Capitolo 17
Il cuore batteva all'impazzata, causa la sua corsa e anche il terrore che i suoi presagi, avuti nel corso di quei giorni, si fossero alla fine manifestati. Ti prego, fai che non sia ciò che penso. Continuò a pregare Julia per tutto il tragitto fino all'esterno con disperazione. Vide in lontananza un gruppo di soldati insieme a molti della servitù, tra cui Corinne. Con loro c'era un carro che all'andata non aveva visto. Corse ancora più velocemente, sentendo l'ansia invaderla. Non appena fu abbastanza vicina, si fermò col fiatone fissando gli altri che si erano voltati verso di lei sentendola arrivare. I loro sguardi valevano più di mille parole. Respirava a fatica, sentendo una goccia di sudore scivolarle sul collo. Né Andrè né Vincent incrociarono il suo sguardo, tenendo una posizione rigida e i pugni serrati. Corinne aveva una mano sugli occhi, le labbra strette come a voler trattenersi dall'urlare. Vide Angel in un angolo singhiozzare senza riuscire a frenarsi. Il cuore sembrò cessare di batterle, mentre nella sua mente si faceva strada la consapevolezza. «No...»Riuscì a malapena a mormorare Julia, sentendo le gambe molli come gelatina. Vide di sfuggita Carole e Roger parlottare con uno dei soldati, anche loro bianchi come cenci. D'un tratto Carole si accasciò a terra in ginocchio singhiozzando disperatamente, mentre Roger la sosteneva. Prendendo il coraggio a due mani, si avvicinò al carro, dandosi forza ad ogni passo. Non appena fu vicina, sentì il suo corpo tremare, ancora con una minima speranza che tutto ciò fosse solo un malinteso. Un errore. Ma non appena si volse verso il carro, vide la realtà dei suo presagi, spezzandosi l'ultima sua misera possibilità che fosse tutto solo un incubo. Pascal era disteso sul carro, coperto fino alla gola da una coperta. Sembrava stesse dormendo beatamente. Ma lei sapeva che non era così. Il suo pallore, il suo corpo immobile. Pascal se n'era andato per sempre. Un urlo a malapena trattenuto, uscì dalla sua bocca, sentendo le guance bagnarsi. Il suo respiro era spezzato dai singhiozzi, mentre si accasciava di fronte al carro, non avendo la forza di reggersi in piedi.«Pascal...» mormorò fra le lacrime.«Mi dispiace così tanto...» Era tutta colpa sua. Lei era consapevole che questo poteva succedere ma non era riuscita a salvaguardare i suoi amici e ciò aveva causato la morte di Pascal. «Mi dispiace...»Le mani affondarono sulla terra, con disperazione, sentendosi sprofondare dallo sconforto. Sentì dei passi per poi avvertire una presenza dietro di lei.«Julia.»La voce di Richard entrò dentro di lei, superando la barriera di disperazione che l'aveva invasa. Si voltò verso di lui, vedendo il suo sguardo perplesso incrociare il suo. «Julia, cosa...»
«Mi dispiace...» Riuscì solo a mormorare lei. Le si avvicinò aprendo la bocca come se volesse dirle qualcosa, forse chiedendole la causa delle sue lacrime. Ma non lo seppe mai poiché il suo sguardo finì verso il carro. Julia poté vedere il suo viso cambiare d'espressione, dal perplesso allo sbalordito. Lo sguardo di Richard s'incupì mentre si avvicinava al carro, verso il corpo immobile. «Pascal.» chiamò il suo nome con un sussurro. Julia si alzò a fatica, guardando Richard afferrare l'amico dalle spalle. Il suo sguardo era perplesso, come se la verità non fosse ancora entrata dentro di lui. Richard lo scosse leggermente dalle spalle. «Ehi, su amico. Non è il momento di fare uno dei tuoi scherzi.» Mormorò, con tono quasi divertito. «Sei stato via per soli pochi giorni e vuoi già dar fastidio con le tue beffe.» D'un tratto si fermò, rendendosi conto che non avrebbe avuto alcuna reazione da parte del suo Consigliere.«Accidenti Pascal, apri gli occhi!»Urlò quasi, mentre nella sua mentre cominciava a comprendere la realtà. «Abbiamo ancora tante cose da fare, hai dimenticato? Lo scosse con più energia. Carole fece per avvicinarsi e fermarlo, ma Roger la prese per un braccio scuotendo la testa. La donna si fermò trattenendo un singhiozzo a fatica. Julia continuò a piangere, senza riuscire a trattenersi non potendo far niente per Richard. Quest'ultimo continuava a parlare all'amico cercando una reazione da parte sua, ma era tutto vano.«Pascal devi ancora fare tante cose per me e poi ricordi, c'è ancora il nostro viaggio da organizzare. Il giro per il mondo, hai dimenticato? Devi farmi vedere tutti i posti che hai visitato...» La sua voce cominciò a tremare, impedendogli di terminare la frase. Respirò affannosamente prima di cominciare a inveire. «Maledizione! Non ti permetto di morire adesso! Mi hai sentito? Siamo sopravvissuta quell'inferno, non può finire così. Adesso devi svegliarti, devi aprire gli occhi! Abbiamo ancora tante cose da fare, tu non puoi...»
«Richard!»Lo richiamò Julia, ormai all'estremo. L'uomo s'interruppe, per poi poggiare con delicatezza Pascal sul carro. Il suo corpo era teso come una corda di violino, mentre chinava il viso verso il petto dell'amico. Ci fu un lungo silenzio prima che Richard ricominciasse a parlare «Cos'è successo?» chiese quasi bisbigliando, parlando a nessuno in particolare. Uno dei soldati prese l'iniziativa, avvicinandosi all'uomo.«Vostra Grazia, tutto deve essere successo la prima notte. L'abbiamo trovato disteso sul terreno, con vari segni sul corpo... penso che dovremmo parlare in un luogo più riservato.»
«Dimmi cosa è successo.» Il tono di Richard era mite, ma si riusciva a percepire la sua rabbia trattenuta a malapena. L'uomo esitò un attimo, prima di decidersi a finire. «Abbiamo deciso di coprirlo, notando i vari segni sul suo corpo, come se fosse stato torturato. L'uomo è morto probabilmente a causa di una coltellata.» L'ultima parte fu detta quasi con esitazione dato la presenza di varie donne. Molte di loro sussultarono, altre si strinsero tra loro per il dolore. Julia chiuse gli occhi, addolorata al pensiero di ciò che aveva dovuto subire prima che potesse esalare il suo ultimo respiro.«Cosa fate!»«Aprì gli occhi sussultando, sentendo lo sgomento del soldato in quella frase, voltandosi verso di loro. Vide Richard scostare il lenzuolo, scoprendo il braccio dell'amico. Esitante, Julia allungò il collo per vedere e comprendere cosa volesse fare Richard. Notò diverse incisioni e molti tagli, poté notare con una certa tensione che le ricordavano molto... La verità la sconvolse. Com'era possibile? Sembrava surreale, ma lei poteva dirsi quasi certa di ciò che aveva visto. Non avrebbe mai dimenticato quei segni dati con una certa precisione e accuratezza, colpendo in punti delicati del corpo affinché il dolore fosse più intenso. Guardò Richard, il quale aveva serrato la mascella. Improvvisamente, quest'ultimo si allontanò dal corpo immobile dell'amico per poi rivolgersi di nuovo al soldato.«Datemi la vostra pistola.»Disse con tono impassibile, privo di emozione, come il suo sguardo. Julia rabbrividì notando la sua espressione fredda, vuota. L'altro lo fissò perplesso.«Come dite signo...»
«Ho detto di darmi la vostra pistola!» Il suo tono era aspro mentre dava l'ordine. Il soldato si mosse a disagio. «Io, non credo che sia una buona idea...» S'interruppe nel momento in cui fu afferrato per la giacca, da Richard. Gli altri sussultarono. Richard fissò l'uomo con puro odio, poco interessandosi di chi ci fosse intorno a lui.«Non credi sia una buona idea? Non avrebbe dovuto esserla neanche quando avete deciso di dividervi, lasciandolo solo! Perché non avete pensato che anche allora non sarebbe stata una buona idea!»Gli urlò scuotendolo con tutta la sua forza. I gemelli e alcuni soldati si avvicinarono per allontanarlo dalla presa decisa che aveva sull'uomo. Ma la sua rabbia gli dava la forza necessaria per non farlo staccare neanche di un millimetro, continuando a scuoterlo furiosamente.«Perché non l'avete pensato? Perché?»Urlò fino ad non avere più fiato, divenendo rosso in viso. Il povero soldato, balbettò qualche parola.«Io, io non pensavo...» «Esatto, non avete pensato!»Lo interruppe Richard, per poi decidersi a mollare la presa, lasciandolo crollare a terra. Due di loro cercarono di tenerlo, ma lui si scostò con forza.«Lasciatemi!»urlò, ormai fuori di sé, andando verso la boscaglia.«Dove vi state dirigendo?»gli gridò Andrè. Ma l'altro non si diede la pena di rispondergli. Julia fissò le sue spalle, chiedendosi cosa gli passasse per la testa. Un grido dietro di sé, la fece voltare dove il soldato era stato agguantato da Richard. Stava toccandosi i lati dei suoi pantaloni.«Ha preso la mia pistola!»Urlò dopo. Julia si voltò verso Richard atterrita, notando solo dopo il luccichio del metallo di una pistola.«No, Richard!»Urlò, senza riuscire a trattenersi, per poi vedere alcuni uomini corrergli incontro per fermarlo. Non appena cercarono di fermarlo, Richard ruggì come un animale, cercando di divincolarsi dalle loro prese su di lui.«Lasciatemi, lasciatemi ho detto!»Urlò fuori di sé. A Julia si spezzò il cuore vedendolo così disperato.«Maledizione, lasciatemi! Devono pagare per ciò che hanno fatto! Toglietemi le mani di dosso o ucciderò anche voi!»Ormai la disperazione aveva preso il sopravento su di lui, non facendolo ragione. Istintivamente Julia corse verso di lui, ignorando i richiami. Non appena li raggiunse gridò.«Vi prego lasciatelo!»Gli uomini la fissarono sbalorditi credendola impazzita.«Vi scongiuro. Gli parlo io.»Loro esitarono, ma notando che l'uomo si era stranamente fermato sentendo la sua voce, così lo lasciarono. Julia si avvicinò a lui che si era inginocchiato con la testa china. Respirava con affanno, come se riuscisse a stento a trattenere la rabbia. Julia si mise di fronte a lui alla sua altezza. «Richard» mormorò, sentendo le lacrime ricominciare a invaderle il viso. L'uomo non alzò lo sguardo, rimanendo immobile. «Richard, per favore guardami» riprovò, senza successo. «Posso comprendere la tua rabbia, ma cosi non faresti altro che andare incontro a una morte certa.»Finalmente il Duca alzò il viso, incrociando il suo sguardo. Rimase senza fiato vedendo i suoi occhi. Erano freddi, pieni di rabbia omicida. «Pensi davvero che la cosa mi possa importare?» Mormorò con una freddezza tale, da farla rabbrividire.«Sarebbe per la prima volta una morte giustificata.» Con quelle ultime parole, che la lasciarono di ghiaccio, si alzò ma non per andare verso la boscaglia, bensì verso la residenza. Lasciandola lì, da sola con le sue parole che continuarono a rimbombarle nella mente. Lo vide voltarsi verso gli uomini, che fino a poco prima lo avevano bloccato dal correre verso la boscaglia. «Fate in modo che abbia una degna sepoltura.» Non aspettò risposta, dirigendosi dentro la residenza, senza rivolgere una sola occhiata in giro. E a nessuno sfuggì, che gli occhi del Duca emanavano una luce mai vista prima d'ora. Passarono ben due ore prima che la residenza fosse invasa dal silenzio. Il corpo di Pascal era stato disposto nella sua stanza, aspettando il giorno per attraversare il villaggio, affinché venisse eseguita una messa in suo nome, per poi lasciare che riposasse per sempre. Alcuni degli ospiti, che avevano saputo attraverso i loro valletti personali e dame di compagnia, rimasero leggermente impressionati dalla vicenda. Ma poiché si trattava semplicemente di un servo, la cosa fece poco scalpore. L'indomani avrebbero continuato le loro attività come se niente fosse. Come se il dispiacere per la morte di una persona, si basasse solo sul ceto sociale e chi fosse inferiore a loro, era immeritevole della loro tristezza. Julia si sentiva svuotata e aveva l'impressione che il suo corpo gestisse il tutto da solo, poiché la sua mente si rifiutava di funzionare con regolarità. Non vedeva l'ora che tutto finisse per stare sola, finalmente. Desiderava immensamente andare nella sua stanza e chiudersi dentro per non uscire più. Ma sapeva che c'era qualcun altro che aveva bisogno di lei in quel momento, nonostante le sue parole e il suo sguardo freddo. Lo cercò nel suo studio, ma non lo trovò. Raggiunse le sue stanze stando dietro la porta esitante. L'aprì con cautela, notando che l'interno era immerso nel buio. Ci mise un po' ad abituarsi alla poca luce, per poi cercare con lo sguardo Richard. Lo vide di fronte al suo scrittoio. Le dava le spalle, tenendo le mani poggiate sul ripiano.«Richard.»Lo richiamò piano, ma sembrava che non l'avesse udita, continuando a rimanere in quella postura. Si avvicinò lentamente a lui per poi sollevare, con esitazione, la mano verso la sua schiena.«Richard...»riprovò anche se con difficoltà, a cercare di parlare con lui.«So che è difficile, ma cerca di capire. Pascal non avrebbe mai voluto vederti in queste condizioni.» «No!» pronunciò improvvisamente l'uomo, facendola sussultare. Lo vide stringere le mani a pugno come se fosse pronto a picchiare qualcuno e si trattenesse a stento. «Pascal avrebbe voluto vivere.» pronunciò con asprezza. «Avrebbe dovuto riprendersi la sua vita dopo tanti anni di soprusi. Avrebbe dovuto vivere molti altri anni e magari sposarsi e avere figli. Tutte cose che non potrà mai più avere e tutto ciò a causa mia!»L'ultima frase venne enfatizza dal suo pugno che scontrava col legno della scrivania, facendo un gran rumore. Julia chiuse gli occhi sentendo il labbro tremare nel tentativo di trattenere le lacrime. «Non è così, non è colpa tua se è successo questo. Pascal...» «Pascal ha eseguito un ordine.» La interruppe lui amareggiato. Si volse verso di lei e Julia poté notare i suoi lineamenti irrigiditi dalla rabbia e dal dolore. Il suo sguardo esprimeva tutto ciò che sentiva: amarezza, tristezza e... disprezzo. «Se non fosse stato per la mia voglia di vendetta. Di voler a tutti i costi rialzare l'onore del mio nome, tutto ciò non sarebbe successo e Pascal sarebbe ancora qui.» Julia notò con tristezza che l'uomo freddo di un tempo stava di nuovo tornando. Ancor peggio, stava lasciando spazio ai suoi demoni interiori, un'altra volta dopo tanti sforzi affinché ricominciasse a vivere in pace con se stesso. Si gettò istintivamente sul suo petto, stringendolo forte.«No, ti prego! Non pensarla così perché non è vero. Tu non sei una persona egoista o crudele.» Lo strinse più forte, non sentendo alcuna reazione da parte sua.«Tu sei migliore di quanto non pensi. Ciò che è successo è stata una tragedia è vero, ma non puoi incolparti per questo. Non lasciare che il passato ti annienti.»Improvvisamente fu colta di sorpresa, sentendo le sue braccia circondarla, per poi stringerla forte. Il suo viso si avvicinò a quello di lei, poté sentire il suo profumo e la sua barba che stava ricrescendo. Improvvisamente sentì, con una stretta al cuore, la sua gote bagnata. «Spiegami.» Lo sentì mormorare con voce ferma anche se in lacrime «Spiegami perché è così dannatamente difficile crederti in questo momento, perché io non trovo la risposta.» Julia non seppe dargli una replica abbastanza esaustiva che potesse dar sollievo alla sua anima così danneggiata. Mai come allora si era sentita così inutile, così incapace di poter dare aiutare Richard. Poté solo stringerlo ancora più stretto e lasciare che, anche solo per poco tempo, si lasciasse andare e desse sfogo alle sua sofferenza per la perdita dell'amico. Julia si svegliò, capendo quasi immediatamente di non essere nel suo letto. Battendo le palpebre, ricordò che dopo lo sfogo di entrambi, aveva convinto Richard a distendersi sul letto. Stava per andarsene ma lui aveva insistito affinché rimanesse. «Resta con me. Non lasciarmi.» Aveva accettato con l'intenzione di aspettare che si addormentasse per poi andarsene, ma le emozioni e i dispiaceri vissuti in quel giorno l'avevano distrutta portandola a crollare per la stanchezza. Sentendo dei rumori al suo fianco si voltò, notando Richard in un groviglio di lenzuola. Stava ancora dormendo, con un sonno agitato. Il suo corpo era teso, sudato e mormorava delle parole che inizialmente non comprese. Si avvicinò toccandogli la spalla con delicatezza. «Richard, svegliati.» Lo chiamò con dolcezza, ma urlò dallo spavento, scostandosi immediatamente non appena vide il suo braccio robusto cercare di colpirla. «No... lasciatelo...» Mormorava ancora preso dall'incubo che stava vivendo. Julia sentì il cuore stringersi nel notare che non aveva un attimo di pace neanche nel sonno. Riprovò di nuovo a scuoterlo e questa volta non si agitò al suo tocco.«Per favore Richard svegliati, è soltanto un incubo.» Provò dolcemente, ma non ottenne successo. L'uomo si mosse con più irrequietezza di prima, come se stesse cercando di divincolarsi da qualcosa, o da qualcuno. Gocce di sudore gli colavano dalla fronte fino al collo mentre il suo respiro diventava sempre più affannato. Non starà avendo una delle sue crisi mentre sta sognando? Pensò spaventata al pensiero che potesse davvero averle. Richard aprì la bocca come se stesse urlando qualcosa. «No, non è giusto... Pierrik!» Urlò il suo nome quasi con disperazione, lasciandola a bocca aperta per lo spavento. Si decise a scuoterlo più che poteva. «Richard, svegliati! E' solo un sogno, non è reale.» Lo scosse finché non lo vide calmarsi e cominciare a respirare con più calma, aprì gli occhi. «Julia.»mormorò il suo nome con voce affannata e guardandola disorientato. Si sollevò sugli avambracci osservandosi intorno come se si aspettasse di trovare in un altro luogo. Lei alzò la mano fino a toccare la fronte madida di sudore dell'uomo, in una lieve carezza. «Sono qui, è tutto a posto. Hai solo avuto un incubo.» Gli disse sorridendo. Lui la fissò per qualche secondo prima che il suo sguardo si oscurasse, voltandosi verso le sue mani sul lenzuolo stropicciato. «Sarebbe bello pensare che fosse un incubo, ma purtroppo stavo rivivendo la realtà di quando sono stato rinchiuso nei sotterranei.» Julia lo fissò dolcemente avvicinando la sua mano a quella di lui chiusa a pugno. «Devi averlo sognato a causa della morte di Pascal.» Commentò lei cercando una risposta nel suo sogno. Lo vide chiudere gli occhi, come se stesse ricordando ciò che era successo in quei momenti di prigionia. A Julia venne in mente un nome che aveva detto Richard, in un momento di agitazione nel sonno.«Hai chiamato a gran voce un certo Pierrik. Non credo di conoscerlo...» S'interruppe notandolo aprire gli occhi e sbiancare visibilmente.» «Scusami, non volevo crearti altri dispiaceri ed è evidente che questo nome ti fa ricordare cose spiacevoli.»Fece per allontanare la mano, ma fu fermata dalla sua che la bloccò dov'era. Voltò il viso verso di lui e notò nello sguardo dell'uomo un'espressione di... pace e rassegnazione.«Non è così.»Disse improvvisamente lui.«Al contrario è un nome che meriterebbe di essere nominato più spesso. Purtroppo la vergogna sovrasta.»Julia stette in silenzio, sperando che per la prima volta lui volesse aprirsi con lei e raccontarle cosa lo affliggesse. Richard sospirò profondamente, per poi chinare il viso come a evitare il suo sguardo. «Pierrik era un prigioniero come me.» Iniziò e Julia poté percepire quanto fosse teso e ansioso il suo tono di voce, anche se cercava di trattenersi. «Era poco più grande di me e aveva iniziato una carriera come dottore. Il nostro è stato un primo incontro piuttosto insolito.» Sorrise ironicamente, senza traccia d'allegria. «Pierrik cercò subito un rapporto di solidarietà ed amicizia con me, ma io fui molto circospetto dopo ciò che era successo. Capii ben presto di sbagliarmi.»I suoi tratti si ammorbidirono in un sorriso nostalgico, ricordando la loro prima vera presentazione, quando Pierrik causò una scazzottata improvvisata, riuscendo a procurare del cibo. La prima di tante. Julia fissò il suo viso, notando un sorriso leggero spuntare sulle sue labbra, il primo di quella serata infernale e ne fu felice. Ciò che stava ricordando doveva essere piacevole e ciò la sorprese. Non era una cosa da prendere alla leggera, considerando la situazione. «Raccontami ancora qualcosa di Pierrik.» Mormorò piano, non volendo disturbare i suoi pensieri felici. Richard ritornò alla realtà, fissandola per un attimo sorpreso, ma notando il suo sorriso e la sua espressione attenta, poté solo annuire per poi lasciare che i suoi ricordi prendessero voce. Le raccontò tutto. Il loro primo incontro, i primi giorni di costernazione e di sfiducia. La prima volta che Pierrik procurò del cibo e di come fossero riusciti a sgraffignare qualcosa ad ogni uscita dalla cella. E, con una certa difficoltà, le raccontò come spesso si erano supportati a vicenda nei giorni dove la speranza sembrava averli abbandonati. Dove solo grazie all'appoggio dell'altro erano riusciti a impedire di commettere un suicidio. Richard sospirò pesantemente, sentendo ancora oggi il peso di quelle emozioni forti dentro di sé, percependo ancora la paura sulla sua pelle e la puzza di cadavere invadere le narici. La morte era sempre stata ad un passo da lui, sempre più vicina, e più di una volta aveva pensato che quello sarebbe stato il suo ultimo giorno di vita. Julia ascoltò tutto in un totale silenzio, sentendo il cuore stringersi per la sofferenza immaginando i due ragazzi, che seppur così giovani, avessero affrontato la morte costantemente senza una vera probabilità di sopravvivere.«Dev'essere stato un incubo.»Bisbigliò Julia d'un tratto non riuscendo a trattenersi. Richard scosse la testa in segno di diniego. «No. Non è stato un incubo» disse con convinzione. «Gli incubi prima o poi scompaiono. Quello invece era più reale che mai.»
Stette in silenzio esitante a parlare. Julia lo notò e lo fissò perplessa. «Cosa c'è Richard?» Vedendolo ancora incerto, gli mise una mano sulla spalla. Voleva che si fidasse di lei.«Dimmi tutto.» Lui si voltò verso di lei con sguardo rassegnato. «Se ti dicessi tutto è molto probabile che tu ne rimarresti disgustata, o peggio, impaurita. Te ne andresti via e non vorresti mai più vedermi.»Julia comprese che stava per parlarle del suo peggiore demone, quello che finora lo aveva allontanato e causato così tanti dubbi. Lo guardò negli occhi cercando di trasmettergli tutto il suo appoggio incondizionato e dandogli la fiducia necessaria per aprirsi con lei.«Io ci sarò, sempre.» Lo vide combattere interiormente. I suoi occhi brillavano di afflizione profonda. Si allontanò da lei forse, bisognoso in quel momento di mantenere le distanze per poi alzarsi dal letto e avvicinarsi alla finestra dandole le spalle. «Per cercare di sopravvivere sono dovuto andare contro i miei principi.» Cominciò con voce rauca.«Sono rimasto rinchiuso per anni e ho visto passare tanta gente attraverso le sbarre della cella. Uomini e donne, anziani e deboli, ognuno di loro aveva una vita che è stata interrotta da quell'uomo e dai suoi guardiani.» Julia non emise un solo rumore non volendo assolutamente interromperlo, ma sentì la tensione salire in modo percettibile. Richard sollevò il braccio, poggiandolo alla finestra, mettendolo sopra la fronte calda. «Fin da subito, Pierrik mi spiegò le regole basilari per sopravvivere. Mai avere pietà e non guardarsi indietro. Ho dovuto voltare le spalle a tanta gente che aveva così tanto bisogno d'aiuto. Ho visto donne stuprate e uccise sotto i miei occhi, uomini urlare a squarciagola mentre le guardie li finivano. E io non ho mai fatto niente per impedirlo.»Julia non poté trattenere un sussulto al pensiero di quelle povere anime. Aveva immaginato ciò che fosse successo in quelle celle, ma la sua mente non era riuscita ad arrivare fino a quel punto. Eppure, pensò mentre avvicinava la mano tremante sulle labbra, lei per prima aveva avuto un assaggio di ciò che sapevano fare.«Tutt'ora» continuò Richard, non potendo notare lo stato d'animo di Julia.«Le urla della prima donna cui ho dovuto voltare le spalle, mi perseguitano e non lasciano spazio alla lucidità.» Julia a quella frase collegò qualcos'altro.«I tuoi attacchi.» bisbigliò con voce tremante. L'altro annuì «Sì, il sentire le loro urla strazianti era peggiore di quando mi torturavano personalmente. Non poter far niente, non poter reagire. Ogni qualvolta cercavo di tapparmi le orecchie le loro urla disperate entravano dentro di me, tormentandomi e in me cresceva la consapevolezza... che non ero migliore di Lucien.»
«No!» Julia lo fissò, sbalordita a quelle parole. «Come puoi paragonarti a quel mostro? Non c'è assolutamente niente che vi accomuna.» Richard si voltò verso di lei, accigliato. Julia vedeva nei suoi occhi vedeva rabbia, disperazione e un profondo odio. Verso se stesso. «Come puoi dire questo?»Le domandò con furia.«Forse i motivi erano diversi, ma ciò non toglie che il mio è stato un comportamento ignobile. Se quella gente è morta, è soprattutto per colpa mia! Ho agito consapevolmente lasciando che la mia impulsività e arroganza, di sapere cosa fare, mi portasse a compiere una sciocchezza, andandomene dal castello, alla ricerca di un dottore per mio padre, cercando di salvarlo. E invece, ho dato campo libero a Lucien di progettare il suo piano, condannando tutti. Non sono riuscito a far neanche metà strada verso Parigi!» Ormai, non si conteneva più. La rabbia che da anni teneva dentro, stava chiedendo di uscire, per poter far luce sui suoi pensieri. «Mi hanno bloccato e portato nelle celle sotterrane. Sono stato solo un burattino nelle sue mani. Come minimo avrei dovuto aiutare tutta quella gente che aveva la sfortuna di incrociare la strada di Lucien, ma non sono riuscito a fare neanche questo!» «L'hai fatto per salvare la tua famiglia! Se fossi morto avresti solo fatto il suo gioco e la tua famiglia a quest'ora starebbe ancora piangendo la tua morte.» obbiettò lei. «E così con la mia salvezza, tanta gente è morta! Mio padre è morto, Pascal è morto! Pierrik...» La sua voce si affievolì, mentre la sua schiena si abbassava, come a non riuscire a sostenere il peso del suo corpo. Julia ebbe la tentazione di correre verso di lui e di tenerlo stretto, ma non era il momento. Era arrivato al culmine di quella storia infernale per fermarsi adesso.«Che cosa è successo a Pierrik?» Chiese esitante. Richard rimase in silenzio per parecchio tempo e Julia non insistette, ma aspettò. «Pierrik...» Richard mormorò il suo nome come a invocarlo. «Pierrik è stato forse il primo, di una lunga serie di persone, che ha creduto in me e ne ha pagato le conseguenze» disse in tono lieve, come se non avesse più le forze per parlare. Richard sentì la sua schiena sudare, mentre la sua mente ritornava a quel giorno infernale.«Ti ricordi quando abbiamo parlato del destino?» domandò improvvisamente. Julia lo fissò sorpresa, non comprendendo cosa c'entrasse in quel momento la sua domanda. «Certo che lo ricordo. E ricordo benissimo anche le tue parole di disapprovazione.» L'altro annuì. «Ti dissi anche che una volta ci credevo anch'io, ma che le circostanze mi hanno fatto dubitare. Pierrik è stato il primo ad aprirmi gli occhi, a dirmi di non avere compassione per nessuno se volevo sopravvivere per la mia famiglia e pensare a quest'ultima come mia unica ancora di salvezza.» Sospirò profondamente. «Come avrebbe potuto immaginare che i suoi stessi insegnamenti gli sarebbero andati contro?» I ricordi che da tempo aveva chiusi dentro di sé, ora erano pronti a uscire fuori, lasciandoli liberi di tormentarlo. Se prima ciò l'avrebbe fatto impazzire adesso si sentiva pronto per ricordare anche se non poteva controllare il suo corpo tremante e il suo cuore battere all'impazzata, mentre i ricordi cominciavano a invaderlo.
Il colpo arrivò così forte che pensò gli avessero rotto la mandibola, mentre il sapore metallico del sangue entrava in contatto con la sua lingua secca per la sete. Trattenne a stento un gemito mentre cercava di fare respiri profondi, cosa difficile poiché ogni movimento del torace era una tortura simile a quella che stava vivendo in quel momento. Le mani in alto strette dalle catene, ormai arrugginite, segnavano dolorosamente i polsi scorticati, mentre il sudore colava unito al sangue sul suo corpo malconcio. Quasi ringraziava le catene che in quel momento lo tenevano sollevato davanti alle guardie, perché era sicuro che altrimenti sarebbe crollato sul pavimento freddo. Da poco più di mezz'ora, anche se sembrava essere un'eternità, lo tenevano lì incatenato a torturarlo cercando di spillargli informazioni. A ogni silenzio come risposta, veniva colpito dalla frusta o picchiato. Richard aveva sopportato con sospiri profondi il dolore perché non avrebbe più permesso a nessuno di sentirlo urlare dal dolore o vederlo versare una sola lacrima.
Una delle guardie schioccò la frusta a terra facendolo rabbrividire al pensiero che tra poco quello stesso colpo avrebbe squarciato la sua pelle.«Adesso sono stufo marcio di te. Parla! Chi è che ruba continuamente il cibo dal tavolo.» Gli urlò. Richard rimase in assoluto silenzio. Qualcuno doveva aver visto qualcosa di sospetto parlandone con le guardie e accusandolo. Ma ciò non l'avrebbe fatto fiatare, consapevole che quella era solo una scusa come un'altra per torturarlo. Sarebbe stato in silenzio fino alla fine, sopportando tutto affinché Pierrik non fosse coinvolto. Negli ultimi tempi era molto più debole e sapeva che se l'avessero torturato non sarebbe sopravvissuto. Improvvisamente una mano si avvicinò, afferrandolo per i capelli e alzandogli il viso. Strinse i denti mentre alzava lo sguardo verso colui che lo teneva. Quest'ultimo lo fissava accigliato e la sua presa divenne sempre più decisa.«Se non ti decidi, farò ben peggio di frustarti.» Sentì qualcosa di freddo, avvicinarsi alla guancia fino a essere a un soffio dall'occhio destro.«Ti caverò quei begli occhi che ti ritrovi. Tanto non ne avrai molto bisogno stando qui dentro, no?»Cercò di scostarsi, ma la sua presa era sempre più forte e gli impediva qualsiasi movimento, mentre la lama si avvicinava sempre di più al bulbo. «Fermo!» Quella voce, anche se non alzata di toni, fu sufficiente per fermare la guardia sul posto e allontanarsi lasciando che la testa ciondolasse sul petto. Sentì a malapena la guardia balbettare qualcosa al nuovo visitatore, mentre Richard cercava di calmare il battito accelerato. «Mi dispiace di aver agito d'impulsività, Padrone, ma non vuole assolutamente fiatare.» Sentire pronunciare «Padrone», gli diede la forza necessaria per alzare la testa e guardare di fronte a sé. Anche se aveva saputo fin dall'inizio chi fosse l'artefice di tutto, fu comunque scioccante vedere suo zio in quel luogo con le guardie intimorite alla sua presenza. Lucien Duval bisbigliò qualcosa al suo braccio destro, Simon, di fianco a lui, che annuì per poi allontanarsi. Simon, fin da quando era entrato al castello, non aveva fatto una buona impressione a Richard, ritenendolo troppo schivo e freddo per essere un semplice confidente dello zio. Questi si avvicinò a lui mostrando un leggero sorriso, come se fossero a un ricevimento e stessero per fare una conversazione piacevole. Richard lo fissò con ferocia, sentendo la rabbia invadere il suo animo, secondo dopo secondo. L'uomo incrociò le braccia al petto, fissandolo dalla testa ai piedi come a voler controllare le sue condizioni, per poi incrociare il suo sguardo.«Salve nipote, spero ti trovi bene qui. Ho richiesto esplicitamente che ti fosse riservato un trattamento speciale, dato il soggetto.» Un sorriso beato spuntò sulle sue labbra. «Noto che stanno eseguendo l'ordine perfettamente.» Richard, caricato da una nuova energia, si agitò facendo un fracasso con le catene che lo tenevano. «Sei un bastardo!» Gli urlò con tutto il fiato che aveva.«La pagherai per tutto questo! Giuro su Dio che un giorno tu pagherai per ciò che hai fatto, traditore!» Lucien agitò la mano con segno di noia. «Non credo che tu sia nelle condizioni di parlare nipote, notando la tua attuale condizione. Dovresti accettare la realtà e vivere il resto dei tuoi giorni con rassegnazione.« Richard imprecò, sentendo il corpo tremare dalla rabbia.«Se credi che tutto ciò possa continuare ti sbagli di grosso. Qualcuno si accorgerà della mia assenza prolungata, mio padre e mia sorella...»venne interrotto dalla risata dell'uomo. Le guardie sorrisero con lui, più per compiacerlo che per una vera ilarità. Lucien avvicinò una mano alla fronte, fissando il nipote, quasi con commiserazione. «Perdonami nipote, ma è evidente che non hai ancora compreso in che situazione tu ti trova.» L'ultima parola fu coperta dal fracasso che stava avvenendo fuori dalla cella dove lo tenevano incatenato. Poco dopo, la porta si aprì e Simon comparve di fronte a loro con la presa ben stretta su Pierrik, che si agitava cercando di divincolarsi. La sua espressione cambiò del tutto non appena vide la scena di fronte a lui.«Richard!»
Lo chiamò, cercando di avvicinarsi, ma venne fermato da Simon. Richard fissò l'amico, sorpreso e allo stesso tempo preoccupato dato il suo pallore, visibile anche alla poca luce che dava la lanterna.«Pierrik, stai fermo dove sei.»Parlò con voce rauca causata dalle urla di poco prima, sentendo l'ansia crescere. L'altro annuì, anche se poteva benissimo comprendere il suo stato d'animo. Lucien guardò i due con un sorriso di scherno.«Sono felice nel notare che tu abbia trovato un amico.»Richard fissò lo zio con odio. «Cosa vuoi da lui? Ho già detto ai tuoi cani da guardia che io non so niente sul cibo rubato.»
«Credi davvero che io perda il mio prezioso tempo per questo?»Domandò senza guardare lui, ma Pierrik. «Se scendo da queste parti è solo per due motivi. »Spiegò, cominciando a passeggiare avanti e indietro di fronte a loro. Prese la frusta dalla guardia per poi avvicinarsi a Richard che s'irrigidì all'istante.«Il primo, direi che è abbastanza ovvio.» Commentò, avvicinando la frusta sulla guancia coperta di barba di Richard. Si allontanò di scatto da lui per poi voltarsi verso Pierrik. «La seconda, è risolvere gli inconvenienti che possono intralciare il percorso verso la mia gloria.» Si avvicinò a Pierrik, guardandolo dall'alto in basso.«Ed è ciò che stai facendo tu.» La frase fu accompagnata da un colpo di frusta che si abbatté sulla guancia dell'uomo che, colto di sorpresa, urlò dal dolore accasciandosi a terra in ginocchio. Richard rimase paralizzato assistendo alla scena, per poi cominciare ad agitarsi.«No, lascialo stare maledetto bastardo! Lui non c'entra niente in tutto ciò!» «Colui che s'intromette nei miei affari, c'entra eccome e ne paga le conseguenze.»Disse Lucien continuando a dargli le spalle, rimanendo vicino a Pierrik, ancora accasciato in ginocchio. Richard vide la guardia avvicinarsi a lui per poi sollevare le mani verso le catene che lo tenevano fermo.«Ma stai tranquillo non lo ucciderò.»Continuò, mentre Richard veniva finalmente liberato. Sospirò per il dolore e non osò toccarsi i polsi per paura d'infettare le ferite aperte. Improvvisamente si ritrovò con una lama di fronte al viso e gli veniva posta dalla stessa guardia che l'aveva liberato. Lui non la prese fissando la sagoma dello zio.«Cosa significa?»Finalmente Lucien si decise a guardarlo e nel suo sguardo, Richard poté vedere la crudeltà e la perfidia che si celava dietro il suo sorriso.«Sai, mi sono sempre informato sul tuo stato. Sei pur sempre mio nipote e tenevo a sapere tutto su di te.»Vedendo lo sguardo diffidente di Richard, Lucien sospirò.«So che non mi crederai, ma io non ho alcuna intenzione di ucciderti.» Il suo sguardo divenne di nuovo freddo e letale come l'arma che gli era stata posta.«Ma voglio che ti sia ben chiaro che io ho il dominio su questo castello e su di te.» I suoi occhi si strinsero, minacciosamente.«Voglio che tu elimini ogni cosa che possa in qualche modo farti ricredere sul mio controllo.»Richard inizialmente non comprese le frasi enigmatiche dell'uomo, ma fu una questione di secondi prima che le sue parole rimbombassero dentro di lui, causandogli un disgusto e un odio profondo verso quell'uomo. No! Pierrik fissava la scena di fronte a lui col sangue che colava sulla guancia, senza comprendere ancora cosa stesse succedendo. Richard non distolse nemmeno un secondo lo sguardo da Lucien, trasmettendogli tutto ciò che pensava di lui e quest'ultimo si limitò a sorridere. Il giovane prese la lama dall'uomo e la scaraventò alle sue spalle, colpendo la parete per poi cadere a terra rimbombando.«Non farò mai ciò che tu, nella tua mente malata, hai pensato.» Disse con furia. «Farai esattamente ciò, invece.» Ribatté Lucien per poi voltarsi verso Pierrik .«Sarai tu a ucciderlo.» L'uomo sgranò gli occhi per poi sudare copiosamente in viso, mentre il respiro gli si spezzava. Anche Richard sentiva la tensione invadere il suo corpo, ma non avrebbe ceduto. Mai!«Puoi torturarmi quanto preferisci, ma niente mi farà cambiare idea!» Gli urlò contro, per enfatizzare la sua decisone. Lucien non cambiò la sua espressione, mentre il suo sguardo scuro incrociava quello zaffiro del nipote. Richard si sentì più agitato che mai sotto il suo, che sembrava voler entrare dentro di lui e colpirlo profondamente. Il solo immaginare cosa stesse escogitando la sua mente malata, lo terrorizzava. «Neanche la tua famiglia?» Domandò alla fine l'uomo, con un tono privo di emozione, consapevole della potenza che possedeva quella frase per il nipote. Infatti, Richard s'irrigidì sul posto, sentendo il cuore battere all'impazzata. «Cosa c'entra la mia famiglia.» «C'entra, è molto.» Rispose l'altro. Richard fece il gesto di afferrarlo, preso da una rabbia cieca, ma venne fermato dalla guardia che lo scaraventò sul pavimento freddo. Annaspò in cerca d'aria mentre il dolore s'impossessava di lui. Sentì a malapena un gemito di disperazione di Pierrik. Improvvisamente, sentì la suola di una scarpa sulla sua spalla che lo spinse fino a trovarsi completamente con la schiena sul pavimento e vedere la sagoma di Lucien sopra di lui.«Non puoi combattere una guerra dove è già chiaro chi vincerà. Accetta il mio potere su di te e vedrai che tutto ti sembrerà più semplice di come potrebbe essere ora.»Richard lo fissò, scuotendo la testa, sentendo dolore ovunque, ma la forza d'animo era più forte di quanto in apparenza sembrasse.«Tu sei pazzo.»Mormorò fissandolo intensamente. Il piede dell'uomo si fece più pressante sulla sua spalla facendolo gemere per la sofferenza.«Cosa ti fa credere che io sia pazzo? Il fatto che io voglia il controllo su tutto ciò che mi appartiene, questo dovrebbe essere un difetto? No, non è così. E' qualcosa di potente e micidiale che solo chi non possiede scrupoli idioti come l'onore, la bontà e l'altruismo, può comprendere.»Richard non poté trattenere un altro gemito nel sentire la pressione del piede aumentare. «Vi prego lasciatelo stare!»Urlò a quel punto Pierrik, non riuscendo più a sopportare la vista di ciò che stavano facendo all'amico. Ma Lucien non sembrava vedere più nessuno intorno a sé all'infuori di Richard.«Lascia che io abbia il dominio su di te, Richard. Lasciati andare, non resistere! Se non vuoi farlo per te stesso, fallo per la tua famiglia.»Nella nube di dolore, sentire quella frase dalla bocca di Lucien, gli sembrò un paradosso. Strinse i denti, scuotendo la testa con decisione. Fu sollevato quando la presa si allentò fino ad andar via. Ma non appena lo stivale colpi di nuovo il punto dolorante, con più forza, sentì il respiro mancargli.«Non resistere!» Gli urlò Lucien, colpendolo ancora una volta, sempre con maggior potenza. «Arrenditi a me, uccidilo!» Richard, strinse i denti fin quasi a spezzarli, ma non emise più un solo suono. «Vuoi che succeda qualcosa di male alla tua famiglia? Rispondi!» continuò, infischiandosene delle urla di Pierrik. «La tua famiglia vale così poco? Preferiresti che li uccidessi a uno a uno? Da chi potrei cominciare? Tuo Padre? Sembra ormai in fin di vita, quindi non ne varrebbe quasi la pena. O tua sorella Crystal?»Sentendoli nominare dalla sua bocca, Richard sentì incrinarsi quel poco di autocontrollo.«No!»Urlò, tra il dolore e la disperazione del sapere quell'uomo così vicino ai suoi cari. Doveva lottare per loro, pensò con rabbia, avevano bisogno di lui. Ma non avrebbe sacrificato un innocente.«Preferiresti che morissero loro? Che li uccidessi nel sonno? O che soffrissero lentamente, facendogli notare che la colpa è soltanto tua!»Gli urlò Lucien, ormai abbattuta la sua maschera d'impassibilità e freddezza.»Sappi che quello che succederà a loro, sarà solo colpa tua! Perché hai sacrificato la tua famiglia per un individuo qualunque»I colpi si susseguivano sulla sua spalla ad ogni sua parola e Richard pensò di essersela rotta.«Basta solo che tu mi dica di salvare la tua famiglia ed io li risparmierò, lo prenderò come una tua devozione nei miei confronti e ucciderò l'altro.»Richard ormai era al limite. Sentiva le energie lasciarlo, mentre le sue parole riuscivano a entrare dentro la sua barriera di protezione. Lucien divenne rosso in viso, notando il suo silenzio.«L'hai voluto tu.»Mormorò, per poi voltarsi verso la guardia.«Mi sono stufato di farlo ragionare, è arrivato il momento di agire. Chissà se a quest'ora, la mia cara nipote, starà dormendo beata nel suo letto.»Richard s'irrigidì di colpo, comprendendo dalle sue parole, che Lucien non stava cercando di persuaderlo. L'avrebbe davvero uccisa! La consapevolezza lo fece rabbrividire e la paura lo invase, impedendogli di ragionare con lucidità. Si sollevò d'impulso, con una nuova energia, causata dalla rabbia. Tutto accadde molto velocemente. Afferrò per le spalle Lucien, nonostante il dolore che lo attanagliava e lo spinse fino alla parete.«Tu non le farai niente! Non toccherai la mia famiglia! Non osare toccarla!»Preso da una rabbia ceca, non notò immediatamente un piccolo sorriso spuntare sulle labbra di Lucien.«Cos'hai da...»Mormorò Richard accigliato, ma la sua voce si spezzò per la consapevolezza.«No, non intendevo questo...» «Hai fatto la scelta più giusta.» Mormorò Lucien, voltandosi poi verso il soldato che teneva Pierrik. Anche Richard si voltò di scatto in quella direzione, mentre il cuore sembrava volergli uscire dal petto. L'amico, avendo compreso all'istante il significato di quelle parole, sbiancò,con gli occhi sgranati dal terrore. L'unica cosa che vide Richard, fu la guardia dietro l'amico mentre prendeva dalla sua giacca qualcosa di luccicante. Impulsivamente, cercò di correre verso di loro per fermare l'uomo, ma qualcuno lo tenne stretto per le spalle. Richard sentì un fortissimo dolore e in quel momento la disperazione fu più forte del dolore.«No! Pierrik!»
Urlò per avvisarlo, ma sapeva che ormai era troppo tardi. Poté solo guardare con orrore la lama trapassare la schiena dell'amico fino a perforare l'altra parte. Dopo tutto ciò che gli era successo, aveva creduto che niente potesse più causargli orrore e dolore. Mai fatto sbaglio più grande. La lama intrisa di sangue, rimase per qualche secondo in quella posizione prima che l'uomo la estraesse dal corpo dell'amico, che rimase a occhi sgranati fissandolo intensamente. Richard non riuscì a distogliere lo sguardo dal suo, bianco in volto, scuotendo la testa. «Pierrik...» Bisbigliò. Pierrik lo fissò, quasi con rassegnazione, mentre il suo corpo cedeva.«Perché...» Fu l'ultima cosa che riuscì a dire, prima di cadere a terra mentre il sangue cominciava a invadere il pavimento. Quell'unica parola scosse Richard dal suo stato di trans, mentre il respiro cominciava a essere più affannoso e la rabbia unita al dolore, cominciava a invaderlo.«Pierrik!» Urlò con tutto il fiato che avesse in corpo, sfogando solo in parte la sofferenza con lo dilaniò, mentre si dibatteva più che poteva per raggiungerlo. Riuscì a colpire con la gamba chi lo teneva stretto, mentre la sua mente si rifiutava di ragionare e di calmarsi, riusciva a vedere solo il corpo inerme dell'amico.«Fermatelo.» Riuscì a malapena a sentire quell'unica parola, prima che qualcosa lo colpisse in testa così forte da farlo cadere a terra. Richard sollevò le palpebre, cominciando a vedere solo dei puntini neri.«Ha una resistenza notevole.» Sentì qualcuno dire, mentre la testa diventava sempre più leggera. Poi due stivali lucidi si misero di fronte a lui. Non riuscì ad alzare lo sguardo, ma comprese immediatamente di chi si trattasse. «Come hai potuto pensare di poter resistere a me? Quante altre persone dovranno morire prima che tu ti arrenda?» Furono le ultime parole che riuscì a sentire prima che il nero lo invadesse. Perché su una cosa, Lucien aveva ragione. La causa di quelle morti era stata solo sua.
Ripensare a quei momenti, gli dava ancora la stessa opprimente sensazione. Come se fosse accaduto solo il giorno prima e no più di un anno fa. Segno che il dolore e il senso di colpa erano ancora vivi dentro di lui, come una fiamma che aumentava ad ogni lieve soffio di vento. Per tutto il suo racconto era rimasto nella stessa posizione, non avendo il coraggio di voltarsi e di vedere l'espressione del viso di Julia. Infondo ce n'era davvero bisogno? Lui per primo era disgustato da se stesso, perché non avrebbe dovuto esserlo anche lei? Era più che ovvio, eppure non ne aveva il coraggio. Ogni cellula del suo corpo gli impediva di muoversi per voltarsi e guardare il suo viso. Sapeva che se avesse visto la sua repulsione, qualcosa in lui si sarebbe rotto per sempre, soffrendone immancabilmente. Allora perché glielo aveva raccontato? La risposta arrivò immediata e chiara. Perché lei meritava di sapere, meritava la sua fiducia.«Mi svegliai dolorante e inizialmente disorientato, ma ben presto nella mia mente apparve chiaro tutto ciò che era successo. Lo sconforto e l'angoscia fu inevitabile. Mai come allora mi ero sentito così solo. Da quel momento non legai più con nessuno per paura che succedesse ancora una volta, consapevole di essere diventato in qualche modo...» Julia, che era rimasta in silenzio ad ascoltare tutto, parlò per la prima volta notando che non parlava più.«Cosa?» Richard sospirò sommessamente. «Dopo ciò che era successo venni isolato urlarmi, un prigioniero si accorse che parlavo al suo compagno di cella e cominciò ad inveirmi contro .»Richard iniziò a sentir pulsargli la tempia, preludio di un sicuro mal di testa , ma continuò a parlare volendo ormai svuotarsi del tutto.«Mi urlò di stare alla larga da loro, che potevo ingannare molta gente col mio aspetto angelico, ma che in realtà ero soltanto un Ange de la mort.»Dentro di sé scaturì, inconsapevolmente una risata.«Mai nome era stato più azzeccato. Solo Pascal riuscì a non farsi coinvolgere e cercò un rapporto d'amicizia, nonostante tutti i miei tentativi di allontanarlo, affinché nessuno notasse il mio rapporto con lui. Non avrei mai permesso che succedesse un'altra disgrazia come quella di Pierrik.» S'interruppe consapevole che neanche quella volta era riuscito a salvaguardare le persone a lui care. Il silenzio in quella camera era ormai opprimente e sentiva di star per scoppiare. Sussultò quando sentì una mano calda sulla scapola.«E' così semplice incolpare gli altri delle proprie disgrazie. Una sensazione breve di pace, ma che in realtà scaturisce in noi solo più sofferenza. L'ho fatto per così tanto tempo, da non rendermi conto dove fosse la realtà delle colpe.»Richard chiuse gli occhi cullandosi della sua voce, mentre cominciava a farsi strada nella sua mente. Julia continuò, rimanendo dietro di lui, come ancorà stabile.«Ho sempre criticato mio padre per le sue scelte, non considerando mai altre possibilità. L'ho accusato di essere un debole, di aver lasciato la sua famiglia per seguire dei sogni, scostandomi da lui sempre di più. Non ho mai voluto pensare ad altre alternative.»Si rese conto, in quell'istante Julia, che a quelle parole ci credeva davvero. La verità le si parò davanti improvvisamente, come se non avesse aspettato altro che un segnale per farsi chiara nella sua mente. L'ultima volta che aveva visto il padre era stato durante l'ennesima discussione con sua madre. Si era così spaventata da quell'eccesso d'ira, da non voler che le si avvicinasse. Nei suoi occhi ricordò, aveva un'immensa tristezza e se gli occhi di una bambina non erano riusciti a vederlo, quelli di adesso riuscivano a interpretarli per ciò che erano. Occhi di un padre ferito. Lo sentì irrigidirsi sotto la sua mano. «Sarebbe così facile pensarla in questo modo, Julia. Ma tutto ciò che ho detto, e che hanno detto, è la verità.»Poté percepire la sua tensione e il suo tormento interiore, anche se le dava le spalle.«Finché ci saranno ancora nemici del mio passato, non potrò mai pensar al futuro. E soprattutto, non potrò condividerlo con nessuno.» Le ultime parole furono come una coltellata al cuore. Julia sentì lo stomaco sotto sopra e lentamente lasciò scivolare la mano lontana da lui. Stava di nuovo dividendo le loro strade. Come se avesse percepito il suo stato d'animo, Richard si voltò verso di lei e notando i suoi occhi colmi di lacrime trattenute, le si avvicinò.«Julia.»Mormorò il suo nome come una preghiera, per poi sospirare profondamente. Prese il suo viso tra le sue grandi mani, alzandolo per incrociare il suo sguardo.«Chiunque ci sia dietro è ovvio che non si fermerà fino a che non avrà raggiunto il suo obbiettivo. Se ti succedesse qualcosa... non credo di riuscir a sopravvivere questa volta.»Disse con voce affranta, avvicinando la fronte alla sua. Julia chiuse gli occhi, sentendo le lacrime scorrere sulle sue guance, era combattuta. Da una parte si sentiva maledettamente triste al pensiero che lui non volesse prospettare un futuro con lei. Ma dall'altra percepiva il cuore battere all'impazzata al pensiero che lui provasse per lei qualcosa di così forte, anche se non l'aveva mai detto chiaramente. Ma quelle parole furono più che sufficienti. Adesso un altro pensiero le attraversò la mente. Doveva dirgli del Bandito, parlargli dei suoi dubbi. Aprì la bocca, esitante. «Richard, io ho qualcosa da dirti.»Lo sguardo dell'uomo si fece più attento pronto ad ascoltarla. Sentì il cuore battere forte, mentre cercava di respirare profondamente.«Io... io, ho notato i segni sul corpo di Pascal.»Disse alla fine, detestandosi in quel momento. Non ci riusciva. Non poteva dirglielo in quel momento, non così. Se avesse parlato dei suoi incontri col Bandito, senza avere altre informazioni valide, affinché Richard potesse usarle a suo favore, l'avrebbe frainteso come un tradimento nei suoi confronti, odiandola. No, non voleva che questo succedesse. Mancava ormai poco all'incontro col Bandito e avrebbe avuto tutte le informazioni necessarie per poter parlare liberamente con Richard e dirgli tutto quanto col cuore più leggero. Si sarebbe arrabbiato comunque per la sua imprudenza e per averglielo nascosto, ma di fronte a quelle notizie si sarebbe ripreso e l'avrebbe perdonata. Quest'ultimo, nel frattempo, la fissò per un attimo con attenzione e lei si sentì a disagio sotto il suo sguardo penetrante. «Sì» disse alla fine. «E' stato soprattutto grazie a quei segni che ho compreso che c'entrava il mio passato. Sono gli stessi segni fatti in punti precisi del corpo per torturarti e portarti all'obbiettivo di confessare qualsiasi cosa, alla fine erano solo dei sadici potremmo dire.»S'interruppe riflettendo più attentamente sulla frase pronunciata della donna, per poi fissarla intensamente.«Tu cosa ne sai esattamente?»Julia abbassò lo sguardo per un attimo, consapevole che dicendo quella frase avrebbe ovviamente causato un sospetto in Richard, ma era la prima cosa che le era venuta in mente in quel momento per sostituire quella che stava per dire.«Ho avuto modo di conoscere Simon molto da vicino in passato.»Mormorò, avendo ancora difficoltà a parlare di ciò era successo. Il viso di Richard cambiò diverse volte espressione, da stupito a desolato, poi arrivò la rabbia.«Dimmi che cosa è successo.»Bisbigliò, come se riuscisse a stento a parlare. Notando l'esitazione di lei, cercò di addolcire la sua espressione, ma con grosse difficoltà.«Per favore.» Julia fece un respiro profondo, prima di decidersi a parlare e confessare tutto ciò che era successo con Simon. Gli raccontò tutto, la sua paura iniziale che poi diventò terrore quando aveva compreso che nessuno sarebbe arrivata a salvarla. Non ne aveva parlato con nessuno da allora e si rese conto di non essere riuscita mai a sfogare quella paura con qualcuno, neanche con Crystal e Madame Morel. Richard l'ascoltò in un silenzio totale e solo dopo che le sue forti braccia la tennero stretta, si rese conto di star piangendo. «Mi dispiace immensamente.» Lo sentì mormorare sulla sua fronte. «Perché? Tu non potevi saperlo.»
«Mi dispiace di non esserci stato, mi dispiace per ciò che ti è capitato a causa di quei mostri.» Nella sua voce riusciva a percepire asprezza e rabbia trattenuta. Julia si strinse a lui, cercando di controllare le sue lacrime. Rimasero così per un po', prima che Richard ricominciasse a parlare. «Quindi riesci ancor di più a comprendere i miei timori.» Disorientata Julia si staccò leggermente da lui, per poi fissarlo. «Cosa?»
«Quei segni sul corpo di Pascal sono la dimostrazione che qualcuno del mio passato è ritornato per terminare ciò che aveva cominciato.» Julia sgranò gli occhi, turbata e spaventata, anche se il sospetto era venuto anche a lei»
«Ma Richard, com'è possibile? Crystal mi ha assicurato che sia Simon che Lucien sono morti quel giorno...»
«I diavoli sono duri da uccidere.» La interruppe lui oscurandosi in viso. Julia tremò al solo pensiero.«No. Non puoi credere veramente...» Ma nel suo sguardo Julia poté notare il dubbio nascere in lui e la paura la invase. «Com'è possibile che...»
«Sono sicuro della morte di Simon. L'ho visto con i miei occhi.» Si staccò da lei, come a voler allontanarla da ciò che stava per dire, affinché non la macchiasse. «Ma non posso dire la stessa cosa di Lucien.» Julia sentì il corpo tremare. Non aveva avuto modo di vederlo, ringraziando a Dio, ma Crystal l'aveva descritto in modo abbastanza esaustivo, così come la sua morte.«Ma Richard, l'incendio...»
«Non abbiamo certezze che sia morto. La parte del castello andava ancora a fuoco quando abbiamo portato via Crystal e David e quando siamo tornati non era rimasto altro che cenere.»Non riuscì a guardarla negli occhi mentre terminava. «Onestamente non ho mai pensato che ci fosse la possibilità che fosse sopravvissuto. Ma dopo tutto ciò che è successo, gli attacchi agli animali, l'entrata delle prigioni sotterranei aperte, dove io per primo mi sono assicurato che fossero state chiuse per sempre...» Strinse le mani a pugno, fino a sentire le unghie penetrare sulla carne. «E adesso la morte di Pascal, con il corpo pieno di quei segni. Solo chi ci è passato può riconoscerli perfettamente.» Julia non emise suono, mentre tanti pensieri cominciarono a passarle in mente. C'era qualche collegamento con il Bandito? Era mai possibile? La sua decisione poteva mettere in pericolo tutto ciò che aveva cercato di proteggere? Niente era davvero al sicuro e Pascal ne era la dimostrazione. Notando il suo viso tormentato, Richard le si avvicinò, baciandola sulla fronte.«Rimani con me. Per stanotte. Domani farò in modo di organizzare il tutto in modo più discreto possibile affinché tu vada via subito dopo il ballo in maschera.»
Julia aprì gli occhi di scatto, scostandosi da lui.«No!»
Le uscì prima ancora di poter trattenersi. «Perché? Perché vuoi mandarmi via? Non puoi credere che allontanando la gente a te cara si possa risolvere tutto.» Lo fissò determinata più che mai a chiarire quel punto. Non sapeva cosa sarebbe successo, dopo che avesse parlato con il Bandito, ma era sicura di una cosa. Non l'avrebbe lasciato. «Non ti permetterò di allontanarmi, costi quel che costi, io rimango qui. Con te!» Dopo un primo momento di esitazione a quel fervore, Richard si riprese per poi fissarla accigliato.«Sono io che non permetterò che tu rimanga un solo giorno più del necessario. Ciò che ho detto prima non era uno scherzo e la probabilità che in mezzo ci sia qualcuno di molto pericoloso è altissima. Sia io che Pascal, giorni fa, abbiamo avuto il sospetto che qualcuno stia facendo da spia per loro conto. Potrebbe aver notato il nostro rapporto e averli avvertiti.» La informò. «Non me ne importa niente. Io non ti lascio da solo ad affrontare tutto questo.» Ribatté lei decisa. «Non mi sfidare Julia, o non esiterò a mandarti via domani stesso se sarà necessario.»La minacciò deciso a non cedere. «Ma perché reagisci in questo modo? Perché allontani tutti ad ogni difficoltà che trovi, perché mi allontani!»
«Perché non voglio vederti fare la stessa fine di Pascal e Pierrik!»Le urlò a quel punto, Richard. Entrambi erano quasi senza fiato a causa delle loro urla. Julia si sentì sconcertata da quell'ultima risposta.«Richard.»Mormorò il suo nome con voce più lieve, stavolta. Richard rimase con la stessa espressione accigliata, deciso a rimanere fermo su quel punto.«Te l'ho già detto prima, se ti succedesse qualcosa io non riuscirei a sopravvivere. Ho superato a malapena la morte di Pierrik, adesso sto ancora assimilando quella di Pascal.»Il suo sguardo divenne quasi implorante, mentre parlava.«La tua morte sarebbe la mia. Ti prego, se provi davvero un briciolo del sentimento che hai sempre detto di avere per me, non insistere e vattene senza discutere.» Julia sussultò, sentendosi in trappola. «Non è giusto, Richard. Non puoi usare l'amore che provo per te.» Il suo sguardo non lasciò mai il suo. «Non mi hai lasciato altra scelta.» Julia, strinse le mani tra loro, sentendole tremare. Cosa poteva fare? L'aveva bloccata in modo spietato, non dandole alcuna via di fuga. Non riuscendo più a resistere, si voltò di scatto, correndo verso la porta. «Julia.» Sentì a malapena la sua voce richiamarla, ma lei non rispose a quel richiamo finché non arrivò alla porta, continuando a dargli le spalle. «Non posso cambiare la mia indole. Non posso cambiare ciò che sono. Ed è proprio l'amore che provo a dirmi che devo restare con te. La mia anima ha bisogno di te come la tua di me. Lo vedo nei tuoi occhi.»
Detto questo uscì, chiudendo all'istante la porta per non guardarlo e dirigersi verso le scale. Pochi instanti dopo un rumore di vetri rotti raggiunsero le sue orecchie. No, niente le avrebbe fatto cambiare idea.
Molti della servitù non aspettarono l'alba per alzarsi e cominciare a lavorare. Il giorno dopo sarebbe stato l'ultimo del ricevimento e tutto doveva essere pronto in ogni minimo dettaglio. Ma innanzitutto c'era ancora una cosa da fare, prima che la giornata iniziasse. Salutare per l'ultima volta Pascal. La messa si fece in una piccola chiesa del villaggio dove molti residenti e un'esigua parte della servitù parteciparono per l'ultimo saluto all'amico. Sia Carole che Roger vollero essere presenti alla messa a tutti i costi, come i gemelli e Angel. Corinne preferì rimanere al castello e gli altri non insistettero, comprendendo quanto sarebbe stato difficile per lei, ricordandole la morte del marito. Julia si mise, insieme alla compagnia, seduta nel banco ad ascoltare il prete mentre procedeva con il rito funebre. Qualche volta, nell'arco della messa, si ritrovò a sostenere la cuoca afflitta dal dolore e dalle lacrime. Un rumore improvviso la portò a voltarsi indietro. Vide Richard varcare la grande porta massiccia e richiuderla dietro di sé, stando lì fermo e in piedi. Julia rimase per qualche tempo a fissarlo, pensierosa. Dopo essere uscita dalle stanze di Richard, si era diretta nella sua per poi lasciarsi andare allo sconforto. Si era svegliata con un gran mal di testa e la consapevolezza di ciò che era successo lo fece solo intensificare. Come ad averla percepita, i loro sguardi si incrociarono. Julia sussultò, ma rimase ferma in quella posizione. Lui non mollò lo sguardo per un po', prima che i suoi occhi si riducessero a due fessure per poi voltarsi di nuovo verso il rito. E mentre il suo sguardo andava verso la bara, poté notare Julia, i suoi tratti s'irrigidirono e il suo sguardo divenne vacuo. Ma non si mosse di lì, non si avvicinò, preferendo restare isolato e piangerlo in silenzio. Julia si sentì il cuore stringersi per lui e si maledisse per quella stupida discussione avuto la sera prima. Adesso sembrava così sciocca e insensata. «Che la tua anima vada in pace insieme a Nostro Signore, poiché non l'hai avuta qui in questo mondo di gente crudele e vittime anche loro del peccato. Perché l'uomo non nasce crudele, ma le tentazioni e il percorso che la vita ci pone, porta a volte a non saper più distinguere quale sia il bene e quale sia il male.»Le parole del sacerdote fecero scaturire in lei diversi pensieri. L'uomo non nasce crudele, ma era innegabile pensare che la crudeltà di questi soggetti potesse scaturire solo altra crudeltà, contribuendo a coinvolgere gente innocente. Il suo sguardo ricadde ancora una volta su Richard. I suoi tratti si erano induriti e poté notare i suoi occhi diventare scuri di determinazione. Julia si sentì rabbrividire. Ritornarono al castello in un cupo silenzio. Non appena varcarono la soglia della cucina tutti si voltarono verso di loro, ma bastò dare uno sguardo ai visi scuri per adombrare anche il resto della servitù e tutti si adoperarono in silenzio, disturbato solo dai rumori di pentole e oggetti vari. Rimasero in quell' atmosfera tesa e scura per più di un'ora. Julia diede un'occhiata generale in giro, sentendosi oppressa. Non riuscendo più a sopportare quel clima, presa da un'improvvisa voglia, afferrò il coperchio di una pentola e lo sbatté energicamente sul tavolo, facendo un gran baccano. Il fracasso sorprese tutti, ritrovandosi per la sorpresa alcuni a emettere dei gridolini e altri ancora rischiare di far cadere qualcosa che tenevano in mano. Molte teste si voltarono contemporaneamente verso chi aveva emesso il suono.«Accidenti Julia! Mi hai fatto rizzare i capelli in testa.» Inizio Andrè, mettendosi una mano nei capelli. Carole, mise una mano sul petto. «Per quanto mi riguarda sto ancora aspettando che il mio cuore ricominci a battere.»Anche Angel, che spesso e volentieri manteneva un'espressione impassibile, le lanciò uno sguardo accigliato. Julia aspettò di ottenere l'attenzione di tutti prima di parlare.«Scusatemi non volevo farvi spaventare, ma era l'unico modo per far tornare tutti voi nel mondo dei vivi. Sembra che dalla funzione abbiate accompagnato Pascal nel suo ultimo viaggio.»Sapeva di dire delle parole crudeli, ma doveva scaturire una reazione da parte loro prima di poter reagire. Infatti non tardò ad arrivare, cominciando da Roger. «Scusami un po' signorina, forse non è stata una gran perdita per te. Ma per me era come un terzo figlio.» Anche Carole si aggiunse.«Ha ragione Roger, era un ragazzo d'oro e la sua morte ci sta straziando profondamente. Non meritava di morire in questo modo.. lui...» Non riuscì a finire poiché le lacrime invasero le guance rotonde della donna, che venne sostenuta da Roger, anche lui aveva uno sguardo amareggiato. Fu la volta di Vincent di dire la sua. «Scusaci Julia, ma credo che tu non possa comprendere ciò che stiamo provando noi in questo momento.»Disse con un accenno di amarezza. «No, è vero, non posso comprendere.»Mormorò alla fine lei. «Ho ascoltato le vostre storie e posso solo immaginare cosa stiate provando in questo momento.» Non appena si rese conto di avere l'attenzione di tutti, parlò.
«Ho conosciuto Pascal per pochissimo tempo, non posso certo dire che fossimo grandi amici, ma ho avuto spesso modo di parlare con lui e di riceve in molte occasioni il suo supporto e i suoi consigli. Era mio amico e la sua morte mi ha straziato. Non credo ci sia mai stato qualcuno come lui con una così gran voglia di vivere e di ricominciare dopo ciò che ha vissuto.» Li fissò con più determinazione, convinta di ciò che stava per pronunciare. «Ed è per questo che sono certa che lui non avrebbe mai voluto vederci in questo stato. Avrebbe voluto che andassimo avanti con la voglia di vivere, la stessa voglia che l'ha contraddistinto.» Sorrise con dolcezza fissando Carole. «Sono sicura che in questo momento sta scuotendo la testa, dandoci degli sciocchi.» La donna, ancora in lacrime, ma più serena fece due respiri profondi prima di parlare.«Hai ragione. Conoscendolo in questo momento direbbe, cosa sono quelle facce lunghe? Andiamo a divertirci, prima che Sua Grazia se ne accorga e ci chiuda nelle prigioni.» Quella frase creò un'ilarità generale, alleggerendo l'atmosfera. Anche Julia rise, sentendosi il cuore più leggero.«Sono sicura che lo sta dicendo anche adesso da lassù. E direbbe anche di stare sereni perché lui adesso sta bene, ma lo sarà del tutto solo se lo sarete anche voi.» Molti di loro annuirono. Pascal era un uomo allegro, gioioso e avrebbe voluto che anche i suoi amici continuassero a esserlo. Improvvisamente Andrè colpi con entrambe le mani il tavolo per poi alzarsi da dove era seduto rivolgendo a tutti un gran sorriso. «Bene, se ciò renderà felice Pascal, mi adopererò affinché non si preoccupi anche da lassù. Conoscendolo, verrebbe a spaventarmi di notte.» Uscì a compiere il suo lavoro, scatenando un'altra risata. «Anch'io m'impegnerò affinché Pascal sia felice di noi.» Disse Vincent seguendo il fratello. «Anch'io.»
«Anch'io» mormorò qualcun altro e in poco tempo, tutti si rimisero a lavoro, ma con un'atmosfera più serena. Julia si sentì osservata e voltandosi, trovò suo padre poggiato alla parete scrutandola con uno sguardo da... padre orgoglioso. Julia sentì qualcosa riscaldarsi dentro sé. Sentendosi a disagio sotto il suo sguardo, si voltò per dirigersi alla porta, non prima però di rivolgere un sorriso, anche se teso, all'uomo. Uscì in fretta dalla cucina per sbrigare le ultime incombenze .«Julia.»
Si fermò, ma non riuscì a voltarsi. Non aveva avuto modo di analizzare in modo profondo ciò che aveva detto ieri sera a Richard, ma le ricordava ancora bene le parole e tutt'ora sentiva un disorientamento di sentimenti nei confronti di quell'uomo. Quest'ultimo non si fece intimorire dalle sue spalle e le si avvicinò. «Sei stata davvero brava prima. Sei cresciuta bene, anche senza di me.» Le ultime parole furono pronunciate con un tono che riconobbe nostalgico e triste. Julia mise una mano sul viso non sapendo come interpretarlo e soprattutto cosa rispondere. Ma l'uomo non aveva ancora finito. «Ho sempre sognato, in tutti questi anni, di vederti e conoscerti meglio. Ogni giorno mi domandavo, come sarà? Mi assomiglierà? Adesso ho tutte le risposte e devo dire che non sono mai stato così orgoglioso di essere tuo padre.» Julia non si mosse di un millimetro, ma sentì nascere nel cuore una piccola scintilla di speranza per ricominciare. «Se avremo tempo, prima del ballo in maschera, potremmo fare una passeggiata nei giardini.» Propose lei. «Ne sarei felice.» Nella voce del padre, poté sentire l'emozione per l'idea. Lo salutò velocemente per poi allontanarsi. Forse c'era davvero la possibilità di una ricongiunzione e decise che quella sarebbe stata la carica perfetta per affrontare l'ultima sfida di quella lunga giornata. La più dura.
La notte coprì il giorno e con essa cominciarono a subentrare le sue emozioni. Manca ormai poco. Presto finirà tutto. Era quello che si diceva Julia per incoraggiarsi, mentre aspettava che il castello si facesse silenzioso. Tutti gli ospiti si erano ritirati nelle loro stanze in anticipo per potersi preparare all'impegnativa giornata che li attendeva l'indomani. Non aveva incrociato Richard per tutto il giorno, né lui aveva cercato di vederla e questo la rattristò. Sperava almeno, con questo incontro, di portare buone notizie e finalmente poter dire tutta la verità. Uscì dalla porta sul retro, con un'agitazione superiore all'ultima volta. «Forza Julia, un ultimo sforzo.» Si diede coraggio, mentre si dirigeva verso la boscaglia. In poco tempo arrivò al punto deciso due giorni prima con il Bandito. Si guardò intorno aspettandosi di veder spuntare quest'ultimo da un momento all'altro, ma ciò non avvenne. Con un sospiro, si sedette sul terreno morbido, poggiando la schiena al tronco di un albero. Mentre aspettava, non poteva fare a meno di lasciare che la sua mente vagasse. La morte di Pascal, l'avvicinamento con suo padre, lo scontro e le verità sul passato di Richard. Erano successe così tante cose, in quel brevissimo lasso di tempo. Chissà cosa sarebbe accaduto non appena avrebbe avuto le informazioni che aspettava da tanto tempo. Ma il tempo passava e ancora non c'era nessuna traccia dell'uomo. Cominciò ad accarezzarsi le braccia irrigidite dal venticello freddo e aprì bene le orecchie, cercando di sentire anche il minimo suono di stivali che calpestavano l'erba. Ma non avvertì nessun suono, se non quello di qualche animale. Julia rabbrividì per un motivo ben diverso del freddo. Ciò che era successo a Pascal era la dimostrazione che quel luogo non era per niente sicuro. Si sollevò dal posto in cui era stata finora con un balzo. Se non fosse stato perché desiderava ardentemente sentire le informazioni del Bandito, sarebbe corsa via di lì il più velocemente possibile. All'improvviso, un rumore di foglie secche calpestate, attirò la sua attenzione. «È lui» mormorò sentendosi rassicurata, guardandosi in giro per cercare di orientare il suono con la vista. Il suono si fece più chiaro e lei si voltò verso la sua sinistra. Vide una sagoma oscura avvicinarsi.
«Finalmente, ce ne hai messo di tempo.» Lo rimproverò. Si fece avanti, ma non appena fu più vicina riuscì a distinguere la sagoma e Julia sentì il cuore battere all'impazzata. Gli occhi di Richard sembravano volerla fulminare in quello stesso momento, mentre la raggiungeva. «Scusa il ritardo. Ho aspettato dalla mia finestra che tornassi sui tuoi passi non appena ti sei inoltrata qui. Ma non vedendoti ancora comparire sono sceso per raggiungerti. Oh, mi dispiace, forse non sono colui che aspettavi?»Il suo tono di voce, anche se calmo e cordiale, era solo un'apparente gentilezza. In realtà Julia poté percepire la sua rabbia e i suoi tratti irrigiditi dal furore nel vederla lì, considerando che aspettava qualcun altro. Mai come quella situazione poteva essere fraintesa in qualunque altro modo che un incontro clandestino. «Richard non è come pensi.» Cercò di spiegarsi. L'altro alzò le spalle, guardandosi intorno. «A me sembra più che evidente. Chi aspettavi?»Vide le mani chiuse a pugno, come se fosse pronto a picchiare qualcuno. Julia gli si avvicinò in fretta. «Davvero Richard, non è come sembra. E' vero aspetto qualcuno, ma non è come credi!» Ripeté immediatamente, non appena vide il suo sguardo farsi più duro. «Ti giuro che questo non è un incontro romantico. Come potrei farlo quando io amo soltanto te?»Disse, comprendendo quali fossero i suoi pensieri. Con sollievo vide il suo sguardo farsi dubbioso e il suo corpo ammorbidirsi .«Allora, cosa ci fai qui?»Le chiese. Julia esitò. E adesso? «Mai il mio cuore è stato più ferito da delle parole.» Entrambi sussultarono sentendo una terza voce dietro di loro. Istintivamente, Richard spostò col braccio Julia dietro di sé, voltandosi verso chi aveva parlato. La sagoma era coperta dall'ombra dell'albero, ma Julia lo riconobbe immediatamente. «Bandito.» Mormorò, mettendosi subito dopo le mani sulle labbra e dandosi dell'idiota, notando lo sguardo allibito di Richard. Nel frattempo il Bandito continuò con la sua finta sceneggiata, avvicinandosi lentamente.«Come hai potuto dire delle cose del genere, approfittando del mio ritardo?» Pronunciò lui con ironia, divertendosi alla vista di un Richard furente. «Cosa ci fai qui? Avevo sperato di non rivedere mai più la tua maschera, se non sulla forca.» Gli ringhiò contro il Duca. Il Bandito incrociò le mani sull'ampio petto, per poi ridere di gusto, scatenando ancor più l'ira dell'uomo. Julia sentiva la tensione aumentare, consapevole della situazione pericolosa in cui si trovava. S'irrigidì, notando che il viso mascherato si era volto verso di lei. «Noto che Sua Grazia non sa nulla dei nostri rendez-vous.»Notando che nessuno dei due emise una sola parola, continuò. «Ah, comprendo. Hai preferito tenerlo segreto. Penso che tu abbia fatto la cosa più giusta.» Julia sentì il cuore stringersi e notando la schiena irrigidita di Richard, comprese che era nei guai fino al collo.«Richard, non è come pensi...»
«Tu non hai idea di cosa stia pensando.»La voce dell'uomo era più tagliente di un coltello affilato e Julia non riuscì ad emettere un solo suono. Forse, notando il viso cereo della donna, il Bandito ebbe pietà di lei perché non continuò. Fece per schiarirsi la voce prima di parlare. «Ebbene, non credo voi siate nella posizione di poter criticare la dama. Ognuno di noi possiede dei segreti, no? Molti di questi tendono ad essere difficili da rivelare e voi dovreste saperne qualcosa.» Nella sua voce ogni traccia d'ilarità era svanita, sostituita da un tono molto più aspro. Richard fece un passo verso di lui con i pugni chiusi, pronto ad azzannare come un leone la sua preda.«Non accetto certamente le parole di un mascalzone come te e tanto più se sono consigli.»Il suo sguardo emetteva, più che mai, disprezzo. «Un uomo che mantiene una maschera, per nascondere il suo vero essere, non può certo considerarsi tale.» Julia fissò entrambi con irrequietezza, non sapendo cosa sarebbe successo di lì a poco. Il Bandito non ribatté alle parole di Richard, ma sorprendentemente annuì.«Sì, forse avete ragione. In effetti, ora che ricordo, aveva detto qualcosa di molto simile anche alla vostra governate. Sapete, ad uno dei nostri incontri.»L'ultima frase era stata detta con il solo scopo d'irritare il Duca ancor di più. Quest'ultimo non emise una parola, ma il suo respiro si fece più accelerato. Intanto l'altro uomo, si avvicinò di qualche passo, mettendosi sotto la luce della luna. Julia poté ancora una volta notare il luccichio sull'orecchio destro. Come pensava era un orecchino. Un cerchio con al centro una pietra preziosa, ma non riuscì a riconoscere quale essa fosse. Il Bandito si avvicinò ancora un po' alla coppia, avendo però la precauzione di distanziarsi abbastanza dall'uomo.«Abbiamo una cosa in comune. Neanche'io vi considero abbastanza uomo da poter ascoltare le vostre parole.»Le sue parole erano piene di rabbia, trattenuta a malapena. Era evidente che nessuno dei due adesso volesse girare intorno con delle frecciatine, ma scoprire entrambi le loro carte.«Ma vi accontenterò su una cosa.»Mormorò l'uomo, per poi avvicinare le mani dietro la maschera. Sia Richard che Julia trattennero il fiato sorpresi. Notando lo sgomento di entrambi, l'altro sorrise.«Penso sia arrivato il momento. Ma che sia ben chiaro.»
Aveva già sciolto il nastro che teneva la maschera, ma continuò a tenerla sospesa.«Se lo sto facendo è solo perché voglio che tu sia completamente consapevole di ciò che succederà dopo.»Avvisò per poi togliere la maschera. Sia Richard che Julia rimasero a bocca aperta. Quest'ultima, mise entrambe le mani sulla bocca. Mio dio, fu il suo primo pensiero non appena vide i tratti del viso dell'uomo. I suoi occhi, lì fissò come ipnotizzata, erano blu zaffiro. Esattamente come quelli di Richard. Quest'ultimo non poteva creder a ciò che vedeva. Non poteva crederci! Il respiro era corto, mentre cercava di mormorare qualcosa.«Chi diavolo sei?» Julia fissò il viso dell'uomo con più attenzione. I tratti erano molto simili a Richard e solo una cicatrice, che solcava il viso sulla guancia destra, fin quasi a toccare il bulbo, poteva spostare l'attenzione, ma era impossibile negarlo. Il centro del loro sgomento, fece un piccolo sorriso, soddisfatto dei loro volti.«Potremmo anche dire da chi diavolo sono nato.» Quella frase bastò a Richard per comprendere tutto, anche se riusciva a stento a crederci.«Com'è possibile!»Urlò. Sapevano entrambi che la sua non era una domanda. L'uomo smise di sorridere e i suoi occhi divennero freddi come il ghiaccio.«I piaceri della carne a volte fanno brutti scherzi, non trovi? Non mi sono ancora presentato ufficialmente, anche se, immagino tu abbia già compreso tutto.» Disse rivolto a Richard, che rimase fermo in un pieno tumulto interiore. L'altro si piegò con un profondo inchino, come se fossero ad un gran ricevimento, per poi sollevarsi con uno sguardo zaffiro, pieno di rancore, odio e determinazione per concludere ciò che aveva cominciato.
«Mi chiamo Cédric. Ma il mio nome completo è Cédric Duval, figlio di Lucien Duval.»
PICCOLO SPAZIO A ME!!!!!!!
BUM, BUM, BUM, BUM!!!!!!!!!!!!!!!!!
Eccomi, con un nuovo capitolo pieno di colpi di scena e di misteri in parte svelati.
Penso sia stato uno dei capitoli più difficili da scrivere, emotivamente parlando.
La morte di Pascal è stata dura.
Verità che sono uscite allo scoperto, rivelando ciò che era successo a Pierrik e non solo!
L'effetto a sorpresa finale!!!!!
Direi che non è mancato niente a questo capitolo. XD
Purtroppo, e lo dico con dolore al cuore, sta per terminare anche questa storia. Mancano solo 3 capitoli, alla fine del Lo specchio dell'anima!
Cosa succederà?
Che intenzioni avrà Cédric? (detto Sédric, per chi non lo sapesse.)
Il Ragno, attaccherà alla festa?
E come reagirà Richard ai segreti, mantenuti per tutto quel tempo, di Julia?
Lo scopriremo al prossimo capitolo!
La fine è ormai vicina e solo l'amore potrà aiutarli!
CIAO RAGAZZI!!!!!!!!!!!!!!!!
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