Rewind
Album fotografici mangiati dagli anni.
Pagine in cartoncino, linfa di natura ormai passata a miglior vita.
Tutto ingiallito dal tempo, persino i fogli in velina tra un ricordo e l'altro sembrano avere rughe mature.
Periodi che non torneranno mai più, come vecchie agende raccontano di genuini vissuti. Non c'era nulla di contaminato, allora. Solo voglia di vivere ogni secondo come fosse l'ultimo. L'esatto opposto odierno; giovani che si divertivano di casa in casa adibendole a discoteche improvvisate, all'apparenza più vecchi di quel che erano realmente. Adesso, vite in perenne lotta per inseguire il meglio, non si accorgono già di averlo, bruciando ciò che conta puntando sempre oltre, perdendo così quel che più li rende baciati dalla sorte senza rendersene conto.
Cabine di stabilimenti balneari affittate come case vacanza da intere famiglie.
Costumi da bagno interi, coprivano la timidezza rendendo le donne tesori da scoprire e non svendite di mercati al miglior offerente.
Pochi chilometri erano viaggi intercontinentali dietro l'angolo.
Figli tenuti in famiglia ad ogni occasione, e anche se stavano strette come prigioni, altro non erano che eredità di sani valori.
Il permesso di uscire a vivere gioventù rinchiusa tra mura protette, con in cambio la promessa di tornare poco prima del tramonto nonostante fossero passate solo un paio d'ore.
I cinema di pomeriggio con pochi film tra cui scegliere.
I balli poco sensuali e più romantici, una porzione di pavimento su cui cullarsi tra braccia salde e cuori su cui tendere l'udito tuffandoci la faccia.
La trasgressione vista in gonne un po' più corte di quel che era concesso, urlavano voglia di vivere con un tocco esibizionista senza sesso.
I twist spensierati, i rock sfrenati, quattro giovani inglesi regalavano note in cartoline di vinile da Liverpool, tra lacrime sfegatate e battiti di ragazzine.
Gianni il militare aspettava la sua Anna uscita a comprar latte alla mamma.
Un ragazzo di via Gluk trasferito in città a far sognare tutte come la sua Claudia.
Lucio e i suoi campi di grano cantava libero storie di bionde trecce mentre un uomo gridava gelati tra giardini di marzo.
Mode sorpassate pronte a ritornare dopo pochi decenni; i jeans a vita alta, zatteroni con zeppe in sughero rendevano titaniche regine anche le più basse, pantaloni a zampa d'elefente sia per femmine che per maschi.
Parola d'ordine: eccedere, se si trattava di acconciature. Bombolette di lacca spray consumate come nei migliori musical.
Uomini soprannominati capelloni con i loro lunghi ciuffi tutti da un lato contornati da basettoni.
Occhiali da sole grandi quanto i visi di chi preferiva nascondere gli occhi piuttosto che mostrarli al mondo.
Milionari di pochi spicci, resi tali da banconote troppo grandi per le piccole tasche, si guadagnavano da vivere sognando di possedere mille lire al mese.
Frutti di stagione chiamati tali proprio perché impossibili da trovare in altre occasioni.
Cibi biologicamente non modificati, senza bisogno di etichette da controllare prima di essere acquistati.
Il Cantagiro antenato sito di video musicali dal vivo.
"Dopo Carosello tutti a nannà", favola antica prima di addormentarsi.
Calimero e la sua Priscilla sposorizzavano in bianco e nero le prime case produttrici.
Poche famiglie privilegiate, divenivano drive-in condominiali per i meno agiati.
Enormi bacinelle per il bucato parcheggiate nei palazzi all'aperto, dove cenere e soda lavavano via le macchie tranne i peccati una volta a settimana per chi non era ai piani alti da permettersi di non lavarli a mano.
Le stoffe a pois tra dita sarte, cucivano abiti su misura a regola d'arte.
Trucco vistoso con macro matite, tracciavano occhi da gatte con pennellini al posto di mine.
Artigianato studiato senza compensi, sfornava più lavoratori che laureati per imparare a vivere senza stenti; più bisognosi di un tetto sulla testa che di consensi.
Poche auto e più vespini, giravano insieme ai tram per le stradine.
Prole numerata a decine per coniugi con troppo amore da scambiarsi e pochi diversivi come alternative.
Cassapanche strapiene di biancheria ai piedi dei letti, dalle lenzuola bianco accecante ai ricami di iniziali sui fazzoletti.
Raffaele il mastro artista, sorseggiava Tassoni seduto a un tavolino. Rifocillandosi del sudore perso a creare spettacolari ville con ceramiche di Vietri, nemmeno fossero state tante Cappella Sistina.
Firma indelebile lasciata in avvenire a tutti quelli che sarebbero entrati in possesso di un pezzo di quelle vie.
Anacapri ed il suo sfarzo, lo ringraziavano manco fosse stato Caravaggio, sotto lo sguardo vigile dei faraglioni, centenari custodi messi lì senza alcuno sforzo.
Un biglietto lo traghettava per una manciata di miglia di Tirreno ogni paio di mesi.
Annina, compagna da ormai quasi una vita, lo accoglieva al molo con una coda attaccata alla gonna di dieci figli messi in fila.
Giorni festivi di ferie lavorative, divenivano archivi di momenti da condividere.
Cene all'insegna di racconti, radunavano tutti intorno a un tavolo più accogliente e meno grande.
Il maggiore di tutti, Giuseppe; guardava il padre tra occhi sognanti ed ammirazione. Desideroso di divenire un giorno come la figura eroica per cui nutriva tutto l'amore che aveva in corpo.
Carmela, la preferita di papà, guardava Studio Uno imitando i suoi idoli, ballando a ritmo di caschetti biondi e pel di carota da varietà sotto gli occhi di tutti.
I giradischi risuonavano nell'aria regalando colonne sonore per storie di innamorati.
Costretti a tenersi per mano da lontano, perché il pudore si perdeva solo la prima notte senza sguardi indiscreti di cui vergognarsi.
Dove il primo restava l'ultimo, e non un numero da dove inziare a fare la conta.
Quando si era timidi e ansiosi, perché se si spegnevano le luci si spogliavano i cuori. E la pelle diveniva il miglior viaggio da intraprendere, perché scoperta poco per volta da mani inesperte a cui ci si abbandonava, senza pentirsi di donarsi a chi non lo meritava.
E tutto sommato, c'erano gli stenti, gli alti e bassi, le privazioni dovute alle crisi del momento, ma almeno c'era la voglia di viverli tutti quegli anni, perché ciò che mancava, arricchiva dentro come nulla riusciva a farlo.
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