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Capitolo 1

Era una fredda e ventosa giornata di ottobre e le foglie secche rotevano per le strade, intralciando il cammino di Alessandro. Lui, come tanti altri ragazzi, stava tornando a casa dopo la scuola.
Tuttavia non era un pomeriggio qualsiasi. Era la vigilia di Halloween e, come ogni anno, era iniziata la caccia al costume più bello.
Il piccolo paesino fra le montagne organizzava annualmente una gara fra le maschere con un fantastico premio per il vincitore. Tutti, compreso Alessandro, volevano partecipare.
Ogni negozio aveva addobbato la propria vetrina per l'occasione e il ragazzo camminava guardandosi intorno.
Ad un tratto il suo sguardo si posò su un cartello sbiadito. Non l'aveva mai notato prima e, avvicinandosi, notò che il legno era rovinato e la vernice che formava le lettere era scrostata ma si riusciva ancora a leggere un nome: 'La bottega dei sogni'.
Il giovane si addentrò nel vicolo senza esitazione e iniziò a pentirsi della sua decisione solo quando sprofondò nelle tenebre. Dopo qualche passo la stradina fu illuminata dalla luce fioca di una vetrina. Le meraviglie contenute al suo interno fecero dimenticare ad Alessandro ogni preoccupazione. Davanti ai suoi occhi si stendevano spade, strani gioielli, statue di draghi, bacchette e costumi di ogni genere. Il ragazzo entrò nel negozio spingendo la pesante porta di legno ricoperta di rune che si aprì con uno scampanellio. Subito lo avvolse un'aria pesante e polverosa che, insieme all'illuminazione precaria, contribuiva a creare un'atmosfera ultraterrena.
Gli scaffali, alti fino al soffitto, erano stipati di oggetti fantastici degni dei migliori film di fantascienza. Mentre il sedicenne si avvicinava a un quadro che avrebbe giurato di aver visto muovere dal fondo del negozio provenne una voce.
-Benvenuto, mio giovane amico. Cosa cerchi nella Bottega dei sogni?
L'improvvisa comparsa di una figura alle sue spalle lo fece sobbalzare. La voce apparteneva a un uomo alto, con un labirinto di rughe sul volto e una lunga barba grigia che gli conferiva un'aria misteriosa.
Senza dargli il tempo di rispondere l'anziano venditore iniziò a mostrargli vari oggetti, prendendoli e riponendoli immediatamente sugli scaffali.
-Ho una sfera di cristallo appartenuta a una vecchia strega, come anche occhi di rana e zampe di salamandra...
Ho un uovo di drago, ma non credo che tu possa permettertelo. Qui ci sono delle armature, anche se dubito che siano della tua taglia...
Mentre parlava passeggiava per il negozio seguito da Alessandro che si guardava intorno cercando di vedere ogni dettaglio. Quando attraversarono la sezione dedicata ai costumi lo sguardo del ragazzo si posò su un completo da gnomo e la cantilena dell'uomo si interruppe.
-Allora è questo che vuoi...
Il giovane si avvicinò al manichino, ammirando gli eleganti intarsi dorati sul gilet di cuoio e i pantaloni marroni sostenuti da una robusta cintura. Il vestito comprendeva anche una folta barba grigia e un cappello verde a punta. Per qualche strana coincidenza l'abito era della sua taglia e, per un crudele scherzo del destino, Alessandro veniva sempre chiamato gnomo a causa della sua altezza. Voleva dimostrare agli altri che, ciò che per loro era un insulto, per lui non era altro che una parola, uno stupido nomignolo. Alla fine, prendendo coraggio, domandò:
-Quanto costa?
L'anziano sorrise, accarezzandosi la barba con una mano mentre lo guardava come se volesse trapassarlo. Dopo un lungo istante disse:
-Quindici euro.
Il ragazzo mise la mano in tasca, sapendo di trovarci esattamente quella somma.
Con un'espressione incoraggiante il venditore lo invitò ad aspettarlo al bancone all'ingresso dove lo raggiunse dopo pochi minuti.
-Spero che ti piacerà essere uno gnomo.
Gli disse porgendogli una scatola argentata con un occhiolino.

Alessandro uscì dal vicolo senza guardarsi alle spalle e, convinto di essere in ritardo, si affrettò a tornare a casa. Poco prima di aprire il portone si girò a guardare l'orologio del campanile e rimase impietrito nello scoprire di essere arrivato persino più in fretta delle altre volte. Per sicurezza controllò il telefono che, stranamente, segnava la stessa ora. Era come se non si fosse mai fermato in quel negozio ma il peso del suo zaino confermava i suoi acquisti.
In preda ai dubbi entrò in casa e, dopo aver salutato i suoi genitori, nascose la scatola argentata in camera per evitare che la vedessero
Il resto della giornata e l'inizio della successiva trascorsero in fretta e, prima che se ne accorgesse, era arrivato il momento di indossare il suo nuovo costume. Gli calzava a pennello e persino la barba sembrava vera. Prendendo il cappello se lo rigirò fra le mani e, senza attendere ulteriormente, lo appoggiò sui suoi corti capelli castani.
All'improvviso la stanza iniziò a girare vorticosamente e il ragazzo chiuse gli occhi, chiedendosi cosa avesse messo sua madre in quei biscotti deliziosi che aveva mangiato per cena.
Quando un alito di vento gli solleticò il viso Alessandro si decise a guardarsi intorno, per niente pronto a ciò che avrebbe visto.
Si trovava al centro di una strada, a pochi passi da una casa di pietre squadrate. In lontananza c'erano altre due abitazioni e un castello nero svettava sulla collina.
-Benvenuto, mio giovane amico.
Una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare. Dietro di lui l'anziano negoziante indossava un lungo abito da mago e si appoggiava a un bastone nodoso.
-Dove mi trovo? Cosa sta succedendo? C'era davvero qualcosa nei biscotti, probabilmente sto sognando.
-Va tutto bene, ragazzo. O forse dovrei dire gnomo? Siamo nella città di Goblin e tu, indossando il costume, hai accettato questa impresa. Il tuo compito è di raccogliere i tre gioielli custoditi in quelle dimore: un bracciale d'argento, un anello d'oro e una collana di platino. Se vuoi tornare a casa dovrai raggiungere le porte del castello entro il tramonto, altrimenti la bestia che lo custodisce si sveglierà, con gravissime conseguenze. Ora va', e ricorda che è la notte di Halloween.
L'uomo sparì in una nuvola di fumo e ad Alessandro non rimase altro da fare che raggiungere la prima casa, riflettendo su quelle parole. Mentre camminava cercò di togliersi il cappello ma, tirandolo, gli sembrò che fosse incollato alla sua testa. Sospirò, pensando che finalmente era la sua occasione di vivere un'avventura e non poteva tirarsi indietro.
Alzando la mano per bussare si accorse che la porta era più alta del normale e, vedendo il proprio volto riflesso in una finestra notò che era più basso del solito, proprio come uno gnomo.
Mentre ammirava il suo nuovo aspetto la porta fu aperta da una figura tarchiata con la pelle verde e gli occhi neri come la pece.
Superando lo stupore iniziale Alessandro ricordò le parole dell'anziano.
-Dolcetto o scherzetto?
L'orco lo guardò, schiudendo le zanne giallastre in un sorriso.
-Entra, piccolo gnomo, entra pure. Non ho dolcetti ma posso offrirti del tè!
Il ragazzo notò il bracciale d'argento al polso della creatura e, senza molta convinzione, entrò.
-Sai, mi ricordi molto i miei figli... anche loro, da bambini, amavano fare "dolcetto o scherzetto" ad Halloween.
Il mostro indicò una foto sopra il camino senza smettere di versare il tè. I due orchi rappresentati in essa sembravano giovani ma Alessandro non riuscì a determinare la loro età.
Mentre si sedevano al tavolo di pietra la donna continuò a parlare mentre il ragazzo pensava ad un modo per prendere il gioiello e andarsene.
-Non vedo i miei piccoli da due anni, ormai. Una sera sono usciti e non sono mai più tornati. Nessuno sa dove siano andati.
Gli occhi le si riempirono di lacrime e il ragazzo non poté fare a meno di avere pietà di lei.
-Ti aiuterò a trovarli. Te lo prometto. Solo che... mi serve qualcosa per fare in modo che si fidino di me.
Alessandro si sentì in colpa per aver usato un trucco così meschino ma poi pensò che anche lui doveva tornare a casa, in un modo o nell'altro.
L'orco gli sorrise mestamente poi, capendo le sue buone intenzioni, si sfilò il bracciale nel quale era incastonato un rubino.
-Abbine cura. È molto prezioso.
Il ragazzo la ringraziò poi, con un salto, scese giù dalla sedia troppo alta e si avvicinò alla porta, dicendo alla padrona di casa che ormai era tardi e aveva poco tempo. Uscendo lanciò un'occhiata alle rose rosse che crescevano sul davanzale della finestra e si avviò verso la prossima casa con il loro inebriante profumo nelle narici.

La seconda abitazione era avvolta dall'edera e il campanello emise un suono elegante quando lo premette. Gli aprì un'elfa pallida, con i lunghi capelli biondi che non coprivano le orecchie a punta.
-Dolcetto o scherzetto?
La giovane gli sorrise amabilmente, invitandolo dentro.
-Ciao, giovane gnomo. Mi sembri stanco. Lascia che ti offra del succo.
La sua voce gentile faceva sentire Alessandro al sicuro e il ragazzo entrò in casa pensando che l'elfa fosse la creatura più bella che avesse mai visto. Accettò i dolcetti guardandosi intorno. I mobili erano color perla e un grande specchio occupava buona parte della parete del salotto.
Mentre l'elfa divideva il succo arancione in due bicchieri il riflesso nello specchio mostrò all'ospite ciò che non si sarebbe mai aspettato. La bionda stava versando un liquido ambrato in uno dei due recipienti che, con un sorriso, porse allo gnomo. Lui non sapeva come comportarsi. Doveva bere oppure confessare ciò che aveva visto?
Nel dubbio finse un colpo di tosse e inclinò il bicchiere, rovesciandone il contenuto. La ragazza trattenne a stento la collera, fingendo un'espressione gentile. Mentre si avvicinava Alessandro vide nello specchio ciò che nascondeva dietro la schiena. Preso dal panico afferrò un vaso pieno di ranuncoli selvatici e lo lanciò con tutte le sue forze, rompendolo. La terra solidificò all'istante intorno alle gambe dell'elfa e il coltello le scivolò fra le dita mentre cadeva. Il ragazzo si affrettò a prenderle l'anello d'oro e scappare fra le urla delle vittima, lanciando uno sguardo distratto al topazio giallo incastonato nel gioiello.
Quando fu abbastanza lontano si soffermò a pensare all'incidente. Aveva letto libri che parlavano dei poteri degli gnomi ma non credeva che potessero essere reali. Lungo tutto il tragitto cercò di muovere la terra come aveva visto fare nei film ma, alla fine, si rassegnò al fatto che non aveva nessun potere non riuscendo tuttavia a spiegare cosa fosse successo nella casa dell'elfa.

Quando arrivò alla terza abitazione bussò alla porta di legno notando che ormai era quasi il tramonto. Quando rivolse nuovamente lo sguardo alla casa si trovò davanti una strega. Era identica a quelle che aveva visto in televisione, con il cappello a punta e la tipica verruca sul naso. Reprimendo un brivido Alessandro trovò il coraggio di dire:
-Dolcetto o scherzetto?
-Cosa abbiamo qui? Oh, uno gnomo! Entra, piccolo, entra.
La sua risata non gli piacque affatto ma la vista della collana di platino al suo collo lo  convinse ad attraversare la soglia.
L'interno era illuminato solo dalla luce fioca di un camino. Il contenuto di un calderone bolliva sul fuoco con un rumore costante che, tuttavia, non copriva il tintinnio delle catene.
Due orchi dall'aria infelice erano rannicchiati in un angolo e guardavano il ragazzo con curiosità.
-Portate i dolcetti. Subito.
All'ordine della strega i due si affrettarono a portarle un vassoio pieno di cioccolatini.
-Ecco a te. Mangia pure.
Il ragazzo osservò i volti dei prigionieri e notò che somigliavano vagamente a quelli nella foto che aveva visto nella prima casa. Ricordando la promessa che aveva fatto si sentì in dovere di liberarli, nonostante dovesse prima pensare a come andarsene con la collana. Mentre stava per dare un morso al suo dolce un movimento alle spalle dell'anziana attirò la sua attenzione. Uno dei due orchi stava scuotendo la testa indicando la mano di Alessandro. Il ragazzo ripensò alle storie sulle streghe che rapivano i bambini che lo avevano tanto spaventato da piccolo e, ad un tratto, capì cosa doveva fare.
Sotto lo sguardo stupefatto della padrona di casa afferrò il vassoio e lo lanciò in direzione del suo viso malevolo. Ebbe appena il tempo di prendere il mazzo di chiavi dalla cintura dell'anziana e a lanciarlo ai piccoli orchi prima di vedersi costretto a scappare. Mentre correva calpestò un'aiuola piena di fiori di stramonio ma, non curandosi dei danni, si precipitò verso il castello. Il sole stava sfiorando le cime degli alberi quando Alessandro, con il fiato corto, arrivò alle porte del castello. Era convinto di avercela fatta e di essere ormai al sicuro quando si accorse che fra lui e il pesante portone metallico si contrapponeva un burrone. Guardando in basso le gambe iniziarono a tremargli e l'idea di arrivare dall'altra parte con un salto sparì in fretta come era apparsa. Il ragazzo stava per leggere il cartello accanto a sé quando sentì una voce alle sue spalle.
-Non mi scapperai, piccolo ingrato. Preparati a sostituire i servi che mi hai fatto perdere.
Un raggio di luce rossa partì dalla bacchetta della strega ma fu assorbito dal bracciale al polso del giovane.
-Come è possibile?
L'anziana avanzò minacciosamente verso Alessandro che, indietreggiando, cadde. Mentre alzava le braccia per proteggersi il ragazzo sentì la terra tremare e un robusto muro di pietra si contrappose fra i due. Tuttavia la barriera fu abbattuta con un colpo di bacchetta e la donna si avvicinò sempre di più allo gnomo. Egli, nel panico, decise di affrontare il proprio destino. Se proprio doveva morire voleva farlo in piedi.
Appoggiando le mani al suolo fece per alzarsi ma il terreno sotto di lui si mosse, costringendolo a restare fermo. La strega, invece, ignorò il pericolo ed era ormai ad un passo da Alessandro quando una crepa si aprì ai suoi piedi facendola precipitare nel buio con un grido.
Il ragazzo balzò in piedi cercando di afferrarla ma le sue dita si chiusero intorno alla collana di platino che si ruppe fra le sue dita non riuscendo a sostenere il peso dell'anziana.
Il giovane si sedette guardandosi le mani. Alla fine i poteri degli gnomi si erano rivelati reali e lui era stato l'artefice di un omicidio. Non si sarebbe mai liberato dai sensi di colpa ma, almeno, poteva tornare a casa. Indossando la collana rotta si accorse che la sodalite viola e bianca si armonizzava perfettamente con il platino.
Avvicinandosi al burrone controllò di avere tutti i gioielli e si stupì quando non accadde nulla. Il sole era quasi tramontato e il castello gettava un'ombra tetra sul paesaggio sottostante. Dopo dei secondi che gli parvero anni Alessandro si ricordò dell'esistenza del cartello che non aveva ancora esaminato.
Si avvicinò, leggendolo ad alta voce:
-Tra rischi indicibili e traversie innumerevoli, io ho superato la strada per il castello oltre la città di Goblin.
Come se avesse sentito le sue parole un ponte comparve di fronte a lui. I rubini, i topazi e le sodaliti che lo formavano creavano riflessi colorati che illuminavano il cammino rendendolo meno spaventoso.
Mentre si avvicinava al portone del castello esso iniziò a roteare e il ragazzo fu risucchiato al suo interno.

Quando Alessandro aprì gli occhi si ritrovò steso su un pavimento duro e freddo con due persone chine su di lui.
-Finalmente ti sei svegliato! Come stai?
Mettendo a fuoco il volto di sua madre il giovane ricordò tutto ma non riuscì a trovare la forza di rispondere.
-Credo che il latte con il quale ho fatto i biscotti fosse scaduto. Mi dispiace tanto! Ti senti bene?
Il ragazzo annuì e i suoi genitori lo aiutarono ad alzarsi, portandolo a letto senza fare domande sul suo nuovo costume. Quell'anno non ci sarebbe stato nessun Halloween per lui e, soprattutto, non avrebbe partecipato alla gara fra le maschere.
La mattina dopo Alessandro si convinse di aver sognato ma, sistemando l'abito nella scatola, dovette accettare la realtà. Da una tasca del gilet rotolarono fuori tre piccole pietre: un rubino, un topazio e una sodalite. Deciso a risolvere il mistero il ragazzo pensò di tornare alla 'Bottega dei sogni' ma, una volta arrivato a destinazione, al suo posto non trovò altro che un fioraio che esponeva in vetrina rose rosse, ranuncoli selvatici e fiori di stramonio, dell'esatto colore delle tre pietre che il giovane aveva in tasca.
Tornando a casa, affranto per la mancanza di risposte, trovò una lettera infilata sotto la porta. Con una calligrafia quasi illeggibile sul retro di una foto era scarabocchiato un 'Grazie'. L'immagine ritraeva una donna e due bambini che stranamente somigliavano agli orchi che aveva salvato. Con il foglio in mano Alessandro sorrise pensando alla sua avventura nella città di Goblin e, per il resto della sua vita, non dimenticò il costume nascosto nell'angolo più remoto del suo armadio.

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