre tutto trafelato si batteva come un leone.

«Vieni!» esclamò Paula, prendendo per mano Alira nel tentativo di scappare.

Tre uomini sbarrarono loro la strada e la maga fece volare il telo a copertura della carovana sopra le loro teste, avvolgendoli.

Corsero con quanto fiato avevano in corpo, inseguite da più uomini muniti di arco e frecce.

Per mirare e scoccare dovevano fermarsi e, tra l'erba alta, il terreno irregolare, i cespugli e gli alberi, era molto difficile andare a bersaglio.

Gli assalitori stavano ormai perdendo terreno.

Una freccia prese Paula alla spalla. All'inizio, per l'adrenalina, neanche se ne accorse, ma poi il fiato cominciò a mancarle. Alira la incoraggiò a stringere i denti e a proseguire.

«Va' avanti! Ti raggiungo!»

Alira, in cuor suo, sapeva che stava mentendo.

Avevano alle calcagna solo un uomo. Gli altri stavano tornando alla carovana, ma questo Alira non poteva saperlo.

L'uomo scoccò un'altra freccia e Alira eresse un'altra barriera. L'uomo continuò a scoccare finché non le finì. Paula aveva il fiato corto e si sentiva appesantita. Afferrò il pugnale e corse contro il predone.

Alira si diresse dalla parte opposta. Salì verso la cima di una collina, mantenendo lo sguardo fisso in avanti. Sentiva ancora il fiato di qualcuno sul collo e aveva ragione. Arrivata in cima, scese giù per il pendio. Aveva preso una certa accelerazione e ormai era sicura di aver guadagnato un buon vantaggio.

Corri, Alira! Presto si stancherà e tornerà indietro. Vogliono solo il carico... solo il carico..., si ripeté, senza fermarsi.

Qualche minuto più tardi, a corto di fiato, si girò e vide l'uomo ancora dietro di lei agitarsi come un forsennato, l'arco in mano ma nessuna freccia nella faretra.

Alira dosò il fiato. Il fegato le faceva male e i polmoni la imploravano di fermarsi.

Non ce la faccio più. Forse posso affrontarlo e batterlo. Ma se non lo vedessero tornare e mi cercassero?

Cominciò a rallentare e a barcollare per la stanchezza. Si fermò, si girò e, quando l'uomo fu alla sua portata, scagliò un incantesimo grazie al quale i fili d'erba legarono l'uomo da capo a piedi; questi prima si divincolò, poi li tagliò usando la spada come un machete.

«Ti sbudello, brutta strega!»

Alira si sentì mancare: dopo quella corsa usare la magia aveva messo il suo fisico a dura prova. Provò a lanciare un altro incantesimo: se fosse riuscita ad appiccare il fuoco agli steli, lo avrebbe messo fuori gioco. Puntò il palmo contro l'obiettivo, ma ne scaturì solo una nuvola di fumo: era troppo stanca.

No, no, no!, pensò, cercando di allontanarsi il più possibile, ma ormai l'uomo era dietro di lei.

Come se non bastasse, inciampò in una radice e ruzzolò giù per il pendio.

Ormai con un braccio ammaccato, tentò di trascinarsi via, lontano, ma l'uomo era ancora alle sue spalle, la spada sollevata pronta al colpo mortale. Quando calò l'arma, essa si frantumò a mezz'aria e lui venne sbalzato via.

Nel volo aveva sfondato il ramo di un albero per poi precipitare sul terreno roccioso, il corpo esanime in una posizione innaturale.

Alira era già svenuta quando accadde tutto ciò e neanche se ne rese conto. Rimase distesa in quel punto, con la luce color arancio del tramonto a carezzarle il viso prima di addormentarsi sotto la linea dell'orizzonte.

«E questa chi è?»

Una piccola mano toccò il polso di Alira che, ancora in uno stato d'incoscienza, era in preda agli eventi.

«È viva! Comunque sia, meglio portarla via da qui. Beh, che aspetti? Prendila e torniamo a casa!»

Due mani enormi, dure e ruvide, la presero in braccio.

Spazio Autore

Grazie per essere approdati sulla mia storia.

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