Capitolo 14
- Ti ho tenuto il posto, amica - mi dice Teo dando due pacche sul sofà rosso proprio accanto a sé. Martina si siede sulla poltrona tra le gambe di Ale mentre Sara e l'altro loro amico (di cui ancora non so il nome) sono seduti sull'altro divano. Ciò significa che, a meno che non voglia sedermi per terra, l'unico posto libero é quello vicino a lui.
- Grazie - mormoro e mi metto a sedere. Le immagini di un film dell'orrore scorrono sulla televisione davanti a noi. Lancio un'occhiataccia a Martina ma lei é troppo impegnata a respingere ridacchiando le mani di Ale che la toccano ovunque.
Solo lei conosce dove teniamo tutti i DVD dei film e non posso credere che abbia scelto proprio questo genere di film sapendo quanto lo odi. Non per fare la parte della fifona ma c'é qualcosa, nei dannatissimi film horror, che non mi piace. Saranno tutte quelle urla, tutte quelle creature da facce e momenti bizzarri o il fatto che siano sempre le vecchiette a rimetterci per prime ma io non vedo che cosa ci sia di così interessante.
- Puoi sempre aggrapparti a me se dovessi avere troppo paura - mi sussurra Teo nell'orecchio facendomi rabbrividire, e non di paura.
- Con quella maglia sporca di sangue? - gli faccio notare. - No, grazie.
- Così va meglio?
Si é appena sfilato la maglietta sotto il mio sguardo. Con un movimento fluido e sexy rivelando quella sua tartaruga perfetta e abbronzata.
É con questo, siamo due volte che mi ha lasciata senza parole e inebetita, stasera.
- No - gli intimo quando cerca di buttarla sul bracciolo. Gliela strappo di mano e mi alzo di scatto correndo verso il bagno con la scusa di volergliela lavare. La verità é che devo solo stare un attimo lontana da lui e riflettere. E riprendere il controllo di me stessa. E calmare il mio cuore che ha ricominciato a battere come un tamburo. Prendo una bacinella e ci butto dentro acqua e detersivo.
In realtà, non sono molto brava a fare le faccende di casa e ancor meno so come si tolgano le macchie di sangue dai vestiti ma..ecco, c'é sempre una prima volta. É strano come non mi dia alcun fastidio strofinare questa maglietta inzuppata di rosso mentre non riesca a guardare nemmeno una scena di quel film senza avere un brutto presentimento.
Forse perché questa é la maglietta di Teo.
Scaccio subito questo pensiero, che ha anche un non so che di macabro e strofino più forte fino a quando il risultato non m sembra accettabile. A quel punto sbatto la maglietta nell'asciugatrice e la metto in funzione. Mi sciacquo le mani con il sapone e ne approfitto per darmi una rinfrescata anche al viso. Bene, questo dovrebbe impedire alle miei guance di scaldarsi alla sua vista.
Ma non é così, ovviamente. Mi basta una sola sbriciata perché il mio viso si colori di rosso ed é stupido visto che l'ho già visto in costume da bagno. Ma é anche vero che quella volta non mi sono soffermata troppo a fissarlo né sono tanto meno sono rimasta a stretto contatto con lui.
- Dai, vieni qui - mi invita alzando il braccio. Scuoto energicamente la testa. Non voglio un altro motivo per pentirmi della mia scelta.
- Guarda che gli amici si abbracciano tranquillamente. Si vede che stai morendo di paura - insiste lui. - Vieni qui, Vanessa.
Giusto. Noi siamo amici. E gli amici si abbracciano. Senza farsi vorticare in testa immagini strane.
Perché sono amici.
Mi lascio convincere e mi butto tra le sue braccia. Teo ridacchia e mi stringe a sé. - Visto? Ora non devi più avere paura, amica.
Alzo gli occhi al cielo. Lo so che lo sta facendo apposta a continuare a rimarcare il fatto che siamo amici. Lo farà finché non comincerò davvero a detestare quella parola, non che ci manchi molto..
- Lui é il prossimo - commenta l'amico di Teo, capelli biondo scuro e occhi verdi. Prima o poi dovrò chiedergli il suo nome.
Nel film passa la scena in cui il ragazzo con la torcia si azzarda per primo ad aprire la porta dello scantinato, incitato di suoi amici.
Non farlo, non farlo.
Afferra il pomello ed esita.
Deglutisce. Ed io con lui.
Si decide. Piano gira il pomello fino a sentire lo scatto della serratura.
Deglutisce di nuovo.
La porta si apre e lui tira un sospiro di sollievo quando oltre al buio dall'altra parte della porta, non c'é niente di strano.
Lascio andare il fiato che avevo trattenuto per tutti quei secondi. Falso allarme.
- Vanessa, ti dispiacerebbe allentare la presa? - mi chiede Teo divertito. Guardo le nostre mani intrecciate, o meglio, guardo la mia mano che stritola la sua, che sta diventando completamente bianca per la mancanza di afflusso.
Allento la presa. - Scus..
Caccio un urlo. Un frazione di secondo dopo che il protagonista con la torcia venga afferrato per il collo da un braccio nero, sbucato dal nulla. Trascina il povero ragazzo soffocato che cerca di divincolarsi nello scantinato.
Ecco il motivo per cui odio questi dannatissimi film.
Mi rannicchio completamente contro Teo. La mia testa si infila nel suo collo, gli occhi chiusi mentre sento le sue braccia avvolgermi completamente e irradiandomi con il suo corpo caldo.
- Saresti perfetta come doppiatrice di urli, sai? - mi prende in giro Ale facendo ridere anche gli altri.
- Lasciala stare, non se lo aspettava.
Teo mi posiziona meglio, così che mi accoccoli in braccio a lui. - Ehi, c'é il tuo amico a proteggerti - mi sussurra piano soffiando sui miei capelli. Mi accarezza piano il fianco e mi stampa un bacio sulla fronte.
- Dov'eri mentre quello veniva preso? - bofonchio nel suo incavo.
Lo sento sorridere tra i miei capelli. - Scusa, la prossima volta starò più attento.
Non ci sarà una prossima volta, perché giuro che non guarderò mai più un film del genere in tutta la mia vita. Mai più.
Un vero peccato visto come mi trovo bene qui, nel suo abbraccio.
Mugugno quando un altro urlo mi arriva alle orecchie.
Non so nemmeno perché questo film sia finito tra la mia collezione di DVD. Sono sicura che sia opera di mia sorella.
- Qual'é il tuo colore preferito?
- Come? - mormoro.
- Sto cercando di distrarti - mi spiega Teo sottovoce. - E di conoscerti.
- É l'ametista - rispondo.
- L'ametista é quella pietra viola, giusto?
- Non é viola. É ametista - lo correggo. - Per questo si chiama ametista. Altrimenti si chiamerebbe viola.
Proprio come i suoi occhi sono color ambra o sabbia del deserto e non semplicemente marrone chiaro.
- Sei tu l'esperta. Cibo?
- E me lo chiedi pure. Pizza tutta la vita.
- Mare o montagna?
- Questa domanda non ha senso. Vivo a due passi dal mare, come potrei preferire la montagna?
- Io sto solo cercando di fare conversazione - mi sgrida dandomi un colpetto sul fianco. - Fai tu allora.
- Il sogno irrealizzabile che hai nel cassetto? - gli chiedo.
- Oltre a baciarti di nuovo? - mi domanda di rimando.
- Quello non é irrealizzabile.
- Ah, no?
- No - sussurro arrossendo. - Devi solo avere un po' di pazienza.
- E se non ne avessi?
- Allora sei in grossi guai, amico.
- Temo proprio di sì, amica.
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