34. Errore fatale
Tornati a scuola, le lezioni ricominciarono dopo qualche ulteriore giorno di vacanza. Ora gli esami di tutti si avvicinavano sempre di più e anche la mia Terza e ultima Prova. Ero preoccupata, molto preoccupata e quello che mi aveva detto Kevin al Ghirigoro non aveva aiutato la mia situazione. L'idea di dover affrontare il Labirinto mi terrorizzava ed entrare da sola per prima era anche peggio. Occupavo la maggior parte delle mie giornate a studiare e leggere il libro sul Torneo.
Una settimana prima del mio compleanno, un martedì dell'ultima settimana di Aprile, ero con Albus, Camille e Scorpius in biblioteca a studiare. Io e Albus studiavamo Astronomia mentre Camille cercava di aiutare Scorpius con Rune Antiche. «Non ho mai capito per quale motivo al Terzo anno ho deciso di voler seguire questo corso.» Esclamò ad una certa quest'ultimo. «Perché nella tua famiglia tutti sanno il significato di questi simboli. Ora torna a concentrarti sulle Rune.» Disse seria Camille. «Potevi cambiare corso a inizio anno se non ti piaceva, lo sai vero Scorp?» Chiesi io. Il biondo rispose con un'alzata di spalle. La sua concentrazione durò poco. «Quindi avete incontrato Kevin al Ghirigoro la settimana scorsa?»
«Malfoy!» Esclamò la Tassorosso, rimproverandolo. «Eddai, voglio sapere che ha detto.» Spiegò il Serpeverde. In risposta, Camille alzò gli occhi al cielo. «Si lo abbiamo incontrato.» Confermò Albus al suo migliore amico, che fece segno di continuare a raccontare. «Mi ha detto di stare attenta, c'è una fantomatica "Lei" che ha un conto in sospeso con me e vuole ucciderci tutti dal primo all'ultimo.» Finì di dire io, fissandolo seria negli occhi. «Oddio sì, che paura. Non so se credergli troppo. Magari, molto probabilmente, è un malato mentale e si è inventato tutto di sana pianta.»
«Malfoy, non parlare più di Kevin e concentrati sul libro.» Disse infine Camille, fissandolo seria negli occhi. Scorpius abbassò subito la testa e così feci anche io sul mio libro. Qualcuno mi toccò il braccio e fissai Albus perplessa. Piuttosto che sussurrare, il corvino iniziò a parlarmi tramite comunicazione non verbale.
«Camille non ti sembra un po' strana?»
«Che vuoi dire?»
«Guardala, così seria e fredda. Non è da lei. Solo quando mi deve minacciare è così glaciale. È una studentessa modello ma non ha questa mentalità così quadrata e fissata sullo studio. Ora sembra pronta a fulminare Scorpius se perde la concentrazione su Rune Antiche per un secondo.»
«Forse è solo un po' di stanchezza, l'avvicinarsi dei G.U.F.O. e le ronde serali che la sfiniscono.»
«Camille come hai dormito stanotte?» Chiesi alla mia migliore amica. «Ho avuto qualche sogno strano sul potere del fuoco ma nulla di particolare. Ogni tanto mi capitano. Anche se dalla fine dell'estate il potere non si è più manifestato.» Rispose lei, controllando che Scorpius stesse ancora leggendo il libro. Inaspettatamente, il ragazzo aveva lo sguardo congelato sul libro e un'espressione tesa.
«È Scorpius ora quello strano.»
Dissi ad Albus mentalmente. Ma non fece in tempo a rispondermi perché Camille continuò a parlare, fissando il suo libro di Rune Antiche. «Ci sono delle leggende, che sono raccontate in tutto il mondo. Nel passato. Nel presente. Nel futuro.» Chiusi il libro di Astronomia. «Camille è tutto ok? Cosa stai leggendo, sono abbastanza sicura che non ci sia nulla del genere in Rune Antiche.» Come se non avessi parlato, lei continuò, sfogliando le pagine del libro. «Alcune si trasformano in polvere e sono dimenticate dai popoli. Altre, si trasformano in oro.»
«Ragazzi questa non è Camille.» Disse serio Scorpius, alzando finalmente la testa dal libro. «Le ho visto gli occhi, sono come quelli di Bonnie quest'estate.» Albus tirò prontamente fuori la bacchetta. Io ero senza parole, ma dovetti concordare con il mio migliore amico. «Hai ragione. Lei non ti chiamerebbe mai per cognome. Soprattutto, non chiamerebbe mai Kevin per nome.» Per fortuna, eravamo in uno dei tavoli più lontani della biblioteca, vicino al Reparto Proibito. «Oh ma voi mi ricorderete.» Continuò quel parassita con la voce della mia migliore amica. «Mi ricorderete per sempre.» Finì di sfogliare le pagine.
«Basterà un solo errore e verremo ricordati nei secoli.» Non feci in tempo a vedere a quale pagina si era fermata, perché chiuse il libro di colpo e se ne andò velocemente. «Si è fermata sulla pagina con la Runa della Morte.» Esordì Scorpius. Non mi ero accorta di aver trattenuto il respiro fino a quando non espirai profondamente. «Ha parlato di un errore, un solo errore e chiunque essi siano vinceranno.»
«E se fossero la combriccola di Kevin?» Propose Albus mentre metteva via la sua bacchetta e iniziava a raccogliere le nostre cose per andarcene dalla biblioteca. «Peggio, il gruppo creato da questa fantomatica Lei.» Precisai, accettando la mano che mi stava porgendo. «Pensate che possa essere una specie di nuovo Ordine di Mangiamorte?» Domandò Scorpius, abbassando la voce per non farsi sentire dagli studenti presenti. «Può darsi. Se quello che ha detto Kevin è vero, se questa Lei ha un conto in sospeso con me, può essere in qualche modo legata ai Mangiamorte che davano la caccia ai miei genitori.»
«E ora cosa facciamo?» Chiese il corvino, appena varcate le soglie della biblioteca. «Io vado da Luna, oggi è il suo compleanno e speravo di risolvere una questione in sospeso.» Disse Scorp, aggiustandosi la borsa con i libri sulla spalla. «Avete litigato ancora?» La domanda posta dal Potter rimase nell'aria, mentre il nostro migliore amico ci guardava senza dire nulla. «Spero vada bene. Per qualsiasi cosa, puoi trovarmi nella mia stanza.» Abbracciai il biondo, salutandolo con un bacio sulla guancia e sussurrandogli all'orecchio la risposta del giorno all'indovinello per poter accedere alla Sala Comune. Albus gli diede una pacca sulla spalla, informandolo che sarebbe andato a volare vicino al Campo da Quidditch. Scorpius scese le scale per la Sala Comune di Serpeverde molto lentamente. «Spero che vada tutto bene.»
«Anche io, ma ho una brutta sensazione.» Confessai amaramente al corvino una volta rimasti soli. «Vado in camera. Ho bisogno di riposarmi prima della ronda di stasera e volevo chiamare Tom se riuscivo, per informarlo di questa Lei.» Albus annuì, tirandomi a sé per baciarmi. Si staccò poco dopo, per avvolgermi nelle sue braccia muscolose in un abbraccio pieno di mille significati. Mi persi nel suo profumo per qualche minuto prima di andare verso la Torre di Corvonero. Arrivata in stanza mi buttai sul letto, prendendo il telefono.
Come prima cosa, scrissi un messaggio di auguri a Luna; poi composi il numero di Tom, sperando in una risposta. Dopo qualche squillo e nessuna risposta, chiusi la chiamata un po' amareggiata. Decisi allora di scrivere a Camille per capire se avesse risolto il problema; non avevo idea di come mi avessero risvegliata quasi un anno prima in Costa Azzurra. Nessuno mi aveva mai detto nulla e io avevo smesso di chiedere. Impostai una sveglia qualche decina di minuti prima della cena, appoggiai il telefono al comodino e mi stesi meglio sul letto per prendere sonno. Proprio quando stavo cadendo tra le braccia di Morfeo, il telefono iniziò a squillare: Tom mi stava richiamando. «Tom è tutto ok?» Chiesi subito appena accettai la chiamata.
«Sì scusami, stavo lavando i piatti e non ho sentito il telefono.» Spiegò con tranquillità. «Perché mi hai chiamato, ci sono problemi dall'Istituto?» Domandò preoccupato. «No, non si fanno ancora sentire. I problemi vengono da altre persone.» Gli spiegai con calma tutta la storia, chi era Kevin, quello che mi aveva detto la settimana prima e l'episodio in biblioteca simile a quello. «Direi che l'Istituto è decisamente l'ultimo dei nostri problemi al momento.» Disse l'uomo cercando di smorzare la tensione. Ridacchiai, concordando con lui. «Che cosa possiamo fare?» Lo sentì sospirare dall'altro capo del telefono. «Sinceramente Bonnie, non lo so.» Mi trovai a sospirare anche io. «Tu come stai?»
«Ho paura Tom, vorrei fossi qui con noi.» Confessai, la voce un po' tremante. «Ho paura dell'ultima Prova. Non solo ho paura che possa accadere qualcosa, a me o alle altre Campionesse, a causa di quello che troveremo nel Labirinto. Dopo queste minacce so che potrebbe succedere ben peggio.» Presi fiato, rendendomi conto di far fatica a respirare. «Non voglio che si ripetano gli eventi del Torneo del '94. Non voglio che le vite di Cecile e Katia siano messe in pericolo per colpa mia. Succederà qualcosa, lo ha detto anche Kevin. Non so se voleva solo spaventarmi, ma se è la verità non saprei cosa aspettarmi. Potrebbero fare di tutto, tutti penserebbero al Torneo come capo espiatorio.» Fissai la bacheca in sughero, dove avevo appeso alcune foto. Il mio sguardo si fermò sulla foto che noi Campionesse avevamo fatto al Ballo del Ceppo. Belle, felici, spensierate nella nostra gioventù. «Non ci crederebbe nessuno.» Realizzai.
«Vorrei potervi aiutare. Vorrei essere lì con te, ma non posso. Non so come aiutarvi, non ho più una bella reputazione all'Istituto; non posso dire nulla di convincente alla dirigenza o agli altri coach.» Scossi la testa, rassegnata. «È colpa mia, non avrei mai dovuto accettare di ballare con te a Natale.» Mi asciugai una lacrima sfuggita al mio controllo. «Stai zitta, non pensarlo nemmeno. Ti ho chiesto io di ballare con te, è stata una mia idea. Ma apparte questo, la colpa è solo dell'Istituto, lo sai benissimo.» Riuscì a percepire la rabbia nella sua voce. «Perché non puoi andartene da lì? Perché non puoi cercare un altro lavoro?»
«Non posso. Hanno licenziato la mia compagna dal lavoro, a causa della maternità. Purtroppo questo è quello che succede a molte donne Babbane e lei faceva un lavoro Babbano. Viviamo solo di quello che guadagno dall'Istituto; lo stipendio nei mesi dove non c'è il corso non è così alto, anche se per quest'anno grazie al fatto che sei stata scelta per il Torneo ci pagano un po' di più. Inoltre, il contratto con l'Istituto mi vieta di cercare un nuovo lavoro quando sono ancora sotto la loro dirigenza.» Ero shockata. Da quando non c'era più Amelia a tenermi sotto una campana di vetro, avevo iniziato a vedere l'Istituto con occhi diversi. Era una prigione, per studenti e insegnanti.
«A proposito, dei bimbi si sa qualcosa?» Chiesi infine. Mi sembrava che fosse passata una vita intera da quando mi aveva detto che sarebbe diventato padre. «Purtroppo non ho buone notizie. Sarebbero dovuti nascere la settimana scorsa, ma i Medimaghi non riescono a spiegarsi il motivo del ritardo. Ci sono delle complicanze ma nessuno riesce a capire cosa stia succedendo realmente.» L'idea che forse quei piccoli non sarebbero nati. Non era giusto. «E lei come sta?» Domandai, riferendomi alla sua compagna. «Malissimo. Non solo psicologicamente, per la perdita del lavoro e tutto il resto. Sta male soprattutto fisicamente, perché a causa di quelle complicanze ha dei dolori molto forti alla schiena. Spesso prende degli antidolorifici, ma non può abusarne troppo.» Il peso che avevo già sul cuore si fece ancora più pesante. Non riuscivo neanche ad immaginare come si sentiva Tom.
Lo salutai, dicendogli di stare del tempo con la madre dei suoi figli. Mi fece promettere di aggiornarlo su Camille e poi chiuse la chiamata. Appoggiai di nuovo il telefono sul comodino e sistemai meglio le coperte per riposare un po' prima di cena. Dopo pochi minuti sentì la porta della mia camera spalancarsi. Mi misi a sedere di colpo, vedendo un ragazzo biondo fermo sulla soglia. Ci guardammo per qualche secondo, sguardi che valevano più di mille parole. «Oh Scorp...» Esclamai, aprendo subito le braccia. Il Serpeverde si fiondò tra esse e crollò in un pianto disperato intervallato da alcuni singhiozzi. Lo strinsi forte a me, cullandolo e accarezzandogli i capelli.
Lo abbracciai per un tempo infinito, lasciando che si sfogasse. Quando la stanza tornò in silenzio, si staccò per guardarmi negli occhi. Gli presi il viso tra le mani, asciugandogli le lacrime rimaste sulle guance. «È finita.» Disse infine. «Io e Luna ci siamo lasciati. Definitivamente.» Vidi il dolore profondo che aveva negli occhi spenti. «Litighiamo ormai da 4 mesi, per le cose più stupide, come se non riuscissimo a sopportarci a vicenda. Oggi mi ha detto che non mi ama più e che non vuole più soffrire per le nostre litigate.» Non dissi nulla, gli accarezzai soltanto la guancia. «Sai, anche io ho la sensazione di non amarla più come un tempo. Ma le voglio un bene infinito e mi distrugge pensare di averla fatta star male.»
«Queste cose succedono Scorpius, non fartene una colpa. Non sei un mostro, non le volevi fare del male di proposito.» Il ragazzo annuì ed io lo abbracciai di nuovo. Il mio telefono squillò e notai che era la sveglia che avevo impostato nonostante non avessi dormito. «È ora di cena. Ti va di sederti con me al tavolo di Corvonero? Possiamo avvertire anche Albus.» Malfoy annuì e scrisse al suo migliore amico mentre scendevamo dal letto, diretti verso la Sala Grande. «Hai notizie di Camille?»
«Le ho scritto, vedo se mi ha risposto.» Aprendo i messaggi vidi un semplice "Grazie" da parte di Luna in risposta ai miei auguri di compleanno e aprì la chat della mia migliore amica. «Dice che ha risolto ma è un po' stanca e provata dall'esperienza quindi non viene a cena, preferisce stare in camera a dormire. La vedrò direttamente alla ronda.» Il biondo annuì e continuammo a camminare per la cena. Nel messaggio Camille mi diceva di fare come al solito durante le ronde, ovvero lei partiva dai sotterranei, io dai piani alti e ci saremmo incontrate nel mezzo. Avevo intenzione di stare con Scorpius dopo cena e prima della ronda, quindi le dissi che per una sera potevamo fare tutta la ronda insieme e partire entrambe dai sotterranei, dove si trovavano le Sale Comuni di Serpeverde e Tassorosso.
«Si vede che ho pianto?» Mi chiese Scorpius davanti alle porte chiuse della Sala Grande. «No, sembra solo che tu ti sia fumato una canna leggera.» Dissi sorridendo. Per fortuna sorrise anche lui ed entrammo nella Sala verso il tavolo di Corvonero dove Albus era già seduto vicino a Maia e Alexia. La cena passò tranquilla e riuscimmo a tirare un po' su il morale a Scorpius. Camille mi rispose mentre stavamo andando in camera di Albus, dicendomi che per lei non era un problema partire dalle torri. Un po' titubante, le dissi che se a lei andava bene allora ci saremmo viste a metà percorso.
Le ore in camera non passarono così tranquille come durante la cena. Scorpius tirò fuori una bottiglia di vodka e cominciò a berne il contenuto nonostante io non approvassi molto. Anche Albus bevve un po' ma alla fine non era così ubriaco come il nostro amico. Prima della ronda, lo accompagnammo nella sua stanza da Prefetto. «Camille che dice?» Mi chiese Albus mentre metteva a letto Scorpius. «Ha risolto, non è venuta a cena perché era troppo stanca ma ora ci incontriamo a metà percorso della ronda come al nostro solito. Le ho preso la torta nel caso avesse fame.» Dissi sussurrando e uscendo dalla camera. «Va bene, io chiamo Louis e poi vado a dormire.» Mi diede un bacio che sapeva di alcol. «Buonanotte.» Lo salutai e iniziai il mio giro di ronda.
Per fortuna non trovai nessuno nei corridoi, non ero dell'umore di togliere punti e sgridare gli studenti. Arrivata al terzo piano, aspettai Camille, tirando fuori la torta dalla tasca. Sentì dei passi che si avvicinarono ma dopo poco il rumore scemò. Mi incamminai in quella direzione quando proprio da essa arrivò silenziosamente qualcuno: era Camille. «Ehy come ti senti? Ti ho portato della torta dalla cena, pensavo avessi fame.» Non mi rispose, continuando a camminare verso di me.
Le porsi la torta, ma le diede uno schiaffo e fece cadere la torta a terra. Poi mi prese il braccio teso e mi avvicinò a sé senza dire una parola. «Ma che succede, stai bene?» In risposta, mi trovai la sua bacchetta puntata alla gola. «Camille mi fai paura, smettila!» Urlai mentre cercavo di scansarmi dalla sua presa. In lontananza, dalla direzione in cui era arrivata intravidi un'ombra che però rimase ferma. Chiunque fosse, non mi avrebbe aiutato. «Prometto che ti ucciderò lentamente.»
«Expelliarmus!» La bacchetta di Camille volò via e qualcuno dietro di me la prese a volo. Mi girai e vidi Louis con due bacchette in mano. La Tassorosso lasciò andare la presa sul mio braccio e corsi verso il suo ragazzo. «Questa non è Camille, non ha risolto il suo problema. Non le hai notato gli occhi?» Mi disse quasi urlando. «No mi dispiace, è buio qui e non sono riuscita a riposare pomeriggio, sono un po' stanca.» Ammisi, rimanendo in allerta. «Vai da Albus. Ora. Ci penso io a lei.» Feci in tempo a vedere l'ombra svanire, prima di correre verso le scale.
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