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5. HANNO ACCETTATO??

Fu così che il giorno dopo mi alzai alle quattro e mezza per andare al fatidico appuntamento. Di solito io e Lys ci alzavamo verso le sette, andavamo a fare colazione per le otto, otto e un quarto e al suono della prima campanella andavamo in classe. Quella volta non avevo la minima voglia di alzarmi un'ora prima, quindi se di solito avevo tempo di sistemarmi bene non era questo il caso.

Mi misi la divisa cercando di non svegliare mio fratello che stava beatamente russando, godendosi altre due ore e mezza di sonno. Non ebbi la forza di pettinarmi i capelli, così li lasciai spettinati. Non erano proprio terribili. Però non erano neanche bellissimi come al solito.

Mi trascinai fino al settimo piano, maledicendomi per aver scelto uno dei punti più alti del castello. Ero molto curiosa perché ieri sera, dopo aver riletto e controllato bene il foglietto, avevo scoperto una piccola scritta. 

P.S. Domani devo dirti una cosa, fai parlare prima me.

Dopo cinque minuti arrivò anche Albus ed io non persi tempo a mostrare il mio disappunto.

«Tra tutti gli orari possibili proprio le cinque del mattino dovevi scegliere?! Ho una faccia da zombie.» Mi lamentai mettendomi le mani sulla faccia. «No dai, i tuoi capelli sono bellissimi.» Disse con una faccia da angelo o, come la chiamo io, da ruffiano. Tra tutto ciò che poteva dire proprio i capelli?

«Non adulare i miei capelli. Stai facendo il ruffiano, vero? Stai cercando di farti perdonare per avermi buttato giù dal letto alle quattro e mezza della mattina?»

«No. Non è vero. Tu sei sempre bellissima.» Disse con un sorriso. Un maledettissimo e bellissimo sorriso. «Ruffiano. Che cosa dovevi dirmi?»

«Ah sì. Riguarda le vacanze.» Si illuminò. «Ok. Allora parliamone adesso così dopo entriamo nella Stanza delle Necessità.» Risposi, mentre nel mio cuore pregavo che fossero belle notizie.

«Cos'è la Stanza delle Necessità?» No aspettate, so già cosa state pensando. Veramente il figlio di Harry Potter non sa cos'è la leggendaria Stanza delle Necessità? Eh già. Albus non aveva la minima idea di cosa fosse. Anche io ero stupita.

«Non sai cos'è la Stanza delle Necessità? Ok, ti spiegherò pure quello. Che dovevi dirmi?»

«I miei hanno accettato.» Disse prendendomi per mano. Era super felice. Si vedeva lontano un miglio. «Oddio davvero?! E i tuoi cugini??» Chiesi euforica mentre facevo un piccolo saltello.

«Pure loro, anche per Camille.» Non risposi. Non c'erano parole per descrivere la mia felicità. Lo abbracciai di slancio e lui subito mi strinse a sé mentre rideva. Poi un pensiero mi passo per la mente.

«Oddio. No. No no no no...» Esclamai mentre mi staccavo dal corpo caldo di Albus. «Che succede?» Mi chiese preoccupato, ma sempre stringendomi la mano.

«Devo dirlo anche a Luna, partiamo domani, ci vogliono almeno due giorni. Che faccio?» Non avrei mai fatto in tempo.

«No problem, ci hanno già pensato i miei.» Mi disse con un sorriso mentre mi tirava di nuovo verso di sé per avvolgermi ancora con le sue braccia. «Ci hanno già pensato i tuoi? Io penso di amarli.» Sentì un rumore. Era molto leggero, ma lo avevo sentito.

«Adesso muoviamoci ad entrare che ho sentito un rumore.» Dissi mentre, sciolto l'abbraccio, gli presi una mano per portarlo nel punto esatto. «Ok mammina.» Mi canzonò lui, mentre non opponeva resistenza al mio tocco.

Passai tre volte davanti al muro, pensando ad una stanza comoda con delle poltrone. Aprì la porta ed entrammo. Ci avevo sentito giusto con il rumore. Infatti, mentre chiudevo la porta, vidi Mrs Purr. Ma lei e il suo padrone moriranno mai?

Appena entrati c'era un buio pazzesco. Avevo dimenticato di chiedere delle finestre e, tanto per non farci mancare nulla, mi accorsi di aver dimenticato la bacchetta in camera. Apparì un pulsante che fece accendere delle candele ed un camino.

«Albus, benvenuto nella Stanza delle Necessità!» Dissi aprendo le braccia per mostrargli quello spettacolo. Mi ricordo la prima volta che ci sono entrata. Ero al primo anno e stavo pensando a ciò che mi aveva detto mio padre su quella stanza. Da perfetta Corvonero sono andata immediatamente a controllare. E aveva ragione. È stato fantastico.

«Non sto capendo...» Mi rispose mentre si sedeva sulla poltrona verde e trascinava me su quella blu.

«Tranquillo, ora ti spiego. Allora, la Stanza delle Necessità, detta anche la Stanza che Va e Viene, è una stanza che appare a chi a bisogno. Nel senso, tu ora la vedi con delle poltrone perché mi serviva un posto comodo e caldo. Sai, mi manca il mio letto dato che mi hai buttato giù alle quattro e mezza della mattina. E no, non continue, cioè continuerò sempre a ricordartelo, a fartelo ricordare.» Iniziai, anche se mi bloccai subito dopo aver formulato le ultime frasi più di una volta.

«Non è che tu stia collegando il cervello più di tanto.» Mi fece notare mentre non la smetteva di fissarmi.

«Senti sono le cinque e mezza di mattina e nonostante io sia sveglia da un'ora, il mio cervello è settato su "dormire" in questo momento. Comunque, la Stanza delle Necessità ti ascolta. Se per esempio io adesso vorrei degli-» Neanche il tempo di finire la frase che apparvero subito degli appoggia piedi. Vidi Albus abbastanza confuso. Come un Nato-Babbano che vede per la prima volta una magia. 

«Ma cosa...» Esclamò mentre si guardava in giro.

«Visto? Mi stupisco che tu non sappia dell'esistenza della Stanza delle Necessità.» Riflettei ad alta voce mentre il mio sguardo si perdeva nelle fiamme scoppiettanti del camino. «E perché?» Disse mentre avvicinava la sua poltrona alla mia.

«Al quinto anno dei nostri genitori è stata utilizzata per allenare l'Esercito di Silente, usato contro la Umbridge. Vabbè, tuo padre ti avrà parlato di quel rospo rosa inutile, giusto?»

«Sì.» Disse con una smorfia di disgusto. «Ecco. I miei facevano parte di questo Esercito di Silente. Lo dirigeva tuo padre, mi stupisce che tu non sappia della sua esistenza.»

«Già, non me ne ha mai parlato. Chissà perché. E Xavier?» Mi chiese, portando la conversazione sul vero motivo per il quale eravamo lì.

«Ok. Allora, il corso per speciali si tiene due volte l'anno per due mesi. Un mese verso inizio anno e uno verso la fine. Tutti gli anni cambiano i posti: il primo anno vicino ad Hogwarts, il secondo vicino Beauxbatons, il terzo vicino Durmstrang e poi si ricomincia. Con Xavier ho fatto amicizia al primo corso per speciali, al secondo anno mi ha chiesto di diventare la sua ragazza. Io ho accettato, perché eravamo amici da un'anno. Dopo il corso ci siamo tenuti in contatto mandandoci lettere. Non ci sentivamo spesso perché lui va a Beauxbatons, quindi la tratta che dovevano fare i gufi era molta e non volevamo farli affaticare troppo.» 

«Non vi siete scambiati i numeri di telefono?» Chiese Albus interrompendomi. «A lui non piacciono gli apparecchi elettronici, soprattutto i telefoni.» Da una decina di anni, ad Hogwarts erano ammessi i cellulari. Ogni studente ne aveva uno. E c'era anche la corrente elettrica, ma per la maggior parte del tempo usavamo candele e inviavamo le lettere con i gufi.

«Fatto sta che quando sono tornata per il secondo corso l'ho trovato con un'altra. Lui mi ha detto che mi aveva lasciato per gufo ma sappiamo entrambi che il suo è uno delle migliori specie che esistano e non si perdono mai. Si è arrabbiato e mi ha sfidato a duello. Io ho accettato, solo che avevo una pessima mira quindi ho rischiato di prendere un insegnante. Per fortuna non ci hanno sgamato. Però da quel momento sono diventata la prima della classe in Incantesimi e Difesa contro le Arti Oscure.»

«Ah, mi dispiace.» Disse alla fine del racconto mentre veniva ad abbracciarmi. Rimanemmo così per un po', cullati dal suono scoppiettante delle fiamme. Forse un po' troppo, perché ci addormentammo. A svegliarci fu una sveglia, comparsa nella stanza. La poltrona si era trasformata in un letto, per farci stare comodi. Spensi la sveglia e guardai l'ora. Le otto. Le lezioni iniziano alle nove e la colazione era già iniziata da mezz'ora.

«Albus. Albus, dai svegliati.» Lo pungolai con un dito. All'inizio non si mosse. Poi, aiutandosi con il braccio che teneva sotto di me, mi avvicinò a sé. «Voglio dormire.» Disse mentre metteva la faccia nell'incavo del mio collo. Ridacchiai. «Guarda che quest'orario del cavolo lo hai scelto tu.» Gli diedi un bacio sulla guancia. 

«Andiamo, che tra un'ora iniziano le lezioni. E dobbiamo fare anche colazione.» Mi staccai e scesi dal letto, mentre Albus sbuffava e mi seguiva. I capelli, erano ancora più disordinati di prima, ma non avevo tempo per sistemarli. Quelli del corvino erano disordinati di natura, ma quel particolare lo rendeva ancora più attraente. Uscimmo dalla Stanza mano nella mano per poi correre fino alla Sala D'Ingresso.

Notai che Albus si era già portato dietro tutto, mentre io avevo lasciato borsa con dentro la bacchetta nel dormitorio. «Hai lasciato una finestra aperta in camera o nel bagno?» Mi chiese guardandomi.

«Beh di solito lasciamo aperta un finestra della camera per far girare l'aria dopo la notte. Perché?» Lui mi guardò sorridendo. Poi staccò la sua mano dalla mia per prendere la bacchetta dalla sua borsa.

«Accio Borsa di Bonnie!» Disse ad alta voce. Dopo pochi secondi vidi la mia borsa sfrecciare per la Sala d'Ingresso verso di me. Io la presi al volo, mettendomela subito in spalla. «Albus sei un grande.» Dissi io mentre camminavamo verso la Sala Grande.

«Felice di renderla felice, Mademoiselle.» Mi rispose lui mentre entravamo nella grande sala bianco marmo. Dopo avermi dato altre informazioni sulla vacanza, per esempio il giorno dire a Camille per venire alla Tana, io andai al mio tavolo e lui al suo.

Non trovai mio fratello, così mi misi a fare colazione da sola. Ogni tanto c'era qualcuno che mi fissava. Non capivo se fosse per il fatto di essere entrata insieme ad Albus Potter o per i miei capelli spettinati. Probabilmente per il secondo motivo.

Mentre bevevo del succo d'arancia, venni investita da un vento gelido. Com'era possibile che a fine giugno ci fosse un vento così freddo? Esso mi mosse i capelli, i quali finirono un po' sulla mia faccia. E mentre me li toglievo dalla bocca, notai la cosa più strana: erano perfettamente pettinati. Li toccai un paio di volte, stupita. Non c'era neanche un nodo e sembravano piastrati. 

Mi girai da una parte all'altra per capire chi mi avesse fatto quel miracoloso incanto. Nulla. Non vidi nessuno. Erano tutti impegnati a fare altro. Incrociai solo lo sguardo di Albus al tavolo dei Serpeverde, che mi fece l'occhiolino per poi alzarsi e andare al tavolo di Grifondoro.

Dovevo assolutamente parlare con Camille. Purtroppo non la vidi né colazione né a lezione, così la cercai prima di cena.

«Camille devo parlarti. Camille... Che hai fatto stai zoppicando?» Le chiesi super preoccupata, mentre vedevo che veniva da me a fatica.

«Mi sono dimenticata che alle scale piace cambiare.» Non riuscì a trattenermi e scoppiai a ridere. «Cioè fammi capire. In quattro anni che sei qui... Ti sei dimenticata che alle scale piace cambiare?!» Le chiesi retoricamente mentre ero scossa dalle risate.

«Sì, ora smettila.» Cercava di fare la seria ma si vedeva che era divertita anche lei. «Che volevi dirmi?»

«Ah sì. Hanno accettato.» Dissi con un sorriso a trentadue denti, mentre smettevo di ridere.

«Chi?» Chiese lei, momentaneamente confusa.

«I cugini di Albus e Louis, hanno accettato. Andiamo in vacanza con loro.» Lei iniziò a lanciare dei gridolini di gioia e stava per mettersi a saltare. Si fermò quasi subito, visto che la gamba le faceva male. «Ok tu passi i primi giorni da loro, io quando devo venire?»

«Allora partiamo lunedì per la villa. Mi ha detto che noi andremo alla Tana venerdì, i suoi cugini e Scorpius il sabato, infine i gemelli e i Paciock domenica. Mi ha detto di dirti di venire anche te domenica per evitare troppi casini in giro. Ok?» Dissi a raffica, cercando di ricordare quello che mi aveva detto quella mattina.

«Ricevuto.» Fece lei con un sorriso.

«Vedi di andare da Madama Pomfrey per quella gamba. Ti prego ho bisogno di te per questa vacanza, non puoi non venire, ti scongiuro.»

«Ok ci vado subito.»

«Sì! Adesso andiamo a preparare i bagagli che domani mattina si parte! Anzi, prima ti accompagno in infermeria e poi andiamo a fare i bauli. Così ti racconto anche com'è andata questa mattina.» Decisi io mentre la prendevo a braccetto e andavamo verso l'infermeria.

Ero super felice di passare qualche mese con la mia migliore amica e non rinchiusa in casa. Ed ero anche felice di poter passare qualche mese insieme a quella che oramai era diventata la mia crush. Ah, Albus. Che cosa mi avevi fatto.

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