S.O.S.
Inverno fuori, estate dentro.
Tempo che annusa come animale schivo. Il sapersi parte di cose aggrappate alle viscere e non comprenderne il senso. Non come si vorrebbe. Non fino in fondo.
Giorni girano in tondo tenendosi per mano nel Luna park dei primi palpiti.
Pallidi cieli: cineoperatori amatoriali su vite in combutta coi propri istinti.
Emozioni legate agli anulari con nastri di raso annodati ad altre mani.
Farfalle applaudono con ali sgargianti, scatenando tsunami d'arcobaleno da far tremare la gabbia toracica.
Fiori sbocciano fuori dagli occhi di chi li nutre con brina gocciolata tra le ciglia; cornici di palpebre sipario di altre iridi. Dove deserti aridi non erano mai stati abbeverati prima.
Appuntamenti attesi da chi braccia in alto sventola bandiera bianca, dichiaratosi perdente e arreso di fronte a un cuore diverso dal proprio.
Rifugi fatti di carezze, riposte in cantina attendendo stagione perfetta, etichettate con speranze di non vederle invecchiare per sempre.
Buie alcove arredate con affanni timidi, tra scottature di gote prive di astri diurni.
Voglia di fondersi con aria rigettata da altri polmoni, anidride carbonica affine ad ossigeno, senza bisogno di quella intorno.
Mischiare liquidi di unica fonte, papille ginnaste in contorsioni degne di medaglie d'oro.
Ridere del mondo che li circonda, vedere tanti clown in giro pronti a dar spettacolo, anche se inconscio.
Essere parte di miliardi e risiedere in Eden celebrale. Sfiorare spalle per strada e fingere siano immaginate.
Mangiare germogli di papavero bevendo pozioni magiche, attendendo il miracolo di divenire come quello spettacolo solitario.
Cicale con scarpe slacciate ascoltate in sottofondo, dove voci estranee sono testimoni e ospiti scomodi.
Microspie oculari circostanti, oscurate correndo lontano per vie dai nomi fiabeschi. Dove portoni e cancelli accolgono fuggitivi su ali di unicorni.
Riparati da lacrime di stelle cadenti mai inciampate, mentre arpe accordano boati cupi seguiti da lampi di geni senza lampade.
Traslocare ogni sera sotto un civico che non gli appartiene, deridendo cognomi strambi e nomi impronunciabili su tastiere di pianoforti dalle note stonate.
Promettere croce sul cuore di riscrivere in meglio anagrafi futuri, disegnando profili neonati con bombolette spray. Maleducazione civica in murales raffiguranti bambini, contesi come giocattoli in tornei di morra cinese per accaparrarsi il diritto di scegliere a chi dovrà somigliare. Non ammettere obiezioni sulla legge degli occhi del suo colore, strappando petali di margherite canticchiando "i più belli sono i tuoi".
Scappare di soppiatto da conoscenti curiosi, meno appartenenti di ciò che si cerca di difendere fino allo stremo. Evitare il decollo di alibi costruiti con fogli di carta, dove aereoplanini di linee aeree origami scivolano su specchi cosparsi d'olio, impedendone l'atterraggio.
Chiudersi in bolle di cristallo, accucciati su coperte patchwork di foto istantanee. Illuminati da schermi di clessidre moderne, con granelli di zucchero come timer alla prima alba, l'ultimo bacio virtuale schioccato da labbra in cartoni animati, recapitato da un piccione viaggiatore supersonico, con fibra di rete al posto di ali.
Vedersi diversi attraverso gli stessi riflessi di ieri, proiettati su vetri con immagini ricamate da dita artiste di strada, pennelli intrisi nel sangue di arterie che cantano una nuova canzone; "Sei bella, anche se non lo vedi".
Lavorare ad attrarre dopo aver gettato una bomba atomica nel guardaroba, rovistando tra coriandoli esplosi in cerca di calamite da cucire sotto la pelle.
Sentirsi sazi senza pasti, secondi a rilento e cuore al posto di tonsille, andate in pensione anticipatamente.
Mettere mascherina per il fiato che manca appesa al collo come ciondolo, bagnato nei raggi di Luna d'argento.
Borsa a forma di defibrillatore per quando il petto smette di andare a tempo.
Palmi che sudano profumo in gocce d'essenza, con le gambe che non smettono di stare ferme.
Sentire fuochi d'artificio appena giunti in prima linea, privi di armi, inermi allo scontro.
Coreografie pirotecniche da far invidia ai migliori countdown al mondo.
Avere i crampi agli zigomi sognando ad occhi aperti. Con uno squarcio accecante di labbra a venir incontro.
Promettere sorrisi per sempre, spargendo sicurezze come semi in campi di orchidee.
Progettare domani senza date precise, perché sarà domani per infiniti giorni ancora.
Impostare la sveglia per iniziare il lavoro più appagante di tutti; spiare sogni dietro spaventapasseri dormienti, girasoli recitano serenate alle loro lucciole amanti, illuminati da candele di citronella per allontanare mostri travestiti da incubi.
Dare il benvenuto all'alba a ritmo di respiri pesanti, sfiorando onde di un mare calmo, agitato solo quando solletica come piume di pavone senza colori. Nera lussuria su petto di uomo.
Rompersi in mille pezzi nell'impeto di incomprensioni, un puzzle incompleto senza più dimensioni.
Calciare via palloni cuciti da parole pesanti al posto del cuoio.
Strisciare per stanze dove la gravità inchioda insieme alle mancanze.
Scorrere a ritroso fiumi di epistole del nuovo millennio, risalendo contro corrente in cerca di uno spiraglio dal tormento.
Sentire l'eco ancora nitido dell'ultimo ti amo, invocando Aphrodite di essere vigile su due poveri umani.
Piangere orgoglio riempiendo vasche da bagno, tuffarsi vestiti di pentimento e spogli di rimpianto.
Giocare a nomi, cose e città, pescando sempre la stessa iniziale; barare al gioco e non riuscirlo ad evitare.
Ipnotizzare mele morsicate e robotici omini, ripetendo il mantra del "chiama tu per primo".
Fare un passo avanti e cento indietro, imponendosi una forza che sanno di non avere.
Collegare universi paralleli nello stesso istante, scossi da terremoti vibranti tra mani raccolte in preghiere di "Credo che dovresti perdonarmi".
Darsi appuntamento aldilà di un bosco, raccogliendo briciole di tempo perso a mordere cuscini riempiti di colpe.
Abbassare la guardia innalzando cartelloni in aereoporti, con su scritto "io ti appartengo", invece del "fingi di non conoscermi".
Partire senza biglietto per isole che non ci sono, già visitate; rifare un viaggio conoscendo già l'itinerario.
Essere turisti abituali di nuove mete, dormire su amache mangiando marshmallow cosparsi di miele.
Percorrere chilometri di cacce al tesoro, dimenticando volutamente la mappa su un tronco segnato. Camminare mano nella mano su soffici scogliere fatte di nuvole, inciampando di proposito per farsi abbracciare più forte.
Abbattere palme per costruire zattere di giorno, svegliarsi in piena notte disfacendo nodi di corde fatte con foglie, posticipando il ritorno.
Sacrificare bottiglie al mare soffiando affinché prendano il largo, inviare messaggi sublimi fatti di poesie senza soccorso e inganno.
"Sono Ovunque Sei", richieste di aiuto rifiutate nel timore svanisca ogni cosa.
Celebrare riti con la natura da testimone, scambiarsi anelli di caramelle prendendosi in sposi.
Baciarsi all'ombra di tramonti infuocati, su tappeti di lamponi, mirtilli e fragole.
Abitare in galassie di nuovi sistemi solari, tessendo a mano bandiere di pace a colori.
Ammirare costellazioni fatte di cuori uguali ai loro, sapendo di non essere poi i soli.
Sovrani e regine di antichi reami, popoli in crescita; gli innamorati.
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