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Capitolo 7


 Dopo aver cenato ed essersi finalmente lavata, Julia si sentiva esausta. Tanti avvenimenti in una sola giornata. Con un sospiro, indossò la sua vestaglia e si avvicinò alla finestra della sua camera. Era quasi mezzanotte eppure il Duca non era ancora tornato. Era uscito in fretta e furia dalla carrozza senza proferire parola. Pascal non era stato loquace, ma il locandiere invece sì. Dopo aver cenato aveva chiesto, senza dare nell'occhio, dove portasse la direzione che aveva percorso il Duca. «Al lago. Deve essercene uno, a poca distanza da qui. Se volete domani mia moglie sarà felice di accompagnarvi.» Julia aveva ringraziato per poi andare nella sua stanza. Adesso che sapeva dove fosse, non aveva idea di cosa fare. Ricordando l'avvenimento di quel pomeriggio e la reazione improvvisa dell'uomo, si sentì stringere il cuore per lui. Non sapeva cosa avesse di preciso, ma qualunque cosa fosse aveva bisogno di aiuto. Di certo non il suo. Le parole di Crystal e Pascal invadevano la sua mente. «tutti qui abbiamo notato una certa sintonia quando siete insieme e Richard sembra di nuovo... vivo.»
«Le fruste, le torture, fanno meno male,ma non sono nulla se paragonate ai ricordi. Credetemi quando vi dico che non è facile scacciarli« Con un gemito di frustrazione, Julia mise le mani in testa. Cosa poteva fare lei? Cosa? Per quanto potesse soffrire per lui, era solo una semplice domestica, ora governante, l'unica grande aspirazione che una domestica potesse mai avere. Eppure, dovette ammettere a se stessa, abbassando le mani dalla testa che non si sentiva per niente realizzata. Voleva qualcosa di più. Essere davvero indipendente e magari aprire un'attività tutta sua, forse una piccola pasticceria. Sorrise al ricordo di quando sua madre le faceva toccare l'impasto dei biscotti in tenera età. Era una persona molto golosa e ogni volta che sua madre preparava un dolce, lei correva in cucina. Poi crescendo l'aveva aiutata moltissime volte e l'idea di poter creare certe delizie quando volesse, era inebriante, dandole ancora più voglia di realizzare dolci di qualunque tipo desiderasse. Poteva già immaginare la sua piccola pasticceria, con il bancone pieno zeppo delle sue creazioni. Bignè, crostate alla frutta, dolci al cioccolato e tutti avrebbero fatto la fila per venire ad assaggiarli. Persino suo padre, arrivando da chissà dove... Julia interruppe immediatamente i suoi sogni a occhi aperti guardandosi intorno, quasi non credendo di trovarsi in una stanza della locanda. Poggiò una mano sulla fronte. «Ma che cosa mi salta in mente.« Si disse, sconcertata. Si era comportata per un momento esattamente come suo padre. Evidentemente l'eredità di sognatore del padre l'aveva colpita. Ma lei non voleva quell'eredità. Sognare e credere di poter realizzare qualunque cosa si volesse. No, la realtà era del tutto diversa. Guardò verso la finestra, più precisamente nella direzione presa dal Duca. Nella realtà bisognava mantenere l'impegno preso. Non appena sentì di non poterne più, Richard uscì la testa dall'acqua facendo dei respiri profondi. Dopo ore a guardare il lago, non volendo rinchiudersi in quella locanda, si era deciso a spogliarsi e a fare una nuotata. Anche se era piena estate, rabbrividì a una folata di vento che lo colpì sulla schiena nel momento in cui la espose. Il bruciore agli occhi era diminuito fin quasi a scomparire del tutto, peccato che non fosse così anche per il suo orgoglio ferito. Nel ricordare quel pomeriggio infernale, strinse i pugni per la rabbia. Se non fosse stato per l'ennesimo attacco di panico, che da mesi ormai lo torturava, avrebbe battuto il bandito. Purtroppo riusciva a malapena a controllarli, erano inaspettati, mettendolo a volte molto in difficoltà, proprio come quel pomeriggio. Il solo pensiero che il bastardo avesse riso di lui lo mandava in bestia. Con un'imprecazione si rituffò in acqua facendo delle potenti bracciate e cerando di dimenticare, anche solo per un momento, le sue debolezze. Julia lo vide, nascosta dietro a un albero. Sgranò gli occhi per la sorpresa. Non si era aspettata di certo che l'uomo avesse intenzione di fare un bagno nel lago, altrimenti non sarebbe mai andata a cercarlo. Tuttora si chiedeva cosa ci facesse ancora lì, dato che ormai sapeva che era incolume poteva benissimo andarsene. Tuttavia qualcosa la tratteneva. Vederlo muoversi in acqua con una tale disinvoltura la ammaliava. Era terrorizzata dall'acqua da quando una volta, quand'era molto piccola, per una stupida scommessa aveva rischiato di annegare, perciò vedere i suoi movimenti fluidi fendere la tranquillità del lago, la affascinava. Dovette ammettere a se stessa però, che non era solo quello ad affascinarla, ma tutto l'insieme. I suoi capelli grondanti erano tirati in dietro e sotto la luce della luna sembravano quasi argentei e le braccia che uscivano dall'acqua per nuotare erano muscolose, segno che era solito fare esercizio. Lo aveva notato anche quando l'aveva presa in braccio il giorno in cui si erano visti nel bosco. Interruppe i suoi pensieri nel momento in cui lo vide fermarsi e sollevarsi, dandole la schiena. Trattenne a stento un urlo di orrore. Il suo corpo esposto sotto la luce lunare, rivelava i segni di tortura che per anni aveva subito. Non sapeva dove iniziassero e dove finissero. Aveva già visto sulla schiena di Crystal segni simili. Diamine li aveva subiti sulla sua pelle! Ma non immaginava ancora fino a che punto la malvagità di quell'uomo poteva arrivare.
Oltre alle cicatrici, dovute alle frustate, la schiena aveva parecchi segni di bruciature, alcune simili a piccoli cerchi, come se un sigaro si fosse posato più di una volta sulla sua pelle. I segni erano sparsi sia sulla schiena, sia sulle braccia e una in particolare richiamò la sua attenzione. Una lunga cicatrice che segnava metà schiena fino a scomparire sul fianco destro. Julia chinò la testa sentendo le lacrime salirle dinanzi a simili barbarie. Quello che aveva subito era davvero orribile. Nessuno dovrebbe provare tutto ciò, tantomeno una persona come lui. Quella, pensò amareggiata, era la dimostrazione che lei poteva fare ben poco per aiutarlo. La sintonia che aveva intravisto Crystal in loro di certo non poteva aiutarla in questo caso. Domattina, decise Julia cominciando a indietreggiare, avrebbe parlato con lui e trovato una scusa qualsiasi per non accettare l'incarico e tornare alla residenza dei Vumont. Doveva vivere nella realtà. Stava per voltarsi, quando improvvisamente sentì qualcosa di viscido passarle sopra il piede, coperto dalla scarpetta, fino a salire dalla caviglia alla gamba. Un urlo di puro terrore rimbombò in tutta l'area intorno a lei. «Via!»gridò Julia disgustata all'idea che qualche insetto, o peggio ancora un serpente, stesse strisciando su di lei. Con un altro grido di disgusto, tenne le mani ben salde su un tronco d'albero, muovendo la gamba in modo che l'animale si staccasse. Non si accorse che Richard, avendo sentito le urla, era uscito in fretta e furia dal lago fino a raggiungere il luogo da cui provenivano le grida. Non appena l'uomo si accorse di chi si trattasse, il suo sguardo da sorpreso divenne sconcertato alla vista di Julia vestita con solo una camicia da notte e coperta da una leggera vestaglia, con i capelli castano ramati lunghi fin quasi ad arrivare ai fianchi. Alla luce della luna i capelli di Julia sembravano aver cambiato sfumatura, adesso avevano riflessi rossi. Qualsiasi uomo, con un po' di sale in zucca, ne sarebbe rimasto affascinato. La sua attenzione però fu richiamata da un'altra parte del corpo della ragazza. Esattamente la parte bassa, dove Julia stava agitando la gamba sinistra facendo sventolare la camicia da notte e dandogli una buona visuale della sua gamba tonica. «Qualunque cosa stai cercando di scacciare da quella deliziosa caviglia, è andata via.»La voce dell'uomo, unita alla consapevolezza che effettivamente nessuna cosa viscida camminava sulla sua gamba, la fermò, per poi farle aprire gli occhi che fino a quel momento aveva tenuto chiusi. Alla vista del Duca che la fissava con sguardo ironico, si sentì rossa di rabbia. Un secondo dopo il suo rossore divenne più acceso, alla consapevolezza che l'uomo non aveva nemmeno uno straccio addosso. Piccole gocce cadevano sui suoi capelli rendendoli, grazie alla luce lunare, piccoli cristalli brillanti. Ma non potevano certo competere con i suoi occhi zaffiro, così espressivi e in quel momento rivolti verso di lei. Presa dall'imbarazzo, Julia non ricambiò lo sguardo,ma continuò a osservare il suo torace e l'addome scolpito. Pessima idea. «Andate via»In pochi minuti dovette per la seconda volta gridare quella frase, voltando il viso verso l'albero a cui si era aggrappata prima. Non sentendo nessun tipo di rumore di passi dietro di sé diede una sbirciata per vederlo ancora lì, stavolta accompagnato da un sorrisetto piratesco. «Copritevi, dannazione!» L'uomo continuò a fissarla senza muovere un muscolo. «Perché dovrei farlo? In fondo non sono stato io a spiarvi mentre stavate facendo il bagno.»Julia digrignò i denti, sapendo di non poter rispondere. «Almeno voltatevi il tempo necessario affinché io possa allontanarmi e lasciarvi alla vostra nuotata.»disse continuando a mantenere lo sguardo sul tronco, sperando di riuscire a scappare il più velocemente possibile. «Prima spiegatemi perché eravate qui.» Volle sapere il Duca, evidentemente sereno nel mostrare la sua nudità. Julia esitò. «Ammiravo il paesaggio di fronte a me?» Provò la donna facendo dell'ironia e nelle sue parole percepiva più sincerità di quanto fosse disposta ad ammettere. Sentì la risata del Duca. «Per quanto ne sia lusingato, sono sicuro che non sia l'unico motivo. Provate di nuovo.»Julia sospirò. «Non potremmo parlarne domani?» Lui fece un suono di diniego. «Ora.» Lei sopirò di nuovo e si decise a parlare. «Va bene, come volete. Avrei preferito effettuare questa conversazione domani con calma e soprattutto in una maniera e luogo più appropriato, non certo con voi nudo e io quasi faccia a faccia con un albero» disse aspramente. Il suono di un'altra risata alleggiò nell'aria «Non preoccupatevi non sono il tipo da guardare certe formalità, ve ne accorgerete lavorando per me.» Lei scosse la testa. «E' proprio questo il problema. Purtroppo mi trovo a dover rifiutare il mio incarico di governante.» Il silenzio fu il commento alle sue parole. Julia stava per voltarsi per vedere se l'uomo si fosse allontanato, ma fu fermata dalla sua voce. «Perché?» «La ragazza non riuscì a percepire nessun tipo d'emozione, sembrava che la cosa lo lasciasse indifferente. Julia, anche se non avesse dovuto, ne rimase ferita e ringraziò il cielo per dovergli dare le spalle, così da non fargli notare il suo dispiacere. Rispose con più freddezza di quanto non avesse voluto e cercò d'immaginare il viso del Duca nel tronco dell'albero. «Credo di non essere ancora pronta per questo ruolo. Ho pensato in un primo momento di farcela, ma mi sono resa conto di non poterci riuscire, domani mattina farò chiamare una carrozza»La sferzata di parole venne fermata di colpo da due mani sul tronco dell'albero,messe ai lati del suo viso. Julia guardò entrambe le braccia, coperte da una peluria dorata, allibita. Stava per dirgli di togliere le mani su quello che considerava ormai un suo albero, quando la voce del Duca la fermò «Non fatelo.»Era più un bisbiglio che altro e il suo alito mosse leggermente i suoi capelli, segno che la sua testa era più vicina di quanto non pensasse. Fece per scostarlo da sé, ma si fermò immediatamente ricordando la sua nudità. «Non avete nessun tipo di pudore!» Disse Julia, più affermandolo che domandandolo. «Molto poco.»Rispose lui, per poi ripetere. «Non fatelo.»Lei deglutì a fatica, scossa da qualcosa cui non voleva dare forma. «Cosa? Non dovrei fare cosa?» Sapeva che la sua poteva essere qualsiasi risposta e non necessariamente quella che desiderava sentire. Si tese nel sentirlo posare la sua fronte sui suoi capelli. Julia chiuse gli occhi per un momento, sentendo un brivido correrle per tutta la schiena, percependo il suo fervore. Stava desiderando qualcosa che non doveva e ne erano consapevoli entrambi, ma era entrata in un limbo da cui non sapeva più uscirne, o forse non voleva. «La prima volta che t'incontrai, ti dissi di non corteggiare il pericolo. Allora quelle parole erano riferite a me e al fatto che tu mi stessi vicino.»Improvvisamente le sue mani si staccarono dal tronco e le presero le spalle voltandola verso di lui, verso il suo sguardo magnetico, per poi avvicinare le sue labbra a quelle di lei. Quel bacio non era come il precedente. Era bramoso, feroce e con la voglia di farla cedere alla sua volontà e, per la seconda volta, qualcosa la spinse a godersi il momento e a prendersi ciò che desiderava. Le mani dell'uomo navigavano nei suoi capelli tenendole la testa, ma mai imponendole qualcosa. La sua invasione, anche se si muoveva in modo feroce sulle sue labbra, come se stesse gustando un frutto proibito, non era opprimente. Durò pochi secondi, ma furono abbastanza per lasciarla disorientata. Lo sguardo di Richard non lasciò mai il suo, mentre lei cercava di riprendere fiato e di pensare a cosa dire. Ma fu lui il primo a parlare. «Ti dico che se non te ne andrai non corteggerai solo il pericolo, ma il diavolo in persona. Sei sicura di voler rischiare?»Julia decise che ne aveva abbastanza per quella notte e riuscendo a scostarsi da lui, si allontanò diretta verso la locanda. «Julia»La richiamò il Duca. Era tentata di non ascoltarlo e di continuare a camminare ma dovette ricordare chi aveva davanti. Non solo un uomo, ma un Duca. Si fermò, continuando a dargli le spalle. «Sì?» «Volevo ricordarti di non dimenticare nulla. Domani partiremo all'alba in modo d'arrivare prima di sera alla residenza dei Duval. La tua nuova casa. Buonanotte.» Ovviamente quella notte non chiuse occhio. Era rimasta sveglia a pensare e a combattere con i demoni nella sua testa. In un primo momento, avrebbe voluto mandarlo al diavolo e andarsene a Parigi, però qualcosa la spingeva a continuare il viaggio. Voleva dimostrare a se stessa di poter vivere le emozioni e le avventure che le stava promettendo quell'esperienza. Finora aveva sempre ragionato con razionalità. Bè, doveva soltanto pensare che lavorando come governante avrebbe guadagnato di più e accumulato esperienza, ma sapeva che quella era una scusa per zittire la sua parte razionale. Per la prima volta, pensò Julia, stava lasciando ancora più spazio alla donna avventuriera, che negli ultimi anni esigeva di uscire allo scoperto. Fissò Richard, adesso ritornato nei panni di un Duca, seduto sui sedili della carrozza con lo sguardo perennemente verso l'esterno. Quella notte, aveva avuto molte difficoltà ad ammettere che tutto ciò che stava vivendo partiva dalle forti sensazioni che l'uomo suscitava in lei. Poco dopo mezzogiorno, cominciarono ad attraversare diversi villaggi prima di percorrere le terre del Duca. «Abbiamo appena solcato le mie terre.»Pronunciò dopo ore di silenzio. Julia fissò l'esterno sbalordita. Non immaginava una tale ricchezza. Solo dopo mezz'ora, riuscì a intravedere il castello dei Duval. Rimase a bocca aperta. Crystal le aveva raccontato della sua casa nativa, ma vederla con i propri occhi era tutt'altra cosa. Era un edificio a tre piani con due torri. Percorrendo l'ampio viale, notò che vaste finestre riempivano le mura del castello in modo da far entrare più luce possibile. Una delle due ali della residenza mostrava segni di rimodernamento e capì che quella doveva essere l'ala lesa un anno fa. Anche se restaurata, rimaneva armoniosa con tutto il resto. Terminando il percorso, arrivarono di fronte all'ingresso principale. Julia notò la vasta scala che portava davanti alla massiccia porta d'ingresso di quercia, dove ne uscirono due valletti e alzando lo sguardo, notò il simbolo dei Duval, la rosa blu. La donna, nello scendere dalla carrozza aiutata dal valletto, continuò a contemplare il luogo. Notò il magnifico giardino fiorito e i vasti prati verdi e oltre a questi, a circa un miglio da dove si trovava lei, un lago che splendeva sotto la luce del sole. Notando i suoi occhi sgranati, Pascal sorrise chiudendole con un dito la bocca rimasta leggermente aperta per la sorpresa. «Tieni la boccuccia chiusa, Julia. Non varrai farci entrare le mosche.»Lei si riprese per fissare l'uomo, cercando le parole adatte per descrivere ciò che pensava. «E'...» La aiutò lui. «Imponente? Maestosa? Favolosa?» «Intimidatoria, avrei detto?» Propose Julia, facendo scoppiare in una risata Pascal. «Anche.»concordò l'uomo. Nel frattempo, Richard fu chiamato da un valletto. Il Duca ascoltò attentamente ciò che aveva da dirgli, prima di annuire e rivolgersi a loro. «Devo sbrigare alcune questioni, nel frattempo Pascal potresti far fare un giro alla nostra nuova governante, prima di fare un annuncio ufficiale del suo incarico a tutta la servitù.» Pascal annuì, per poi voltarsi verso di lei. «Bene Julia, sembra che sia diventato la tua guida personale. Ti mostrerò tutto ciò che vuoi.»Julia rise al suo modo scherzoso. «Bene, allora dopo di te.» Nel percorrere le scale, Julia avrebbe giurato di sentirsi lo sguardo del Duca addosso. Come l'esterno, anche l'interno del castello era magnifico e lussuoso. La residenza conteneva più di duecento stanze e tre enormi sale da ballo e in più la sala del mattino e del pomeriggio, oltre alle sale private dei membri della famiglia. L'arredamento, anche se ricco, era delicato e armonioso. Sospirò per la stanchezza. Era davvero vasta e avevano passato una buona mezz'ora solo a camminare e non erano ancora riuscita a visitare l'intera casa. Pascal le sorrise, comprensivo. «Ti capisco, quando sono arrivato, ci sono voluti ben due giorni per visitarla del tutto e tre mesi per orientarmi, senza considerare i vari passaggi segreti.»A quelle ultime parole Julia lo fissò stupita. «Tu sai dei passaggi segreti?» Pascal alzò le mani con disinvoltura. «Ovvio che sì, dato che io sono rimasto rinchiuso in uno di essi per anni.» Julia si fermò allibita. Aveva intuito qualcosa dalle parole dell'uomo l'altra sera, ma non avrebbe mai immaginato. «Tu eri uno dei prigionieri?» Pascal si fermò per voltarsi verso di lei, con un sorriso di circostanza. «Già, è così che ho conosciuto il Duca. Ed è sempre stato lui ad aiutarmi dopo la liberazione, facendomi lavorare per lui. Come molti della servitù.» Lei lo fissò ancora più sorpresa. «Vuoi dire che tutta la servitù della residenza, è la stessa gente che era stata presa prigioniera?» L'uomo annuì. «Sì, anche se non siamo molti, solo trenta persone circa.»Pascal continuò a camminare, seguito da Julia, mentre continuava a raccontare. «Molti sono andati via non appena hanno riacquistato le forze.» «E perché gli altri sono rimasti? Perché tu?»chiese Julia, non riuscendo a comprendere il perché volessero stare in un luogo dove avevano tanto sofferto. L'uomo ci mise un po' a rispondere. «Lucien non era solo un pazzo crudele, era anche molto astuto, sapeva che prendendo vittime che non avessero nessun titolo o meglio ancora, fossero dei viaggiatori, avrebbe avuto grosse possibilità di non essere scoperto, dato che nessuno li avrebbe cercati.»Aggrottò la fronte. «Ordinava ai soldati di trovare nuove vittime tra le case nei boschi, isolate dai vari villaggi, per poi bruciarle e prendere chi ci alloggiasse. Uomini o donne non aveva importanza. Se uno sfortunato veniva a bussare in cerca di alloggio era condannato. Tutti venivano spediti nelle celle sotterranee.»Julia rabbrividì, per l'orrore. «E tu? Come sei finito nelle sue mani?» L'uomo scosse la testa. «Il mio è stato causato da un grande gioco del destino.» Allo sguardo perplesso della donna si spiegò. «Lavoravo con la mia famiglia come giocoliere. Non avevamo una casa se non il carrozzone, che conteneva tutti i nostri averi, eravamo gente di strada felici di far sorridere le persone con i nostri spettacoli. Io, i miei genitori, la mia sorellina e il mio fratellino.» Julia non sarebbe rimasta più sorpresa. «Tu eri un'artista di strada?» Pascal le lanciò un'occhiata divertita. «Perché quella faccia? Guarda che ero molto bravo e venivano a vedere i nostri spettacoli solo per me.» Julia fece un piccolo sorriso. «Non ne dubito» disse guardandolo. Era alto quanto Richard e aveva i capelli castano chiaro e gli occhi ambrati con un viso affascinante, oltre ad avere un corpo forte e slanciato. Pascal continuò a raccontare. «Toccammo le terre francesi per la prima volta dopo anni. Eravamo felici di poter ritornare nella nostra terra dopo tanto tempo. Dopo un mese eravamo stati ingaggiati da un Marchese per esibirci a un ricevimento. Ne eravamo così entusiasti che partimmo subito, ma le indicazioni non furono molto chiare e sbagliammo strada, ritrovandoci davanti al castello dei Vumont.» La donna ebbe un brivido immaginando come sarebbe finita. «Sapevamo chi erano. Chi non conosceva i Vumont? Ma purtroppo ci siamo persi molte notizie negli anni in cui avevamo viaggiato e non sapevamo della morte del precedente Duca. Mio padre chiese indicazioni per arrivare alla residenza del Marchese. Ricordo ancora molto bene lo sguardo del valletto. Spaventato, direi terrorizzato. L'uomo cercò di scacciarci parlandoci aspramente e noi non comprendevamo il perché, anche se eravamo abituati a essere tratti come cani rognosi da molti, la sua reazione era esagerata. Ah, se avessimo ascoltato le sue parole» disse l'ultima frase con un tono leggero, ma che non arrivava agli occhi. Julia fu tentata dal farlo smettere. Non voleva sentire la fine, ma comprese fissando l'uomo, che lui non stava più raccontando a lei, ma rivivendo l'accaduto. «Nel momento in cui entrammo avevamo condannato la nostra vita. Fummo circondati e afferrati con violenza, ricordo ancora le grida di terrore di mia madre. Mio padre fu il primo a morire, cercando di difenderci come poteva, fu colpito alla schiena senza neanche aver modo di difendersi,erano dei tali vigliacchi. Io, i miei fratelli e mia madre fummo divisi immediatamente. Seppi solo dopo tanti mesi della loro morte e adesso, come allora, non posso e non voglio immaginare cosa hanno passato. Ed io sono solo uno dei tanti che hanno perso i propri cari in questo modo. Tanta gente non sapeva cosa fare, o dove andare e Richard ha aiutato tutti. I molti residenti nel villaggio sono gli stessi che hanno subito gli abusi di Lucien. Richard ha dato loro una casa e terre dove potessero coltivare. A quelli che decisero di andare via, diede una somma sufficiente per sopravvivere adeguatamente per un po' di tempo, sperando che dimenticassero.»Julia si strinse le braccia al corpo per darsi calore, sentendo in quel momento un brivido gelido. Finora aveva saputo solo una minima parte della crudeltà di quell'uomo e al solo pensare ai maltrattamenti che lei aveva subìto da Simon, moltiplicati a quelli subìti da quella gente, si sentì male. Ripensò all'altra notte, ai segni sul corpo del Duca e una lacrima scese sulla sua guancia, seguita da un singhiozzo. Pascal si voltò verso di lei sorpreso. «Ehi, cosa succede? Non ti ho raccontato la mia storia per farti singhiozzare, sai?» Prese un fazzoletto dalla sua giacca e glielo porse. «Su asciugati quei bellissimi occhi verdi.»Lei lo prese e si tamponò gli occhi, ringraziandolo. «Se non la smetti di piangere la nostra cuoca appena ti vedrà mi farà rimpiangere di essere nato. Sa essere una vera tiranna, sai?» Lei lo fissò facendo un tremulo sorriso. «Scusami tanto, Pascal. Non volevo piangere. Penso solo che a volte la vita sappia essere davvero crudele.»Pascal le sorrise e posò le sue mani sulle spalle della donna. «Ascolta, se c'è una cosa che ho imparato bene, viaggiando da un paese all'altro, è che la vita ci da solo due scelte: continuare a vivere nel passato o andare avanti godendosi il presente. E' solo una questione di fare la scelta giusta.» 

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